Libri > Black Friars
Segui la storia  |       
Autore: Hymn    27/01/2014    5 recensioni
Julian Lord x Damian Assange.
DAL TESTO:
“Damian Assange. Mi devi un favore, Julian Lord. Ed io...”
Gli fu di nuovo alle spalle, rapido come il vento, il braccio destro serrato attorno alla sua vita, la mano sinistra a reclinargli con ferrea delicatezza la testa all'indietro. Poggiò di nuovo le labbra sul suo collo, strusciandole fin sopra la sua mascella, ridendo roco e gustandosi il suo brivido, una sensazione che gli cresceva nel petto, ben oltre l'attrazione fisica.
Era affascinato da Julian.
“Io riscuoto sempre dai miei debitori.”
(Reinserita dopo rilettura - se trovate comunque errori, mi piacerebbe esserne avvisato)
Genere: Angst, Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Damian Assange, Julian Lord, Un po' tutti
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Rinascita

    «Stiamo facendo il possibile» fu la risposta pragmatica di Eloise e di Megan, venuta a dare supporto all'amica. Non avevano mai previsto di ritrovarsi in una situazione del genere. Non con uno dei ragazzi più esuberanti dell'intera Capitale.
    «Nessun mi-» chiese di nuovo Sophia, ma venne bloccata da Jordan, che le poggiò stancamente la mano destra sulla bocca. Megan scosse il capo, spazientita. Non era uno dei compiti che preferiva comunicare la situazione di un malato ai familiari ed agli amici più prossimi.
    «È stabile, principessa. Ma non sappiamo per quanto. Giorni, forse. Ore, magari» fu la risposta diretta della dottoressa. Eloise la guardò con sguardo carico di astio ed irritazione, che la più anziana ignorò con indifferenza. La situazione era quella. Inutile mentire.
    «Sei impazzita, Megan?! Ti sembra questo il modo di-» Eloise sbottò subito dopo che Jordan e Sophia si furono ritirati. Ma ancora una volta Megan non le diede modo di rispondere, che con tutta la delicatezza di cui era dotata la sbatté al muro, noncurante delle sue proteste, e le piantò il famigerato gomito alla gola.
    «Sei un brillante medico, Weiss, ma in questo momento non sei lucida» ringhiò Megan, incrociando lo sguardo infastidito di Eloise... la capiva, ma non poteva darle ragione.
    «Ma Julian Lord sta morendo, lo sai bene quanto me. E sai bene quanto me che stiamo cercando di fare il possibile. E sai bene quanto me che quel possibile non è sufficiente!»
    Eloise ricambiò il suo sguardo, e tutta la stanchezza di quei dieci giorni parve caderle improvvisamente sulle spalle. Sorretta da Megan si sedette su una lettiga, e sospirò, torcendosi le mani.
    «Hai visto quanto l'infezione si è spinta in profondità. Non potrebbe sopravvivere neanche se gli versassimo addosso sangue di vampiro. Abbiamo rimosso tessuto necrotico, e continua ad aumentare. Non possiamo fare altro... non lasciandolo umano» terminò Megan, lasciando quindi Eloise sola. La sentì singhiozzare, e scrollò le spalle. Non farsi coinvolgere. Questo era il suo mantra. Non rendersi partecipe delle sofferenze dei pazienti e dei loro parenti.
    Perché, con Eloise ridotta in quelle condizioni, con il giovane Vandemberg e la piccola Blackmore ridotti all'ombra di se stessi, le era così maledettamente difficile?

    «Ci sta lasciando» ripeté Sophia per quella che, forse, era la trentesima volta in quel giorno. Si era rifugiata, assieme a Jordan, in un piccolo stanzino celato della Misericordia, con compagnia solo qualche scopa e bocce di disinfettanti. Gli altri parenti, vivi e redivivi, affollavano la sala d'attesa dell'ospedale, cercando di capire dove i due eredi al trono si fossero cacciati. Non che i vampiri Blackmore fossero veramente ignari di dove i due ragazzi si fossero nascosti. Ma avevano semplicemente il buon gusto e la delicatezza di lasciarli soli, a consolarsi a vicenda, se mai potevano consolarsi.
