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Autore: Titinina    05/01/2014    1 recensioni
Tra le vie animate, le mille luci e il divertimento sfrenato, due figure agiscono nell'ombra, chi per salvaguardare la propria città con la sua 357 magnum, chi per conquistarla con leggiadria e l'eleganza di una gru che vola nei cieli. Questa fan fiction è una crossover tra il nostro amato City Hunter e un nuovo manga che mi ha colpito: Heat, scritto da Buronson e disegnato da Ryoichi Ikegami. Vi assicuro, conoscere Tatsumi Karasawa ne vale davvero la pena, è intelligente, forte ed ha ha sani principi! La sua morale e la sua rettitudine non mirano a diventare uno yakuza qualsiasi, ma a creare un mondo dove tutti possano vivere a testa alta, come del resto lui fa. Letto i primi volumi mi sono detta: chi meglio di lui può essere il rivale perfetto di Ryo Saeba?! Sarà una fan fiction dai tratti duri, metteremo le mani nei bassi fondi e la criminalità, Shinjuku sarà il teatro di questo scontro tra titani! Dedica speciale a Fedeluca e a Rinrei, grazie ragazze! E che altro dire se non...Benvenuti a Shinjuku! Titinina ^___^ (ogni immagine è coperta da copyright appartenente a Tsukasa Hojo e Ryoichi Ikegami)
Genere: Azione, Erotico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Cross-over | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: City Hunter
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Il King Casinò si stagliava contro il cielo scuro di Tokyo, sedici piani di cemento illuminato in ogni dove.

Era l’ascesa della Kansai Sanno all’interno di Shinjuku, la maggior parte del suo fatturato proveniva da quell’attività, che, oltre alla normale facciata di gioco legale d’azzardo, nascondeva, nelle sue sale, il gioco del potere. Gli intrighi dell’industria, della politica e della mala, venivano discussi dietro le slot machine, il rumore della fiches impilate, la voce del croupier che distribuiva le carte, le donne succinte che facevano compagnia ai magnate della società tokyoita

Harada ordinò ai suoi di appostarsi ad ogni piano,, poi con un manipolo di uomini fidati, si spostò al sedicesimo piano, verso l’attico del palazzo dove risiedeva l’ufficio di Fukimaki. Entrò nella sala, dove gli uomini della Kansai Sanno lo fecero passare.

Passò la mano sul tavolo di buona fattura di proprietà del Sesto Boss, continuò a guardare verso la vetrata dove si beava dello spettacolo di Tokyo, con le sue mille luci, con il suo frenetico movimento instancabile.

-          Sa avvocato Nakatani, questo è niente rispetto al potere che avrò tra poco.

Satomi si sedette  accavallando le gambe e sistemandosi comodamente sul divano.

-          E’ un piacere effimero, Signor Harada.
-          Quale piacere non è effimero, avvocato?

Harada si voltò verso di lei con un ghigno sulle labbra.

-          Per tutto il resto della mia vita voglio godermi questo piacere.

Satomi rispose al ghigno, mentre posò un braccio sul bracciolo e ripose il suo sguardo saldo in quello dell’uomo.

-          Quello che intendo è proprio in senso letterale: durerà solo un giorno. Allora vuole che la sua vita duri  ancora solo un giorno?

Gli occhi di Harada si contrassero in due piccole fessure, arrabbiati e pieni di odio.
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Schiacciò sotto la punta della scarpa il mozzicone, masticato sul filtro, della sigaretta, bussò alla porta di servizio e mise le mani in tasca.
Dallo spiraglio della porta sbucò la testa di un uomo anziano curvo, che lo guardò senza batter ciglio e asserì col capo, facendolo passare.

-          Fa uscire tutta la gente di servizio, Kumo.
-          Va bene.

Si incamminò nella cucina con calma, rubò una mela di passaggio e gli diede un paio di morsi, facendola poi volare in un cestino alle sue spalle, facendo canestro.

-          Questa mela la dovrai pagare, Saeba!
-          Dai Kumo, non essere tirchio!

