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Autore: TheCatUnderTheSofa    25/01/2014    1 recensioni
Dalla storia:
"La fessura.
Il dottor Deaton preferiva chiamarla “Porta”, per l’incubo ad occhi aperti
-si chiama allucinazione, come può una sola parola fare tanta paura? Dilla Stiles. Dilla- dell’allucinazione che aveva avuto a scuola. Stiles l’aveva chiamata fessura per via di un telefilm che seguiva e Isaac l’aveva trovato divertente. C’era una fessura nel cervello di Scott, da cui entravano tutte le cose buie e strane che popolavano i loro sogni, ma da cui uscivano anche tutti i pensieri intelligenti che il ragazzo faceva.
C’era una fessura nella testa di Scott e chiamandola così sembrava molto più facile poterla chiudere, come se bastasse qualche straccio e un po’ di nastro adesivo.
Stiles preferiva non pensare che quella fessura c’era anche nel suo cervello e che da li entravano strisciando strani pensieri e strani mostri che non avevano corpo."
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Attenzione: Spoiler della terza stagione di Teen Wolf, in particolare della 3B
Genere: Azione, Mistero, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Derek Hale, Stiles Stilinski, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Prima di iniziare con la storia, un avvertimento: ho preso ispirazione dai fatti avvenuti nell'ultimo episodio di teen wolf tuttavia, siccome la serie è attualmente in onda, ho dato le mie spiegazioni ad alcuni misteri che si sono fatti avanti in questi episodi. La storia continuerà su binari paralleli rispetto al telefilm, nel senso che i fatti ovviamente non coincideranno. 
Spero che la storia vi soddisfi e soprattutto spero di non deludervi per la lentezza dei miei aggiornamenti, so già che sarò sempre imperdonabilmente in ritardo.

The Cat Under The Sofa








Stava sfogliando il libro lentamente, senza guardare veramente le pagine, giusto per fare qualcosa. Tenere le mani in movimento lo aiutava a non pensare. Non leggeva nemmeno quello che c’era scritto, non ci sarebbe comunque riuscito, si limitava a guardare le figure.
Derek era seduto di fianco a lui, stava consultando un grosso tomo che odorava di vecchiaia e di tanta, tantissima polvere. Stiles aveva apprezzato molto il suo silenzio quando aveva preso in mano il libro, anche se il suo sguardo parlava chiaro su quanto ritenesse inutile la sua presenza mentre cercavano informazioni che potessero aiutarli a chiudere la fessura nel cervello di Scott.

La fessura. Il dottor Deaton preferiva chiamarla “Porta”, per via dell’incubo ad occhi aperti
-si chiama allucinazione, come può una sola parola fare tanta paura? Dilla Stiles. Dilla- dell’allucinazione che aveva avuto a scuola. Stiles l’aveva chiamata fessura per via di un telefilm che seguiva e Isaac l’aveva trovato divertente.
C’era una fessura nel cervello di Scott, da cui entravano tutte le cose buie e strane che popolavano i loro sogni, ma da cui uscivano anche tutti i pensieri intelligenti che il ragazzo faceva.
C’era una fessura nella testa di Scott e chiamandola così sembrava molto più facile poterla chiudere, come se bastasse qualche straccio e un po’ di nastro adesivo.
Stiles preferiva non pensare che quella fessura c’era anche nel suo cervello e che da li entravano strisciando strani pensieri e strani mostri che non avevano corpo.

Girò un’altra pagina, con troppa forza, e la carta si strappò con un suono bizzarro. Il ragazzo guardò sorpreso il pezzo di foglio che aveva in mano. Il rumore che aveva prodotto sembrava quasi un lamento. 
Alzò le spalle noncurante e  si voltò verso Derek, pronto a sorbirsi lo sguardo di rimprovero e la tremenda ramanzina che l’Alpha stava per fargli ma, con sua grande sorpresa, il giovane era ancora con la testa china sul libro, come se non si fosse accorto di nulla. Forse lo stava deliberatamente ignorando.

Se era così, aveva fatto male i suoi conti. Nessuno ignora Stiles Stilinski.
Con un ghigno, Stiles si allungò per toccargli la spalla,con l'intenzione di infastidirlo un po', ma qualcosa lo distrasse immediatamente.
La manica della sua felpa sembrava sporca di qualcosa, un liquido denso. Stranamente, non avrebbe saputo descriverne il colore. Era solo…un liquido.

Si voltò verso il libro che giaceva ancora aperto sul tavolo e il suo stomaco si contrasse così forte che non riuscì nemmeno ad urlare.