    «Lo sta facendo. Senza il nostro permesso, Sophie» affermò Jordan, con voce atonale. Ai primi attimi di rabbia, panico e tremendo dolore si erano sostituiti una maschera di glaciale indifferenza. Doveva mostrarsi forte, per la sua migliore amica, per la sorella del suo migliore amico. Neanche la vicinanza di Jerome lo faceva sentire meglio. Anzi, la vitalità che il soldato gli ricordava, con la sua pelle calda ed il suo cuore pulsante, lo infastidivano.
Lo infastidivano perché il cuore di Julian batteva al limite delle sue capacità, mentre le membra si facevano fin troppo bollenti, divorate dall'interno ed in superficie da un'infezione che neanche le medicine somministrategli da Eloise e Megan avevano debellato. Avevano solamente guadagnato tempo. E non ne era riconoscente. Gli sembrava di avviarsi al patibolo trascinando un carico che ritardava la sua pena capitale.
    «Non credo di poterlo sopportare, Jordan» mugolò Sophia, lasciandosi andare ad un pianto silenzioso contro il petto dell'amico. Odiava mostrarsi debole con lui... con loro. Odiava dare l'idea di debolezza e fragilità, quando invece lei non lo era affatto. Ma in quel momento, con Julian steso su una lettiga, in quarantena, con il corpo devastato da chissà quale malattia, non poteva far altro che piangere. Jordan sospirò, e sistemandosi meglio a sedere contro il duro e freddo pavimento della Misericordia, strinse la ragazza contro di sé, carezzandola distrattamente tra i capelli scuri con la mano sinistra, mentre il braccio destro le circondava la vita.
    Si era sempre immaginato un momento di dolore come quello accompagnato da pioggia battente e gracchiare di cornacchie, come presagio. Invece, fuori dalle mura dell'ospedale, il sole stava per sorgere.
    Cain aveva già ceduto, mentre Adrian ed Ashton riuscivano a sopportare la pressione opprimente del sole grazie alle pesanti tende nere che Eloise aveva ordinato con sguardo furente di far sistemare alle finestre della sala d'attesa.
    Nessuno dormiva decentemente da qualche giorno. Bryce stesso, nonostante tutto, sembrava decisamente meno incline a morire. Anche i gemelli Sinclair, generalmente scherzosi e bonaccioni, non riuscivano in nessun modo a partorire battute di spirito per cercare di risollevare l'atmosfera. Neanche avevano voglia di massacrarsi a vicenda. I pensieri di tutti, o per lo meno quasi tutti, erano rivolti al ragazzo che combatteva tra la vita e la morte una battaglia che, lentamente, lo stava portando ad un'inesorabile sconfitta.
    «Jordan» gracchiò Sophia con voce arrochita dopo quelli che parvero almeno decine di minuti, richiamando l'attenzione di Jordan che, fino a qualche istante prima, fissava il vuoto, cercando senza successo di scacciare i ricordi dei brigantaggi e delle bighellonate combinate con Julian e la loro compagnia di amici.
    «Dimmi, Sophie» mormorò il ragazzo, smettendo di stringerla quando la ragazza si oppose all'abbraccio fraterno dell'amico. Si alzò, preoccupato, quando Sophia balzò in piedi, gli occhi chiari sgranati e cerchiati da vistosissime occhiaie.
    «Damian. Nessuno l'ha avvisato. Solo io e te sapevamo di lui e Julian» disse, rapidamente, la voce agitata e preoccupata. Jordan rimase a fissarla solo per qualche istante, poi spalancò di corsa la porta.
    «Aspettami qua!» le urlò, correndo per i corridoi ed evitando pazienti e medici finché non si ritrovò all'entrata dell'ospedale. Ignorò i richiami di suo fratello Bryce e di Jerome, per poi correre fuori dall'edificio. Fermò disperatamente una carrozza, e chiese implorante un passaggio per il borgo di Valdyer.
