Note
dell’autrice #1: piccola premessa per dire che, come avevo
promesso, questa storia di Natale è il seguito di “Kiss me”, la storia per il
compleanno di John, che trovate qui: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2210773&i=1
E quindi…
Buon Natale
a John, a Paul e a tutti voi. <3
Let it snow
John sospirò per la… ventesima? Trentesima volta?
Chi lo sapeva con certezza?
Quella festa era una tortura, la più lenta e dolorosa.
Una tortura che era costretto a sopportare con il sorriso sulle labbra.
Era la vigilia di Natale e il Jacaranda aveva organizzato
una grande serata per le imminenti festività. Loro erano stati ingaggiati per
suonare per almeno un'ora, e per il resto della serata erano liberi di godersi
lo spettacolo.
La loro esibizione era andata molto bene. John ne era soddisfatto,
anche se, pensandoci su, poteva andare meglio. Lui per esempio era stato
particolarmente distratto. Il motivo? Beh, forse perché aspettava quella sera
da più di due mesi ormai e forse perché Paul accanto a lui continuava a
flirtare con il pubblico, in particolare con Dot, la piccola e onnipresente
Dot.
Dot che lo seguiva docile dovunque andasse.
Dot che rideva sofficemente ad ogni sua battuta.
Dot, la ragazza di Paul…
Dot, Dot, sempre Dot!
Dio!
John odiava Dot.
“Stupida Dot!”
aveva pensato John, mentre si era avvicinato al microfono per cantare con Paul.
E ora era in piedi, in un angolo buio del locale, a
guardare con aria truce Paul che parlava allegramente con George e teneva un
braccio saldamente avvolto alle spalle di Dot.
John odiava anche Paul. Dal giorno del compleanno di
John, Paul non solo si stava comportando come se non fosse successo
assolutamente nulla, ma lo ignorava anche. Non lo cercava più, non andava più a
casa sua, non rideva e scherzava con lui come prima, e tutto questo per uno
stupido bacio, tutto questo solo perché le sue labbra avevano sfiorato quelle
di John. E la cosa che faceva imbestialire John era che era stato Paul a
chiedergli di baciarlo di nuovo, baciarlo…com’era? Ah, sì, “In modo
appropriato”.
Il ragazzo abbandonò la schiena alla parete con un
sospiro frustrato e bevve un sorso di quell’orribile drink.
“Che schifo!” esclamò, sputando il liquore a terra senza
farsi tanti problemi.
Cynthia, davanti a lui, lo fissò alzando un sopracciglio.
“Cosa succede?”
“Questa… roba. È terribile!”
“Vado a prenderti qualcos’altro, se vuoi.” si offrì
gentilmente Cynthia.
“No, lascia stare. Mi è passata la sete.” sbottò,
cercando di sorriderle, ma gli uscì una smorfia sghemba.
Poi la risata genuina di Paul giunse alle sue orecchie,
sovrastando tutte le altre voci, e richiamò la sua attenzione. John si voltò a
guardarlo, appoggiandosi di nuovo alla parete.
Paul probabilmente stava raccontando a George e Dot un
aneddoto dei più stupidi, ma lui con quel carisma unico che l’aveva sempre contraddistinto,
riusciva a rendere interessante ed eccitante anche un pomeriggio trascorso a
dormire sul divano in salotto. E John amava questo lato di Paul così
disperatamente perché era l’esatto suo contrario. Se John era cupo e misterioso
come la notte, Paul era una limpida e tiepida giornata di sole.
Perciò il suo sguardo cadeva sempre su Paul, come
fossero i poli opposti di una calamita. Si cercavano e si trovavano sempre e
John lo osservava in ogni suo movimento, lo guardava come solo lui sapeva fare.
Lo guardava come nessun altro meritava di essere guardato in quel modo da lui.
Lo voleva, anche. Lo voleva più di qualunque altra cosa
al mondo. Era questo che aveva capito quando l’aveva baciato, quando Paul aveva
realizzato la sua richiesta. Mentre lo baciava, sentiva che quello era proprio
il posto dove doveva stare, tra le braccia di Paul e sulla sua bocca. Sentiva
che non c'era persona più giusta per lui.
E tanto lo desiderava, tanto era impossibile averlo, ora
più che mai. Erano così vicini, eppure così lontani. Era una sensazione
straziante, essere costretto da Paul a vivere quella situazione che non era né
caldo né freddo. Non avevano litigato, ma non erano neanche affiatati come
prima.
