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Autore: Belarus    30/12/2013    4 recensioni
Un Drago Celeste che nobile non è mai voluta essere, una fuga bramata da sempre e un mondo del tutto sconosciuto ad allargarsi ai piedi della Linea Rossa. Speranze e sogni che si accavallano per una vita diversa da quella che gli è da sempre stata destinata. Una storia improbabile su cui la Marina stende il proprio velo di silenzio, navi e un sottomarino che custodiscono un mistero irrivelabile tanto quanto quello del secolo vuoto.
#Cap.LXXXV:" «Certo che ci penso invece! Tornate a Myramera e piantatela con questa storia dello stare insieme! Io devo… non potete restare con me, nessuno di voi può. Sparite! Non vi voglio!» urlò senza riuscire o volere piuttosto trattenersi.
Per un momento interminabile nessuno accennò un movimento in più al semplice respirare e solo quando Aya fu sul punto di voltarsi per andare chissà dove pur di mettere distanza tra loro, Diante si azzardò a farsi avanti.
«Ci hai fatto giurare di non ripetere gli errori passati. I giuramenti sono voti e vanno rispettati.» le rammentò. "
Genere: Avventura, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Eustass Kidd, Nuovo personaggio, Trafalgar Law
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Teru-Teru Bouzu '
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Titolo: Teru-Teru Bouzu
Genere: Avventura; Romantico; Generale {solo perché c’è davvero di tutto}.
Rating: Arancione {voglio farmi del male, oui.}
Personaggi: Nuovo personaggio; Trafalgar Law; Heart Pirates; Eustass Capitano Kidd; Pirati di Kidd; Nuovi personaggi.
Note: Puntualità time! ù_ù Dopo essermi presa questa piccola soddisfazione e quella di potervi augurare un buon inizio anno, passiamo alle noticine pre capitolo. Anzitutto direi di puntualizzare qualcosina riguardo al corsivo che ho sfruttato in questo capitolo. Quello del POV dei fratelli Saru - secondo paragrafo per intenderci - è da leggere come una comunicazione trasmessa dalla Den den Mushi, nulla di strano. Nel caso del paragrafo che segue invece, si tratta di un flash back sul passato di Aya... Poi! Ho inserito un time skip di due mesi tra le vicende dei primi due POV e quelle del capitolo precedente, ma il Dottore lo dice quindi niente panico, lui è più bravo di me a dir le cose. Ce n'è un altro invece di qualche giorno tra i primi due POV e quelli finali.
Probabilmente questo messaggio criptico verrà interpretato solo dai miei fedelissimi lettori *-*, spero comunque che gli altri possano perdonarmi. Altrimenti lamentatevi con Kidd - e voglio vedere chi è che si lamenta! - ... A lunedì, mes amis *-*




CAPITOLO XI






Durante gli ultimi due mesi di navigazione il suo sottomarino aveva incrociato solo una nave della Marina disposta a tentare un abbordaggio, ma non era quello il fattore più rilevante considerando che la maggior parte del tragitto tra un’isola e l’altra si svolgeva sul fondale del Grande Blu e le occasioni di scontro sulla terra ferma non mancavano. Quello che lo aveva davvero insospettito sino a spingerlo ad agire era che durante gli ultimi mesi di navigazione di navi della Marina il suo sottomarino non ne aveva incrociata sola una, ma ben cinque. In nessuna però, l’equipaggio si era degnato di esplodere una sola palla di cannone contro di lui, proseguendo imperterrito verso una destinazione che sembrava parecchie miglia a sudovest della loro rotta.
Trafalgar si era sempre reputato piuttosto “mansueto” sotto un certo punto di vista, se nessuno lo intralciava o infastidiva preferiva proseguire per la propria strada senza perder tempo a far guerra al Governo. Tuttavia dopo il passaggio dell’ultima nave della Marina a una lega da loro tre settimane prima, si era convinto a mettere da parte quel briciolo di disinteresse che sino allora aveva riservato agli affari del Governo Mondiale, per rispondere ad almeno una delle domande che lo aveva innervosito nell’ultimo periodo.