    Era una corsa contro il tempo, e la morsa che provava allo stomaco gli stava suggerendo che quel tempo, il tempo di Julian, era terribilmente vicino all'esaurirsi.

    Tump, tump, tump.
    Aleggiava nel suo sonno di morte da poco tempo... forse un paio d'ore. Aveva cacciato, la sera prima, e la sua sete di sangue si era estinta nel collo di un giovane stupratore. Quantomeno, il suo sangue era pulito. Aveva detto ad Edward di non disturbarlo, quella mattina. Voleva riposare, voleva dormire, sognare cosa avrebbe potuto inventare per trovare Julian, che non vedeva da almeno due settimane.
    Tump, tump, tump.
    Poi si sentì chiamare, una voce maschile lo stava strappando con poca grazia dal suo sonno comatoso. Sembrava la voce di Julian... no, la voce parlava di Julian.
    «Maledizione, Damian, apri questa porta! Jules sta m o r e n d o !!!» il vampiro spalancò gli occhi a quelle parole, ed il loro accostarsi non gli piaceva affatto. Julian, morte. No, era un binomio che decisamente non gli andava a genio.
    In meno di un secondo balzò in piedi, correndo a spalancare il pesante portone del rifugio, indietreggiando istintivamente quando una lama di luce si bloccò a pochi centimetri dal suo piede. Era giorno. C'era troppa luce. E lui doveva cercare Julian.
    Mentre la mente lavorava frenetica vice Jordan davanti a sé, gli occhi azzurri incorniciati di aloni nerastri, segno di lunghe notti in bianco, il cuore che batteva all'impazzata e la carnagione generalmente chiara, sembrava tinta di un pallore malsano. Ricambiò il suo sguardo, e gli ci volle meno di qualche istante per rendersi conto della gravità della situazione. Si vestì rapidamente, mentre Jordan parlava senza freni, spiegando al redivivo la condizione critica in cui Julian stava versando da ormai dieci giorni, ecco perché non lo aveva mai trovato al Collegio!, e ascoltò senza davvero troppo interesse le scuse di Jordan per quella dimenticanza.
    Provava rabbia, tremendamente tanta rabbia, che avrebbe potuto ucciderlo anche solo con lo sguardo, ma sapeva che non era colpa sua. Era lui, Damian Assange, l'ultimo arrivato. E dall'alto dei suoi duecentotrentacinque anni sapeva di non poter avere la precedenza sulla cerchia di amici di Julian.
    «Taci, Jordan. Fai accostare il più possibile la carrozza al portone. Adesso» ringhiò contro il ragazzo, che stava imbambolato a fissarlo. Jordan si riscosse, ed annuendo uscì fuori, comunicando al cocchiere ciò che Damian gli aveva ordinato.
    Nel frattempo il vampiro aveva indossato un pensate pastrano nero, che lo copriva per intero dalla punta dei capelli alla punta dei piedi. Sembrava un fantasma, ed avrebbe trovato il paragone simpatico, se la situazione non fosse stata così drammatica.
    Con un respiro ed un ringhio infastidito uscì all'aria aperta, barcollando, ma subito si sentì sorreggere da qualcuno. Non ebbe neanche il tempo di domandarsi chi fosse, che si rese immediatamente conto che le braccia che lo aiutavano a camminare erano quelle di Jordan. Gli avrebbe sorriso, se ne fosse stato capace. Salì svelto sulla carrozza, e ad un cenno del ragazzo il cocchiere fece nuovamente partire i cavalli al galoppo. Dal canto suo Damian comunicò debolmente ai destrieri l'urgenza che provava, incitandoli a correre più rapidamente che potevano. Aggiunse una flebile minaccia di morte, del tutto ignorata dai cavalli. Era basta l'ansia e la preoccupazione che il vampiro aveva impresso in quel guizzo di pensiero per spronarli a correre come non avevano mai fatto prima.

    «Dov'è?» la voce di Damian tremava, bassa e roca, mentre cercava di ignorare la morsa delle braccia di Sophia strette attorno alla vita. Non aveva abbracciato nessuno se non Cain, suo fratello, e Jordan. Appena aveva visto Damian, nonostante lo conoscesse da veramente pochi mesi, gli era saltata addosso, sapendo bene che forse il vampiro era l'unico che, assieme a lei e Jordan, potesse essere così spaventato all'idea di perdere Julian.
