Anime & Manga > Mahō shōjo Lyrical Nanoha
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Autore: Diavolo Bianco    09/01/2014    3 recensioni
Nella vita si incontra qualcuno che vi cambia per sempre, che da una svolta al vostro essere. Però bisogna cogliere i suoi messaggi. E' probabile che dopo non lo rincontrerete mai più ma se farete tesoro delle sue parole o dei suoi gesti qualcosa di lui sarà sempre con voi. Ecco come Nanoha incontrò una persona speciale che le fece capire cosa fare della propria vita.
Genere: Poesia, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nanoha T.
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Generazioni di Assi

Era stata qui una volta, da bambina. Forse aveva addirittura sette anni.
Non riesce a ricordare perché la sua famiglia avesse deciso, come meta per il loro viaggio, una città che era dall’altra parte del mondo. Non era certamente la destinazione preferita per una vacanza.
 
Ma questo è uno dei luoghi che sarebbe rimasto con lei per sempre.
 
Adesso si trova esattamente nello stesso posto, solo, quindici anni dopo.
 
E’ una base aerea. Non la più grande, certamente. Ma con una storia che pochi altri, oltre a lei, conoscono. Da qui, in Gran Bretagna, gli aviatori avevano preso il volo durante la seconda guerra mondiale. Ali d’acciaio per difendere le loro terre e sconfiggere i nemici.
 
Da bambina, Takamachi Nanoha, venne lì mentre si svolgeva un air show. Certo, fu ammaliata dalle acrobazie aeree eseguite dai velivoli. Ma non di più. Fin da piccola, seppe che era poco più di uno spettacolo. Quella consapevolezza smorzò il suo entusiasmo, anche se in certi momenti si chinò per sicurezza e paura che gli aerei le venissero addosso. Suo fratello, Kyouya, al contrario fu eccitatissimo. Forse era una cosa da uomini o Nanoha era troppo piccola per capire. Mentre gli aerei tornavano a terra, suo padre la portò in giro per la base per vedere altro. Apparve visibilmente imbarazzato per avere trascinato la figlia più giovane a vedere qualcosa che a lei non sembrò affatto interessare. Numerosi hangar, normalmente chiusi al pubblico, furono, per l’occasione, aperti per permettere alle persone di osservare da vicino gli aerei e soprattutto per salirci sopra e fare delle foto. Nanoha riconobbe alcuni modelli di velivoli. Elicotteri, jet da combattimento e bombardieri. Ci fu anche un biplano, accuratamente restaurato, con la scritta "Barone Rosso” dipinta sulla fiancata. In seguito quel velivolo avrebbe partecipato ad un finto duello contro quello che le fu detto essere una replica di un aereo francese della stessa epoca. Ciò che veramente attirò la sua attenzioni furono i grandi uccelli d’acciaio della seconda guerra mondiale. I loro piloti, in piedi lì vicino, erano in alta uniforme. Altri invece indossavano la divisa da volo.
Fu quell’immagine che catturò il cuore di Nanoha più di ogni altro spettacolo di quel giorno. Il padre, colpito dall’interesse dipinto sul volto della figlia, la portò più vicina alla scena. Poco importò che lei non riuscisse a capire le parole degli anziani aviatori. C'era una storia lì. Una storia del cielo. Un'aura di qualcosa di così potente dalla quale non poté fare a meno di essere attratta. Camminò verso uno dei velivoli con un silenzio quasi riverente.
Era massiccio. Verniciato d’argento, bianco, giallo e grigio. Con una stella sul fianco. Accanto ad essa si trovavano delle lettere inglesi. USAF.
Ad un certo punto un vecchio aviatore si diresse verso di lei. Qualcuno avrebbe potuto dire che stesse zoppicando sul suo bastone, ma chi lo avesse detto doveva essere cieco. L'uomo le parlò, ma lei non riuscì a capire. Suo padre si fece avanti. Nanoha ascoltò la loro conversazione per un po’ fino a quando il vecchio si avvicinò e si mise accanto a lei.
La sua voce fu roca e antica, piena di un'esperienza che la sua mente infantile non poté capire. Parlò in inglese, ma lento. Volle che ascoltasse le parole, anche se lei non le poté capirle.
 
"P-51 Mustang. Aeronautica degli Stati Uniti."
 
