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Autore: Amalee    21/01/2014    2 recensioni
Ho immaginato Jenna di fronte al suo computer, poco dopo il bacio di Collin, a scrivere un articolo sul proprio blog. Come potrebbe svolgersi la loro storia?
E' un'introspezione, una relazione che si sviluppa nel pensiero della protagonista. Ma cosa succederebbe se fosse reale?
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Jenna Hamilton, Matty McKibbean
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Credo  -temo- sia esemplare com’è che mi sia venuta voglia di scriverci una storia. Il movente ha un nome atroce, amaro e fastidioso come una ferita in bocca e il suo sapore: la gelosia. Probabilmente le peggiori tre sillabe al mondo. Un suono sgradevole, un urlo metallico e patetico. Ma quello che provo si distacca molto dall’amore. È una gelosia di possessione, quella voglia dannata di avere ciò che non puoi avere, per un motivo o per un altro. Concilia parallelamente con la storia di Collin.
Cos’è in effetti la storia di Collin se non una variazione diametralmente opposta alle mie scelte e ai cambiamenti che la mia vita ha subito? La storia di Collin è l’altra strada del bivio, il cammino mai percorso e che non ho mai voluto conoscere, per un senso di coscienza. Si sbaglia a parlare di mancanza di coraggio, anzi, è proprio grazie a quest’ultimo e ad una grande forza di volontà che sono riuscita a resistere alla tentazione di addentrarmi in quei boschi bui e tanto attraenti, contemporaneamente.

Eri un sentiero da scoprire, da baciarne la terra battuta, soffice, che non ho mai voluto percorrere.
O forse avrei  voluto, ma non l’ho fatto.




Eravamo l’uno davanti all’altra, il mio armadietto dietro di me era freddo da farmi venire i brividi lungo la schiena. Ecco, forse non era l’emozione di quel bacio rubato a farmi rabbrividire, era la sensazione del metallo contro la mia pelle, attraverso i vestiti. Iniziavo a sentire cosa sarei diventata in seguito.  Un urlo di dolore in un omino di latta.                                                                                                      
Le tue mani sfioravano il mio viso, e sfioravano le mie, mentre commettevo il più grande peccato da me mai compiuto. Avevo lasciato in un angolo buio della mia mente Matty. Significava tradirlo, ma non volevo accettarlo. Era una sensazione oscena, baciare un corpo che non ti appartiene. Non che Matty mi sia appartenuto sotto un punto di vista fisico come mi apparteneva l’armadietto dietro la schiena, ma eravamo una coppia, e in un certo senso, io ero sua e lui era mio.
Collin era altro. Così diverso da Matty, in ogni cosa. Era un intellettuale, uno che passava il proprio tempo a leggere e scrivere per il signor Hart, Matty uno sportivo, che si sarebbe guadagnato la borsa di studio con il football.
Collin era il sentiero che non conoscevo, che mi piaceva osservare da lontano e non avrei mai immaginato di trovarmi sul viso. Anzi, forse già dentro di me nasceva la consapevolezza che lasciarlo lontano sarebbe stato meglio, da vicino non potevo neanche guardarlo. Era sulle mie labbra e  non riuscivo a mettere nulla a fuoco. Sentivo di compiere il più grande sbaglio della mia vita, ed era così.