    «Dov'è?» ripeté ancora una volta, prima che Jordan allontanasse delicatamente Sophia dal redivivo. «Ultima stanza a destra» fu la risposta, non di Jordan, ma di Eloise, che comparve nella sala d'attesa. Aveva dismesso gli abiti da medico, per restare vicino alla sua famiglia. Era più utile in panni civili, in quel momento. Si sedette sulle gambe di Ashton, che le rivolse un tenue sorriso e le carezzò la guancia.
    «Non è colpa tua, ragazzina umana» le mormorò quindi all'orecchio, ed Eloise, fiera combattente, si limitò a scrollare le spalle. Il loro abbastanza non era sufficiente, ricordò a se stessa.
    Damian si limitò a fissare per qualche istante Eloise, scorrendo rapidamente lo sguardo su tutti i presenti, prima di dirigersi con ampie ed incerte falcate verso la camera di Julian. Avvertiva, adesso, il suo cuore battere debolmente assieme a tutti gli altri.
    Quando Megan lo vide comparire sulla soglia gli si avvicinò minacciosa. Damian la ignorò, cercando con lo sguardo Julian, ed ebbe un tuffo al cuore nel vederlo febbricitante.
    Si voltò lentamente verso la ragazza, e senza curarsi di esser delicato lasciò uscire i canini dai loro loculi, ed emise un debole ringhio minaccioso. La ragazza, se ebbe paura, non lo diede a vedere. Si limitò a sistemarsi di lato per farlo passare, obiettando che voi vampiri non vi ammalate, passa pure, cane rabbioso.
    Damian nuovamente la ignorò, avvicinandosi a Julian e sedendosi sulla sedia accanto al letto. Fece scorrere le dita gelide e pallide sulla fronte del ragazzo, imperlata di sudore e bollente, prima di stringere la sua mano.
    «Julian... piccolo Julian, mi senti?» sussurrò al suo orecchio, la voce instabile, una sfumatura di pura isteria a renderla più tremolante. Per qualche secondo non successe niente, finché le dita di Julian si strinsero leggermente attorno a quelle di Damian. Il vampiro serrò più forte la mano del ragazzo nella propria, e ricambiò lo sguardo del ragazzo, che lo guardava attraverso le palpebre socchiuse.
    «Sei... venuto a trovarmi?» domandò, a fatica. Damian fece per parlare, ma il ragazzo proseguì, delirando.
    «Non puoi... portarmi fuori. È quasi ora di lezione» mormorò flebilmente, e Damian avvertì sulle guance qualcosa di bollente rotolar giù, fino ad impattare sui suoi pantaloni. Lacrime di sangue.
    «Non ti porto da nessuna parte, non preoccuparti» fu la debole risposta del vampiro, che si poggiò con la fronte alla spalla bollente del ragazzo, avvertendo nelle narici l'odore pungente del disinfettante coprire quello nauseabondo della morte e della malattia che stava divorando le membra di Julian.
    «Non c'è nulla da fare, giusto?» domandò a Megan, che era rimasta impassibile sulla soglia della camera, fissando quasi commossa la scena che le si parava davanti. Difficilmente aveva visto un vampiro piangere, e mai per un paziente umano.
    «Non in questa... vita» disse, soppesando le parole. Damian si voltò lentamente verso di lei, e ricambiò lo sguardo azzurro della ragazza, di un azzurro screziato di verde. Si voltò di nuovo verso Julian, carezzando con le dita pallide ed affusolate i suoi lineamenti marcati. Congelarlo nel tempo... sarebbe stata la scelta giusta?
    «Devo parlare con la sua famiglia» disse infine, deciso. Megan annuì debolmente. Probabilmente era l'unica cosa da fare.

    Quando Damian finì di parlare, un discorso breve, conciso, ma diretto, nella sala d'attesa crollò il silenzio.
