Crossover
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Autore: Darik    14/01/2014    0 recensioni
Doveva essere solo una gita, studio unito a divertimento, ma in agguato c'è qualcosa che ha nella loro casa la porta d'accesso al nostro mondo, e il suo regno nel bosco che le circonda.
Cross over tra Magister Negi Magi e Evil Dead-La casa.
Genere: Azione, Horror, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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5° Capitolo
Shizuna entrò con cautela nel soggiorno, si accorse che la botola era abbassata, mentre prima era stata quasi sempre tenuta sollevata da Ako per spiare l’esterno: possibile che si fosse accorta delle sue intenzioni?
Non poteva escluderlo, ma non per questo poteva tentennare, quindi muovendosi pianissimo e cercando di far scricchiolare il meno possibile le assi in legno del pavimento, si mise sopra la botola e cominciò con movimenti lenti e misurati ad aprire il lucchetto della catena.
Già immaginava Ako che la faceva schiantare contro la parete retrostante sollevando all’improvviso la botola appena aperta, e dovette fare attenzione ad ogni rumore che le sembrava di sentire da sotto.
Tuttavia non accadde nulla, nemmeno quando sollevò la porta in legno e la luce illuminò la scaletta che scendeva nella cantina.
Nonostante la posizione scomoda, cercò di controllare sotto i gradini e non vide nulla di pericoloso.
Allora, deglutendo, scese in quel buio pronta a fare fuoco col fucile e cercò di individuare il Necronomicon.
La luce proveniente dalla botola e dalle lampadine che penzolavano sul soffitto illuminavano solo il centro della cantina, il resto era avvolto nel buio più fitto.
“Accidenti, Ako potrebbe pure girarmi intorno senza che io me ne accorga. Speriamo che non si sia portata via il libro”.
Lentamente, pronta a sparare e a colpire con la motosega al primo segnale, avanzò dove ricordava trovarsi il tavolino col libro e il registratore e la sua figura sembrò essere quasi inghiottita dall’oscurità.
Si fermò quando la canna del fucile toccò il muro, e facendolo scendere trovò il tavolino.
Subito tastò con la mano destra il tavolo, riconobbe al tatto la macabra copertina del Necronomicon e la fredda plastica del registratore.
“Ci siamo!”
Li mise nella sacca e di corsa risalì sulla scalinata.
Fu allora che una mano le afferrò un piede da dietro le scale.
“Scherzetto!”, esclamò ridacchiando Ako, attaccata come un ragno al soffitto.

Aggirandosi per il bosco, Yuna scossa dal freddo e spaventata dall’oscurità che la circondava.
Ad ogni passo che faceva, si chiedeva se non stava compiendo una follia e se non fosse stato il caso di tornare indietro dalle altre.
D’altronde non era nemmeno sicura della destinazione, cominciò a pensare di aver sopravalutato troppo la sua memoria, dato che già due volte aveva dovuto cambiare direzione rendendosi conto che si stava inoltrando troppo nel bosco anziché avvicinarsi al fiume.
Ricacciò quei pensieri rammentando che poteva essere la salvezza per la professoressa e Makie.
Ad un certo punto si accorse pure che il terreno era in salita, doveva trattarsi di una collinetta, e quando vi arrivò in cima osservò il panorama, aggrottando la fronte: davanti a sé, in basso, c’era solo una distesa di alti alberi, larga qualche chilometro e talmente fitta che la luna riusciva a illuminarla pochissimo, facendola apparire quasi come un pozzo scuro, delimitato da una nebbia biancastra che sembrava circondarlo.
“Ma dov’è?! Dov’è il fiume?!”
Fu sul punto di mettersi a piangere, quando si accorse che la nebbia, all’estremità opposta del bosco, si stava lentamente diradando e allora la sua disperazione divenne gioia: vedeva il fiume, che si trovava all’estremità opposta del bosco rispetto a lei.
“Ci siamo! Forse il sentiero non è proprio lì, ma almeno adesso so che la direzione è questa!”
Fece alcuni passi in avanti, quando si bloccò, col corpo percorso da brividi strani, diversi da quelli del freddo.
Prima si guardò, poi fu quasi costretta ad osservare con attenzione il bosco che doveva attraversare: in mezzo a tutti quegli alberi non si vedeva nulla, eppure le sembrava di scorgere qualcosa muoversi tra i tronchi, veloce e sinuoso come un serpente che aggira gli ostacoli.
Non riusciva a capire bene cosa fosse, forse i suoi occhi neppure lo vedevano veramente, però c’era!
Un terrore assai profondo si impadronì di lei, e fu solo quando quel misterioso qualcosa abbatté come niente alcuni alberi e sembrò puntare proprio verso di lei, corse nella direzione da cui era arrivata.
Qualcosa le suggerì non solo di correre, ma anche di non voltarsi mai, per nessuna ragione.