Il monitor del radar lampeggiò rossastro per l’ennesima volta, segnalando una distanza di quattordici metri dallo scafo rinforzato della nave della Marina, il suono greve della pressione esercitata sulla massa d’acqua salata del Grande Blu scaricò il proprio rombo sul rivestimento superiore del sottomarino sovrastando il sibilo metallico delle spie che ticchettavano incessantemente all’interno. Penguin, ai comandi della postazione di navigazione, si volse indietro a osservarlo attendendo un qualsiasi ordine quando furono in una posizione favorevole e la luce del sole cominciò a filtrare sino agli oblò. Attese qualche altro secondo fissando un punto indecifrato del pavimento, ascoltando paziente il respiro concentrato dell’equipaggio e l’eco dei motori che calavano di potenza nella sala macchine, poi, quando tutto tacque, sollevò le iridi grigie su Penguin accennando un consenso.
«Emersione.»



Kohaku non era il genere d’isola in cui un rappresentante della stirpe dei Draghi Celesti avrebbe fatto tappa. Non era un regno, non aveva nessun luogo d’interesse – nessuno che potesse definirsi tale per un nobile almeno –, non godeva di grandi ricchezze o porti d’attracco commerciali, non c’erano palazzi regali né parchi che attirassero visitatori, i suoi negozi non vendevano nulla di eccezionale, le sue strade erano di terra battuta, le locande servivano rhum e sakè scadenti che si sarebbero trovati in qualsiasi altro posto, le case d’aste non avrebbero avuto clienti se ci fossero state, non c’era una base del Governo e neanche un distaccamento della Marina. Era un ammasso di sabbia bianca, con campi di argilla coltivati a canna e frutta, dove gli abitanti vivevano di pesca e sudore, dimenticati e indifferenti ai grandi affari dei grandi uomini che reggevano le sorti di quel mondo. Semmai qualcuno avesse chiesto a uno qualsiasi di loro, persino agli anziani rattrappiti rinchiusi nelle loro palafitte o nelle capanne abbarbicate l’una sull’altra, se avesse mai visto un Drago Celeste, probabilmente, avrebbero aperto e richiuso la bocca senza sapere di cosa si stesse parlando.
Non era neanche lontanamente possibile che un Nobile mondiale fosse passato di lì anche per errore, ma la ragazza che il Governo mondiale stava cercando da ormai otto mesi non doveva essere molto affidabile sotto quel punto di vista. Sua sorella aveva consigliato loro di cercarla tra la gente comune, lasciandogli intendere quanto poco propensa fosse allo sfarzo biancastro di Marijoa, ma di certo non doveva trovarsi lì.
I soldati pattugliavano le strade notte e giorno, all’arrivo avevano chiesto in giro se fosse giunto qualche visitatore negli ultimi mesi, ma nessuno era arrivato o partito da Kohaku e nelle case c’erano solo abitanti stabili del posto. Non potevano insinuarsi nelle abitazioni senza dare nell’occhio o suscitare il sospetto di qualcuno, tuttavia era alquanto inverosimile che quella ragazza si fosse nascosta in una delle baracche di legno di palma e canne che si accatastavano fianco a fianco, con spazi tanto piccoli da essere utili solo per dormire.
Si poggiò pensieroso alla balaustra della locanda, mentre Kikazaru rigirava l’immagine della Nobile tra le nocche lunghe, ignorando i richiami insistenti della Den Den Mushi. Stese il braccio alle proprie spalle, sentendo suo fratello minore agguantare il lumacofono per porgerglielo in silenzio, tra il vociare concitato delle strade animate da bambini e venditori che strillavano pochi metri più giù oltre i cespugli verdissimi.
«Moshi moshi.» recitò snervato, percependo distintamente le urla della nave del minore dei gemelli.
Ognuno di loro aveva fatto rotta su Kohakushima con la propria nave, spacciando quella ricerca per un’intensificazione dei controlli contro la pirateria ormai dilagante sulla Rotta Maggiore. Mizaru era andato un po’ in giro a fare depistaggio, catturando qualche piratuncolo da qualche migliaio di berry, avrebbe dovuto raggiungerli per dare una mano, anche se in quel momento era meglio che stesse lontano. C’erano già troppe navi della Marina ormeggiate su quell’isola, un’altra avrebbe reso quella visita sin troppo appariscente.
Fu sul punto di comunicare l’ordine, ma gli schiamazzi che presero a diffondersi non gli parvero più usuali e la voce del fratello non fece che confermare i suoi timori.
«Ho un problema grosso quanto la mia fottutissima nave!» ringhiò con voce rotta, spingendolo a sollevarsi dalla balaustra.