Volevo smettere, abbandonare quel rapporto nocivo e tornare sulla mia strada.
Prima di entrare, dopo trentuno ore meno due di sonno, nella sua macchina, ero piena di energia e volontà. Gli avrei detto che quel bacio era un errore. Che noi due non eravamo niente e mai lo saremo stati.
Che noi due… Che…
Le sue labbra erano di nuovo sulle mie. Le orecchie fischiavano. Il cuore batteva forte quanto i pistoni nei cilindri di una macchina sportiva, e i suoi occhi.  Erano scuri da perdercisi dentro. Non erano semplici da descrivere, come un mare, erano più simili ad un labirinto fatto da liane. Non era un labirinto stabile, era sempre in movimento, i suoi enigmi erano innumerevoli e per lo più casuali. Ti intrappolavano e semplicemente tirando un laccio che li componeva, le pupille si stringevano e tu eri dentro, piccola come una mosca, pronta ad essere sezionata e servita su un piatto d’argento al tuo signore. Una tarantola umana. Ero completamente persa e indifesa, tanto che sarei stata io stessa a offrirmi sulla sua tavola, le mie debolezze gli stavano semplificando il compito, ed era pronto a mordermi.
La mia mente era vuota, una grande distesa d’acqua, su cui cadevano lentamente delle gocce pesanti, che rendevano la superfice prima liscia, increspata, con cerchi concentrici. Una goccia dopo l’altra mi sentivo inondata da una strana sensazione, che mi stava facendo perdere il controllo e…
Un pugno batteva sul finestrino della BMW.
Matty: le lettere del suo nome riempivano l’area vuota tra i cerchi concentrici e creavano una scia nera. Stavo andando in panico, ma era solo Tamara.


Spiegarle tutto era impossibile, ma ci provai, e le promisi di chiudere con Jennings. Tradii più volte la parola data, io e Collin ci incontravamo nella sua macchina e fumavamo erba fino allo svenimento, ma in seguito, fu lui a chiudere. Quello che facciamo è sbagliato per Matty, e lui è un mio amico, disse. Era il giorno del mio compleanno.


Avendo scoperto ancora una volta che mia madre aveva intenzione di prepararmi una festa a sorpresa, le dissi che non avevo alcuna voglia di festeggiare, e lei comprese il momento. Matty, quando glielo chiesi, accettò di festeggiare il giorno seguente e farmi metabolizzare l’idea dell’anno che mi si apriva davanti. I miei decisero di andare fuori città, dunque avremmo festeggiato solo in tre: io, me e me stessa.


Dopo la “chiusura” , passate solo poche ore, mi resi conto che non sarebbe stato facile. Provavo una strana nostalgia. L’odore della marijuana mi mancava. La voglia di erba mi offuscava la memoria, e in quel momento capii cosa significasse la parola dipendenza. Ormai era un pensiero fisso nella mia mente. Quando afferravo un oggetto mi sembrava di trascendere da me stessa e di non riuscire a sollevarlo. Le ore passavano, tristi, e la mia mente desiderava, e desiderava ancora.
Ma la mancanza non era dovuta alla dipendenza dall’erba, che non avevo. Era la dipendenza da Collin Jennings.
Avevo voglia delle sue labbra, della sua BMW e delle sue mani profumate.
Del dito che sfiorava la mia guancia tentando di farmi sorridere, del suo piede che sotto il tavolo abbracciava la mia gamba.
Le sue camicie dai colletti puliti e quei cardigan di lana, le sciarpe dentro il montgomery.

Ero di nuovo nella mia classe, nell’attesa che l’ora suonasse per poter tornare a casa.
Matty poco prima mi aveva regalato una mia foto, incorniciata, di una famosa fotografa, che costava una fortuna. Non me la merito, dissi. Lui era sicuro invece che, no, valesse anche troppo poco per una come me.
Una come me come? Una traditrice?
Mi sentii viscida, una voglia malsana di stracciarmi la pelle dal viso pervase le mie mani, avrei voluto sparire,  o quanto meno andare lontano. Molto lontano.

E la campana suonò, e io ero fuori.
Gli sguardi di Collin durarono pochi attimi e in quel momento capii che era davvero finita, che non avevo più nulla in cui sperare. Tra di noi una ventina di macchine e un desiderio spaventoso.
Era la strada del bivio che non volevo percorrere.


Ero fuori il cancello di casa, pochi metri e avrei potuto sprofondare nella mia solitudine. Avrei voluto aprire il laptop e buttare giù qualcosa, e avevo tutte le idee in mente su cosa scrivere che creavano un vortice a cui cercavo di dar ordine. Forse l’avrei intitolato “La strada che non ho percorso” , e avrei parlato del mio felice passaggio da “addicted” a persona finalmente libera di poter vivere, senza Collin.

