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Autore: DramioneMalfoy    02/01/2014    1 recensioni
Dal testo:
"Si ritrovava sempre a pensare che il cuore non prendesse mai le scelte giuste, razionali, che ci tengono al sicuro ma sempre quelle che, inevitabilmente, ti portano al pericolo."
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Romeo and Juliet...Today
 
La storia di Romeo e Giulietta, secondo il mio punto di vista, racconta di una visione modernizzata della tragedia Shakespeariana. Infatti, oltre che essere un fantasy narrante di vampiri, è ambientata ai giorni nostri come se i due protagonisti fossero dei normali adolescenti che vanno al liceo. Il racconto parla anche di un’ipotetica motivazione dell’odio tra le due famiglie e si conclude con un lieto fine. Termina con un dubbio: Giulietta diverrà vampira o no?
Tutto cominciò in un giorno uggioso, nella grande città di Verona. Era un giorno come tanti, solo più desertico del solito nella grande piazza di Verona, usualmente gremita di gente. Il paesaggio sembrava intorpidito, come se la gente alle otto del mattino non si fosse ancora svegliata: la città era dormiente. Nel cielo plumbeo di Verona volavano stormi di uccelli lontani mille miglia dal suolo, tanto da sembrare solo puntini in movimento nel cielo. Correva l’anno 2012.
Una figura non ben riconoscibile, a causa della nebbia, si aggirava per i vicoli deserti della città. Proprio nelle stradine meno raccomandate. Una giovane che non aveva mai osato incamminarsi per una di esse ma, quella mattina, era in orrendo ritardo per la prima lezione: filosofia. Come detto in precedenza nessuna vista, neanche la più acuta, avrebbe potuto scorgere la sua figura stagliarsi nei bassifondi della cittadina.
La figura altro non era che quella di una studentessa impegnata nelle intricate vie della città, sembrava essersi smarrita ed era proprio così perché non era per niente abituata ad orientarsi in certe stradine malfamate. Seguì un’indicazione piuttosto malandata che a stento si reggeva sul palo di ferro arrugginito. La scritta, infatti, era penzolante e contribuiva a rendere il paesaggio ancora più spettrale: il tutto era inquietante. La ragazza parve tranquillizzarsi un po’ quando vide la nebbia dissiparsi proprio come le nuvole dopo un temporale. Riuscì finalmente a scorgere una luce e, con essa, la fine della strada. 
Arrivata alla fine del vicolo, scorse la piazza principale di Verona e si stupì nel trovarla deserta. Non avendo tempo per domandarsi cosa stesse succedendo a causa dell’enorme ritardo, attraversò la piazza a passo deciso e svelto, per poi arrivare ad un altro vicoletto con i mattoni rotti. Di colpo arrestò il passo e valutò bene la strada. Quello stretto spazio compreso tra due muri metteva più inquietudine degli altri, non perché avesse qualcosa di peggiore: non poteva esserci qualcosa di peggiore dei precedenti. Era una strana sensazione però quella che attanagliava la ragazza. Un magone che le chiudeva gola e stomaco, impedendole il respiro. Sentiva un’insolita aura alleggiare nell’aria sciroccata. Aura?! Ma di cosa stava parlando? Era semplicemente agitata per il ritardo e farneticava cose insensate. Non curandosi più delle sue inutili preoccupazioni senza fondamenta, percorse la stradina cercando di tranquillizzarsi continuando a ripetere che era tutta immaginazione, che non c’era nulla di cui avere paura. Eppure il cuore continuava ininterrottamente il suo martellio nel petto e, di certo, la nebbia che le si distribuiva davanti nel vicolo, non aiutava.
Decisa ad arrivare il prima possibile a scuola e a lasciarsi quella brutta sensazione alle spalle, accelerò il passo diretta alla High Style School. Una scuola inglese dove insegnavano a disegnare, creare uno stile e cucire, per poi lanciarti nel mondo della moda come stilista. Quella mattina era proprio lì che la giovane ragazza di sedici anni era diretta.
Quello che però lasciò tutti i cittadini sconcertati e la famiglia addolorata fu la sua scomparsa proprio quella desertica mattina uggiosa.
Si, perché Evangeline Capuleti non arrivò mai a scuola quel giorno.