    Sophia era ben stretta tra le braccia di Gabriel, che la cullava come avrebbe potuto fare con una bambina indifesa. La teneva saldamente ancorata a sé, facendole nascondere il viso nell'incavo accogliente della sua spalla, come sempre facevano dopo le notti più vivaci. Solo che di vivace, quella situazione, non aveva niente. Avvertiva sulla spalla il calore della lacrime della sua amata, e ne condivideva il dolore.
    Si era affezionato a Julian, anche se mai lo aveva ammesso, né a lui, né a Sophia. Si limitava a scrutare entrambi con occhi di gelo quando i due lo prendevano in giro sull'affetto che aveva iniziato a nutrire per il fratello della sua amata. Il risultato di tali scherzi erano numerosi lividi sulle spalle e sugli stinchi del giovane, a seguito di una sessione d'allenamento particolarmente violenta.
    Bryce e Jordan erano rimasti in silenzio, accanto ad Axel, che fissava Damian con occhi fiammeggianti. Il suo protetto stava venendo meno. Avrebbe tollerato di vederlo tornare sottoforma di vampiro? Il più piccolo dei tre Vandemberg aveva trovato conforto, nonostante il viso pietrificato in una maschera di serenità, nello stritolare la mano ed il braccio del fratello maggiore, che guizzava lo sguardo tra il ragazzo e la sua protetta. Soffriva del vederli così addolorati... non era forse meglio avere Julian, ancora una volta, seppur immortale? Si trattava solamente di accettare un nuovo membro redivivo in famiglia... no?
    Dall'altra parte della stanza gli unici a sorridere di tale proposta erano i fratelli Sinclair. Quale persona migliore di un vampiro per avviare risse che avrebbero certamente vinto? Quando provarono a prendere parole ricevettero un'occhiata omicida da parte dell'intera comitiva, ed optarono per rimanere in silenzio, spalla contro spalla, seduti a terra.
    Eloise, dal canto suo, fissava Megan, senza sapere cosa dire. Era, in effetti, l'unica soluzione per salvare Julian. Ma quel salvataggio significava strappare ciò che di umano aveva caratterizzato il ragazzo, in tutti quegli anni. Erano disposti a sacrificarlo?
    Damian si sedette a terra, incrociando le gambe e chiudendo gli occhi, noncurante delle scie rosate che ancora macchiavano la sua pelle. Non aveva asciugato le lacrime. Non se ne preoccupava minimamente. Sentiva, in fondo alla mente, l'urgenza di prendere una decisione. E doveva essere presa il prima possibile.
    «Fallo» fu la sola parola che venne pronunciata. Sophia si era alzata e si era allontanata da Gabriel, ed adesso fronteggiava Damian. Il redivivo tornò in piedi, abbassando la testa solo per incrociare lo sguardo della ragazza. Vide il percorso salato delle lacrime incrostarle gli zigomi, le occhiaie scure a contornarne gli occhi, ed in fondo al suo sguardo vide brillare un piccolo e quasi impercettibile barlume di speranza.
    «Hai la mia benedizione, Damian. Ma, se mio fratello sopravvivesse al processo, ti reputerò responsabile di qualsiasi cosa gli accadrà in futuro. E giuro sul mio sangue e sul trono che mi spetta di diritto, che se mai gli accadesse qualcosa, verrò da te in prima persona per renderti alla morte da cui sei scampato due secoli fa» gli disse, con voce salda e decisa, i pugni stretti.
    Il vampiro sorrise della veemenza che colorava le parole della ragazza, ed annuii. Indietreggiò di un passo, e si piegò su un ginocchio, chinando la testa.
    «Per servirti, mia signora» si limitò a dire, e di nuovo si erse in tutta la sua altezza, per poi chinarsi verso la ragazza e poggiare le labbra sulla sua guancia, mormorandole un tenue ringraziamento che fece sospirare Sophia e ridacchiare Adrian Blackmore, seduto in disparte assieme a Cain, che giaceva addormentato tra le sue braccia, i capelli biondi scarmigliati sul suo petto.
