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Autore: tyurru_chan    20/01/2014    2 recensioni
[Valkyrie Profile 2: Silmeria]
Va bene che era stata lei, a chiedergli di insegnarle a tirare con l’arco.
Va bene anche che, infondo, non ci trovava nulla di male, a riguardo.
Ma era fin troppo ovvio, che una fanciulla dalla corporatura così esile e poco incline a qualsivoglia sforzo fisico, non era adatta a usare un arco come il suo, troppo grande e pesante.
Ne era consapevole, certo.
Tuttavia, quando quella testarda di Alicia, gli si era parata davanti con quella bizzarra richiesta, non era riuscito, in alcun modo, a dirle di no. Quegli stupendi occhioni azzurri avevano il potere di spiazzarlo, eliminando all’istante ogni possibile negazione, ogni qualvolta si trovava ad incrociarli.
“Infondo, che c’è di male…?”
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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“Devi tendere di più con le braccia!”
 
“Non riesco… è così… rigido…”
 
 
 A quelle parole, Rufus sbuffò contrariato, visibilmente rassegnato da tanta evidente incapacità e arrendevolezza.
 
Va bene che era stata lei, a chiedergli di insegnarle a tirare con l’arco.
 
Va bene anche che, infondo, non ci trovava nulla di male, a riguardo.
 
Ma era fin troppo ovvio, che una fanciulla dalla corporatura così esile e poco incline a qualsivoglia sforzo fisico, non era adatta a usare un arco come il suo, troppo grande e pesante.
 
Ne era consapevole, certo.
 
Tuttavia, quando quella testarda di Alicia, gli si era parata davanti con quella bizzarra richiesta, non era riuscito, in alcun modo, a dirle di no. Quegli stupendi occhioni azzurri avevano il potere di spiazzarlo, eliminando all’istante ogni possibile negazione, ogni qualvolta si trovava ad incrociarli.
 
 
“Infondo, che c’è di male…?”
 
Si era detto tra se e se, dopo aver accettato di lasciarle usare il suo arco per fare pratica.
 
In proposito, c’era anche da dire che, una volta, aveva quasi provato a ridurre in poltiglia Aingrim, dato che quest’ultimo aveva avuto la poca accortezza di “sbattere accidentalmente” con la spalla contro la sua arma… ma Alicia, era tutta un’altra storia.
 
 
“V-va bene, così…?” chiese nuovamente la principessa, tendendo la freccia, fino al limite consentito dalle sue forze.
 
“Non così tanto, sennò finisc-”
 
Ma non ebbe il tempo di finire la frase, che la freccia sfuggì dalle dita della ragazza, diretta verso l’alto, anche troppo in alto, finendo in un punto imprecisato nel bel mezzo della boscaglia.
 
“Appunto…” sospirò rassegnato il giovane mezzo elfo, portandosi una mano davanti al viso.
 
“Ahia…”
 
Una smorfia di dolore arrivò alle sue orecchie.
 
Palese errore da dilettante, quello di ferirsi con la punta della freccia, quando non si impugnava correttamente la base dell’arco.
 
Una sciocchezza da nulla, certo.
 
Ma, quando si ritrovò a contemplare la vista della sua dolce principessa, in preda al tentativo di trattenere le lacrime, provocate dallo spavento preso per quel taglio improvviso sul palmo della mano, non fu più certo di nulla a riguardo. Avvertì solo una morsa soffocante stringergli il petto, mancandogli per un attimo il respiro.
 
 
“Ehi… è tutto a posto, è solo un taglietto… ok?” la rincuorò prontamente con un sorriso, sfiorando quella mano tremante, esaminando con calma la ferita.
 
Alicia annuì con un cenno del capo, restituendogli l’arma e, trattenendo per quanto poteva i singhiozzi.
 
Non le era mai piaciuto mostrarsi debole di fronte agli altri. Lui lo sapeva.
 
“Mi dispiace… non sono brava a fare nulla, neppure a tirare come si deve una freccia…”
 
Un secondo sospiro la raggiunse in risposta da parte del compagno arciere, dedito in quel momento a fasciarle la ferita.
 
Rufus doveva aspettarsi una possibile motivazione di fondo, dietro quella sciocca richiesta di farle da insegnante.
 
“Solo perchè non sei portata per il tiro con l’arco, non vuol dire che tu sia inutile, dai…”
 
“Si, invece!” inveì lei, scostandosi all’istante dal suo tocco gentile.
 
