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Autore: _Blanca_    02/01/2014    1 recensioni
| Spoiler VIII Stagione |
Jane Leigh, ragazza inglese trasferita nel nord della Pennsylvania, trascorre le sue giornate nel negozio di libri della signora Sternwood, dove lavora come commessa. Ma quando la piccola libreria diventa il palcoscenico di una morte inspiegabile, Jane dovrà vedersela con due cacciatori di mostri e un doppio mistero da sbrogliare.
"Jane si volta, rallentata da un vago senso di panico. I legittimi occupanti della camera sono sulla soglia. La stanno guardando male, ma almeno non ci sono fucili spianati nelle vicinanze. La donna si schiarisce la voce, rilassa le spalle e chiude il diario, avvicinandolo al petto. Chiama a raccolta tutta la sua capacità di affabile chiacchiericcio: «Oh, be', questo sarebbe il momento di una frase brillante per... convincervi che non sto facendo quello che sembra che io stia facendo. Ma non riesco a pensare a niente del genere. Anche perché sto facendo esattamente quello che sembra che io stia facendo, quindi... oh, smettetela con le occhiatacce. Qui siete voi quelli che vanno in giro a farsi passare per agenti federali. Io ho solo forzato una serratura. Che, per la cronaca, era una serratura da quattro soldi»."
Genere: Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Dean Winchester, Nuovo personaggio, Sam Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Ottava stagione
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Hardy Boys & Nancy Drew '
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part 1
Capitolo: 02/09
Avvertimento: l'inizio del capitolo contiene i leggeri spoiler sull'ottava stagione citati nell'introduzione. Nulla di troppo rovinoso comunque.
N/A. Grazie a chi ha letto il prologo e a chi ha messo la storia tra le seguite. Significa davvero molto per me!


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x










Parte prima










Contea di Tioga, Pennsylvania.
   
Dopo una notte limpida, il primo mattino è stato accolto dalla foschia. L'Impala, con la sua lucida e nera carrozzeria, riposa nel parcheggio di una sperduta stazione di servizio e Dean Winchester, seduto sul cofano, sta spazzolando via una colazione a base di una solitaria fetta di torta preconfezionata. Sam, accanto a lui, legge un quotidiano che riporta la data odierna. Lo ha comprato dentro la stazione di servizio — dopo aver adocchiato uno dei titoli in prima pagina e mentre Dean meditava a modo suo la scelta della colazione.
Una scelta di cui il maggiore dei Winchester si sta pentendo: ha la netta impressione che la scatola di plastica trasparente abbia trasferito al dolce un che di insipido e granelloso, un retrogusto così sgradevole che neppure il suo poco fine palato, anestetizzato da fiumi di birra e alcolici, riesce ad ignorare. A dirla tutta, sospetta che la torta sia scaduta. Da anni. 
Oppure che a rovinargli il pasto sia la frustrazione per essere stati depistati di nuovo da Kevin. Sono arrancati fino nel nord della Pennsylvania correndo dietro a una falsa traccia ed eccoli ancora una volta al punto di partenza.
Sam respira pesantemente, a bocca chiusa. E quando Dean lo vede aggrottare la fronte in quel suo modo particolare, rivolgendo l'interno delle sopracciglia verso l'alto, sa già cosa chiedere.
«Trovato roba per noi?»
«Ieri a Williamsport è stata rapinata una gioilleria. Il ladro, Donny Allen, è scappato via a mani vuote. Si è nascosto in un'altra città, ha tentato di rapinare un altro negozio... ed è morto».
Dean riesce nell'impresa di masticare l'ultimissimo boccone di torta, buttarlo giù e commentare la notizia. Tutto contemporaneamente.
«Si chiama karma».
«"Dalle prime analisi del medico legale sul corpo dell'uomo, la causa del decesso sembra essere ipotermia. Un'ipotesi che pur sopportata dai fatti, date le circostanze della morte, la polizia ha dichiarato letteralmente impossibile"».
Dean rifila a Sam un'occhiata di assonnata attesa. E ci vuole una buona manciata di attimi prima che Sam, alzando gli occhi dal giornale, se ne accorga.
«Ipotermia significa assideramento».
«Lo so cosa significa. Sto aspettando i particolari. E di capire perché dovrebbe essere roba per noi».
«Perché stando a quanto dicono i due testimoni, l'uomo è morto mentre stava tentando di rapinare il negozio. È morto all'interno del negozio. Non in una cella frigorifera o in fondo a un crepaccio. Era in una...» Sam torna a scorrere le parole dell'articolo «...piccola libreria. Nel centro della città».
Dean riassume il proprio parere in un verso a metà strada tra un sbuffo e uno suono gutturale che annuncia ufficialmente l'inizio della digestione.
«Dov'è successo?» chiede.
«Mansfield. A un'ora di macchina da qui».
Come traccia per un nuovo caso è molto vaga, ma ora che sono a corto di indizi che conducano a Kevin, Dean sarebbe felice di non dover passare un'altra notte a dormire in macchina. In più: «...magari lì hanno torte che non facciano così schifo».
Dieci minuti tardi, le ruote dell'Impala girano veloci sull'asfalto nero come la pece, segnato da una linea gialla. L'auto macina le miglia ma la foschia non accenna a diradarsi, nè sulla strada nè tra la cupa distesa di boschi che la fiancheggia.