Ma non lo feci.
Quando sulla soglia di casa mi voltai, c’era lui, con un pacchetto regalo. Era venuto a scusarsi per la sua maleducazione nel non avermi neanche fatto gli auguri.
Amici come prima, dicemmo.


Sorpresa, urlarono gli invitati uscendo dal loro nascondiglio quando aprii la porta. E fu davvero una sorpresa, perché io e Collin eravamo lì a baciarci con passione, sotto gli occhi di tutti, sotto gli occhi delle mie amiche, sotto gli occhi dei miei genitori, sotto gli occhi di Matty. Era lì a fissarci con il viso rosso per l’imbarazzo e le lacrime agli occhi. Era evidente che fosse distrutto. Ed io con lui, vidi il sogno della nostra vita sgretolarsi.


Continuai da quel giorno a vedere Collin. Matty e o non ci sentivamo neanche più, ma il nostro ultimo sguardo me lo ricordo più di quanto fosse necessario. Avevo trovato due diamanti limpidi, e li avevo trasformati in sassi vuoti, opachi. Sassi che iniziarono a risplendere per la rugiada intorno ad essi. L’avevo perso, e forse era giusto così. Avrei dovuto iniziare una nuova vita, decisi.

Avevo diciassette anni, e volevo rivoluzionare qualsiasi aspetto della vita che mi circondava. L’armadio mi sembrò inadatto al cambiamento, e il taglio di capelli e il look trasandato non facevano più per me. Avevo bisogno di sentirmi una donna nuova, pronta a vivere spensieratamente, senza tabù.

Ricominciarono le serate in macchina, con fumo e alcool a portata di mano. I baci spensierati sotto la luna, le carezza gentili e le prime scoperte. Quando per la prima volta mi sfilò la maglietta, e quando per la prima volta ancora mi baciò il seno. Quando per la prima volta toccai il suo petto e per la prima volta ancora gli strinsi la mano. Non ci spingemmo molto in là, nonostante lui fosse molto desideroso, perché ero ancora un po’ insicura. Non per Collin, lui era fantastico. Ma era una novità troppo grande per me. Eppure, non riuscivo a fermarmi. Quel ragazzo era una droga, per lui sarei andata oltre qualsiasi limite.
Un giorno Matty mi chiese anche di tornare insieme, ma io non acconsentii. Per me, quel rapporto non aveva più senso. Avevo allontanato la mia famiglia, i miei amici, ma non mi interessava. Avevo fatto terra bruciata intorno a me ma c’era lui con le sue cartine nascoste nel cruscotto e gli etti di marijuana. Ero cambiata, e se agli altri non piacevo, che andassero a farsi fottere.


Una sera, lo facemmo. Sesso, non amore, perché alla fine del rapporto non sentii altro che rancore.
Mentre tornavo a casa il viso si riempiva di lacrime. Piansi, perché lui era il primo dopo il mio primo.

Una sera però, ci beccarono. Gli sbirri ci trovarono perché non avevamo chiuso bene il finestrino posteriore e usciva fumo dalla macchina. Inizialmente credevano andasse in fiamme, ed erano arrivati in soccorso. Quando sentirono la musica blues di sottofondo e videro due sorrisi rilassati e l’erba, ci fecero scendere con le mani dietro la schiena, ci ammanettarono e ci portarono in stazione. Era un’esperienza nuova e mi aveva dato una forte scossa di adrenalina. Avevo avuto paura, ma mi era piaciuto sentirmi una ribelle, una sovversiva.

