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Autore: Jarvis e Ferro Vecchio    23/01/2014    4 recensioni
"Pete era davvero grato di aver incontrato Patrick. Il suo angelo custode. Pete gli voleva molto bene anche se avrebbe voluto poterglielo dimostrare più spesso. Di tutte le persone che aveva conosciuto nella sua vita Patrick era l’unico che riusciva a capirlo senza che dovesse proferire parola, per questo era fermamente convinto che fosse un angelo."
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Andrew Hurley, Joe Trohman, Patrick Stump, Peter Wentz
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Chicago. Sabato 4 dicembre. Ore 01.23.
Il concerto era ormai finito ed era calato il silenzio più totale. Niente più urla, canti o pianti. Niente di niente.
L’aria fresca impregnata dell’odore di sudore e alcool, solleticava leggermente le guance accaldate di Pete, che se ne stava silenziosamente seduto al limitare del palco, con le gambe a penzoloni nel vuoto.
Patrick stava sistemando gli strumenti quando notò il migliore amico e gli si avvicinò.
Patrick non si abituava mai a vedere Pete in quello stato. Erano passati anni ormai da quando aveva smesso di prendere farmaci per le sue crisi, ma non poteva fare a meno di preoccuparsi per lui quando se ne stava in disparte.
Ogni giorno, alla fine delle prove, aveva paura a lasciarlo andare e, ogni mattina, tratteneva il respiro finché non lo vedeva varcare la soglia dello studio.
Patrick era perfettamente consapevole che questa sua “paura” fosse in qualche modo irrazionale, ma non poteva fare a meno di accertarsi che Pete stesse bene, spesso mandandolo anche fuori dai gangheri.
«Pete, c’è qualcosa che non va? Sei strano stasera…»
Non ricevendo alcuna risposta si sedette accanto a lui.
«Questo posto sembra così piccolo adesso che è vuoto»
«Già»
«A cosa pensi, Stump?»
«E tu a cosa pensi, Wentz?»
Pete accennò un lieve sorriso e fece un respiro profondo, inalando la fredda brezza invernale.
«Sto pensando a te. A Joe. A Andy. Ai Fall Out Boy. Al pubblico di stasera. A tutti i ragazzi che abbiamo incontrato. Sto pensando alle centinaia di lettere che riceviamo ogni giorno da ogni parte del mondo e alle belle parole che le riempiono. Sto pensando ai nostri poster appesi sulle pareti delle camere di migliaia di ragazzi e sto pensando a quanto sia difficile essere forti per gli altri quando non riesci ad esserlo nemmeno per te stesso.
La nostra è una grande responsabilità, Trick. »
«A cosa ti riferisci?»
Pete fissò Patrick sgranando gli occhi come se gli avesse posto la domanda più ovvia di tutte.
«Mi riferisco a tutte quelle persone che ci ammirano e che ci prendono come esempio senza sapere ci siamo veramente. Senza sapere che gran parte di ciò che vedono è dettato dai media che ti dicono come vestirti, come comportarti, chi frequentare…»
«Chi amare…»
Patrick si era fatto improvvisamente pensieroso. Pete cercò istintivamente la sua mano e intrecciò le dita alle sue.
«Esatto. Tutto questo, a volte, diventa davvero opprimente.»
«Vedrai che passerà.»
«Odio queste tue risposte del cazzo, Trick!»
«E io odio non aver mai la cosa giusta da dire! Credi che sia facile vederti soffrire senza poter far nulla per farti sentire meglio?! Non sei l’unico ad avere questi problemi e, dal momento che non puoi risolverli, devi imparare a conviverci.»
A quel punto Pete non aveva più niente da dire. Nessuno aveva le risposte alle sue domande e nessuno le avrebbe mai avute. Patrick aveva ragione, come sempre d’altronde.
Per questo era il suo migliore amico, perché anche se le sue erano sempre “risposte del cazzo” (purtroppo) erano sempre quelle più azzeccate.
Pete era davvero grato di aver incontrato Patrick. Il suo angelo custode. Pete gli voleva molto bene anche se avrebbe voluto poterglielo dimostrare più spesso. Di tutte le persone che aveva conosciuto nella sua vita Patrick era l’unico che riusciva a capirlo senza che dovesse proferire parola, per questo era fermamente convinto che fosse un angelo.
«Non mi hai ancora detto a cosa pensi, Trick…»
Patrick sospirò e si tolse il cappello.
I capelli chiari, appiccicati alla fronte per il sudore fecero tornare in mente a Pete quando erano ancora agli inizi. Quando ancora suonavano per divertimento nella soffitta di Joe. Bei tempi.
Patrick aveva appena aperto bocca per rispondere quando Pete saltò giù dal palco e iniziò a dirigersi verso il centro dell’arena.
«Dove vai?»
«Zitto e seguimi, Stump!»
Patrick roteò gli occhi e scese a sua volta dal palco per seguire quello strambo del suo amico.
«Non ti viene mai voglia di urlare?»
«Temo di non seguirti…»
«Andiamo Trick! Metti in moto il criceto!»
Giunti esattamente al centro i due si scambiarono un sorrisino complice. Patrick aveva capito esattamente cosa aveva in mente Pete. Voleva farlo sfogare perché anche lui ne avea bisogno.
«Al tre»
«Uno»
«Due»
«Tre»
E iniziarono a gridare come non avevano mai fatto prima. Per tutte le parole non dette, le occasioni perse, le amicizie distrutte.
Tutto.
Era liberatorio.
Nel frattempo Joe e Andy erano usciti dal backstage richiamati da tutto quel baccano.
«Credi che cresceranno mai?» Joe lo chiese più a se stesso.
Andy gettò uno sguardo ai due idioti in mezzo all’arena e la sua bocca si piegò in timido sorriso.
«Nah!»
 

Ciao a tutti, sono nuova di queste parti e questa è la prima fanfiction che scrivo. Spero vi piaccia :)
-Jen.
   
 
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