* * *

   
Mansfield, Pennsylvania.

Sam Winchester, nei panni dell'agente Smith, si lascia alle spalle le porte dell'obitorio e imbocca un grigio corridoio impregnato dell'odore di disinfettante. Ha appena parlato con un medico legale — un quarantenne quasi calvo affetto da un principio di balbuzia — e ha visto il cadavere di Donny Allen. Le parole del medico non sono state molto diverse da quelle nell'articolo di giornale: a conti fatti, non c'è spiegazione scientifica al caso dell'uomo morto per assideramento in tempi record e a temperatura ambiente. Sam si è perfino sentito domandare se l'FBI non si stia interessando al caso per il sospetto di una nuova arma batteriologica, perché Allen non soffriva di nessuna di quelle malattie che potrebbero portare un corpo umano a un improvviso abbassamento della temperatura e non esiste droga o veleno in grado di ridurre una persona a un stato di ipotermia di grado quattro.
Come si sia potuto formare del ghiaccio sul corpo del rapinatore, poi, è un mistero. 
Lungo il corridoio, Sam incrocia un infermiere che spinge una barella con sopra un sacco per cadaveri. Pieno.
In quello stesso momento, il suo cellulare inizia a squillare. È Dean.
«Allora?» chiede la voce di suo fratello, dall'altro capo del telefono.
A giudicare dal sordo ronzio di sottofondo, Dean deve essere in macchina.
«I medici brancolano nel buio» risponde Sam, allentandosi il nodo della cravatta blu. «Ma Allen è morto per assideramento: su questo non ci sono dubbi. E, a parte il ghiaccio, non c'è altro sul suo corpo. Niente ferite. Niente segni... sospetti. Tu cosa sei riuscito a sapere dalla polizia?».
«Che Donny Allen era un gran figlio di puttana. Vendeva droga, si è beccato due denunce per stupro ed è stato accusato di tentato omicidio».
«E riguardo alla rapina di ieri sera?»
«A quell'ora il negozio era già chiuso ai clienti, ma la padrona e la commessa erano ancora lì. Quando la polizia è arrivata, le due donne hanno detto che il negozio è rimasto senza luce per qualche secondo. Hanno sentito la temperatura nella stanza farsi di colpo fredda e poi l'uomo è stramazzato a terra. La ripresa della telecamera di sicurezza conferma la scena».
Il cigolio delle ruote della barella non si sente più. Sam si ferma e si sposta di un passo verso la parete, tenendo d'occhio le scale in fondo al corridoio.
«Okay. Freddo. Allora, siamo sulle tracce di un fantasma?»
«Probabile. Sul video non compare nessuna sagoma. Nessuna ombra. Ma si vede chiaramente un'interferenza nella registrazione, proprio un secondo prima che l'uomo tiri le cuoia. L'immagine traballa e c'è una specie di... linea grigia... che l'attraversa».
«E le due donne?»
«Terrorizzate, ma illese. A proposito, la padrona del negozio, una certa Virginia Sternwood, è stata portata in ospedale ieri sera. Ha avuto un malore dopo l'arrivo della polizia. È ancora ricoverata lì. Va a fare due chiacchiere con la nonnina, io ho l'indirizzo della commessa».