Alzò in confusione gli occhi sull’aviatore, non capendo le parole. Poi finalmente si illuminò. Quello era il nome dell'aereo e del Paese a cui apparteneva. Si domandò se quello fosse il suo e se ci avesse mai volato sopra.
Con una certa quantità di goffaggine, gli chiese se lo avesse fatto. Naturalmente lui non capì. Non parlava giapponese. Tuttavia il suo cenno tra lui e l'aereo sembrò trasmettere la domanda. Il vecchio scosse la testa in un significato negativo universale, poi puntò il dito su un altro aereo, non lontano da loro. Le fece cenno di camminare accanto a lui, lanciando un colpo d'occhio a Shirō, che annuì e cominciò a seguirli da vicino. Quel aereo era più piccolo del Mustang. Ma non meno impressionante.
Verde bosco con un grande emblema circolare al posto della stella che aveva visto prima. Le ali avevano una forma diversa, sembravano meno ingombranti ma più complesse. Se il Mustang era grosso, allora quello era più arrotondato. Elegante. Anche in quel caso, l’aviatore parlò. Si spazzolò i baffi sbiancati e parlò con un tono di ammirazione che chiunque poteva sentire.
 
"Supermarine Spitfire. Royal Air Force".
 
Quello era il suo. L'aereo che lo portò nei cieli per combattere e lo riportò a casa a riposare. La sua storia giaceva con quella grande macchina. Fu lei ha trasformarlo in un pilota.
 
Nanoha non poté fare a meno di lasciare che un suono intimorito sfuggisse dalle sue labbra. L'aviatore rise e si voltò verso il padre. Si scambiarono alcune parole e Shirō le chiese se le sarebbe piaciuto vedere di più. Non poté annuire con più entusiasmo.
Per il resto della giornata camminarono in giro per gli hangar. Il vecchio le disse il nome e il Paese di ogni velivolo-
 
Di alcuni parlò con affetto.
"Hawker Typhoon. Royal Air Force".
 
Di altri con ammirazione.
"P-38 Lightning. Aeronautica degli Stati Uniti."
 
Di altri ancora con un riluttante rispetto.
"Messerschmitt 109. Luftwaffe".
 
E di alcuni con un divertimento che lei non riuscì a capire.
"Yakovlev 9. Soviet Air Force".
 
Le raccontò anche un paio di storie. Parlarono del suo tempo nei cieli, di amici e compagni. Anche se fu il padre ha tradurre i racconti, non vi fu alcun impatto perso nelle immagini che vide nella sua mente. Poté vedere ogni battaglia. Ogni momento straziante. Ogni pericolo scampato. Vittorie, sia soddisfacenti ma anche amare. Il vecchio pilota sembrò diventare sempre più vivace e animato man mano che proseguì col suo racconto. Come se parlare sulla sua storia lo stesse portando di nuovo alla vita. Anche suo padre sembrò estasiato dalla vita che quell’uomo aveva vissuto. Con ogni istante che passava, il desiderio di Nanoha cresceva. Il desiderio di prendere il volo come quell’uomo. Salire attraverso i cieli sulle ali possenti di un aereo.
 
Per volare.
 
Nanoha ricorda vividamente la fine della giornata. Quando fu tempo per l’air show di chiudere e per tutti di tornare al proprio albergo. Si rivolse a dire addio al veterano, che aveva dato così tanto del suo tempo per mostrare a lei e alla sua famiglia tutti i vari tipi di aeroplani.
Curati capelli bianco-grigio, ancora folti nonostante i suoi parecchi anni. Una forte mascella. Alto, leggermente ingobbito, una mano nodosa che teneva un bastone da passeggio di legno. Era in uniforme e pareva immacolato, non dando quasi nessun segno che fosse in realtà molto vecchio. Stivali lucidati che sembravano uno specchio e le medaglie che indossava brillavano alla luce del sole.
 
Eppure quei suoi occhi...
 
Azzurri e grigi. Nanoha pensò che se avesse incontrato quel uomo quando ancora volava i suoi occhi sarebbero stati gli stessi. Occhi che sembravano cielo. Non come qualcuno legato alla terra, ma come qualcuno che è volato via da essa.
 
I loro sguardi si incontrarono e il passato guardò al futuro.
 
Lui mise una mano in tasca e dopo pochi istanti ne tirò fuori qualcosa. Brillò quando la luce la colpì. Tese la mano. Aspettò fino a quando le sue vi arrivarono per accettare l'oggetto misterioso. Un peso scese nelle sue piccole manine, le guardò per vedere cosa le fosse stato consegnato.
 
Ali.
 