Shizuna rotolò dolorosamente lungo la scala, e fu solo grazie alla forza di volontà che riuscì subito a rimettersi in piedi puntando il fucile verso Ako, sparò, ma Ako si era già rintanata nei punti più bui.
Velocemente l’insegnante andò a mettersi sotto la luce, cercando di scrutare dove fosse il nemico.
“Inutile, c’è troppo buio, potrebbe essere dappertutto. Certo si terrà vicina alla scala se provo a salire, e se riesce a mettermi le mani addosso, potrebbe farmi a pezzi. Ci vuole un’idea”.
A quel punto, decise di rischiare: velocemente tornò dov’era il tavolino, lo prese e lo spostò nella parte illuminata, vi salì sopra facendolo scricchiolare pericolosamente e con la motosega iniziò ad aprire un varco nel pavimento.
Rapidamente, muovendosi a quattro zampe sul soffitto, Ako sbucò dal buio e corse sbavando e ringhiando contro Shizuna, che proprio quando la ebbe a meno di un metro, saltò giù dal tavolo e con scatto da centometrista corse lungo le scale.
“Ce l’ho fatta!”, esultò quando fu di nuovo nel soggiorno. “Ora…”
Una figura umana sfondò il pavimento e si avventò su di lei.
“Non mi piace essere presa in giro”, ringhiò Ako lanciando Shizuna contro un muro.

Makie stava rannicchiata nel capanno, sperando che la professoressa tornasse presto, così sarebbero tornate tutte a casa, e lo stare con Negi e le altre sue amiche avrebbe cancellato il ricordo di quell’orrore.
Sentì vicino alla porta un rumore simile ad un bussare, speranzosa la ragazza si precipitò ad aprire, ma l’istinto la fermò.
“Professoressa, è lei?”
Da fuori non giunse risposta, quindi Makie indietreggiò e la sua paura diventò terrore quando sentì altri rumori intorno al capanno, come di qualcosa che vi striscia sopra.

La piccola libreria rovinò addosso a Shizuna.
Con la sua risata demonica, Ako attaccò ancora, la sollevò in aria come niente e la scagliò a terra, vicino a dove aveva sfondato il pavimento.
“Chi ti credevi di essere donna? Lo sai chi siamo noi? Noi eravamo già vecchi quando il mondo era ancora un infante. Pensavi davvero di poterci sconfiggere?”, la canzonò avvicinandosi minacciosamente.
Osservandola, Shizuna vide quanto il volto di Ako si era deteriorato: ora la pelle era raggrinzita e cadente, come quella di un cadavere, le mani screpolate e con unghie che sembravano artigli, i denti sporchi e aguzzi.
“Quella… quella non è più Ako!”
Esaminò il pavimento, il fucile le era caduto lontano, mentre la motosega doveva essere vicina per funzionare e accadde una cosa incredibile per quella situazione: sorrise.
Non appena Ako passò sopra un asse quasi divelta del pavimento, con un calcio Shizuna colpì l’estremità di quell’asse, che si sollevò e colpì violentemente l’indemoniata sul sedere, facendola precipitare in avanti.
Shizuna accese la motosega e tracciando un arco nell'aria intercettò il collo di Ako tagliandole di netto il capo.
Mentre la testa ruzzolava nella stanza, il corpo cadde addosso a Shizuna che però fletté le gambe e lo spinse lontano, per poi rialzarsi.
A quel punto successe che anche il corpo decapitato si rialzò, gridando furiosa Shizuna gli piombò addosso e con alcuni ben mirati colpi di motosega, lo smembrò.
“Ti mangerò l’anima! Ti mangerò l’anima!”, gridò folle e adirata la testa.
L’insegnante allora recuperò il fucile e le infilò la canna in bocca: “Mangia questo!”, esclamò decisa per poi premere il grilletto.
La testa esplose fragorosamente.