Scomparve misteriosamente in quella umida mattina, in quel fetido vicolo. Di lei non si seppe più niente… o meglio, la famiglia non fece sapere più niente…


10 anni dopo…

<> esclamò un’elettrizzata Giulietta Capuleti, pronta per il suo primo giorno di scuola al suo primo anno di liceo.
Perfettamente lavata e vestita, alle 7.35 in punto di mattina, aveva spalancato la porta della camera dei suoi genitori trovando il letto intatto, sicuramente rifatto dalla domestica, e sua madre intenta ad agghindarsi elegantemente di fronte allo specchio. La Signora Capuleti era una donna raffinata e colta, amante della lirica, degli spettacoli teatrali e dei romanzi. Conosceva ben 12 lingue e, avendo studiato ad Oxford, criticava fortemente la scelta scolastica della figlia: la High Style School. Riteneva che la moda non doveva essere prodotta dai Capuleti, ma indossata con charm e portamento. Giulietta aveva sempre lasciato correre i rimproveri e le riprese di sua madre, dedicandosi a ciò che più le piaceva, la moda.
Quel giorno era particolarmente arzilla perché era il suo primo giorno del primo anno di liceo. Finalmente avrebbe studiato per diventare una stilista di fama internazionale; questo era il sogno di Giulietta Capuleti: creare la moda. Si immaginava sempre alle più grandi sfilate di Milano, Parigi e perdeva ore chiusa in camera sua a contemplare le foto delle più grandi stiliste di tutti i tempi accanto ai loro capolavori. Sin dalla tenera età Giulietta aveva mostrato una passione per l’abbinamento dei vestiti e un buonissimo gusto nell’associare i colori.
Un anno prima aveva fatto domanda alla grande scuola inglese il cui numero di accettati era veramente ristretto: cento nuovi aspiranti su quattrocento.
Giulietta si sentiva davvero fortunata ad essere stata accettata ma, allo stesso tempo, si sentiva agitata. Nonostante la sua famiglia avesse nobili origini e un indiscusso patrimonio sociale e culturale aveva paura di non essere all’altezza del suo cognome. Questa situazione le pesava ancora di più quando sua sorella annunciava il trenta e lode ricevuto ad un esame per diventare medico. Spesso invidiava la sua dedizione ai libri e i privilegi che le erano concessi dai genitori che la consideravano la figlia perfetta, ma poi subito le passava pensando che lei seguisse i suoi sogni aspirando ad essere ciò che desiderava da sempre.
La sua città, Verona, era la solita cittadina noiosa in cui la vita scorreva lenta e noiosa, tanto che l’allegria di Giulietta stonava. Era come tutte le normali città: traffico, smog e ancora traffico e di nuovo smog. Nessuna novità, nessuna notizia particolarmente degna di nota. Solo incessante routine e quotidianità stucchevole, proprio come una caramella tenuta troppo tempo in bocca. Non accadeva mai niente di esorbitante o minimamente clamoroso. Giulietta aveva molte amiche in città e tutti la conoscevano per la sua estrema bontà e la sua grande voglia di vivere appieno la vita.
Era sempre stata una ragazza piena di gioia. Rispettosa ed educata e, per questo, l’orgoglio dei genitori. Giulietta voleva bene ai suoi genitori ma ogni tanto si sentiva come un trofeo da mostrare ai ricevimenti quando più ne avevano bisogno, mentre a volte veniva messa da parte nei discorsi con gli adulti e dove veniva inserita solo sua sorella. Nonostante tutto, non aveva mai rinfacciato e tantomeno si era lamentata di qualcosa. Non aveva mai osato disubbidire al volere dei genitori eccetto che per la scuola: aveva per forza voluto decidere di testa sua. In poche parole la famiglia di Giulietta era una famiglia all’antica, di quelle in cui i figli si sposano presto e che snobbano con aria di superiorità le persone inferiori al loro rango. Anche se oramai l’importanza della purezza di sangue non era più importante, le famiglie originarie del posto tenevano molto a cuore la classe sociale.