Una piccola medaglia di metallo raffigurante le ali di un pilota.
Non indicavano alcun grado ufficiale. Non raccontavano nessuna storia. Eppure ci fu un messaggio trasmesso in quelle ali.
 
Vola.
 
Fu incredibile con quanta forza la colpì un dono così semplice. Nanoha quasi non udì l’aviatore che si schiarì la gola per attirare la sua attenzione. Alzò lo sguardo, quasi completamente all'oscuro di ciò che aveva intorno. Non registrò nemmeno la vicina presenza del padre. L’uomo salutò parlando con voce antica mentre si portò una mano alla fronte.
 
"Wing Commander Montgomery Williams. Royal Air Force. Pensione."
 
Nanoha ingoiò il groppo in gola mentre afferrò saldamente la spilla nella sua mano sinistra. Raddrizzò la schiena e lo guardò negli occhi ancora una volta. Portò la mano destra alla fronte e cercò di imitarlo come meglio poté. Gli restituì il saluto. Lei non aveva nessun titolo onorifico, ma poteva dargli almeno una cosa. Il suo nome.
 
"Takamachi Nanoha".
 
Rimasero lì per un momento, come se qualcosa di non detto stesse passando dal anziano alla bambina. Lui abbassò la mano e annuì. Un'espressione di approvazione alla sua risposta. Parlò brevemente con suo padre, parole di cui lei poté solo immaginare il significato. Eppure Shirō annuì e parve in qualche modo orgoglioso. L'aviatore si voltò per andarsene e Nanoha giurò di vedere qualcosa. Forse fu il fatto che lei fosse ancora una bambina al momento e incline ad una fervida immaginazione. Forse fu la stanchezza della giornata. Poteva essere stata qualsiasi cosa.
Eppure, come lui iniziò a camminare, vide altri che avanzarono accanto a lui. Alcuni furono lì in un attimo. Altri si facero strada verso di lui dagli aerei negli hangar. Figure spettrali. Uomini di ogni età, epoca e nazione. Tutti vestiti in abito d’aviatore.
 
Piloti.
 
Ognuno di loro.
 
E una parte di lei lo sapeva. Da qualche parte nel profondo del suo cuore, lo sapeva.
 
Tutti loro erano… Assi.
 
Esce dalle sue fantasticherie. Una Nanoha di ventidue anni fissa il memoriale della base aerea. Profonde emozioni nascono dentro di lei mentre legge la lista dei nomi. Sorride tristemente mentre fa scorre un dito sul nome dell'uomo che ha cambiato la sua vita. Anche se l’ha visto una sola volta, l'impatto è stato profondo. E’ un peccato che non sia stata in grado di dirgli che ha finalmente preso il volo. Ma, siccome la sua preziosa spilla sul petto brilla, ha la sensazione che lui lo sappia.
 
"Grazie."
 
E di nuovo appaiono le figure spettrali di un tempo. Alcune sorridono. Qualcuno saluta. Altri ridono. Un uomo che pare tedesco le sorride e poi le rivolge un pollice all'insù, uno di discendenza russa la colpisce al braccio con un certo grado di giovanilismo. E’ una cosa così strana che la fa quasi ridere.
Eppure, in piedi e al centro davanti a lei, con i suoi lineamenti più giovani ma non meno potenti o saggi, c’è il Comandante Montgomery Williams. Il suo sguardo altrettanto severo e tagliente come lo ricordava. Nanoha sorride per un momento e poi fa la prima cosa che insegnano ai cadetti il primo giorno di scuola. Batte sui tacchi e saluta lui e ogni aviatore lì presente con un saluto perfetto.
All'unisono tutti gli spettri la imitano e lei inizia a parlare.
 
"Capitano Takamachi Nanoha. Time-Space Administration Bureau Air Force".
 
Mentre la combriccola comincia a svanire, giura di sentire una voce. Una voce che non dimenticherà mai.
 
"Ben fatto, Capitano. Ben fatto."
 
Nanoha sorride mentre si gira e inizia ad allontanarsi. Ha del lavoro da fare.
 
Ha degli uccellini da istruire.
Giovani a cui insegnare.
Un'altra generazione di Assi da ispirare.



-Parole Dovute-
Mi sentivo stranamente ispirata e ho cercato di mettere un po' di emozioni in questa strana one-shot. Volevo tentare di "esplorare" l'amore che prova Nanoha per il cielo e il volo, ovviamente citando nelle ultime tre righe il fatto che lei è anche diventata istruttrice. 
  
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