In verità, John sapeva che era stato un comune accordo,
quello di aspettare fino a Natale, ma John non avrebbe mai pensato che un
piccolo gesto come quello stupido, meraviglioso bacio potesse cambiare entrambi
così drasticamente. Era così difficile, quando si ritrovavano insieme,
ascoltare la sua voce mentre parlava a chiunque altro tranne lui, di qualunque
cosa e non potergli dire che avrebbe dovuto parlare con lui e guardare lui,
perché John l'avrebbe ascoltato per tutta la vita, e perché… diamine! Era
un’ardua impresa trattenersi dal chiudere quella bocca con un bacio, di tanto
in tanto. O non potergli dire che lo faceva morire un po’ ogni volta che lo
toccava, sia che fosse un contatto intenzionale o casuale.
Dannazione!
Altro che fumo, alcool e cazzate varie. Ci stava pensando
Paul a farlo diventare matto.
John sbuffò e si costrinse a distogliere lo sguardo da
Paul. Si accorse che fuori dalla finestra aveva cominciato a nevicare.
Improvvisamente in quella sala era diventato tutto troppo
opprimente, soffocante, troppo rumoroso…
Aveva bisogno di silenzio per mettere in ordine i suoi
pensieri.
“Vado a prendere una boccata d’aria, Cyn.”
Aveva bisogno del silenzio della neve.
*****
Paul non riuscì a trattenere uno sbadiglio. Oh, lui
adorava le feste, soprattutto le feste di Natale. Avevano lo straordinario
potere di riscaldare l'anima e il corpo, nonostante il freddo.
Tuttavia sentiva che gli mancava qualcosa. John l’aveva
evitato per tutta la sera, restandosene in disparte con Cynthia, tranne, ovviamente,
quando si erano esibiti. Paul, naturalmente, capiva. In fondo lui era stato il
primo a iniziare a evitarlo. Ma d'altra parte, John non poteva pretendere che
dopo quel bacio, non cambiasse nulla. Per Paul era cambiato tutto, tutte le
certezze che aveva nella sua vita erano crollate dopo che le sue labbra avevano
incontrato nel bacio più strabiliante quelle del suo migliore amico. Paul aveva
i suoi buoni motivi per evitare John, e il primo era che John lo rendeva pazzo
per qualche strano motivo che era venuto
a galla dopo il giorno del compleanno di John.
Paul aveva evitato quell'argomento proprio come aveva evitato John.
Ma ora era arrivato Natale e Natale significava così
tante cose quell'anno.
La sua testa era piena di domande e fra tanti dubbi
l’unica certezza era che Paul, proprio ora, non voleva più evitare John.
Desiderava, al contrario e ardentemente che John lo guardasse negli occhi e gli
parlasse con la sua voce profonda almeno una volta. Una volta sarebbe stata
sufficiente. Una volta perché era Natale e John gli aveva assicurato che a
Natale gli avrebbe parlato di quanto era accaduto il giorno del compleanno. Di
quello che aveva capito dopo quel…bacio. Del
regalo di John per Paul.
Lui, Paul, non aveva capito proprio nulla all'inizio.
Quel gesto l'aveva solo fatto andare in confusione su una questione che non aveva
mai dovuto affrontare in tutta la sua vita. E ancora adesso, proprio adesso, in
questo preciso momento, faceva fatica ad accettarlo, ma sapeva che ormai era
una parte di lui, una parte importante di lui che parlava, parlava, gli diceva
tante cose e Paul riusciva a sentirle, anche con il fracasso del locale che lo
assordava, fracasso che usava però come scusa per non ascoltare quelle
parole, rimandando a lungo il confronto con ciò che aveva ormai reso il suo
cuore la propria dimora.
Con la scusa di fumare una sigaretta, Paul riuscì infine
ad allontanarsi da Dot e malgrado tutta la confusione e la frustrazione degli
ultimi mesi, decise di cercare John.
Ma John non era da nessuna parte, Paul non era riuscito a
scorgerlo così come non riusciva a vedere Cynthia. Che se ne fosse andato via
senza salutare?
No, era impossibile.
Non voleva crederlo. Non poteva crederlo.
Paul si aggirò freneticamente nel locale, facendosi largo
a gomitate tra le persone accalcate, tutte intente a ballare qualche canzone
rock suonata discretamente dalla band in azione. Non poteva essere andato via,
senza salutarlo, senza avergli augurato buon Natale, senza… senza il suo
regalo.
Il cuore gli martellava furiosamente nel petto. Quel
figlio di…
“Paul?”
Il giovane si voltò e si ritrovò davanti Cynthia.
Improvvisamente il peso che gli opprimeva il petto si dissolse. Forse non se
n’era andato…
“Oh, sei qui. Io…ehm, stavo cercando John.”
