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Autore: EsseTi    11/01/2014    2 recensioni
C’era una strada sterrata tutta in salita, che portava alla campagna del nonno.
Nei pomeriggi d’estate, il sole pareva concentrarsi tutto lì, e i suoi raggi caldi rimbalzavano e si infrangevano contro la pelle, quasi ustionandola.
L’estate, nei ricordi di bambina, era tutta lì, nel calore sulle gambe, nella pasta al forno della nonna, nella bicicletta bianca e rosa che non poteva usare, perché la campagna del nonno era tutta in salita, come la strada che portava fin lì.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nove: 11 Gennaio 2015
 

A mio nonno,
sempre nel cuore.
 
C’era una strada sterrata tutta in salita, che portava alla campagna del nonno.
Nei pomeriggi d’estate, il sole pareva concentrarsi tutto lì, e i suoi raggi caldi rimbalzavano e si infrangevano contro la pelle, quasi ustionandola.
L’estate, nei ricordi di bambina, era tutta lì, nel calore sulle gambe, nella pasta al forno della nonna, nella bicicletta bianca e rosa che non poteva usare, perché la campagna del nonno era tutta in salita, come la strada che portava fin lì.
Quando il sole tramontava, le piaceva sedersi sulla sedia a sdraio marrone, un po’ sfasciata, che il nonno teneva proprio sul bordo di casa, e che si affacciava sulla sua terra. Non permetteva mai a nessuno di sedersi lì, perché era l’unica sedia a sdraio di tutta la casa, e lui aveva tre figli e quattro nipoti: però al pomeriggio, almeno a lei che era la più piccola veniva concesso di starci un po’ su, allungare le gambe e distendere i piedi, con ancora addosso le infradito rosa a fiori, quelle del mare.
Alla sera, quando il sole stava per tramontare, il cielo si colorava della strana sfumatura di rosso che si vedeva solo in Sicilia, più calda di tutte le altre parti del mondo, e di un colore speciale, con sfumature come braccia che si allungavano per stringere la terra che guardava il cielo dal basso.
Accadeva in quel momento, che il nonno risaliva a casa dalla terra: lei di coltivazioni non ci aveva mai capito niente, e non sapeva cosa facesse il nonno lì, alle tre del pomeriggio, con la calura d’agosto. Di sicuro, una cosa che aveva imparato era che il terreno non andava mai innaffiato con il sole d’estate.
Ma il nonno scendeva comunque giù, lungo la ripida discesa, e si fermava a controllare tutte le sue coltivazioni, le sfiorava, con le mani piene di calli e la pelle imbrunita dagli anni passati sotto il sole, con la sua canottiera bianca sul corpo magro.
Un particolare che le era sempre piaciuto, era che il nonno non faceva il bracciante, né l’agricoltore. Il nonno guidava gli autobus: aveva passato tutta la sua vita a guidare gli autobus della linea urbana, ammirando le strade mutare, il traffico arricchirsi, la città prima splendere, poi decadere nella miseria della modernità.
Perché la Sicilia, la sua Sicilia, era speciale in quella che era la sua essenza: il terreno arido d’estate, il sole caldo anche a Dicembre, le foglie verdi degli alberi, i fiori di mandorlo bianchi e meravigliosi che arricchivano tutte le valli, e poi gli ulivi maestosi e i grandi profili delle montagne, insieme a quelli più dolci delle colline. Per questo, l’impietoso trascorrere del tempo, per lui, aveva privato la Sicilia della sua essenza: le aveva donato il cemento, l’enorme edificio postale, il boom di palazzi, ma le aveva portato via la bellezza.
Doveva essere questo il motivo per cui, una volta in pensione, il nonno aveva comprato, con i pochi soldi che gli erano rimasti dopo aver pagato l’università di suo figlio, quel piccolo pezzo di terra. Non aveva voluto farci nemmeno una casa vera: aveva issato poche pareti, giusto per una cucina, un bagno e una camera da letto, almeno per sua moglie.
Poi, aveva dedicato tutto il suo tempo a rendere fertile quel terreno, a restituire alla Sicilia un po’ della bellezza di cui l’avevano privata.
