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Autore: delilahs    14/01/2014    1 recensioni
La bellezza dell'acropoli di Atene è irradiata tutta dal suo tempio più grande, dedicato ad Athena Parthenos. Molti lo considerano solo un mucchio di pietre, ma se dietro ci fosse qualcosa di più? E se fosse un buon momento per una... scelta?
“Dei, non ci posso ancora credere..” esalò la ragazza, super-eccitata, mentre saltellava da un tratto all’altro della strada, trascinando il suo ragazzo su per la stradina bagnata, scivolando anche un paio di volte “E’ tutto così… così, spettacolare. Così antico. E guarda i frontoni,e Fidia, e e-“ [...]
Dopo qualche secondo però, una raffica di vento più forte delle altre strappò l’ombrello di mano a Percy, e entrambi si ritrovarono sotto la pioggia più intensa di prima.
“MA CHE STIG-“ imprecò Percy , mentre un fulmine squarciava il cielo e colpiva il terreno a pochi metri da lui. Annabeth rise e annunciò qualcosa in greco, facendo ritornare la pioggia velocità normale, lasciandoli bagnati e felici. Magari per Percy, solo bagnati. Annabeth rideva come una pazza, osservando il suo fidanzato che alternava sguardi allibiti al cielo e alla figura di Athena che lo fissava imperiosa da un fregio.

[Percabeth]
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Annabeth Chase, Atena, Percy Jackson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Parthenos