Ryo Saeba alzò la mano in segno di saluto e superò le cucine.
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Il furgone viaggiava sulla tangenziale che portava dal molo alla città, Mick, con gli occhi attenti sulla strada, cercava di mantenere un’andatura costante, senza dare troppo nell’occhio. Se li avessero fermati delle volanti, sarebbe stato difficile spiegare il perché di quaranta persone su un furgone. Umibozu sedeva accanto a lui, nella sua classica posa granitica, sbuffando ogni tanto.

- Potresti smetterla? Mi stai innervosendo.
- Se tu prendessi meno buche.
- Se la tua mole non facesse convogliare tutto il peso su un lato.
 - Negli USA la patente ve la danno nelle patatine?
- Ah! Mentre tu guidavi jeep in mezzo alla giungla giocando al mercenario, io guidavo Aston Martin! Oh ma cosa ne vuoi capire tu, che di eleganza non sai nulla!
- Quelle sono macchine da ragazzini! Le vere auto sono ben piantate come la G Wolf!

Mick scosse la testa, quella non era una macchina, era piuttosto un carro armato.

- Rozza come te! E l’eleganza? E il comfort?
- Il tuo culo yankee è così delicato? Devi guidare, non fare un pisolino!

Improvvisamente, Umibozu, prese con fare brusco il volante facendolo sterzare a destra.

-          Che ti prende polipo! Sei impazzito?

Urlò Mick, cercando di riprendere il controllo del furgone.

-          Tieniti a destra, abbiamo compagnia.

Mick scrutò uno dei  specchietti laterali, individuando un gruppo di motociclisti che stava alle loro calcagna.

-          Oh! E questi?
-          Teppistelli di Harada.
-          Dobbiamo seminarli?
-          Eretico, con questi ci facciamo il brodino.

Umibozu sorrise verso il suo amico biondo mostrando tutti i denti, fino a far uscire da una delle sue tasche un piccolo bazooka montabile.
Mick lo guardò con una certa curiosità.

-          Bel gioiellino, vero? Regalo di Miki.

Umibozu mostrò la sua arma molto fieramente.

-          Ah quando c’è l’amore!
Sospirò Mick con occhi da cherubino angelico, mentre il primo proiettile strisciò sulla fiancata del furgone.

-          Ehi, questi hanno tirato fuori l’armeria!

Umibozu abbassò il finestrino,  mentre uno dei tizi, con la moto, cominciava a pestare con una catena il lato del furgone facendo piegare la carrozzeria e creando un gran boato sulla portiera. Umibozu, non gradendo quell’incursione, senza pensarci due volte, prese l’estremo della catena e la strattonò, facendo perdere l’equilibrio del motociclista che barcollò, tirò con tutta la forza e, dopo aver donato uno dei suoi sorrisi a tutto denti, lasciò andare la catena e il motociclista rotolò a tutta velocità sull’asfalto. 

Mick svoltò a destra verso l’uscita dell’autostrada, mentre i motociclisti rimasti continuavano imperterriti nel loro inseguimento, il tornante d’uscita faceva rallentare il furgone, in quanto troppo pesante, mentre i loro inseguitori erano sempre più vicini.

- Lo avevo detto che tu guidi come una signorina.

Sbuffò nuovamente Umibozu, mentre apriva la portiera.

- Piuttosto che criticare la mia guida, potresti muoverti.
 - Tocca sempre a me il lavoro sporco.
- Ma se ti diverti un mondo.

Aggrappandosi alla maniglia dell’auto posta al lato del furgone, Umibozu si sbilanciò fuori e prese la mira con il piccolo bazooka regalato da Miki. Il piccolo missile emise un sibilo e, con una scia di fumo bianca, sorpassò il furgone, fino a prendere la ruota di una delle moto.

Immediatamente si scatenò l’effetto domino, mentre tutte le moto in sequenza, ruzzolarono sull’asfalto e il botto finale permise ai due sweeper di guadagnarsi decisamente vantaggio sui propri inseguitori.

Mentre Mick suonava il clacson in segno di vittoria, Umibozu cercava di risalire sul furgone, ma una sterzata fatta male quasi lo fece sbilanciare, con un colpo di reni riuscì a rimettersi in carreggiata.

- Volevi farmi fuori?

