Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Dynamis_    16/01/2014    4 recensioni
Anche Reiner aveva taciuto, lo aveva abbracciato e stretto al proprio petto in silenzio, senza chiedere più nulla. E lui timidamente e colpevolmente aveva bagnato di lacrime la sua maglietta, aveva affondato le unghie sul suo petto ampio e sicuro non desiderando nient'altro - perché gli bastava averlo come punto di riferimento e come sostegno, per quel momento.
Avevano goduto l'uno della presenza dell'altro senza la necessità di proferir parola, intercalando lunghi sospiri a profondi silenzi, mentre il sole pian piano aveva ceduto il passo a un'oscurità più fitta e densa, fitta quanto il dolore che sentiva il moro in quel momento.
Anche le lacrime, così come il sole, avevano lasciato il passo a qualcosa di diverso, a una quiete apparente e sospesa, a un divario ancora più marcato.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Berthold Huber, Reiner Braun
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Aveva istintivamente abbassato lo sguardo verso i propri palmi e affondato le unghie nella carne, sentendo il familiare formicolio del sangue a causa di quella stretta così serrata. Il suo corpo aveva cominciato a tremare impercettibilmente, ma Reiner non lo aveva notato, aveva continuato a guardare avanti con espressione noncurante perché non si era reso ancora conto di ciò che le sue parole - fiume in piena contro degli argini sin troppo fragili - avevano trascinato con sé.
Era stata ogni sua sicurezza a vacillare, quei pochi assiomi sui quali aveva innestato i paletti che sostenevano la sua esistenza, accompagnandola passo dopo passo in una crescita rigogliosa, indicando quale fosse la retta via da intraprendere qualora le sue sottili membra si fossero piegate sotto il peso delle responsabilità.
“Dovrò allontanarmi per un po' da te e da Annie. Io... c'è una cosa che devo fare... ma senza voi.”
“Per quanto starai via?”
“Per quanto sarà necessario.”
Non poteva accettare quella lontananza, non era abituato né lo sarebbe mai stato.
Non voleva sentirsi nuovamente solo.
E Reiner lo sapeva.
Per questa ragione egli non era riuscito a guardarlo negli occhi più di pochi secondi, per questo aveva continuato a guardare avanti come se stesse contemplando il futuro, quel futuro che gli aveva precedentemente riassunto in poche ed efficaci frasi.
Un futuro che - per chissà quale margine di tempo - non lo avrebbe più riguardato.
Non aveva reagito, aveva chinato la testa in avanti ed era stato in silenzio come al solito, incapace di prendere posizione anche quella volta in cui la sua decisione era implicata per davvero, in cui un solo cenno di diniego - per quanto convinto - avrebbe segnato la differenza.
Era rimasto lì, in quel corpo che sentiva freddo, in quel luogo che allora gli era sembrato estraneo, senza riuscire a dire una singola parola.
E aveva sentito il sapore delle lacrime già in gola, perché non avrebbe potuto fare nulla se non annuire e continuare per la sua strada, appoggiando la decisione che Reiner aveva preso, dicendo di sì anche quella volta, come un completo idiota.
Aveva asciugato gli occhi con i polsi, facendo leggera pressione sulle palpebre chiuse in maniera tale che quel contatto potesse risvegliarlo, perché si sentiva intontito sul serio.
Reiner aveva posato il proprio braccio sulla sua schiena, gli aveva arpionato la spalla continuando a guardare fisso dinnanzi a sé e lo aveva avvicinato, ma mai Bertholdt si era sentito così lontano da lui come in quell'istante, una distanza che lo aveva atterrito sul serio, più di qualsiasi altra calamità o preoccupazione.
Aveva scostato inspiegabilmente e lentamente il suo braccio, sebbene avrebbe voluto averlo accanto più di quanto desiderasse ammetterlo e più di quanto gli fosse concesso, e non aveva nemmeno reagito notando l'espressione di stupore farsi strada sul volto del compagno una volta che si era alzato e, a rapidi passi, si era allontanato da lui, serbando sin troppi sentimenti contrastanti nel petto.
Non se l'era sentita di percorrere lunghe distanze, si era nascosto appena oltre una casa diroccata, ridotta ormai a un cumulo di macerie, e aveva poggiato la schiena sulla superficie irregolare in pietra, sedendosi per terra e chiudendo gli occhi cercando di annullarsi completamente.
Magari così avrebbe trovato la giusta pace, magari...
«...Ehi.»
La sua voce, di nuovo.
Calda, bassa, familiare, accogliente, non voleva sentirla. Non se doveva sussurrargli parole di conforto prive di significato, vuote, fredde, inespressive come lo erano state le precedenti, non se doveva sentire pena nel suo tono - perché di quello si trattava.
Sentiva ergersi una barriera sempre più spessa tra di loro e aveva paura, avrebbe voluto singhiozzare ma si costrinse a reprimere il pianto, si graffiò la gola trattenendo un singhiozzo.
«Che cosa ti prende, Bertl?»
Aveva posato una delle sue grandi mani sulla parete e aveva fatto leva per calarsi verso di lui, in modo da trovarsi proprio davanti alla sua visuale e di impedire la fuga al suo sguardo.
Inutile dire che avesse raggiunto il suo scopo: in quella posizione, con quel viso così vicino, Bertholdt non poteva fare altro che sollevare su di esso lo sguardo e lambirlo con i propri occhi, sino a far proprio ogni singolo lineamento, a ricordare a menadito qualsiasi particolare o imperfezione.