Tutti i giorni di tutte le stagioni, il nonno arrivava lì di primo mattino, con la sua vecchia macchina di un celeste un po’ sbiadito, e con il suo cane:  parcheggiava proprio in cima alla salita, così stretta che tutte le volte che si trovavano lì in tanti, per andar via bisognava tirar fuori tutte le altre auto. Dal momento in cui il sole sorgeva, lì stava lì, dalla sua terra: a volte, se faceva particolarmente freddo, o caldo, tornava a casa per pranzo. Ma nelle belle e tiepide giornate di sole, quando il profumo dell’erba avvolgeva tutto ciò che aveva intorno, il nonno restava lì fino al tramonto del sole, quando il cielo diventava tutto rosso e comprendeva che, allora, fosse proprio ora di tornare a casa.
Rimetteva la camicia sopra la canottiera, curandosi di chiudere ad uno ad uno e per bene tutti i bottoni: da che ricordava, il nonno aveva sempre portato una canottiera bianca sotto la camicia. E anche quella, la camicia, era di un colore quasi smorto, un verde scuro, o un blu, e quando stava in casa era sempre chiusa fino all’ultimo bottone.
Negli anni, si era un po’ ingobbito, ma, quando non era nella sua campagna, usciva tutti i pomeriggi a fare una passeggiata con i suoi amici di vecchia data: indossava i pantaloni puliti, ben stirati e ripiegati, e la solita cintura nera, lucida, che gli aveva visto sempre addosso. I pochi capelli che gli erano rimasti li pettinava con cura tutti indietro, fino a farli aderire sulla testa, e metteva le scarpe più nuove che avesse.
Diceva fossero una condanna, quelle scarpe, e quando la sera andava a dormire, ripeteva sempre che non avrebbero dovuto farlo dormire troppo a lungo, perché sarebbe dovuto uscire presto, ché la sua campagna aveva bisogno di lui.
Adesso, il cancello verde della campagna del nonno è tutto scrostato e pieno di ruggine.
E’ tenuto chiuso da una pesante catena e da un grosso catenaccio.
Nel buio della notte che la avvolge, riesce a vedere solo la fetta di terreno illuminata dai ari dell’automobile: non ci sono più i bastoncini che ci teneva il nonno, né i suoi semi, né le sue piante. La casa, in cima alla salita, è solo una macchia più nera nel nero.
Forse sarebbe dovuta tornarci al mattino, con il sole, ma aveva paura che il nuovo proprietario potesse essere lì e farle delle domande. Da quello che vede, però, lì non ci va nessuno da un bel pezzo. Si stringe nelle spalle, le mani ancorate sulle cosce.
- Oggi sono nove anni che il nonno è morto. –
Dirlo ad alta voce assume un altro significato.
Si rende conto di non averlo mai detto, a voce alta, in nove anni. Di non averlo mai accettato.
Perché per quanto gli volesse bene, lo vedeva sempre poco.
Non ricordava nemmeno di averlo mai abbracciato, quando c’era. Da brava bambina salutava, sorrideva, faceva le foto insieme agli altri cugini per il compleanno, ma non lo aveva mai abbracciato davvero: forse perché il nonno la metteva un po’ in soggezione, forse perché lo sentiva lontano, così intriso nella sua terra, forse perché era tanto simile a lei, che non parlava mai. Se ci fosse ancora stato, se l’avesse vista crescere, forse si sarebbero scoperti più simili di quanto non avessero mai creduto.
Accettare che fosse morto era diventato difficile. Era stato molto più semplice immaginare che, durante una delle solite visite a casa della nonna, alle otto in punto, prima di cena, lui avrebbe aperto la porta di casa, si sarebbe tolto il berretto e il cappotto e avrebbe salutato tutti, di ritorno dalla sua quotidiana passeggiata.
E anche se, negli ultimi nove anni, non era mai successo, prima o poi sarebbe successo.
Doveva succedere.
Anche quando andava al cimitero a trovarlo, non guardava mai in quella direzione.
Il nonno non era lì dentro.
La voce calda, maschile, la raggiunse mentre pensava proprio a quello.
- Saremmo potuti andare al cimitero, a portare un fiore –
E’ stata lei a chiedergli di andare lì.
Erano usciti per fare un giro, prendere una cioccolata, andare a vedere un film al cinema.
E poi gliel’aveva chiesto: “posso portarti in un posto?”.
Lui aveva detto di sì, e lei lo aveva condotto in una parte della sua infanzia che, di giorno in giorno, diventava sempre più sbiadita: restava vivida solo nelle sensazioni.
Il calore sulle gambe, il profumo dei fiori, l’abbagliante luce del sole.
Lo guarda, quasi svampita, poi sorride.
- E perché mai? Il nonno è qui, è sempre stato qui. - 


 
   
 
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