Iwazaru e Kikazaru si volsero nella sua direzione scostando gli sgabelli sgangherati dal tavolo rovinato dalle tarme, la medesima espressione preoccupata a deformare i volti.
«Mizaru che hai combinato?» chiese serio, serrando la mano attorno al corpo del proprio lumacofono.
«Trafalgar Law ha abbordato la mia nave!» sbraitò, continuando ad agitarsi.
Shizaru rimase a fissare il ricevitore a occhi sgranati, senza sapere realmente cosa dire, quell’affermazione aveva un che di malauguratamente surreale alle sue orecchie.
«Come hai fatto a farti attaccare da una Supernova?! Ti avevamo detto di lasciar stare i pesci grossi, vuoi farti ammazzare forse?!» sbottò furioso Kikazaru, alzandosi di colpo dal posto su cui se n’era stato seduto per ore.
«Ha un sottomarino, come facevo a veder-» tentò di giustificarsi, ma l’emissione s’interruppe di colpo.
«Room…» ordinò calma una voce apparentemente lontana, forse sul ponte di poppa.
Un silenzio irreale calò sulla nave del minore dei gemelli, ammutolendo i membri della ciurma sul ponte e quelli di guardia alla cabina di comando. Si riscosse di colpo riconoscendo in quel richiamo la minaccia di una sorte ormai scritta e le parole che i Cinque astri di saggezza avevano scelto per affidare a lui e ai suoi fratelli quel compito tanto delicato, gli tornarono prepotenti in mente.
Non potevano permettere che una Supernova venisse a conoscenza degli affari del Governo mondiale, non era neanche tollerabile che un nervo scoperto come quello finisse sotto gli occhi di un pirata di quel calibro o tutti avrebbero fatto la figura dei deboli. Quel mondo aveva bisogno di uomini che lo governassero con il pugno di ferro, che mettessero fine alla piaga della pirateria con la volontà della Giustizia, che si ergessero sulle masse guadagnandosi il loro rispetto e la loro totale fiducia. La Marina, il Governo, erano da secoli ormai punti di riferimento per troppe persone lungo quel mare per potersi permettere di sgretolarsi a causa di una voce messa in giro. Nessuno doveva sapere, nessuno doveva parlare.
«Mizaru, liberati della foto.» ordinò greve, ignorando il respiro smorto che proveniva dall’altra parte.
Iwazaru concordò suo malgrado, annuendo dallo sgabello zoppo su cui si era seduto, prima di osservare il lumacofono del fratello minore compiere il medesimo gesto sul palmo di Shizaru.
Il vociare delle strade di Kohakushima non riuscì a soppiantare il rumore di sedie, bauli e cianfrusaglie che venivano scansate sulla nave chissà quante miglia distante. Il silenzio s’interruppe così com’era giunto, squarciato da urla e pianti, nell’istante stesso in cui la finestra di prua veniva richiusa schermando la caduta rovinosa della busta ove era custodita l’immagine del Nobile mondiale scomparso.
«Shambles!» assestò la medesima voce udita pochi secondi prima, strappando un gemito sofferente anche al minore dei quattro.
Serrò gli occhi, soffocando il dispiacere per la sorte del fratello e il senso di frustrazione per non avergli sentito neanche sfiorare le due katane con cui aveva combattuto sin dall’entrata in Marina. Nuovi lamenti si sollevarono dalla cabina, spingendo Shizaru a riaprire le palpebre perfettamente tonde per posarle sul lumacofono che trasmetteva quelli che parevano essere passi.
«Il resto della conversazione rimane a mia discrezione, signori.» recitò nuovamente la voce, con tono basso e per nulla simile a quello di Mizaru, prima di interrompere definitivamente la ricezione.



Il sole quel giorno aveva sabotato la passeggiata di sua madre in centro.
Avrebbe dovuto indossare la nuova mantellina che le era stata donata da un vecchio sdentato che anni addietro aveva “salvato il padre del padre di suo padre da una bestia rabbiosa che voleva derubarlo della mano sinistra”, ma l’aria era davvero troppo calda perché riuscisse a indossarla senza liquefarsi come neve al sole.
Non che sapesse com’era fatta la neve, a Marijoa non nevicava, ma Ko gliel’aveva descritta come qualcosa di soffice e facile da sciogliere con un po’ di calore, quindi il paragone doveva essere perlomeno logico.