Correndo all’impazzata per il bosco, Yuna aveva ormai perso l’orientamento.
Tuttavia non poteva fermarsi, qualunque cosa la stesse inseguendo era sempre più vicina, lo indicava il rumore degli alberi abbattuti dietro di lei.
In mezzo al suo respiro affannato, le sembrò anche di sentire una voce tenebrosa dire: “Vieni con noi”.
Però allora le tornava in mente quando con sua madre giocava alla corsa, e la madre diceva sempre: “Corri, corri più che poi”.
Indubbiamente era meglio ascoltare quest’ultima che l’altra voce.
Purtroppo le voci non indicano le direzioni, quindi la ragazza non si accorse della buca nel terreno finché non fu troppo tardi.
Precipitò in quella voragine, come se fosse stata inghiottita da una grossa bocca nera spalancata.

Rassicuratasi che il libro fosse ancora nella sacca, Shizuna corse fuori dalla casa e rimase senza fiato: il capanno era stato circondato da rami, radici e rampicanti quasi completamente, e quegli strano aggressori vegetali stavano pure entrando dalle piccole finestre e dalle fessure nelle pareti.
Giunse dall’interno la voce disperata di Makie: “Ahhh! Aiutatemi! Professoressa, Negi, Ako… AIUTO!”

Lentamente Yuna aprì gli occhi, ritrovandosi in uno spazio non molto grande, ma profondo almeno otto o nove metri a giudicare da quanto erano alte le pareti di terra e roccia che la circondavano.
Sulle pareti c’erano degli spuntoni di roccia, evidentemente la ragazza si era salvata rimbalzando da uno spuntone all’altro, anche se ora era tutto dolorante.
Però il suo sollievo durò poco, quando vide quella cosa affacciarsi sui bordi del buco per piombare su di lei.

Davanti a quella situazione, Shizuna capì che poteva fare solo una cosa, specie quando si accorse che rami e radici stavano puntando rapidamente pure su di lei.
Rientrò nella casa, andò nella cucina, aprì il tiretto in cui stava la bombola del gas, vi poggiò accanto il Necronomicon, col calcio del fucile staccò dalla valvola il tubo che la collegava al forno e prima ancora che si sentisse il sibilo del gas, le puntò contro il fucile.
“Takahata, ragazze, professor Negi… addio!”
Proprio quando i rami fecero irruzione nella cucina, il grilletto fu premuto.
Un boato attraversò il bosco in ogni direzione, e una nuvola nera e rossa si alzò tra gli alberi accompagnata da tanti frammenti di legno.

****

Takahata Takamichi si aggirava smarrito, insieme a molti soccorritori, tra i resti della casa, ridotta ormai ad un mucchio di legni carbonizzati e ammassati su loro stessi, anche se un po’ dappertutto c’erano pezzi dello chalet.
Avendo trovato il ponte distrutto, erano riusciti a raggiungere la zona grazie a degli elicotteri, e adesso l’insegnante cercava di non guardare mentre venivano caricati i sacchi contenenti i resti bruciati di ben tre corpi umani, due dei quali forse fatti a pezzi non dall’esplosione.
Ormai aveva ben capito a chi appartenevano quei corpi, specie quando vide passare le barelle con Makie e Yuna: entrambe non erano in pericolo di vita, però la prima era piena di ferite e graffi profondi, e delirava di essere stata aggredita da delle piante. La seconda sembrava sotto shock, immobile, pallidissima, stava con gli occhi spalancati come se avesse visto qualcosa di… indicibile, e i suoi capelli castani erano ora attraversati da diverse striature di bianco.
“Cosa può essere successo? Chi può aver fatto questo?”
Tentò di farsi forza, pensando a come avrebbe potuto spiegare al preside, a Negi e alla III A che la professoressa Shizuna e due loro amiche non c’erano più, e salì sull’eliambulanza insieme alle due sopravvissute.
Quando furono partiti, uno dei pompieri che controllava i resti della costruzione trovò qualcosa che sembrava ancora intatto.
Lo raccolse dal terreno, lo ripulì dalla cenere e scoprì che si trattava di un vecchio registratore, un po’ scheggiato e bruciacchiato ma ancora intatto.
Preso dalla curiosità, provò ad accenderlo e in effetti funzionava ancora, diffondendo una voce in inglese che chissà cosa diceva.
Probabilmente, se non fosse stato così preso dall’ascolto, l’uomo si sarebbe accorto che tra i mucchi di cenere e gli altri oggetti bruciati qualcosa aveva cominciato a muoversi.
Sembravano dei sottili e lunghissimi fili di polvere, che come tanti piccoli serpenti provenivano da diversi punti della zona bruciata, e quando si riunirono sembrarono formare man mano un oggetto a forma di libro.

FINE

  
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