Pioveva. Fino a poco prima il cielo vasto era stato coperto da nuvole scure e tempestose, che si allungavano minacciose sull’acropoli ateniese; centinaia di turisti affrontavano a viso scoperto il tempo sofferente, osservando ammirati i templi e gli edifici, scattando fotografie mentre parlavano eccitati.
Dalla cime più alta della città, il Partenone sorgeva imponente, sovrastando il teatro di Dioniso e il tempietto di Atena Nike, perfettamente conservato. Le colonne dell’imponente tempio torreggiavano sui turisti ignari, guardandoli dall’alto dei loro duemilacinquecento anni di storia. Dalle pietre color del sale trapelava il vento, forte in quella giornata così scura, anche se era solo mezzogiorno. Sembravano quasi sussurri, come di storie e di canzoni, di canti onorifici alla dea della saggezza. Sotto le pietre del selciato spuntavano erbacce e fiori occasionali, nei posti più impensati, calpestati da scolaresche eccitate.
Le ombre si facevano sempre più scure, e anche se un lembo di cielo azzurro era scoperto, il sole era ormai scomparso.  E poi era cominciato a piovere, prima piano, leggermente. Qualche goccia che cadeva trasportata dal vento, e che bagnava indistintamente turisti e addetti, fiori e erbacce, templi e stradicciole umide. Poi sempre più forte, fino ad una vera e propria tempesta, che cadeva dritta sui turisti, che urlavano e correvano a ripararsi fuori dall’acropoli. La piazza, ormai deserta, sembrava quasi poter tornare all’antico splendore. La pioggia filtrava attraverso le rovine, producendo il solito ticchettio meccanico, quasi una ninna-nanna. Il vento soffiava di tanto in tanto, producendo lamenti solitari tra le rovine di civiltà perdute.
In basso, la città sembrava lontanissima, secoli troppo avanti rispetto alla realtà di quel luogo magico. Che aveva visto lo splendore e la decadenza, uomini illustri e soldati pronti alla guerra, quel posto che aveva fatto la storia. Nel silenzio tombale si distinguevano piccoli rumori, come di topolini e uccellini che fanno la loro tana negli androni, dove un tempio stavano solenni le grandi statue d’oro e d’argento dedicate alla dea dagli occhi grigi. Un suo dipinto spiccava ancora da uno dei frontoni del tempio di Athena Nike, fiero e dirimpetto, a guardia di quel posto da due millenni e più.
In lontananza, due ragazzi camminavano sotto la pioggia. Lei era vestita con un jeans stretto, degli stivali e una maglietta lunga, coperta da un giubbino rosso scuro. Aveva un cappello largo e scuro, che conteneva  la folta chioma di capelli biondi che le scendevano con delicatezza sulle spalle, arricciati in boccoli.
Il ragazzo era alto e smilzo, più chiaro di pelle della ragazza, con un paio di lentiggini color cannella spruzzate sulla guancia. Un jeans e una maglietta a maniche lunghe completavano il suo abbigliamento, insieme ad un giubbino blu con le borchie dorate e un ombrello enorme in mano.
Sorrideva sornione e divertito, mentre con un braccio cingeva la vita della ragazza, un po’ per tenerla stretta a sé e non farla bagnare, un po’ perché voleva farlo. Gli occhi erano accesi di curiosità, mentre li strizzava per vedere meglio il particolare che la sua fidanzata gli stava indicando.
Dei, non ci posso ancora credere..” esalò la ragazza, super-eccitata, mentre saltellava da un tratto all’altro della strada, trascinando il suo ragazzo su per la stradina bagnata, scivolando anche un paio di volte “E’ tutto così… così, spettacolare. Così antico. E guarda i frontoni,e Fidia, e e-
Annabeth si interruppe non appena Percy poggiò le sue labbra sulle sue, delicato come la pioggia che gli cadeva attorno. Per un attimo infinito lasciò perdere l’architettura, le statue e la storia e si concentrò sulle labbra calde del ragazzo, che intanto la stringeva con la mano libera. Quando finalmente si staccarono per riprendere fiato, lei rise, guardandosi attorno con un certo nervosismo. Erano pur sempre nella patria di sua madre, che lei sapeva non approvare la relazione. Ma nulla cambiò, apparentemente.  Dopo qualche secondo però, una raffica di vento più forte delle altre strappò l’ombrello di mano a Percy, e entrambi si ritrovarono sotto la pioggia più intensa di prima.
MA CHE STIG-“ imprecò Percy , mentre un fulmine squarciava il cielo e colpiva il terreno a pochi metri da lui. Annabeth rise e annunciò qualcosa in greco, facendo ritornare la pioggia velocità normale, lasciandoli bagnati e felici. Magari per Percy, solo bagnati. Annabeth rideva come una pazza, osservando il suo fidanzato che alternava sguardi allibiti al cielo e alla figura di Athena che lo fissava imperiosa da un fregio.
Il ragazzo arricciò il naso, agitando una mano e ritornando asciutto in un colpo. Fissò Annabeth con un gesto di sfida, come a volerla vedere ridere ancora. Intanto aveva smesso di piovere, e anche il vento si sera calmato, riducendosi a qualche sbuffo. Infischiandosene del parere degli dei, la ragazza bionda rise e allacciò la sua mano a quella del ragazzo, asciugandosi di colpo come per magia. Lo ringraziò dandogli un bacio sulla guancia e insieme camminarono verso il tempio principale, calciando qualche pietra lungo il percorso.
Quando arrivarono davanti al Partenone, Annabeth alzò lo sguardo, gli occhi che le brillavano. Alla sua destra si alzò un bellissimo arcobaleno, dono della pioggia e del sole che risplendeva forte, perforando le nuvole.
Alzò una mano, l’altra libera, come cercando di toccare le mastodontiche colonne del tempio dedicato ad Athena Parthenos. Secoli di storia, ammirazioni, celebrazioni e guerre scorrevano nella sua mano, tesa verso la struttura, la sua mente lontano di millenni. Dopo qualche minuto, si girò per cercare Percy con lo sguardo, entusiasta. Ma il suo ragazzo era scomparso, i profili tremolanti come nebbia. Alzando lo sguardo, spaventata, Annabeth rimase sorpresa.
Era circondata da una folla festante, centinaia di anni prima. Ragazzi identici a lei, ma vestiti con lunghe toghe, ridevano e scherzavano, circondati da una folla immensa, mentre una bambina dai capelli biondi e gli occhi grigi di tempesta inaugurava il tempio, aprendo le porte e lasciando intravedere l’enorme statua celebrativa in oro e avorio.