Si era perciò rinchiusa in salone, spettegolando di futuri acquisti e progetti con la felice compagnia di suo padre e quella di Hana bardata come una grossa bambola animata, mentre lei se ne stava accovacciata al centro del grande tappeto della biblioteca nell’altra ala del palazzo.
Sfogliò sorridente una nuova pagina del libro che aveva recuperato in un angolo impolverato e in disuso della libreria, beandosi del silenzio irreale che regnava quando il resto della sua famiglia si trovava all’altro capo della casa, la lasciava libera di fare ciò che più le andava. Accarezzò la pagina ingiallita, sfiorandola con le dita che lentamente, per merito dell’età, cominciavano ad affusolarsi perdendo il loro aspetto paffuto.
«Dov’era questo posto, Ko?» chiese curiosa, sollevando i riccioli dal nome dell’isola che era impresso sulla carta.
La donna, seduta sul divanetto alla sua destra, smise di lucidare il bicchiere che reggeva tra le mani per sporgersi a osservare il libro che Aya le mostrava.
«Non lo so Hime-sama, il Grande Blu è troppo vasto, non conosco tutte le isole che ci sono.» si scusò con un’alzata di spalle, stringendo sulle ginocchia lo straccio che le era stato affidato per ripulire.
Aya rigirò il libro verso di sé, osservando ancora una volta il nome logoro che stava impresso insieme a quelli di altri luoghi dal destino non proprio fortunato.
«Lo so, pensavo che questa la conoscessi dato che non c’è più.» borbottò dispiaciuta, mentre una bolla in lontananza si frapponeva al raggio di sole che sino allora si era allungato all’interno della stanza.
La luce si ridusse appena, frammentandosi in piccole lingue colorate che batterono contro l’argenteria che stava sul tavolinetto da caffè e la voce paziente di Ko tornò a farsi largo tra gli scaffali ricolmi di libri che nessuno in quella casa doveva aver mai letto.
«L’unica isola scomparsa che conosco è Ohara, ma non ci sono mai andata.» raccontò, strofinando il panno attorno a una teiera.
Aya sollevò lo sguardo dal libro, portandolo sulle mani della balia, dove orride riproduzioni di Nobili mondiali cavalcano persone dagli occhi lacrimevoli.
Odiava quella teiera, ogni volta che la vedeva le si aggrovigliava lo stomaco.
Distolse gli occhi, posandoli su qualcosa di più rassicurante come il viso chino di Ko.
«Perché è affondata?» domandò, mentre la bolla scoppiava e il raggio riprendeva ad allungarsi nella sala.
La donna ripose con cura la vecchia teiera e tornò a stringere il panno sulle gambe, riservandole un’occhiata incerta.
«Ohara? Beh, dicono che i suoi abitanti facessero cose cattive…» mormorò pensierosa.
Aya balzò a sedere infervorata, serrando le dita chiare sulla copertina del vecchio libro.
Quella frase aveva un ché di terribilmente familiare per lei. Sua madre ripeteva in continuazione che i suoi amici aiutanti avevano fatto “cose cattive” e meritavano di pagare i loro affronti al Governo, quando lei chiedeva perché li obbligassero a portare quelle orride catene. Blaterava di quanto magnanimi fossero i Draghi Celesti e le alte cariche della Marina, concedendo a quei reietti di espiare le loro colpe servendo la Nobile stirpe che aveva generato quel mondo.
«Chi lo dice?» indagò piccata, strappando a Ko un sospiro.
«Il Governo, Aya.» rispose materna, sfiorandole la testolina rossiccia.
«E tu ci credi?» insistette, mentre la balia si lasciava sfuggire un mezzo sorriso amaro.
Le dita si allontanarono premurose dai suoi riccioli, tornando a posarsi con stanchezza sulle ginocchia smagrite dalla fatica di anni di lavori. Scrutò per qualche istante la vista dei tetti candidi che si allargava oltre le grandi vetrate della casa, diramandosi a perdita d’occhio su quella porzione di Linea Rossa e il sorriso divenne se possibile ancor più penoso di quanto non fosse stato alla domanda di Aya.
«Io credo che poche cose a questo mondo siano davvero come appaiono, ma la mia opinione conta poco.» sussurrò angosciata, con le lacrime che lottavano per venir fuori dagli occhi scuri.