Si rivolse verso Mick dandogli un pugno in testa, mentre incassava il collo tra le spalle.

- E ora dove andiamo con quaranta persone?

Mick, sorriso furbo e occhi mascherati da angelo, guardò Umibozu.

- Il locale di Yuki la Duchessa della festa, ci accoglierebbe a braccia aperte.

Disse soave.
La Smith & Wesson 29 di Falcon andò a posarsi sul naso di Mick.

 - Ah! Permaloso, se tu hai un’idea migliore, dilla, no?!

Rimuginando sui loro pensieri, si guardarono improvvisamente realizzando la stessa idea.

- Ne sarà felicissimo!
- Non ne dubito!

E il furgone ricominciò la sua folle corsa.
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La porta specchiata si aprì davanti a loro, Kaori vide il suo riflesso dividersi a metà fino a scomparire, l’ascensore li accolse con il classico rumore leggero di un campanellino che ne annunciava il suo arrivo, si infilò all’interno seguita da Tatsumi, che si mostrava, come sempre, impassibile.

- Non ti sembra troppo tranquillo qui?
- Sì.

 La risposta secca le fece presumere che il pericolo era proprio dietro l’angolo. Tatsumi schiacciò il pulsante che portava verso l’attico, nell’attesa, si mise con le braccia incrociate sul petto, chiudendo gli occhi. Kaori studiò la posa dell’uomo, non muoveva un muscolo, granitico, sapeva che stava raccogliendo le sue energie, stava elaborando un piano. Sembrava immerso in un mondo proprio, inaccessibile.

Riaprì improvvisamente gli occhi Tatsumi,una nuova luce li animava: quello scintillio preannunciava l’imminente arrivo del guerriero. Conosceva, Kaori, gli sguardi come i suoi, nella sua vita lo aveva visto tante volte negli occhi del suo compagno, ecco perché era lì, quello sguardo l’aveva rassicurata che, nonostante l’ambiguità che circondava l’uomo, poteva fidarsi di luio, aveva lo stesso sguardo di Ryo.
 
-          Rimani sempre accanto a me. Qualunque cosa succeda.

Si avvicinò di un passo a lei, accorciando le distanze, dandole modo di guardare meglio nei suoi occhi.

-          Fidati di me.

Le parole di Tatsumi le attraversarono la spina dorsale, come una carezza protettiva e rassicurante.
Confermò col capo, si fidava di lui.
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Dalla stanza della videosorveglianza, gli uomini di Harada guardavano ciò che succedeva nell’intero King Casinò. Si erano impossessati del palazzo, del resto, gli uomini della Kansai Sanno si erano fatti da parte senza fare troppe storie, come era stato chiesto dal loro capo in caso questo fosse successo.
Uno degli sgherri si concentrò sul monitor che visualizzava uno dei tre ascensori, vedendo una coppia all’interno.

-          Ehi, venite a vedere, forse ci daranno uno spettacolo interessante questi due!

Guardò il sedere della giovane donna quasi sbavando.

-          Effettivamente è quello che si dice gran bel sedere.

Rispose qualcuno all’uomo

-          Hai ragione amico! Ha proprio un bel corpicino, poi è una rossa e si sa che le rosse sono le migliori a letto! Chissà che acrobazie.
-          Puoi dirlo forte! Ne so qualcosa.
-          Ti scopi una rossa? Ragazzo fortunato!

Il tizio si voltò verso il collega per complimentarsi, ma anziché trovarci un uomo, si ritrovò a conoscere da molto vicino la canna della 357 Magnum.

-          E tu chi cazzo sei?

Ryo sorrise sornione.

-          Quello fortunato.

Senza dargli tempo di rispondere, colpì la testa dell’uomo, con somma soddisfazione, col calcio della pistola, e questo cadde incosciente.

La sala di sorveglianza era ormai  sgombra, Ryo aveva fatto piazza pulita senza fare troppo rumore. Del resto, anche questa volta, gli uomini della Kansai Sanno si erano fatti da parte, sempre sotto le direttive del loro capo che li aveva avvertiti della visita.