“Non sono capace di combattere come si deve, né di fermare questa guerra scoppiata per causa mia… ne di… farmi accettare da mio padre…”
 
Le ultime parole le erano uscite in un sussurro. Come un fiume in piena, in procinto di sfociare senza sosta, al di fuori degli argini.
 
Si era di nuovo lasciata trasportare, permettendo alle sue emozioni di prendere il sopravvento su di lei.
 
Ora si, che si sentiva un’emerita sciocca.
 
Eppure, Rufus non aveva aperto bocca in proposito.
 
Ne una battuta, un commento, una supposizione… nulla.
 
Si era limitato ad ascoltarla in silenzio, senza batter ciglio.
 
La principessa di Dipan arrossì, avvertendo le gote accaldarsi, tanto da annebbiarle la vista.
 
 
-Perché non dice nulla…?-
 
Un pensiero nella sua mente, che la stava tormentando.
 
Quanto avrebbe desiderato lasciare il posto a Silmeria, in quel momento.
 
Ma la valchiria, non rispose al suo richiamo.
 
 
Il mezzo elfo, socchiuse gli occhi, pensieroso.
 
Se i suoi occhi fossero stati più lucidi e attenti, Alicia avrebbe giurato di aver scorto un’espressione addolorata sul suo volto.
 
Ma non ebbe il tempo di appurarlo con certezza.
 
Infatti, quest’ultimo le voltò le spalle, armeggiando per una manciata di secondi con la casacca ai piedi dell’albero, sotto cui si erano riparati. Estrasse dalla faretra una delle sue frecce, distrattamente, senza pensarci più di tanto.
 
Ne scelse una a caso, per poi impugnare il suo arco saldamente nell’altra mano, una volta accertatosi della sua consistenza.
 
Alicia lo scrutava con aria interrogativa, immobile sul posto, chiedendosi cosa stesse cercando di ottenere.
 
Domanda, che gli passò di mente all’istante, non appena il ragazzo la affiancò senza troppe cerimonie portandosi dietro di lei, porgendole nuovamente l’arco, senza lasciarle tempo di replicare.
 
“Tieni l’impugnatura salda questa volta.”
 
“M-ma…”
 
“Niente storie, mi hai chiesto tu di insegnarti, no?”
 
La principessa annuì titubante, avvertendo il suo imbarazzo dilagare da ogni parte del suo corpo, per quel contatto così ravvicinato con lui.
 
Poteva addirittura sentire il suo respiro infrangersi contro il suo collo. I battiti del suo cuore, così dannatamente persistenti, contro la sua schiena, tanto minuta ed esile rispetto alla corporatura del giovane.
 
Certo, Rufus non era possente e altisonante quanto Dylan. Ma in quel momento, la sovrastava, tanto da farla sentire terribilmente piccola e inerme, più di quanto già non fosse, tra le sue braccia.
 
Prese un respiro profondo per calmarsi, afferrando incerta l’arma, lasciando che le braccia robuste del compagno, la aiutassero a tendere la freccia, senza sforzo.
 
Stavolta, era così facile… e per nulla faticoso.
 
La mano con cui impugnava l’arco non le tremava più, sostenuta dalla mano di lui, che allentava il peso dell’arco, sostenendolo con lei.
 
“Tieni i piedi ben impuntati al terreno…”
 
La ragazza obbedì meccanicamente, cercando per quanto poteva, di dimenticare la sua voce così vicina al suo orecchio, e trovare un minimo di concentrazione.
 
“Osserva bene il tuo bersaglio… tendi fino alla guancia… e infine, scocca!”
 
Con un sibilo, la freccia partì a razzo, centrando in pieno la corteccia del tronco, posto a pochi passi da loro.
 
Alicia sorrise radiosa a quel risultato inaspettato, dimenticando quasi per un istante, di quanto fosse indecentemente vicina al compagno arciere alle sue spalle.
 
“C-ce l’ho fatta! Ce l’ho fatta, vero?” affermò incredula, in preda all’euforia del momento.
 
“Già!” Ridacchiò lui, dandole una lieve pacca sulla spalla, in segno di apprensione.
 
 “Sai… se da soli non si riesce ad ottenere qualcosa, non c’è nulla di sbagliato ad affidarsi all’aiuto dei propri compagni. Noi, siamo qui al tuo fianco, per questo, no?” Annuì Rufus serio, mantenendo tuttavia la sua solita dolcezza e affabilità nel tono.
 
Alicia, parve riflettere sulle sue parole.
 