I miei quella volta ci salvarono, perché il tizio alla centrale era un amico di vecchia data di mio padre. A casa credettero di potermi spaventare con le loro minacce. Assurdo, ma anche loro, in quel momento, erano fatti. Forse anche più di me.
Da quel giorno, cercarono di essere più severi nei miei riguardi, addirittura mi misero in punizione. Per cosa? Essermi fatta beccare con l’erba, mentre loro erano riusciti a nascondere alla polizia di essere strafatti? Ad ogni modo Mr. Hart ci diede la possibilità di scrivere un articolo che fosse pubblicato sull’Experior, e io, dopo il video dell’A.S.S. (After School Special) ero nera nei confronti di Valerie.  “What are  we gonna do for Jenny?” era un’idea di Sadie, certo, ma questo non significava che Valerie non dovesse fermarla, essendo lei referente. Allora decisi che le avrei servito la vendetta su un piatto d’argento e feci pubblicare sull’Experior il mio crudele sfogo nei confronti di Val. Mi sentivo fiera di aver inviato l’articolo a Mr. Hart, e non vedevo l’ora di ritrovarlo stampato sulla carta ruvida del giornale.
Avevo gli occhi iniettati di sangue ed ero pronta a spingermi oltre. Dopo l’invio dell’e-mail ero più gasata di quanto mai fossi stata in vita mia. Dunque mi presentai all’ingresso con i miei tacco 12 e un vestito tutt’altro che contenuto e annunciai ai miei genitori che sarei uscita. Loro cercarono di bloccarmi perché ero ancora in punizione, ma io non rinunciai al night club e all’invito di Collin, e me ne andai, nonostante sapessi che  non sarebbero stati felici di rivedermi.


Collin era bellissimo come al solito, elegante e sexy nei suoi modi arroganti. Mi piaceva guardarlo sorridere alzando un solo angolo delle labbra. Gli conferiva un’aria vissuta, e volevo che mi insegnasse tutto ciò che aveva imparato con le sue esperienze. Mi baciò e non riuscii a fermare i miei istinti. Ero ubriaca quasi quanto lui e le nostre lingue sapevano di Bloody Mary e Coca Havana.
All’improvviso una vocina stridula mi colpì tanto da indurmi a chiedermi da chi provenisse.
E poi la vidi: Angelique.
Che ci facesse la sua ex nello stesso night club di me e Collin, non seppi spiegarmelo, ma così ubriaca non sarei mai riuscita a tenere per me una domanda del genere, così espressi il mio dubbio ad alta voce. È venuta perché l’ho invitata io, disse Collin. Va bene, per me, gli dissi. E invece non andava così bene quanto credevo, ma non importava. Mi stavo divertendo con lui e Angelique non avrebbe potuto far niente per rovinarmi la serata.

Mentre ballavamo, Collin ci porse delle pasticche. Io ne avevo provate di tutti i colori dall’inizio della nostra relazione, ma non avevo mai preso alcun tipo di pillola, e sentivo di non essere pronta a farlo. Quindi, nonostante sia Angelique che Collin avessero ingoiato la “magica” ecstasy, io finsi di aver bisogno di andare al bagno. Mi ci rifugiai per qualche minuto e feci finta di far parte della lunga folla che aspettava che si liberasse una cabina, probabilmente per rimettere. Lì mi raggiunse Angelique con un bicchierino, che io accettai, considerandolo un gesto amichevole, prova della sua preoccupazione nei miei riguardi. Lo bevvi tutto d’un fiato e gli confidai la mia paura di usare droghe più pesanti, e lei sbiancò.
Ho messo la pillola nel bicchiere, mi disse imbarazzata.

Mi sentivo strana, estremamente rilassata e invasa da una gioia totale, però riuscivo ancora ad avere coscienza di ciò che mi accadesse intorno. Ero su un divano e baciavo Collin, eppure c’era qualcosa di strano. Mi ci volle un po’ per rendermene conto. Angelique mi accarezzava dall’altro lato e dopo poco iniziò a baciarmi la spalla. Io cercai di scostarla, ma tentavano entrambi di incastrarmi in un rapporto a tre. Non ero d’accordo e tentavo a tratti di togliermi di dosso il corpo caldo di Angelique, ma entrambi erano troppo eccitati a causa dell’effetto della pasticca. Io, fino a quel momento, non avevo sentito alcuno stimolo sessuale, avendo ingerito l’ecstasy solo in seguito, dunque riuscii ad alzarmi e fermarli.
Si fermarono per poco a fissarmi, e poi mi si parò davanti una scena pietosa.

Angelique e Collin si stavano baciando come se non ci fosse un domani, davanti ai miei occhi.


In quel momento il mondo mi cadde addosso e mi svegliai da un sonno profondo.