Lo scenario cambiò, i colori divennero meno accesi e il Partenone perse pezzi, mentre una bomba si schiantava poco lontano, appiccando un incendio. Di fronte a lei correvano con le lacrime agli occhi centinaia di persone, vestite con tuniche più pratiche, accompagnate da soldati in lorica e gladio. I legionari urlavano ordini, mentre un altro proiettile volava poco fuori l’Acropoli, facendo tremare il sottosuolo. Nascosti dietro una grande colonna, tre ragazzi dagli occhi grigi borbottavano ansiosi, stringendo un egida ciascuno e un pugnale. Uno di loro lanciò uno sguardo addolorato al Partenone, scongiurando una maledizione in greco. Poi, con fatica, alzarono una lastra dal pavimento, e vi lasciarono scivolare gli scudi, le spade e le armature da soldati. La richiusero e uscirono nella folla, salutandosi con un cenno della testa e scomparendo in direzione della folla che veniva trasportata.
Per l’ultima volta, una foschia innaturale avvolse la città. Quando si diradò, Annabeth fece appena in tempo a spostarsi, perché insomma, essere colpiti da un carro armato classe ’43 non è proprio il massimo. Davanti a lei corsero soldati in mimetica chiara, imbracciando fucili e urlando in tedesco. A cinque metri di distanza, un giovanissimo ufficiale si guardava intorno spaventato, lanciando ordini nervosi ai suoi sottoposti. Un soldato enorme, albino, trascinava con una catena quattro adolescenti, di forse sedici anni. Vestiti con pantaloni logori e giubbini stracciati, i quattro rivolsero un sorriso beffardo all’ufficiale, che singhiozzò terrorizzato. L’albino grugnì, dando un altro strattone alla catena, e mentre i ragazzi passavano oltre, lanciarono un gesto ad artiglio sul cuore, mormorando. Dall’altra parte del campo si udì un grande scoppio,  e un fumo nero si alzò alto nel cielo, accompagnato da un fulmine a ciel sereno.  I quattro partigiani risero, facendo infuriare i soldati tedeschi, che li picchiarono fino a farli mettere in ginocchio. Si posero di fronte a loro, i fucili spianati, aspettando un ordine. I ragazzi sorridevano ancora, beffardi nei confronti della morte imminente, i capelli biondi che scintillavano al sole. Quando il generale diede l’ordine, e i soldati tedeschi alzarono i fucili, i giovani ribelli non piansero, o si disperarono. Al contrario, si ersero, scrutando il campo con occhi grigi vispi e furbi, sollevando un’ultima volta gli occhi al cielo. Annabeth poté solo sentire uno scongiuro in greco, per Athena. E poi il colpo di quattro fucili automatici.
Sbatté le palpebre, ritrovandosi al suo tempo. Il Partenone si ergeva imponente di fronte a lei, diroccato e bianchissimo, e il sole si stava avviando verso ovest. Rimase a bocca aperta, cercando il suo ragazzo con lo sguardo, e rimase allibita nel vederlo inginocchiato a terra. Si chinò subito, terrorizzata a morte, ma quando vide la scatoletta grigia che teneva tra le mani si alzò, improvvisamente rossa e accaldata.
Non lo stai facend-“ cominciò, saltellando da un piede all’altro.
Fammi fare il mio discorso, Sapientona.” mormorò Percy, e lei si zittì, colpevole. Sembrava volessero fare una gara a chi diventava più rosso, loro due.
Ehm, ok. Ecco. Si. Diciamo che questo è un modo di merda per iniziare un discorso, ma ok.” borbottò, alzando gli occhi al cielo mentre Annabeth reprimeva un sorriso “Ok, diciamo che c’è questo ragazzo. E’ un ragazzo bello, coraggioso e-“ la ragazza tossì sarcastica “Ok, si, ho capito. E’ un ragazzo che dice tanto di essere coraggioso, ma che in realtà ha paura, perché è innamorato. E’ innamorato di questa ragazza, questa ragazze, che.. insomma” Percy alzò lo sguardo, incontrando gli occhi grigi di Annabeth “E’ la ragazza più bella nell’intero universo. La più intelligente. La più speciale. La più-
Ok, vai avanti.” lo interruppe lei, arrossendo furiosamente.
Ma è la verità.” Il ragazzo alzò le mani, rassegnato e sorridendo divertito “In ogni caso, questo ragazzo ama moltissimo questa ragazza. La ama così tanto, che si potrebbe dire che lei sia stata il suo unico punto debole nell’universo intero. Come la maledizione di Achille e roba simile, che vuoi che sia rispetto al loro amore così pieno di dolcezze?”  Annabeth sbuffò e si lasciò scappare un risolino isterico “Perché tanti dicono che una spada avrebbe potuto fermare quell’uomo, avrebbe potuto controllarlo. Ma non sapevano che fino a quando ci sarebbe stata quella ragazza dall’altra parte, il suo punto debole non poteva essere toccato.” qui Percy arrossì, alzando lo sguardo verso la ragazza che stava cercando di trattenere le lacrime. “Quello che voglio dire, Annie, è che questo ragazzo sarebbe veramente felicissimo se quella ragazza gli dicesse di si in un momento, diciamo, come questo.
Prese un profondo respiro, aprendo la scatolina. Dentro c’era un anellino d’oro molto semplice, decorato con un iscrizione d’argento in greco. In cima spiccava una perla splendente, grande quanto un mirtillo. Annabeth lo ammirò, gli occhi che le brillavano senza ritegno.
Non ti sto chiedendo di sposarmi, so che non diresti mai di si” annunciò, ignorando il verso contrariato della ragazza. “Voglio solo essere sicuro che qualsiasi cosa succederà, e per qualsiasi cosa intendo dei, semidei, mostri, rivali gelose e bisbetiche e romani scorbutici, noi staremo insieme, ok? Ti voglio per sempre al mio fianco, con i tuoi adorabili libri tra le mani e il naso freddo. Voglio che tu sappia che ti amo senza riserve, adesso e per sempre.” finì, attendendo una risposta con il cuore a mille.
Fino a quando siamo insieme, giusto?” rispose lei, annuendo.
Esattamente.” confermò Percy, mettendole l’anello al dito. La prese in braccio, baciandola più forte che poté, mentre un fulmine illuminava il cielo sereno, e il figlio di Poseidone vide, con la coda nell’occhio, una Atena che lo guardava insofferente, con lo sguardo che adottava tutte le volte che si incontravano, più o meno.


‘Sei una testa di vongola, figlio di Poseidone, ma se Annabeth ti ama allora va bene. Attento a te, graecus.’
 

 
 
   
 
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