Ryo fissò lo schermo con cipiglio scontroso e sbuffò: da quando tutto il genere maschile aveva deciso che il sedere di Kaori era il centro di tutti i pensieri sconci del pianeta?

A qualcuno avrebbe spezzato le gambe di sicuro, avanti di quel passo, e quello scimmione che stava con lei ora era il primo della lista.

Ma non aveva tempo da perdere, perciò, sfogando la sua sana gelosia, sparò sulla console, facendo saltare tutto l’impianto di sorveglianza e facendo arrivare un totale black-out in tutto l’edificio.

Fischiettando, si diresse verso le scale, facendo saltare qui e lì chiunque uomo avesse ostacolato il suo cammino.
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L’ascensore si bloccò di botto, lasciandoli al buio nel cubicolo d’acciaio.
Kaori sospirò, figuriamoci se potevano salire tranquilli senza dover faticare.

-          Come usciamo da qui?
-          Dovremmo forzare la porta, prendi questo.

Tatsumi lanciò a Kaori un accendino, lei lo accese per fargli luce, lui si tolse la giacca e gliela porse, per poi arrotolare le maniche della camicia bianca sugli avambracci.

Senza troppa fatica, aprì la porta dell’ascensore e si issò sulle braccia per scavalcare il metro che lo divideva dall’uscita, per poi aiutare Kaori ad uscire.

Si ritrovarono nel corridoio mal illuminato dalle luci di emergenza, sembrava quasi spettrale, nessun rumore, se non quelli dei loro respiri, volava.

-          Andiamo verso la scala d’emergenza, saliamo a piedi, mancano tre piani.

Tatsumi prese la mano di Kaori e si avviarono verso la fine del corridoio. Quel silenzio le creava una forte tensione, stringeva la mano di Tatsumi cercando di trovarne giovamento, mentre furtivamente si guardava le spalle.

Tatsumi si fermò d’improvviso, si voltò verso e lei vide, nonostante il buio, il luccichio dei suoi occhi. Lui porse il dito sotto il naso.

Poi tutto si svolse in fretta, una porta che si spalancava con impeto, colpi di pistola che volano per il corridoio, una stretta alla vita di Kaori che venne gettata a terra, rumori di colpi, di pugni e mascelle rotte, voci sommesse e Kaori che colpiva alla cieca, un graffio sul braccio, un altro colpo di pistola che rischiarò il buio del corridoio, e vide Tatsumi circondato da due ceffi.

Lei corse verso il cerchio in cui l’uomo era impegnato, colpì uno con un calcio sugli stinchi, questo la colpì di alla cieca e uno schiaffo le profanò il viso, facendola gemere di dolore.

 Tatsumi sentì quel gemito, che alimentò la sua furia cieca e in un battito di ciglia, scatenò la sua rabbia colpendo chiunque, fino a ché riprese quel silenzio spettrale, mosso soltanto da pochi lamenti degli uomini in terra.

Le mani di Kaori raggiunsero Tatsumi, afferrandolo saldamente, mentre lui la strinse per la vita e la portò alla fine di quel corridoio.

-          Stai bene?

Sussurrò Tatsumi, nella sua voce una piccola incrinatura.
Kaori accennò un sorriso, sul labbro un piccolo taglio, e Tatsumi si sentì quasi sopraffatto dalla sua determinazione.
 
-Sono City Hunter, te lo sei dimenticato?

Salirono entrambi stando all’erta, continuando con le mani intrecciati, cercando sostegno, nella loro ascesa incontrarono altri uomini messi ko.

-Lui è qui.

Sussurrò più a se stessa Kaori, .
L’ultima rampa di scale li aspettava, era arrivato il momento.
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Ryusuke, placidamente, si era addormentato sul divano e aveva appoggiato la testa sul braccio di Satomi, lei gli accarezzò il naso delicatamente e si ritrovò a pensare a quanto assomigliasse al padre.

L’avvocato Tanaka attraversò l’ufficio per andare a parlare con il suo capo, bisbigliando all’orecchio.
Harada sbatté un pugno sul tavolo.

-Maledetti bastardi, credono di fregarmi? Sapevo che non dovevo fidarmi di questi stupidi della yakuza.