Mi resi conto di ciò che avevo fatto in quelle tre settimane: avevo abbandonato le mie amiche, e peggio, le avevo anche attaccate; avevo preso le distanze dai miei genitori, che fino a quel momento erano sempre stati comprensivi con me; avevo deluso le aspettative di Val e di Mr. Hart; avevo tradito Matty, e avevo dato un fine alla nostra relazione nel momento in cui mi aveva perdonata. Avrei dovuto abbracciarlo e dirgli, sì, amore, perdona quello che ho fatto, e invece no, mi sono ritrovata da sola per mia libera scelta. Collin aveva distrutto il bellissimo quadro che avevo meticolosamente costruito io nei miei anni.
Non sapevo dove andare.
Collin mi aveva accompagnata con la sua macchina ma non avrei voluto guardarlo un attimo in più per niente al mondo, quindi non gli avrei chiesto un passaggio per il ritorno. Chiamare i miei era completamente fuori discussione, e dopo aver ferito i miei amici, non potevo chieder loro aiuto. Avevo un’unica possibilità, l’unica persona contro cui la mia ira non si era scagliata.


Il suo viso era come me lo ricordavo. Pensavo di averne dimenticato la forma dopo quel giorno, invece conoscevo perfettamente i suoi tratti. Matty non mi guardò mentre guidava, e io lo osservavo con molta attenzione, disegnando con lo sguardo ogni lineamento. Le sue labbra sottili, i suoi occhi chiari e le sopracciglia perfette, quella mascella larga che avevo baciato tante volte… E le sue spalle, piene, e quelle braccia forti con cui mi stringeva, e le sue dita affusolate sul manubrio… Come avevo potuto ignorare tutto questo? Come ero riuscita in un solo momento a perdere di vista quel ragazzo? Era perfetto, nella sua dolcezza e nelle attenzioni che mi dava, nell’affetto che mostrava ogni giorno. Mi ero invaghita di Collin, che con quei capelli alzati, quel suo look sempre curato e le camicie bianche mi aveva conquistata. Aveva gli occhi piccoli, gli zigomi alti e tanti altri difetti che notai solo in quel momento. Come quei due peli spacciati per barba sul bordo del mento. Non riuscivo a guardarli quando eravamo troppo vicini, mi facevano impressione. Mi voltai verso Matty e trovai in lui ciò che avevo perso di vista, ma era troppo tardi. Tra i due sedili, c’era un orecchino che io non avevo mai perso.

Ma quando gli chiesi di abbracciarmi, lui lo fece senza esitazioni.
Grazie di essere il mio eroe, gli dissi.
È ciò che ho sempre voluto essere, mi rispose.


Non tornammo insieme, nonostante si fosse allontanato da Carol -probabilmente aveva perso lei l’orecchino-, e invitò Bailey al Prom. Pensava che io non avrei accettato e che non ci fossero porte aperte per lui, ma non era così. Aspettai fino all’ultimo che me lo chiedesse, e invece…. Collin? Mi disse che durante la nostra relazione -che lui stesso definì aperta- continuò ad avere rapporti sessuali con la sua ex e che quella notte ci andò a letto. Smisi con le droghe, e riaccolsi nell’armadio le mie felpe.

Al Prom andai anche io, pur senza un accompagnatore. Ero con i miei amici e finalmente avevo ritrovato la pace nella mia famiglia. Uscii dalla fossa che mi ero scavata io stessa, e qualcosa era cambiato.
Matty, l’avevo perso.




Non riesco a smettere di notare le analogie tra i caratteri dei personaggi e delle situazioni fittizi e reali.
È questo il cammino che stavo per percorrere?
Se è così, sono lieta di aver indugiato più tempo su quel bivio, analizzando attentamente ogni conseguenza che la mia scelta potesse causare. Quel cammino mi avrebbe portato a tanti rimpianti.  Mi sono resa conto che quando gli occhi sono offuscati da una forte passione, non ci si può fidare  neanche degli altri sensi. E ho imparato anche che i modi di dire non sempre sono veritieri.
“The grass on the other side is not greener. It’s just smokable”
  
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