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Autore: rainicornsan    26/01/2014    2 recensioni
Prequel di 'Lollipop!'.
Questa storia fa parte della serie 'When Michael met Mark'.
Dal testo:
Comunque, Michael odiava stare in casa da solo, così si constrinse a 'muovere il culo', come lo rimproverava allegramente Anna, e ad uscire.
Passeggiò a lungo, stringendosi in un leggero cappotto contro la brezzolina già gelidamente sferzante di settembre e beandosi della vista delle foglie secche a terra, del loro scricchiolio familiare al suo passaggio.
Gli piaceva l'autunno. Era qualcosa di vecchio e saggio.
(...)
E subito notò un ragazzo che sfrecciava con le dita sui tasti di un pc, interrompendosi a tratti per bere un sorso dalla tazza che reggeva con una mano.
Era appollaiato sulla sedia di due tavoli alla sua destra.
Michael quasi spalancò la bocca.
Era semplicemente meraviglioso.
(...)
Anna gli diede una pacca amichevole sulla spalla.
"Ti porto a casa ora e mi faccio anche dare una mano.
Sai com'è, prima che diventi peggio. Non vorrei spaccarmi le ossa sotto la tua fanciullescamente gracile corporatura.".
"Non voglio te. Voglio lui." piagnucolò Michael.
_____________________________________________________________
Non c'è niente di più devastante di un ragazzo testardo curioso e un po' innamorato.
|preferita da 3|seguita da 8|
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: AU, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'When Michael met Mark'
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Eccomi qua con una nuova ff... E' il prequel di 'Lollipop!', un'altra mia storia.
Spero vi piaccia ❤ 

Michael si alzò particolarmente assonnato quella mattina.
La sera prima aveva fatto un turno esasperatamente lungo al bar.
Lavorava appena sotto casa sua, per comodità.
Aveva solamente ventidue anni, ma in quel momento si sentiva come se ne avesse cinquanta.
Aveva solo voglia di dormire. 
Grazie al cielo era domenica.
Ma purtroppo lui era così testone e mattiniero da non riuscire a non svegliarsi prima delle otto, persino con una sbronza colossale alle spalle.
Tutta colpa sua!
Colpa della sua pazza nuova amica che lavorava nel negozio di strani souvenir a meno di un isolato dal suo posto di lavoro, Anna Berry.
Accidenti, non poteva portare una Jack Daniel's a casa sua e sfidarlo a 'Menti o bevi'.
Era un pessimo ma divertentissimo gioco inventato proprio da lei, e lui ci cascava tutte le volte.
Anche se Anna era decisamente meno ubriaca -non esisteva una persona meno resistente all'alcol di Michael al mondo!-, lui si era assicurato che avesse preso un taxi.
Andò in bagno e si spruzzò delicatamente dell'acqua fredda sulle guance, rabbrividendo a quella gelida carezza.
Tutto gli tornò dolorosamente alla memoria, come se qualcuno dai piani alti avesse deciso improvvisamente di scaricargli un macigno sulla testa.
Aveva sicuramente avuto le guance rosa, i ricci tutti spettinati e la risata facile, ci scommetteva.
Succedeva sempre così anche quando beveva solo un piccolo, minuscolo, innocentissimo bicchierino.
Comunque, Michael odiava stare in casa da solo, così si constrinse a 'muovere il culo', come lo rimproverava allegramente Anna, e ad uscire.
Passeggiò a lungo, stringendosi in un leggero cappotto contro la brezzolina già gelidamente sferzante di settembre e beandosi della vista delle foglie secche a terra, del loro scricchiolio familiare al suo passaggio.
Gli piaceva l'autunno. Era qualcosa di vecchio e saggio.
Una sorta di confortevole pausa dopo il movimento bollente dell'estate e una piccola tiepida anticipazione del gelido inverno.
L'autunno era come una coppia innamorata di anziani, che dopo anni di vita insieme è unita come il primo. Come i suoi nonni.
Pensando, non si era accorto di essere arrivato davanti ad un locale minuscolo.
Era una cosa meravigliosa, constatò affacciandosi.
Una piccola ringhiera con una scia di caprifogli avvinghiati intorno alle sbarre metalliche portavano ad una sorta di semiterrato.
La porta era aperta.
Michael scese i tre scalini, entrando dopo un attimo di esitazione.
Sospirò. Si era aspettato un rifugio di satanisti o cose simili, invece ecco delle pareti color crema, dei piccoli tavoli rotondi color biscotto, chiari e lucidi, ed un bancone di un rassicurante e rustico legno ruvido. 
Ogni cosa sembrava gridare 'marrone', ma in fondo l'effetto non era per nulla spiacevole.
Si sentì a casa, e di getto ordinò dall'uomo al bancone una cioccolata calda.
Il barista, un uomo sulla quarantina dall'aria bonaria, alzò un sopracciglio cespuglioso, sorpreso, ma obbedì.
Michael andò a cercare un posto per sedersi.
Ne trovò uno sotto una delle lampade che emanavano una soffusa luce, ad un angolo.
Si sedette e si guardò intorno, aspettando. 