C’era talmente caldo lungo quella fascia di mare da convincere Kidd a separarsi dalla sua amata pelliccia e starsene zitto in un angolo, dopo quella che ad Aya era parsa una sequela irripetibile di bestemmie contro “quella merda di frutto” che aveva mangiato da bambino e che gli impediva di gettarsi oltre il parapetto per farsi una nuotata.
Una bella nuotata se la sarebbe fatta anche lei più che volentieri, ma non era proprio certa che spogliarsi sul ponte fosse una buona idea e aveva già troppi guai con la ciurma per andarsene a cercare altri.
Si era perciò arrampicata sulla balaustra del ponte di comando, rigirandosi tra le dita ormai piene di graffi una ciocca di capelli sfuggita alla coda con cui li aveva bloccati, sbirciando ogni tanto Killer, accovacciato accanto a lei, intento ad affilare le proprie lame.
«Com’è Marijoa?» domandò d’improvviso la voce del vice, dopo l’ennesima scintilla sfuggita all’attrito tra le due falci.
Lasciò ciondolare le gambe nude contro il legno ruvido del parapetto ancora una volta, prima di voltarsi a guardarlo.
Avrebbe dovuto immaginare che almeno Killer fosse a conoscenza della sua provenienza, per qualche strana ragione però, si era convinta che Kidd non avesse avuto abbastanza tempo da perdere per sbandierare in giro quel poco che sapeva della sua vita e la domanda le suonava quanto mai strana.
«Piena di marines.» stabilì sollevando le spalle, dopo averci pensato un po’ su.
Dalla maschera lucida di Killer venne fuori un sibilo che Aya ormai aveva imparato a identificare come una mezza risata e un ghigno le affiorò sulle labbra rosse per i morsi con cui le torturava di continuo.
Qualcosa in lontananza strepitò alle loro spalle ed entrambi sollevarono il capo per vedere il consueto New coo svolazzare sopra di loro con un aspetto quanto mai debilitato. Si perse in altri due giri prima di lasciar cadere il giornale tra le mani di Aya e tornarsene con le penne arruffate da dove era arrivato.
Di solito Kidd gli scagliava contro qualche berry racimolato nelle tasche dei propri pantaloni – fregandosene tra l’altro di quanto lo stesse pagando –, ma il caldo quel giorno era davvero intollerabile e di certo quel povero animale non aveva tempo da perdere svolazzando attorno a loro per beccarsi chissà cosa.
Sciolse il laccio che teneva arrotolato il corriere e la prima immagine che le saltò all’occhio le mise un brivido lungo la schiena.
Per quanto ne sapeva, i giornali recavano sempre il listino delle taglie, ma abitualmente lo si trovava alla fine del blocco centrale, nelle ultime tre pagine. Forse per abitudine, forse per logica però, il giornale che era consegnato loro riferiva l’ammontare delle taglie sempre prima delle sciocchezze della Marina o di chissà quale grande apertura in una parte sperduta del Grande Blu.
Non l’era mai capitato di guardarlo, solitamente finiva sempre tra le mani del Capitano o del vice e lei era praticamente ignara di chi stesse raffigurato su quelle pagine con una condanna a morte a penzolare sulla testa. Lo aveva sbirciato un paio di volte nella cabina di Kidd, anche se a far bella mostra erano sempre notizie che non le importavano poi tanto, ma quella volta le cose erano del tutto diverse.
Fissò confusa il volto che campeggiava sull’apice sinistro, tra una decina di altri che non conosceva e il nome che a caratteri scuri vi stava impresso sotto.











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Note dell’autrice:
Più che le mie consuete note sono delucidazioni, ma è giusto che metta anche queste e chiarisca qualcosina che magari non è facilmente intuibile.

- Mizaru: Il nome, letteralmente “colui che non vede il male”, per questo credo sia ovvio – oltre che logico – che tra i quattro fratelli, quello che meno di tutti si sarebbe potuto accorgere di un attacco fosse lui.
- Isola affondata: Si tratta dell’ennesimo Buster Call, come si è intuito tramite il riferimento ad Ohara che secondo l’ordine temporale stabilito da me all’interno della storia, doveva essere affondata da poco. Di quale isola si tratti, del perché sia stata attaccata, verrà spiegato in seguito.




  
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