“E’ uscito un attimo per una boccata d’aria, penso che
non si sentisse troppo bene.”
“Allora vado a controllare come sta.” le disse, cercando
di dirigersi verso l’uscita.
“Digli di entrare, fuori si muore di freddo.” gli urlò
dietro Cynthia.
Paul annuì distrattamente e raggiunse finalmente
l’uscita. Si strinse bene il giubbotto al petto e affrontò temerario il freddo
di quella sera.
Subito notò che stava nevicando. I fiocchi bianchi e
soffici si posavano delicatamente su tutto ciò che incontravano nel loro
percorso. Il ragazzo si guardò intorno, ma di John non c’era alcuna traccia.
Storse le labbra, mentre un brivido di freddo gli percorreva collo e schiena.
Poi si mosse, camminando verso destra, fino a quando non vide che John si era
rifugiato in un vicolo stretto e poco illuminato accanto al locale.
Il ragazzo era in piedi, con la schiena contro il muro e
una sigaretta fra le labbra. La neve cadeva lentamente, quasi stesse danzando
sulle note di un silenzioso valzer, e altrettanto silenziosamente Paul si
avvicinò all’amico.
“Ehi!”
“Ehi!”
Ed eccoli, finalmente, gli occhi di John nei suoi e la
sua voce nelle sue orecchie. Paul non disse nulla, mentre John prese il
pacchetto di sigarette dalla tasca e gliene offrì una. Il giovane accettò
l’offerta e un istante dopo John gli accendeva la sigaretta.
“Allora?”
“Allora che?” ripeté John.
“Allora si può sapere come mai sei sparito dalla festa?”
“Ah quello! C’era troppo rumore.” spiegò lui brevemente.
“E qui, invece, si sta meglio?” domandò Paul, stringendo
le braccia al petto, “Fa un freddo cane.”
John gli rivolse uno sguardo divertito e poi… poi c’era
anche qualcos’altro nel suo sguardo. Qualcosa che Paul non era ben sicuro di
aver riconosciuto, ma in qualche modo sapeva cosa significasse.
“Qui c’è silenzio.”
“Silenzio, dici? C’è silenzio anche nello sgabuzzino
delle scope.” commentò Paul, soffiando sulle mani per riscaldarle.
John sospirò e il suo respiro, misto al fumo della
sigaretta, si trasformò in una nuvoletta di condensa: “Non è uguale.”
“E quale sarebbe la differenza?”
“La neve.”
“La neve?”
“Sì. Quando nevica diventa tutto più silenzioso, non hai
mai fatto caso?”
“No, veramente no.”
John sogghignò e tornò a guardare la neve che
silenziosamente andava a imbiancare la sporca Liverpool. L'indomani sarebbe
sembrata così candida e magica.
Lo sguardo di Paul seguì John, studiando il suo profilo
che si stagliava nella notte.
“John?”
“Mm?”
“Cos’hai davvero?”
“Niente.”
E invece era tutto e Paul si sentì tremendamente in
colpa. Doveva rimediare alla confusione che si era creata. Era colpa tanto di
John quanto di Paul.
“Ma smettila! Cos’è successo? Ti sei comportato male e
hai paura che Babbo Natale non ti porti i regali?”
John scrollò le spalle con fare incurante: “Tanto non ha
mai azzeccato un solo regalo. Quel vecchio babbione.”
“Mm… come sei difficile. Cosa desideri di così speciale
che neanche Babbo Natale riesce a portarti?”
John non rispose. Si limitò a voltarsi verso di lui e
sorridergli enigmatico.
Paul aggrottò le sopracciglia perplesso, “Cosa significa
quel sorrisetto idiota?”
“Non significa niente.”
“Allora perché non rispondi alla domanda?”
“Non lo vuoi sapere davvero.”
“E’ una cosa sconcia?” esclamò Paul, ridendo, “Tanto
sconcia che anche il grande John Lennon se ne vergogna.”
“Non me ne vergogno.”
“Allora dimmelo. Magari posso aiutare Babbo Natale.”
John lo fissò con decisione negli occhi. Gettò la
sigaretta a terra e la spense con il piede.
“D’accordo.” disse.
E poi, in un istante John gli tolse la sigaretta dalle
labbra, in quello dopo lo baciò e in quello dopo ancora si allontanò da lui.
“Voglio te!”
Paul recepì a malapena il sussurro di John, un po’ per
essere stato colto alla sprovvista dal gesto di John, un po’ perché il cuore
aveva incominciato a martellare furiosamente nel petto e più su, in gola e
nelle orecchie, rendendo tutti i suoi sensi intorpiditi. Ma anche con la vista
annebbiata, si era accorto che John stava allontanandosi da lui.