La pagina strappata perdeva sangue copiosamente e dove prima c’era il frammento di carta, ora faceva mostra di se un brandello di carne strappata che marciva a vista d’occhio. Stiles non riusciva nemmeno a guardare quel grosso trancio di carne che ora sembrava ribollire di vermi. Com’e possibile?!


Stava succedendo di nuovo.


Non era la realtà. Non quella giusta, almeno.

Si voltò verso Derek e con sbigottimento vide che quello che aveva creduto essere Derek era solo un grosso masso. Come aveva fatto a non notarlo?
Sotto ai suoi piedi c’era un sottile strato di neve fresca, rami secchi e foglie marcescenti. Intorno a lui le pareti non esistevano più. Anzi, non erano mai esistite. Percepiva con chiarezza che era sempre stato li. Sempre.

Cominciò a dubitare di essere mai stato in un altro posto che non fosse quel bosco.

Non sembrava la foresta di Beacon Hills, gli alberi erano più fitti e molto diversi. Erano vecchi, pallidi e malati, pieni di rampicanti. Stiles si guardò intorno cautamente, cercando di capire dove si trovasse e cosa sarebbe successo di li a poco. Perché succedeva sempre qualcosa, in quelle specie di allucinazioni. In genere, qualcosa di sgradevole.

Il libro non era un libro, era un cadavere. Un cervo, con le enormi corna ramificate incrostate di sangue. Gli occhi erano appannati e il corpo già brulicava di grossi vermi. Stiles si avvicinò appena, schifato ma al contempo affascinato.
Era come vedere un documentario in "avanti veloce", il cervo si decomponeva sempre più in fretta e le larve crescevano, si facevano grosse, bianche e lucide.

“So cosa diventerete. Mosche, vero?”

Mosche. Centinaia di mosche nere che volavano nel cielo, fino a coprirgli la vista.
Il ragazzo cercò di ripararsi la faccia con le braccia ma gli insetti formavano una specie di tornado furioso, sentiva i loro piccoli, solidi corpi che impattavano con il suo. Le sentiva schiantarsi e morire, contro di lui, contro gli alberi. Contro le pareti.


Aprì gli occhi e si trovò in una stanza. Si trovò? Era sempre stato li.

Gli alberi erano scomparsi, anzi, no. Non c’erano mai stati. C’era sempre e solo stata quella stanza ampia e spoglia.
Le mosche sopravvissute erano immobili, come un’orrenda carta da parati. Con orrore di stiles, iniziarono a sciogliersi come macchie di colore. Sangue colava ora lungo le pareti, un sangue sporco e marcio.

In mezzo alla stanza, il tronco tagliato di un immenso albero dominava l'ambiente.


Rivoli di liquido scuro, forse sangue, forse linfa, Stiles non lo sapeva, uscivano dalle spaccature nel tronco e formavano grosse pozze.
Si avvicinò cauto ad una di esse e si chinò, per osservarle meglio, ma proprio mentre stava per toccare il liquido raggrumato sentì un passo ticchettante.
Sapeva cos’era, erano zampe, con artigli che sbattevano sul pavimento. Non aveva idea di come lo sapeva, ma lo sapeva. Alzò gli occhi, ed era li.


Sembrava un lupo, ma Stiles  sapeva che non lo era. Le dimensioni erano…variabili.
Non avrebbe saputo dire quanto era grande. Sembrava grande quanto un orso ma il secondo dopo avrebbe già potuto giurare che era delle dimensioni di un cane.
Dominava la stanza con uno sguardo fermo. Fissava il muro di fronte  a se come se si aspettasse di vedere comparire qualcosa.

Stiles sapeva che era una femmina e che era potente. Più di un animale, più di un druido, meno di una dea. Era qualcosa a metà, uno spirito, forse, che godeva di forza sufficiente da penetrare nei suoi sogni senza difficoltà.

Non era la prima volta che incontrava la Lupa.

Stiles era arrivato al punto del sogno che si ripeteva sempre, ogni notte, da ormai una settimana e che gli impediva di dormire più di tre, quattro ore per volta.

Si arrampicò sul tronco tagliato, temeva quello che sarebbe successo di li a poco. La Lupa si fece avanti e lo raccolse fra le sue ampie zampe.

Li, raggomitolato contro il pelo di un lupo che non era un lupo e che viveva solo nei suoi sogni, grande come un cane e come un orso, in una stanza piena di mosche che si scioglievano in sangue, Stiles stava per affrontare di nuovo il suo grande nemico.

La porta, che non aveva notato, o forse non c’era mai stata, anzi, era sempre stata li, cominciò ad aprirsi.
Piano piano, si schiudeva su un buio profondo e denso che Stiles non riusciva a guardare.
Cose, con dita di fumo e occhi brillanti lo fissavano attraverso la fessura che si era formata. Sembravano ridere. Stiles non sapeva se stessero cercando di entrare nella stanza, o di uscire dal buio.

