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Autore: Donixmadness    30/12/2013    1 recensioni
La vita ci mette, alle volta, dinnanzi a scelte tanto difficili quanto importanti.
Non è ammesso lasciare il foglio in bianco e questo ci mette in sotto pressione, perchè è ovvio che si voglia beccare la risposta giusta.
Quattro adolescenti di IE Go dovranno superare la prova in assoluto più difficile: vivere al meglio.
"Quando varcai per la prima volta la soglia del Sun Garden, mi imposi di non fidarmi mai di nessuno, per quanto gentile si mostrasse. E invece ora?
Sono stato adottato da due tizi che –ne sono certo– non hanno tutte le rotelle apposto, frequento la Raimon e ho perfino dei compagni di squadra, dei quali mi fido.
O almeno credo. Tenma dice che siamo “amici”.
Sì, forse. Ma credo che sarà il tempo a stabilire se sia davvero così. Alla fine io il vizio non l’ho perso, ma come si dice … sto smettendo, no?"
Coppie: Shin x Nuovo; Ran x Masa, (Mina x Kura accenni).
Buona lettura!
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Kariya Masaki, Kirino Ranmaru, Shindou Takuto, Sorpresa, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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*Prologo*

Takuto





Non capisco.
È l’unica cosa che riesco a ripetermi nella mente, ormai vuota e in bianco.
Fino a tre giorni fa, non avrei mai potuto immaginare che una cosa simile sarebbe successa a me. Di questi tempi è abbastanza comune, ma che capitasse proprio a me non me lo aspettavo.
Andiamo, come reagireste voi se un giorno, all’improvviso, vostra madre entrasse con nella vostra camera e dicesse: “ Io lascio questa casa. Tuo padre ed io non stiamo più assieme”?
Per me fu una pugnalata dritta al cuore. Neanche ora saprei definire l’espressione di quel momento, ma sicuramente era di puro sgomento.
Rimasi per un momento a fissarla basito, sbattendo più volte le palpebre. Nei miei occhi c’era solo delineata la figura esile della donna che mi ha messo al mondo. Ancora mi sconvolgono la visione del suo viso cereo tirato in un’espressione che tradiva i tremiti del pianto, ancora mi lacerano i suoi occhi lucidi e arrossati.
Ricordo ancora quando, alzandomi di scatto dallo sgabello, le chiesi spiegazioni, tempestandola di ogni tipo di domanda. Ricordo ancora quanto pianse sulla mia spalla e di quanto mi sentii tradito io, dopo aver ascoltato il suo racconto.
Mio padre : la persona che ha contribuito alla mia nascita, l’uomo verso cui ho sempre nutrito una profonda  e sincera stima, colui che ho sempre ammirato e mi ha trasmesso la passione per la musica … è soltanto un traditore.
Shindou Daiichi, il leggendario e talentuoso pianista,  è andato a letto con una sua vecchia fiamma! Quando si dice classe …
Ripensandoci bene, è quasi ironico! Sì, insomma, sembra la trama di una telenovela!
Che schifo! Che amarezza! In questo momento ho soltanto voglia di vomitare.
Ci sono così tante domande senza risposta che vorticano nella mia testa.
Se è giunto a una cosa del genere vuol dire che ci ha sempre mentito? Quei sorrisi erano falsi? Il suo comportamento nei miei confronti era una maschera?
Tanti interrogativi ma neanche uno straccio di certezza. È proprio vero che si può cadere dalla stelle e atterrare nelle stalle. Basta davvero un niente anche se quell’uomo l’ha combinata grossa.
Non appena appresi la veridicità della notizia, mi fiondai di corsa nell’ufficio di mio padre. Lo trovai seduto alla scrivania , i gomiti sul tavolo e il capo chino fra le mani. Quando si accorse della mia presenza alzò lo sguardo vacuo, ma all’apparenza lucido: doveva aver bevuto considerata la bottiglia di scoch e il bicchiere rotto sulla moquette.
-Te l’ha detto?- mi chiese atono fissando le venature del noce della scrivania. Io strinsi i pugni fino a sbiancare le nocche.
-Sì.
Non volevo piangere, non di fronte a lui!! Così ricacciai indietro tutta quella patetica sensibilità che mi è sempre  appartenuta e, per la prima volta, lo affrontai a viso scoperto.
