Danza di Ombre
A volte, mi capita
di ripensarti.
Succede
spesso, in momenti in cui preferirei avere la testa orientata su
altri pensieri, su problemi imminenti da affrontare o titani da
eliminare. Mi è stato detto che i sodati non hanno tempo per
versare
lacrime per i propri cari, ma io continuo a sentirle scorrere lungo
le mie guance in quegli istanti in cui sono celato agli occhi altrui,
mentre sono avvolto fra le coperte con i denti conficcati nelle
labbra per trattenere i singhiozzi. Durante la fase di addestramento,
quando incrociavamo i coltelli di legno con indolenza, nascondendo
sbuffi divertiti per quei combattimenti fittizi, la morte appariva
sempre distante, tutelata da convinzioni di sicurezza offerte dal
corpo di gendarmeria, ma, da quando ti ho perso, tutte le mie
prospettive sono cambiate drasticamente e la morte sembra incombere
ogni giorno sulla vita, affacciandosi sopra quelle mura che
determinano la nostra prigionia. Siamo marionette rotte in mano a
burattinai che, spesso, non sanno come muovere i fili, pedine su una
scacchiera lorda di sangue; ingranaggi senza nome sostituibili e
sacrificabili in un sistema in lotta per un bene maggiore: la
salvezza dell'umanità e, ogni tanto, mi domando se valga
l'abnegazione.
Mi
manchi, sai? Mi mancano i tuoi consigli schietti, il tuo
incoraggiamento nel momento del bisogno, le tue mani che stringono le
mie spalle per infondermi coraggio, i baci sul collo mascherati
d'amicizia o, più semplicemente, il tuo sorriso allegro. Ci
ho
impiegato del tempo a metabolizzare il senso di vuoto, mi sono
abituato con lentezza alla tua assenza, ciononostante la ferita che
la perdita provoca non si rimarginerà mai del tutto,
né mai si
cicatrizzerà. Il fatto che il tempo curi tutte le ferite,
è una
fandonia inventata da qualcuno che non si è mai addentrato a
fondo
nella profondità abissale del dolore.
La
tua morte rimane ancora un'incognita: non capirò
mai come tu
abbia
perso la vita in quel modo, nell'anonimato; il tuo corpo mutilato
riverso sulle mura di quell'abitazione è ancora fonte dei
miei
incubi atroci.
Mi
piacerebbe che tu fossi qui a guardarmi, indirizzandomi nella giusta
direzione, a spronarmi nel credere in me stesso, perché,
sebbene sia
debole e alla deriva, posso essere un punto fermo per gli altri.
Avrei tanto voluto che tu mi seguissi fianco a fianco lungo il mio
percorso di vita, crescendo con me, maturando nei cambiamenti, ma
questo non è più possibile, vero?
Perché tu, in realtà, non mi
guardi da lassù - non servono le misere frottole raccontate
ai bambini quando un genitore muore - tu non ci sei più e
questo è
un dolore troppo immenso da poter sopportare, poiché nessuno
potrà
mai sostituirti, né ne avrà il tempo. Il vuoto
che mi porto dietro
mi seguirà sempre, così come l'ombra che si
protende verso la vita,
oscurandola, eppure, in questo istante, fingo che tu sia accanto a me
ad abbracciarmi, nascondendo un piccolo sorriso dietro la mia spalla
e ad esortarmi a rivolgere lo sguardo in avanti senza voltarmi. Senza
guardare te.
Io amo questa coppia, perché posso lasciare la mia indole malinconicangst libera di agire e adoro in particolar modo il personaggio di Jean per la maturazione psicologica che subisce nel corso della storia. Molti rimpiangono la morte di Marco, ma io credo fosse un passaggio essenziale per la crescita personale di Jean e spero di avervi trasmesso qualcosa in queste 500 parole ^^.