Non sapeva se la porta serviva a tenere quelle cose dentro, oppure a tenerle fuori.

Terrorizzato, si strinse alla Lupa, aggrappandosi al suo pelo come un cucciolo.
La guardò con gli occhi colmi di lacrime e le fece quella domanda, la stessa che le faceva ogni volta, la stessa a cui lei non aveva mai risposto:

“Quale lato di questa fessura sono io?”
 
 
 
 

Quando aprì gli occhi, la luce era tanto forte da poterlo accecare. Non ricordava il luogo in cui si trovava e nemmeno che ore fossero.
Con orrore, si rese conto che non ricordava quando la realtà era finita ed era sprofondato nell’incubo.
O forse ci era ancora dentro.

Vide il volto di Derek, vicinissimo al suo, fissarlo preoccupato. Gli occhi erano sbarrati dalla confusione, non sembrava una cosa da lui. Forse, pensò Stiles, era svenuto o roba simile.

“Derek” gracchiò, gli sembrava di non parlare da secoli, “ cosa…cosa è successo? Questo è vero?”

L’altro ragazzo scosse piano la testa.

Stiles si precipitò al tavolo per prendere un libro, un foglio, qualcosa che potesse ancorarlo alla realtà. Niente da fare, le lettere erano confuse, come se fossero state scritte da un bambino. Nulla aveva senso. Si girò verso il ragazzo, che ancora non aveva parlato.

“Derek, non è reale, nemmeno stavolta. Svegliami, ti prego, svegliami!”

Derek annuì di nuovo e aprì la bocca.

Ne uscì un nugolo di mosche nere come la pece che  riempirono la stanza volando freneticamente. Stiles urlò, ma chiuse subito la bocca quando gli insetti cominciarono ad entrargli in gola, impedendogli il respiro. Cercò di respingerli, ma si appiccicavano addosso come una coperta e appena si posavano, si scioglievano in una strana sostanza collosa e scura come la pece.

Buio. Buio liquido.

Sentendosi soffocare, Stiles urlò. Con tutte le sue forze, urlò sperando che chiunque fosse con lui dall’altra parte, potesse sentirlo.
Poi, tutto fu buio.
 
 
 
 

E in un secondo, tutto fu di nuovo luce. Stava urlando, le lacrime agli occhi. Il respirò era troppo veloce, i suoi polmoni non incameravano abbastanza aria.
Aveva qualcosa in bocca, non capiva cosa. Cercò di respirare di più, di prendere più aria. Dov’era? Era reale, si era svegliato?

Di nuovo Derek, il suo viso vicinissimo a quello di Stiles. Stavolta non sembrava preoccupato, sembrava terrorizzato.
Stava parlando, ma Stiles non riusciva a sentirlo, le orecchie fischiavano. Si affrettò a togliere qualcosa dalla bocca dell’umano, sembrava della stoffa arrotolata. Il ragazzo si ricordava vagamente qualcosa sugli attacchi epilettici e il rompersi i denti, aveva avuto un attacco epilettico? Non riusciva a chiederlo. Non riusciva a calmarsi.

Provò a contare le dita, a vedere se erano giuste, ma le sue mani tremavano e nemmeno i suoi occhi andavano così bene. Il suo campo visivo era confuso.

Derek gli afferrò le mani con forza, per impedirgli di tremare e gli si piazzò davanti. Il suo campo visivo ora era solo verde, tanto verde circondato da lunghe ciglia scure. Se doveva lasciarci la pelle, stavolta, non era male come ultima visione della vita.
Gli occhi verde-grigio di Derek che lo fissavano cme se gli importasse qualcosa di lui.

 Stava dicendo qualcosa. Stiles si concentrò per sentirlo.

“…les! Stiles! Ascoltami, devi calmarti, ok? Guarda me, Stiles! Respira!”

Lui non capiva. Non poteva calmarsi. Non sapeva nemmeno se tutto questo era vero.

“Non so se è vero” mormorò, fra un ansito e l’altro. La testa gli stava per scoppiare. “Non so se è un sogno”

Derek lo guardò  fisso, aggrottando ancora di più le sopracciglia. Ora il solco sulla sua fronte era davvero profondo.

“Lo è, è reale. Ascoltami, ok? E’ reale. Io ho dieci dita, guarda, sono dieci. Peter ne ha nove*. Tu ne hai dieci. Li c’è scritto -Non disturbare-. E’ reale. Te lo giuro”

A Stiles sembrò di sentire una nota disperata nella sua voce.