“Ehi!”
Senza neanche pensarci due volte, lo rincorse e lo fermò,
parandoglisi davanti.
“Aspetta un attimo, dove stai andando?”
“Dentro, avevi ragione, sai? Fa proprio freddo.”
“Non puoi andartene ora. Non puoi comportarti così e poi
lasciarmi ancora senza alcuna spiegazione.”
“Sì, invece. Non vuoi saperlo davvero perché mi
odieresti.” spiegò John e fece per andarsene, ma Paul lo afferrò nuovamente,
spingendolo contro il muro.
“Questo è perché non mi
conosci davvero, John. Io non potrei mai odiare te.”
La sua voce era sicura e forte, echeggiò nello stretto
vicolo, grazie anche al silenzio che scendeva lentamente sulla città insieme
alla neve. Paul fu grato che stesse nevicando, perché il suo silenzio ora, gli
permetteva di ascoltare davvero ciò che diceva il suo cuore ed erano
parole bellissime, parole che lo incoraggiavano a non arrendersi, ad andare
avanti nella sua missione, ovvero far parlare finalmente John su quanto stesse
accadendo a lui, a loro.
"Perché sei qui, Paul?" gli chiese
John e Paul si ritrovò a sbattere le palpebre.
“Cosa?”
“Ho chiesto, perché sei qui, Paul?” ripeté
tranquillamente.
Paul rimase un istante a bocca aperta, non
sapendo davvero cosa rispondere, e poi si decise a parlare: "Io, io
pensavo te ne fossi andato senza...salutare."
“E da quando ti importa?”
“Che cosa significa?” esclamò Paul,
lievemente alterato ora.
“Voglio dire, perché tutto questo interesse
per me stasera, quando negli ultimi due mesi mi hai quasi ignorato?”
“Perché? Secondo te come dovevo comportarmi, John? Sei
stato tu a voler rimandare il discorso.”
“Lo so, ma così… insomma così no, cazzo. Non mi
hai mai parlato di tua iniziativa, se il tuo sguardo incrociava il mio era
sempre per sbaglio e poi tu voltavi la testa. Non hai idea di quanto sia stato
straziante.”
“Allora dimmi quello che devi dirmi una volta per tutte.
Avevi promesso di farlo, oggi.” esclamò Paul accalorato, l'espressione
del suo volto agitata più che mai e la sua voce tremante.
John lo notò, sorridendo dolcemente fra sé. Poi si morse
il labbro pensieroso, prima di trovare cosa dire.
“In realtà, avevo promesso di dirtelo a Natale e noi
siamo ancora alla Vigilia.”
“Beh, ma è quasi mezzanotte, potresti dirmelo.” commentò
Paul, ridacchiando.
“Prima dimmi perché sei qui." insistette John, il
suo sguardo intenso e intento ad accarezzare Paul.
E sotto quello sguardo, Paul sapeva cosa voleva, senza
dubbi né altre domande.
“Per questo. Voglio sapere. È una cosa che mi riguarda, quindi ne ho
tutto il diritto.”
“No, non è vero.” rispose John, scuotendo lievemente la
testa.
“Ah no?”
“No, sei venuto qui perché sai cosa voglio dirti e vuoi
solo farti baciare.”
Paul arrossì tutto d'un tratto e John non ne poteva
essere più deliziato. Così lo afferrò per le braccia, attirandolo a sé, proprio
mentre il silenzio veniva rotto dai rintocchi della mezzanotte.
“Dimmelo ora, John.” sospirò quasi dolorosamente.
John annuì, poi la sua mano salì lungo il suo braccio,
arrivando fino al collo e ricoprì la sua guancia rotonda, avvicinandolo ancor
di più a sé, solo per sussurrargli...
“Ti amo, Paul.”
Paul sorrise, il respiro che divenne leggermente
accelerato, e avvolse le braccia intorno alla sua vita, stringendosi a lui
mentre un brivido percorreva entrambi.
“Lo sapevo, sai?” gli disse, “Lo sapevo da quando è
successo.”
“E hai aspettato lo stesso?”
“Certo, volevo che
fosse il mio regalo di Natale.”
John ridacchiò, prima di attirarlo a sé e baciarlo
dolcemente sulle labbra, lasciando che il silenzio tornasse nuovamente nello
stretto vicolo.
“Buon Natale, Paul.”
Note
dell’autrice #2: yeah, buon Natale
a tutti anche se in ritardo.
Spero che la storia sia piaciuta. Ringrazio kiki per la correzione e _SillyLoveSongs_
per la consulenza.
Già che ci sono, vi auguro buon anno.
Kia85