-Da quanto … Dimmi, da quanto va avanti questa storia?! – domandai con tutto il fiato che avevo nei polmoni, gli occhi mi pizzicavano e il cuore batteva a mille.
-Un mese … - rispose meccanicamente. L’impulso di saltargli addosso si impossessò di me e con uno scatto azzerai le distanze , prendendolo per il colletto della camicia:
-Tu! Maledetto!! – ringhiai, ma lui neanche una piega.
Strinsi con maggiore veemenza la stoffa  bianca: avevo voglia di mollargli un pugno e di urlargli quanto fosse ripugnante e schifoso e … idiota.
Lui si limitò semplicemente ad abbassare lo sguardo: non aveva nulla da dire.
Solo in quel momento mi resi conto di quanto la mia famiglia, in realtà, fosse solo una maschera angelica che celava un volto diabolico. Ora che la protezione è in frantumi quel volto può mostrarsi in tutta la sua bieca meschinità.
Solo adesso mi rendo conto che vivevo in una bolla illusoria: come ho potuto credere che andasse tutto bene? Di solito nelle famiglie facoltose capita che i genitori non sappiano nulla dei figli, ma per me era l’esatto contrario.
Ero io a non sapere nulla di loro.
Dopo qualche minuto, lasciai la presa sul colletto sgualcito e ferreo mi ricomposi: volevo mantenere le distanze da quell’essere infame, ormai per me è questo.
-Che farai?
-Me ne vado anch’io … con mia madre. Andrò a vivere con lei.
Ci fissammo un’ultima volta negli occhi. I miei stessi occhi: era come guardarsi allo specchio. Ma decisi che non sarei tornato indietro sui miei passi, stavolta avrei tirato dritto e a testa alta. Così girai i tacchi e chiusi la porta , mentre con la coda dell’occhio lo vidi di nuovo chinare il capo.
Che strana la vita! A volte è così sfuggente e imprevedibile che , fino a quando non si interrompe bruscamente il suo flusso, non ti accorgi del suo scorrere continuo.
Ora sono seduto sulle scale di un anonimo appartamento in città, il quale da questo momento in poi sarà la mia nuova casa.
Dietro di me ci sono un mucchio di scatoloni, davanti alla nostra porta, con cose che devono ancora essere sistemate.
Fisso un punto imprecisato del granito. Fisso qualcosa che non c’è e mai ci sarà. Mi porto una mano dietro la nuca e mi accascio sulle ginocchia. Mi sento così frustrato…
A un certo punto un ronzio mi riscuote: il mio cellulare, poggiato sul gradino, vibra.
Lo prendo e so già chi è che chiama.
-Kirino-kun .
-Shindou, sono qui davanti all’appartamento che mi hai detto, ma tu dove sei?
-Sali. È aperto …
-Umh … ok. Vengo subito.
Con il mio migliore amico non ho bisogno di spendere molte parole, ci conosciamo da una vita ormai. Lui è l’unica cosa buona che mi rimane in questo momento.
Non devo attendere molto prima di scorgere due codini rosa fare capolino dalla rampa di scale. Non appena si volta, Kirino mi trova qui, poco più su rispetto a lui. Segue un attimo di silenzio, in cui ci scrutiamo soltanto, l’uno negli occhi dell’altro.
Devo ammettere che mi è mancato vedere le sue iridi azzurre come il cielo, così rassicuranti e gioiose. Il mio migliore amico mi ha sempre confortato e trasmesso serenità con il suo sguardo, e anche adesso è qui di fronte a me. Con me.
Sarò sempre grato per avere una persona come lui al mio fianco, almeno lui.
-Allora è vero … - mormora lui, incredulo quasi quanto me.
-Sì, questa è la mia nuova dimora. Benvenuto.- accenno ad un mezzo sorriso, ma non mi riesce nemmeno di sdrammatizzare.
Senza aggiungere altro, Kirino sale le scale e si siede accanto a me. Con un braccio mi cinge le spalle e china lievemente la testa sulla mia spalla.  Io mi limito a guardare dritto con le dita incrociate tra loro.
-Ci ha abbandonati … Mi ha abbandonato… - è l’unica cosa che riesco a dire.
-Lo so. Mi dispiace. –mi dice, rammaricato.
-Grazie di essere sempre con me, Kirino-kun.

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 Eccomi qui con una nuova storia, una long per la precisione e spero tanto che vi appassionate.
Per il prologo ho scelto di raccontarlo dal punto di vista di Shindou, giusto per rompere il ghiaccio! ^-^
Spero continuerete a seguirmi! 
Ciao <3
  
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