“ Non riesco a contare…non riesco a leggere…”

Derek gli prese il viso fra le mani, bloccandolo. Si avvicino ancora di più. Ora l’unica cosa che vedeva erano i suoi occhi, ma la mancanza d’aria stava iniziando a diventare pesante davvero. Forse stava avendo anche un attacco d’asma.

“Riesco a leggere io. Non ti mentirei mai su una cosa del genere. E’ reale, questa è la realtà. Non pensare a niente, guarda me. Guarda me , Stiles, e respira, dannazione!”

E’ vero, non gli aveva mai mentito. Nemmeno negli altri sogni Derek gli mentiva. Si fidava di lui. Era lontano, felice, con la sua famiglia, ed era tornato solo per loro. Era bastato chiamarlo una cinquantina di volte ed era tornato indietro, a Beacon Hills. Per lui e per Scott.

Poteva fidarsi di Derek. Se lui diceva che quella realtà andava bene, poteva farsela andare bene anche lui.

Stiles si concentrò sulla voce di Derek che continuava a dirgli di respirare, sulle sue mani che tenevano saldo il suo viso, in modo che non potesse voltarsi. In modo che potesse vedere solo lui.
Poco alla volta, sembrò funzionare. I suoi polmoni riuscivano a prendere aria di nuovo.
Era bello.
 
 
Sfinito, si accasciò leggermente contro Derek. Mentre il lupo lo aiutava ad alzarsi, gli sembrò quasi di sentire l’ombra di un abbraccio.

 
 
 
“Cos’è successo?” Stiles si sentiva ancora la gola in fiamme, ma doveva assolutamente sapere cos’era successo.
Riconobbe il posto in cui erano, il piccolo appartamento del residence in cui Derek alloggiava. Un bagno, una camera da letto, un salotto con cucina. Si ricordava perché era li, anche. Era venuto con Scott, che faceva psicoterapia da lupi con Derek, e poi era rimasto ad aiutarlo con alcuni libroni che il ragazzo aveva recuperato in un garage di famiglia, da qualche parte in California.

Quello che non gli era esattamente chiaro era come era finito con il sedere a terra ad urlare e ansimare in preda ad un attacco di panico.

“Hai urlato e sei caduto. Poi  hai iniziato ad avere le convulsioni, o qualcosa di simile. Non lo so. Ti ho ficcato un calzino in bocca.” Derek aveva un innato dono della sintesi.

“ Un…un calzino?! E’ disgustoso!” Stiles si sentì oltraggiato.

“Un calzino pulito!” Derek sospirò “Stiles, questa cosa sta peggiorando”

“Non dormo da giorni, Derek. Il massimo che riesco a concedermi è un paio di ore a notte. Ormai dormo ovunque. Non è così strano che mi sia addormentato mentre consultavo uno di quei noiosissimi libri.” Il ragazzo ridacchiò appena.

Derek si grattò la testa, come faceva sempre quando doveva iniziare una conversazione molto sgradevole. Ormai Stiles riconosceva i segni del suo nervosismo, quando li vedeva.

“C’è qualcosa che non mi stai dicendo.” Era un’affermazione “Non sono un licantropo, ma posso capire anche io quando menti, Derek Hale. Cosa mi nascondi?”

Derek lo afferrò per un braccio senza troppe cerimonie e lo guido nella camera da letto, dove c’era la scrivania. Stiles rimase a bocca aperta, sconvolto.

“Non dormivi affatto, Stiles”

“Sono stato io?” mormorò.

Derek guardò il muro.
“Si”
 

Su tutta la lunghezza della parete, in ogni angolo raggiungibile, una sola parola si ripeteva ovunque, scritta con tutti gli strumenti che Stiles aveva avuto a disposizione.



LUPA







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*: nella mia testa, Derek e Peter hanno litigato subito dopo il rituale per comunicare con Talia e il dito di Peter, non ancora ben saldo, è saltato via ed è andato perso. Che peccato. Preferisco Peter con nove dita :)




Ciao, sono sempre io, The Cat Under The Sofa. Il che è piuttosto ovvio, siccome questo è il mio account.
Ho deciso di cimentarmi nella mia prima long, che spero non sarà così long, ed è un impegno tutto
nuovo per me. Se la storia vi è piaciuta, ringraziate Andy2412, al secolo Andrea, che mi ha convinto a pubblicarla. Se la storia non vi è piaciuta, lamentatevi con Andy2412, io lo avevo detto che sembrava pallosa.

Se volete lasciare il vostro parere, è superbenaccetto. Amo le recensioni, mi fanno davvero sentire come se il tempo che ho buttato a scrivere piuttosto che a studiare per i miei imminentissimi esami fosse valso a qualcosa.

Happy Teen Wolf a tutti!

-The Cat
  
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