Nel tempo Giulietta aveva imparato ad esibirsi in abiti sfarzosi e sorrisi di circostanza, a volte, non preoccupandosi di apparire falsa. Odiava tutti quelli svenevoli complimenti e quelli assurdi convenevoli. A lei piaceva indossare scarpe comode, preferibilmente converse, non tacchi vertiginosi e preferiva di gran lunga un jeans con una t-shirt abbinata piuttosto che vestiti da sera che la facevano apparire più grande di quella che era. Un’altra motivazione del perché odiava le feste a cui era costretta a partecipare era che si sentiva fuori posto, come se quello non fosse il clima in cui era nata e cresciuta. Era sempre stato così: la mattina era una normale teenager che cercava di nascondere le origini della sua famiglia, per quanto il suo cognome glielo permettesse, per evitare di ricevere favoreggiamenti e privilegi rispetto ad altri; di sera elegante fanciulla avvolta da lunghi abiti che le conferivano un’aria misteriosa e raffinata.
Qualche volta Giulietta aveva provato a riflettere su queste cerimonie a cui partecipava e aveva provato a buttare giù qualche frase e a scriverla su carta; l’uniche frasi che le erano venute in mente recitavano:
Soffi delicati provenienti dalle finestre aperte che facevano svolazzare le tende bianche, divanetti ricamati, mazzi di gigli la sera del ballo.
Il profumo della rugiada sui fiori bagnati dalla pioggia di primavera. Svanisce come la più bella delle apparizioni, angelo avvolto da nuvole di vestiti sontuosi di dame che cercano i propri cavalieri in un dolce volteggio di maschere. Romeo. Il suo nome è la melodia più soave dell'amore stesso.
Le ultime frasi erano cancellate pesantemente come a voler essere non solo cancellate dal foglio ma anche dalla mente stessa, o meglio, dal cuore. Giulietta ricordava con angoscia la sera in cui aveva incontrato il figlio degli acerrimi nemici di mamma e papà: Romeo Montecchi. Un solo sguardo, uno sfiorarsi di mani alla mezzanotte dell’ultimo dell’anno e un sussulto a quel contatto da parte del cuore. Elettricità, era tutto quello che regnava nell’aria tra loro due a luci spente quella sera, mascherati, celati dietro a ingannevoli maschere che spesso ti traggono in inganno e ti giocano brutti scherzi. Avevano ballato, scherzato, riso e bevuto champagne. Dopo aver visto i fuochi d’artificio nel giardino del grande palazzo del ministro erano rimasti un po’ insieme a guardare le stelle e ad ammirare i giochi di colore che venivano sparati nel cielo tra la notte dell’ultimo dell’anno e il primo di quello successivo. Al culmine della serata presero coraggio e si sfilarono le maschere lasciandosi completamente di stucco l’un l’altro. La persona di cui follemente si erano innamorati altro non era che il loro peggior nemico. Dopo il momento di shock, Giulietta si era ritrovata a percorrere velocemente l’atrio della grande reggia dicendo ai genitori di sentirsi poco bene e abbandonando la festa. A letto era rimasta molto tempo a rimuginare sulla serata trascorsa, sul suo amore impossibile e a immaginare l’espressione delusa dei suoi genitori e di tutta la sua famiglia. NO! Non poteva farlo, non doveva più rivederlo: doveva smettere di amarlo!
Dopo quella serata non si erano più visti, se non incrociati per strada con i propri amici, lanciandosi come al solito sguardi carichi di odio e disprezzo. Nonostante entrambi sapessero bene che oramai l’odio era stato seminato e cominciarono a prendere pian piano la consapevolezza che niente sarebbe stato più come prima. Giulietta sentiva una forte attrazione per il giovane come una calamita ma allo stesso tempo un qualcosa che li teneva lontano. L’odio, aveva sempre pensato, ma sapeva bene che non era così. Era una strana sensazione che l’avvolgeva quando incontrava il suo sguardo, che andava aldilà dell’odio tra le loro famiglie di cui non aveva mai capito la motivazione. Come un allarme che gridava pericolo. Un qualcosa che le diceva di stargli lontano. Ci era riuscita, o così credeva.
Una serata afosa di Giugno, al ballo di fine anno non aveva potuto fare a meno di danzare con lui quando con un elegante baciamano, degno di un nobile come lui, le aveva proposto di ballare. Inevitabilmente i sentimenti avevano preso il sopravvento e si erano baciati. Mille scosse di elettricità l’avevano pervasa e sentì la pelle d’oca. Allontanatasi giurò di scorgere un’ombra rossa negli occhi del giovane Romeo.