Aveva lasciato che il vento fosse l'unico a pronunciare le sue tacite parole e che soffiasse tra di loro, accentuando quella sensazione di solitudine, quel silenzio ovattato e surreale.
Non voleva rispondere, non poteva.
Avrebbe fatto cadere ogni singola tessera di quella immane costruzione che era la loro amicizia se solo avesse aperto bocca.
Silenzio interminabile, erano stati i loro sguardi a parlare più del resto e ben presto il moro aveva voltato di nuovo il capo, interrompendo quel contatto prolungato e pregno di significato sotteso.
Anche Reiner aveva taciuto, lo aveva abbracciato e stretto al proprio petto in silenzio, senza chiedere più nulla. E lui timidamente e colpevolmente aveva bagnato di lacrime la sua maglietta, aveva affondato le unghie sul suo petto ampio e sicuro non desiderando nient'altro - perché gli bastava averlo come punto di riferimento e come sostegno, per quel momento.
Avevano goduto l'uno della presenza dell'altro senza la necessità di proferir parola, intercalando lunghi sospiri a profondi silenzi, mentre il sole pian piano aveva ceduto il passo a un'oscurità più fitta e densa, fitta quanto il dolore che sentiva il moro in quel momento.
Anche le lacrime, così come il sole, avevano lasciato il passo a qualcosa di diverso, a una quiete apparente e sospesa, a un divario ancora più marcato.
Reiner allora lo aveva preso per mano e lo aveva fatto stendere col capo sul proprio torace, che si abbassava e alzava al ritmo della respirazione.
C'era stata calma.
La calma che prevedeva l'arrivo di una catastrofe, di uno sconvolgimento su larga scala che lo avrebbe investito appieno, scuotendolo con immane forza e insistenza.
Gli aveva carezzato i capelli, il biondo, e Bertl inconsapevolmente aveva chiuso gli occhi e sperato che quel contatto non avesse mai termine, perché mai nulla lo aveva fatto sentire così integro, così sano e completo quanto quel lieve movimento.
Capì in quel momento che non se lo sarebbe lasciato sfuggire, che per lui - per Reiner - avrebbe messo da parte ogni titubanza, dicendogli ciò che più paventava di rivelargli.
«Vorrei averti con me... sempre...»
Si mise su un fianco e alzò lo sguardo quel tanto che bastava per incontrare quei due pozzi profondi e conosciuti, nei quali era solito immergersi quando aveva bisogno. Non era stupore quello che trasmettevano, ma consapevolezza - perché di certo qualcosa Reiner l'aveva capita.
Aveva capito che, se solo si fosse allontanato, non se lo sarebbe mai perdonato, perché era quello il suo posto, accanto a lui che gli era stato accanto e che gli voleva bene più di ogni altro.
Cercò ancora una volta le sue dita, Reiner, e le trovò poco distanti dal proprio fianco, ancorate al terreno. Le intrecciò alle proprie e portò la mano del compagno al petto, vicino al cuore che batteva all'impazzata.
Riusciva a comprendere dai quei battiti irregolari quanto realmente fosse importante per lui? Riusciva a distinguere ogni singolo tumulto nel suo petto, tumulti che aveva provocato lui stesso con quelle sole cinque parole?
E lui, invece, avrebbe trovato il coraggio di far rigare di lacrime quel volto ancora una volta? Avrebbe trovato il coraggio di allontanarsi, come gli aveva anticipato?
Reiner sentì ogni piano farsi vano e le parole morirgli in gola. Seppe che non lo avrebbe lasciato, nemmeno dopo quell'addio che gli aveva precedentemente rivolto, e che sarebbe stato lì, al fianco di Bertholdt, sempre e per sempre, senza mai risparmiarsi.
Il cuore del biondo scalpitava, tentava di uscire dal torace tanto era forte il suo impeto. E Bertholdt lo aveva sentito contro la propria mano, fino a che, lentamente, anche quello si era quietato. Scalpitava e si dibatteva contro ogni aspettativa, accoglieva le sue parole e i suoi sentimenti in una maniera che il moro aveva ammirato soltanto quando il buio calava e il sonno lo prendeva, quando lui e Reiner potevano essere tutto ciò che desiderava, quando il mondo non era più così crudele e ostinato, ma reso comprensivo e giusto dalla foschia soave e ammaliante dell'oblio che i sogni portavano con sé.
In quel momento, tutto si fece reale e tangibile, in quel momento le labbra di Reiner si stesero in un sorriso pronunciato e caldo, protettivo, uno di quelli che aveva riservato sempre e soltanto a lui.
«Allora faremo così, non ti lascerò mai - o almeno fino a che lo vorrai.»
«Per sempre.»
Lo aveva sussurrato più a se stesso che al suo compagno, ma il biondo lo sentì comunque e gli sorrise appena, con rammarico negli occhi.
Per sempre.
Se il mondo lo avesse loro concesso.
Se il loro potere non li avesse consumati ancor prima del tempo dovuto.
Se avessero conservato ancora un minimo di umanità e calore.
Reiner posò le sue labbra turgide e bollenti sulla fronte di Bertl, scostandogli appena quei capelli che ricadevano scomposti su un volto sin troppo dabbene, su dei lineamenti ancora fanciulleschi e arrotondati, ma che recavano i solchi del dolore e del tormento. Lo strinse a sé con sin troppa forza e determinazione.
«Per sempre.»
Soffiò quell'espressione sui suoi capelli, le sopracciglia corrucciate e una voce profonda e poderosa.
Era sincero fino alla fine.
Avrebbero avuto il loro ‘per sempre’.

   
 
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