Satomi non si mostro meravigliata e quasi sorrise davanti a quella rabbia infantile di Harada.

-Stupida donna.

Harada non sopportava essere sbeffeggiato dalla donna, si alzò come una furia per andarle contro, ma la porta si spalancò di botto, facendo svegliare Ryusuke, e uno degli uomini di Harada corse verso di lui.

-Signore, nessuno mi risponde dalla sorveglianza. C’è qualcuno nel palazzo.

Il presidente capì che il suo castello stava cadendo, digrignò i denti e buttò all’aria tutto ciò che gli capitava a tiro.

-Che diavolo succede! Tanaka fa qualcosa!

L’avvocato Tanaka non si mosse dalla sua posizione e Harada gli andò incontro, prendendolo per il colletto.

-Cosa cazzo ti pago a fare?

Satomi si alzò in piedi, senza batter ciglio di fronte alla scena, e prese la mano di Ryusuke.

-Harada, posso darle finalmente la missiva commissionata dalla Tao Corporation: non lavoreremo con lei, il Signor Tao dice che è sconsigliabile fare affari con lei. E a quanto vedo ha pienamente ragione: non controlla nulla, Harada.
-Come osi! Tanaka, uccidila!

Harada era livido di rabbia, l’avvocato Tanaka si mosse senza batter ciglio e sfilò una pistola dalla giacca.
Satomi nuovamente non si scompose e lo sguardo che posò su Harada era davvero di sufficienza.

-Le dirò un’ultima cosa Harada, quest’informazione era a mia discrezione, Retaijin mi ha detto di dirle di stare attento da chi si circonda. Cova una serpe in seno. Non è vero, Tanaka? O meglio Capitano Tanaka?

L’avvocato Tanaka sorrise verso Satomi, e alzò la sua pistola verso quello che era il suo capo.

-Esattamente.

Harada sgranò gli occhi e si voltò verso l’uomo, colui che riteneva il più fidato.

-Che cosa…
-Stupido vecchio borioso, eri solo la mia copertura, ma a quanto vedo è saltata. E ora non mi servi più.

Harada indietreggiò verso Satomi.

-Tutto questo tempo e tu, tu mi hai voltato le spalle?
-Non ti ho mai voltato le spalle, sono rimasto semplicemente ad aspettare che tu facessi il lavoro sporco e poi prendessi il controllo della città, per poi farlo passare nelle mie mani. Mi serviva solo il tuo nome. Ma ora tutti i giochi sono rovinati. Perciò, non mi resta altro che farti fuori.

Tanaka inserì il silenziatore con deliberata calma nella sua pistola, mentre Harada correva verso la porta per scappare, ma mentre aprì il pomello, il colpo di pistola silenziosamente attraversò l’ufficio e si piantò nel suo cranio e il suo corpo cadde al suolo.

-Non è stata una grossa perdita, vero avvocato?

Satomi strinse Ryusuke a sé, in modo da non fargli vedere quel corpo morto che giaceva a terra, mentre Tanaka mostrò un sorriso luciferino.

-Il buon e vecchio Retaijin. Immaginavo che tu sapessi nel momento in cui hai detto quel nome. E’ stato interessante vedere come ti saresti comportata. Perché sei venuta fino a qui?
-Ho le mie buone motivazioni.
-Ma adesso sei tutta sola e sai troppe cose,perciò dovrò fare fuori te e il moccioso.
-Provaci e avrai tutta la triade addosso.
-L’ho scampata dieci anni fa, credi che non possa farcela ora? E’ un peccato però, ero davvero ad un passo da ottenere tutto ciò che volevo, e quell’idiota ha fatto saltare i miei piani. Mi rifarò presto.

Tanaka puntò la pistola verso Satomi e,senza pensarci due volte, spinse suo figlio sotto il suo corpo e chiuse gli occhi, aspettandosi il peggio.

Ma una nuova detonazione esplose nell’aria e, quando riaprì gli occhi, ritrovò Tanaka con gli occhi sbarrati, un dito saltato,  che guardava verso l’uscio, virò il viso anche lei nella stessa direzione e vi ritrovò un uomo che non conosceva con una pistola fumante.
-E’ qui la festa?

 
   
 
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