E subito notò un ragazzo che sfrecciava con le dita sui tasti di un pc, interrompendosi a tratti per bere un sorso dalla tazza che reggeva con una mano.
Era appollaiato sulla sedia di due tavoli alla sua destra.
Michael quasi spalancò la bocca.
Era semplicemente meraviglioso. Sembrava venire da un altro pianeta.
Aveva i capelli lisci e corti, di un morbido color ramato e vagamente arruffati.
La pelle era lattea, tipica degli uomini con quel colore di capelli, e gli occhi erano dolci.
Michael non avrebbe potuto descriverli in un altro modo. 
Color nocciola e grandi. Leggermente più ambrati intorno alla pupilla.
Lo squadrò da più lontano, scoprendo che non era altissimo, ma neanche basso.
Abbastanza magro, con una lievissima traccia di addominali che sbucava da sotto il maglione aderente.
Arrossì appena quando si accorse di averlo praticamente scannerizzato, e di non aver minimamente degnato di attenzione una graziosa cameriera con il suo ordine, proprio davanti a lui.
La prese, ringraziando la donnina tenendo gli occhi bassi, e ne bevve un sorso lentamente, fissando un punto impreciso di un armadio sulla parete opposta che sembrava quello di Narnia.
Dio, quel bar era così dolcemente diverso da quello praticamente fatto tutto di plastica, freddo e unto che era quello dove lavorava.
Sperava che pensando non avrebbe più fissato quel ragazzo, ma lo sguardo non ne voleva sapere di rimanere puntato altrove; continuava a cadergli l'occhio su di lui.
Dopo un minuto di tormento interiore tornò a concentrarsi sul suo viso, ormai decidendo di fregarsene e dando libero sfogo alla sua curiosità o interesse che fosse.
Lasciò stare la cioccolata, appoggiandola sul tavolo.
Aveva delle labbra sottili, abbastanza rosee e lisce.
Le proprie, invece, erano perennemente screpolate.
Immaginò di percorrere con le dita la linea del loro contorno. E nient'altro, davvero.
Michael sapeva che quello era una dei suoi soliti temporary-falling-in-love-with-strangers.
Michael era bisessuale, certo. 
Anna l'aveva incontrata proprio dopo essersene temporaneamente 'innamorato'. 
Non gliel'aveva mai raccontato, certo, anche se lei sapeva di questa sua particolare qualità da colpo di fulmine facile.
La immaginava già ridere in quel suo modo speciale, con le mani sulla bocca oscenamente aperta e la testa all'indietro, i lunghi capelli rossi arruffati, come da manuale.
Michael aveva un debole per i rossi. Di tutti i tipi.
Per quel ragazzo, se avesse avuto una possibilità, sarebbe passato da 'etero insicuro/bisessuale' a 'gay' bruciando tutte le tappe.
Distolse seccamente lo sguardo quando si accorse che l'altro cominciava ad agitarsi sulla sedia, inquieto.
Doveva essere una di quelle persone che si sentono osservate quando, effettivamente, lo sono.
Lo vide spegnere il computer, riporlo in una custodia e poi dentro ad uno zaino Eastpack di uno ormai slavato color arancione, e avvicinarsi al bancone.
Porse una banconota al barista che gli aveva appena allungato lo scontrino.
L'uomo lo salutò: "Ciao, Mark! Alla prossima settimana!".
Mark. Dunque era questo il suo nome. Michael decise che non gli piaceva. Era strano, troppo americano, inglese, tedesco, subsahariano o quello che era.
Faceva uno strano effetto su di lui. Si sarebbe immaginato un nome più dolce come Jamie, Gabriel o qualunque altro più infantile.
Mark. Sembrava un pugno in un occhio.
Dopo che quel fulmine di frasi gli ebbe attraversato il cervello, la mente ora contorta e accaldata di Michael capì solo una cosa.
Prossima settimana. Lui veniva in quel posto ogni domenica?
"Certo. Ciao Bobby." salutò gentilmente ma conciso il ragazzo prima di uscire, con la tipica espressione di chi va di fretta.
Aveva una voce molto bassa, ma non propriamente virile.
Più sul dolce. Più sul prototipo sexy-puppy, se esisteva, riflettè la sua testa facendogli una linguaccia.
"Cazzo," pensò ancora, "questa voce dovrebbe essere vietata ai minori di cinquant'anni.". E lui l'avrebbe ascoltata mille volte.
Scosse la testa velocemente, cercando disperatamente di smetterla.
Doveva smetterla di fare cosa?
Ah, sì, forse devi smetterla di fare la bavosa quindicenne in preda agli ormoni, lo sbeffeggiò ancora la sua piccola, rompiscatole coscienza.
Però, pochi minuti dopo, prima di uscire, Michael non si impedì assolutamente di sbirciare il nome del bar e appuntarlo nella sua memoria.
'Heat of the moments'. Che nome poetico e sdolcinato.
Magari la domenica dopo ci avrebbe fatto un salto. Giusto perchè facevano una cioccolata calda favolosa.
Solo per quello.
   
 
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