* * *

   
Dean chiude la chiamata, getta il cellulare sul sedile del passeggero e afferra il volante con entrambe le mani. Lascia che l'Impala percorra la strada a velocità ridotta, mentre tiene d'occhio la fila di piccole villette su entrambi i lati della strada. La foschia se ne è andata, ma il tempo è rimasto sereno per poco e Mansfield adesso è sotto una compatta cupola di nubi grigie. Nonostatante sia quasi mezzogiorno di una giornata di fine ottobre, tutto appare livido e spento, come in pieno inverno. A prima vista, sembra che a Wakefield Terrace — un quartiere residenziale dove le case sono tutte più o meno identiche — il massimo della vivacità siano i ghigni storti delle zucche, sopra ai muretti e ai gradini dei porticini, e lo svolazzo di foglie morte che il vento solleva e ammucchia contro le grate dei tombini.
L'Impala inizia a rallentare. Accosta al marciapiede e si ferma. Dean spegne il motore: è davanti a una casa con un unico piano. Come le altre abitazioni, ha il tetto spiovente coperto di tegole scure ed è rivestita di legno pitturato di bianco. Ma non c'è nessun portico. Solo quattro gradini di pietra che collegano il vialetto alla porta d'ingresso. Il numero civico è dipinto sull'architrave: 2601.
Dean scende dall'auto, accompagnato dal lieve tonfo della portiera. Da qualche parte, un cane uggiola. Il cacciatore percorre il vialetto, dando una scrollata alla giacca del suo completo nero, sale i lisci gradini e rifila alla porta tre rapidi ma vigorosi colpi.
Pochi attimi di silenzio.
Poi qualcuno fa scattare la serratura e la porta viene aperta in modo brusco.
Dean si ritrova faccia a faccia con una donna giovane e potenzialmente carina, sebbene sfoggi un per niente sexy maglioncino color crema con un colletto di trina nera. È la stessa ragazza che Dean ha visto nella registrazione della rapina, ma è molto più alta di quanto si aspettasse. E molto più... arancione.
Jane Leigh, a giudicare dalla mera espressione, non sembra sorpresa o colpita dalla presenza dello sconosciuto in giacca e cravatta sul suo pianerottolo e, prima che il cacciatore possa aprir bocca, pronuncia un soave quanto perentorio: «No, grazie».
«No, grazie?» ripete Dean, senza capire.
«Aspirapolveri, opuscoli religiosi, enciclopedie. No, grazie, non mi servono». La ragazza ha l'accento inglese più inglese che Dean abbia mai sentito. Parla in fretta, con la meccanica e precisa gentilezza di una hostess. «E se è un giornalista anche lei, lo ripeto: vada a piantonare l'ufficio dello sceriffo. Buona giornata». Una lieve spintarella e la porta viene richiusa.
Per un paio di lunghi secondi, Dean fissa la laccata superficie marrone a quindici centimentri dal proprio naso. Poi si riprende. Infila una mano nella tasca interna della giacca, ne tira fuori il falso distintivo da agente federale e bussa di nuovo.
Quando Jane compare sulla soglia, Dean non le dà il tempo di parlare.
«Sono l'agente Wesson. FBI. Sono qui per farle alcune domande, signorina Leigh».
Dovrebbe essere il turno della ragazza di restare basita, ma se lo è allora raramente Dean ha visto concentrare, con tanta mirabile sintesi, sorpresa e imbarazzo in un'unica vocale.
«Oh».
Jane Leigh sfiora con le dita il gingillo a forma di gufo che le pende sul petto. Quindi apre per benino la porta e si schiarisce la voce. «Chiedo scusa. Entri pure». Con un movimento del braccio, invita l'uomo ad entrare: si accede direttamente al soggiorno. Non appena Dean ha oltrepassato l'uscio, la ragazza richiude con calma la porta.
Di colpo, si sente un trillo forte e prolungato.
«Ah, torno subito!» esclama Jane, piano. «Lei... si accomodi, intanto». Accenna al divanetto, al centro della stanza, e l'istante successivo sta già attraversando il soggiorno.
Dean, in nome delle vecchie e salutari abitudini, segue con lo sguardo l'andatura della ragazza, per una rapida ricognizione del suo lato b e delle gambe lunghe, gentilmente fasciate in un paio di aderenti blue-jeans. Quando Jane sparisce oltre una delle due porte del soggiorno, rimasto a corto di grazie femminili da ammirare, il cacciatore deve ridursi ad osservare la stanza: rustici mobili di legno chiaro e pareti tinteggiate di un azzurro opaco. Davanti al divano, sopra al tavolinetto da caffè, ci sono una ciotola di ceramica, piena di mele rosse e verdi, e un libro aperto — tanto grosso da far sperare a Dean che ci sia da qualche parte un tavolo molto zoppo. Non è l'unico libro nella stanza: gli scaffali vicino alla finestra ne sono pieni. Consapevole della propria immagine riflessa nello specchio rettangolare, sopra al camino dalla mensola bianca, Dean fa un paio di passi verso il divano. Si è appena reso conto che nella stanza è entrato un odore dolciastro, un profumo che ricorda vagamente quello delle mele caramellate, quando esplode un inconfondibile fracasso di piatti rotti.
   
 
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