<> sentì distrattamente una voce lontana chiamarla, ovattata dal suono della musica e dal martellio del suo cuore, aveva il respiro affannato. Si voltò a guardare chi l’avesse chiamata e notò sua cugina, guardarla severamente e con un cipiglio scettico, istigandola a venirsene via.
<> si girò nuovamente dalla parte di Romeo e si bloccò nel vedere il posto occupato precedentemente dal ragazzo vuoto.
Frastornata per il bacio e le emozioni provate, restò tutta la sera sveglia a pensare e a scrivere sul suo diario. Alla fine, prima di spegnere finalmente la luce, aveva deciso di dimenticare tutta quella storia, tutto quello che aveva provato quella sera e fare come se niente fosse, continuando ad odiare i Montecchi come se avessero fatto qualcosa alla sua persona.
Già. Perché anche quando aveva chiesto il motivo di tutto quell’odio non aveva mai ricevuto risposta ed era sempre dovuta restare con tutti i dubbi e le domande che, assillanti, la ossessionavano.
Tornando alla realtà di quel momento, Giulietta osservò sua madre prepararsi per accompagnarla al suo primo giorno di scuola.
In un luogo non ben definito, nel Nord della Carolina vive una ragazza, chiamata Evangeline Capuleti si fa chiamare Jennifer Smith ha sedici anni. Da quanto? Da dieci anni. Ha fatto una scelta. Famiglia o amore. Lei ha scelto l’amore. Lui: Julian Montecchi l’ha trasformata in quello che un tempo nell’antichità regnava a Verona: in un vampiro. Non si è mai pentita delle sue scelte, ha seguito il suo cuore. Ha preso la sua decisione e non ha mai guardato indietro, o almeno, non con rimpianto. E’ sicura di aver preso le decisioni giuste nella sua vita. L’unica cosa che le dispiace aver lasciato indietro nel suo passato è la sua nipotina: Giulietta Capuleti, così tanto legata a lei, a sua zia. Quando aveva deciso di scappare e di diventare ciò che è adesso, Giulietta era solo una bambina di 4 anni. Per un po’ era rimasta nascosta ad osservarla crescere e a vederla continuamente chiedere di sua zia Evangeline, procurando a quest’ultima dolorose fitte di nostalgia. Col tempo aveva imparato a convivere con la situazione: aveva fatto quello che le suggeriva il cuore. Si ritrovava sempre a pensare che il cuore non prendesse mai le scelte giuste, razionali, che ci tengono al sicuro ma sempre quelle che, inevitabilmente, ti portano al pericolo. Sa del dolore che ha causato alla sua famiglia scomparendo così nel nulla, così come sa che questi ultimi hanno scoperto tutto della sua fuga amorosa con Julian Montecchi. Sanno persino perché sono scappati: non le avrebbero mai perdonato quello che era diventata. La loro storia aveva lasciato indietro odio tra le loro due famiglie, ma loro si amavano e tutt’ora si amano e questo li basta…
Giulietta ancora non lo sapeva. Un giorno avrebbe scoperto di tutta questa storia ed allora avrebbe capito cosa ha portato l’odio tra le due famiglie. Capirà anche perché ha visto il guizzo rosso negli occhi di Romeo: la discendenza dei Montecchi è vampirizzata. Imparerà ad amarlo anche per questo, capirà che non può combattere contro l’amore, così come non ci è riuscita sua zia. Non sappiamo se anche lei diventerà una vampira o vivrà la sua vita e poi morirà, però sappiamo che un giorno coronerà anche lei la sua storia d’amore, anche lei nascondendosi nell’ombra o amandolo alla luce del sole? Lascio a voi il compito di immaginarlo tutto quello che posso dirvi è che nel bene e nel male, nella gioia e nel dolore, con il suo Romeo vivrà delle esperienze indimenticabile che una vita non basta per poterle raccontare. Posso anticiparvi che Giulietta finalmente rincontrerà la sua adorata zia, della quale da tempo chiedeva notizie, ma questa è un’altra storia ancora…
  
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