Per una manciata di secondi, apparentemente infiniti, almeno per lei.
 
Un punto di vista, a cui non aveva mai dato la giusta riflessione.
 
“Grazie…” mormorò, infine, a voce bassa, voltandosi verso la sua figura.
 
Quasi come se le fosse stato rimosso un tremendo peso, dal suo animo inquieto.
 
Il giovane arciere alzò le spalle con uno sbuffo divertito, come spesso era solito fare per sdrammatizzare.
 
“Maddai, non ho fatto null…!”
 
Alicia lo anticipò sul tempo, sollevandosi sulle punte, il giusto per arrivare alla sua altezza e porre un casto bacio sulla guancia del ragazzo.
 
Il giovane mezzo elfo, rimase talmente spiazzato da quel gesto, che non replicò alcunché, irrigidendosi all’istante sul posto ad occhi sgranati, fissi su di lei.
 
“P-per ringraziarti… di avermi insegnato… insomma, con l’arco…” giustificò immediatamente la principessa, giocherellando nervosamente con le dita, sorpresa di se stessa e dell’audacia dimostrata, con un simile gesto così sfacciato.
 
“Di… niente…” il giovane arciere si sfiorò la guancia con la mano, ancora poco certo di aver recepito l’accaduto.
 
Una reazione talmente buffa agli occhi della piccola Alicia, che ella non riuscì a non trattenere una lieve risata a quella scena.
 
Incredibile pensare che Rufus, fosse davvero il tipo che si bloccava così facilmente, per un gesto tanto innocente e privo di malizia.
 
“Ehi! Che ci trovi di divertente?” rise anche lui, quasi contagiato dalla voce limpida di lei.
 
“Nulla… è solo che la tua faccia era così buffa.”
 
“Ah, si?”
 
Toccato sul personale, decise di prendersi una piccola rivincita, rispondendo al fuoco con il fuoco.
 
Cosicché, senza pensarci più di tanto, la bloccò passando un braccio dietro la sua nuca, quel tanto bastava per avvicinarla a se e baciarla sulle labbra. Un bacio fugace, forse fin troppo sbrigativo e sfuggente.
 
Per la sorpresa, non le diede nemmeno il tempo di chiudere gli occhi e assaporare quella nuova sensazione di calore, che aveva preso a pervaderla.
 
 “Mai quanto la tua, ora.” Rufus sorrise vittorioso, alla vista del dilagante rossore comparso sul volto di lei, probabilmente incapace di formulare qualsiasi pensiero razionale per quel gesto, ancor più sfacciato del suo.
 
Ora, erano pari.
 
 
 
 
 
(In quello stesso istante, appena poco più lontano)
 
 
“Aaaaaaaargh!”
 
Un urlo disumano, talmente forte da provocare un eco circostante, tanto che i volatili appollaiati sugli alberi vicini, spiccarono il volo all’istante, allarmati.
 
“Qualcosa non va, Aingrim?” domandò incurante da tale fracasso la bella Leone, seduta su una radice sporgente a gambe accavallate, persa nella lettura di alcuni tomi prestategli da Lezard.
 
“Qualcosa non va? Qualcosa non va!? Sai, cosa non va??? Che ho una fottuta freccia nelle chiappe!!!!”
 
Inveì all’istante l’uomo, mostrando dolorosamente il posteriore, ove era conficcata la freccia colpevole in questione.
 
La mercenaria alzò lo sguardo al cielo, affranta da tale scena. Non desiderava, nemmeno lontanamente, sapere come c’era finita li, quella freccia.
 
“Quel maledetto di un mezzo elfo e il suo stupido arco, appena lo trovo, gliele suono di santa ragione!!!”
 
Inveì nuovamente verso il cielo, facendo roteare la sua spada per tutta la foresta, strappando l’ennesimo sospiro alla collega.
 
“Che gli Dei ce la scampino dal vedere un tale inutile massacro…” mormorò seccata, tornando alla lettura come se nulla fosse.
 
“Sbaglio, o ho intravisto il tuo amico imprecare con… una freccia, incastonata nel suo sedere?”
 
Si intromise un abbastanza perplesso Lezard, sistemandosi la montatura degli occhiali con due dita, incerto sul senso logico di ciò che gli era appena passato davanti.
 
“Non chiedere, limitati ad assecondare.” Dylan, apparso dal nulla a braccia conserte, scosse il capo rassegnato.
 
“Non trovate sia una splendida giornata per esercitarsi al tiro con l’arco?
  
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