    «Fa' quel che devi, Damian» sussurrò Sophia in risposta, prima di scivolare all'indietro. Prontamente Gabriel le fu alle spalle, per sorreggerla. Alzò lo sguardo sul redivivo, fissandolo con occhi di ghiaccio.
    «Hai promesso, vampiro. La malattia mi sta sottraendo uno dei Cavalieri. Vedi di non sottrarle il fratello» disse, a voce alta, e di nuovo Damian si ritrovò ad annuire. Fece scorrere lo sguardo sui presenti, incrociando poi quello di Jordan, che annuì con un lieve cenno della testa, mentre ancora stringeva il braccio di Bryce, e nell'altra mano quella di Jerome, che si limitò a stringere più forte quella del ragazzo.
    «Vi ringrazio» disse Damian, e facendo dietro-front corse di nuovo nella camera di Julian, dove, per il ragazzo, il tempo stava per battere gli ultimi rintocchi.

    «Sto morendo» fu il sussurro di Julian, quando vide ricomparire Damian e Megan in camera. La ragazza gli si avvicinò rapida, intuendo con uno sguardo che non rimanevano altro che pochi minuti.
    «Morirai per sempre, Julian... morirai per sempre accanto a me, però» fu la risposta di Damian, che strinse la sua mano, con forza, ignorando il mugolio infastidito del ragazzo.
    «Vuoi... trasformarmi?» domandò dopo qualche istante di silenzio lo studente, e Damian annuì.
    «Ho chiesto il permesso a tua sorella. Mi ha minacciato di morte. Dovrò badare a te per l'eternità, piccolo Julian» disse, cercando di risultare un po' ironico, e Julian ridacchiò leggermente, prima di scivolare di nuovo sdraiato, respirando a fatica.
    «Tipico... di mia... sorella» riuscì a mormorare, prima di chiudere gli occhi. Damian lo tirò rapidamente a sé, ignorando le lamentele di Megan sui modi bruschi che stava usando, ma al momento la ragazza non poteva udire il cuore del ragazzo rallentare inesorabilmente. Sulla soglia vide comparire, con la coda dell'occhio, Adrian ed Ashton, ed avvertì dopo qualche istante i passi ed i cuori accelerati di tutte le persone che erano li per il ragazzo che stava stringendo tra le braccia. Chiuse gli occhi e senza pensarci ancora affondò i canini nel collo del ragazzo, serrandolo disperato contro di sé. Ne bevve il sangue, avvertendolo malato ed indebolito, lasciandone a sufficienza per avviare il processo di trasformazione.
    Quando, dopo un minuto, allontanò le labbra macchiate di sangue dal collo di Julian, notò sul suo viso un'espressione di pura tranquillità. Avvertì di nuovo sulle guance lacrime scarlatte rotolare giù dai suoi zigomi e cadere sul collo del giovane, sanando e chiudendo i fori che i suoi canini avevano lasciato, con la speranza di non perdere per sempre Julian e la sua vitalità.
    «Adesso... aspettiamo» furono le parole pragmatiche di Ashton, che strinse a sé Sophia e Jordan, come a volerli proteggere dall'inesorabile.
    «Aspettiamo... e speriamo» furono le ultime parole che Damian pronunciò, tornando a stringere il ragazzo e nascondendo il viso sul suo collo, pregando che Julian trovasse la forza sufficiente per cogliere l'ultimo richiamo che aveva potuto lanciargli, conferendogli l'immortalità che lui stesso aveva tanto agognato due secoli prima.


fine

Note conclusive
Io ancora non ci credo di averla conclusa... mi sento... vuoto.
Uccidere, per modo di dire, il mio piccolo Jules, è stata una sofferenza.
Non so davvero che dire. Fa strano, scrivere la parola fine, seppur ad una fan fiction.
Ringrazio tutti coloro che hanno letto e che mi hanno supportato.
Grazie a Cristina e Luigi, miei fedeli lettori.
Grazie a Damianne e Rafael Assange per le loro recensioni.
Hymn
   
 
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Black Friars / Vai alla pagina dell'autore: Hymn