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Autore: Brika    27/01/2014    3 recensioni
A volte il primo giorno di scuola non è così brutto come sembra. Ed Eric lo ha piacevolmente scoperto.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Ero sempre stato attratto da quella ragazza. Dai suoi occhi, marroni e profondi, ma che il giorno dopo sembravano invece verdi e brillanti. Dal suo sguardo che sembrava leggerti l’anima. Dai suoi capelli lunghi, leggermente mossi e arricciati, ma appena un raggio di sole curioso li attraversava, li trasformava in una massa di capelli rossi, quasi viola. Dalle sue labbra, carnose, sempre nascoste dietro un leggero filo di rossetto di un colore bordeaux scuro. Dalle sue mani, che non riusciva mai a tenere ferme, con quelle unghie che cambiavano colore quasi ogni giorno, ma che non avevano mai visto la luce del sole. Da quel fisico, magro, ma con le curve al punto giusto, da fare invidia a tutta la scuola, persino alle cheerleader più belle. Da quelle gambe, che fasciava sempre, quasi cercando di nasconderle, in una moltitudine di pantaloni dalle fantasie e dalle stampe più strane che ti facevano cambiare idea e sembravano urlare: “Hey! Guardateci! Siamo qui!”. Dai suoi piedi, che indossavano le scarpe più strane, ma anche quelle più semplici, quasi ci fossero dei giorni in cui voleva sentirsi al centro del mondo e altri in cui voleva soltanto scomparire.

Mi ricordo ancora la prima volta che la vidi e quando le parlai:

Era il mio primo giorno nella nuova scuola e, ovviamente ero in ritardo, altrimenti come avrei potuto fare una brutta impressione? Entrai in classe e notai che la professoressa d’inglese aveva già iniziato la lezione. Quando mi vide, mi fece presentare e mi fece sedere all’ultimo banco libero, in fondo alla classe. Ero seduto alle sue spalle e la notai perché, appena la professoressa ricominciò a leggere la poesia, per poi passare ad analizzarla, tirò fuori dal portapenne il cellulare e ricominciò a messaggiare. Quando la professoressa spiegava lei scriveva su un quaderno a spirale, ma non prendeva appunti, lo potevo vedere.

Quando la campanella suonò lei fu una delle prime ad uscire dalla classe, non permettendomi di potermi presentare. Cercai di uscire per seguirla, ma un gruppetto di ragazze si era chiuso intorno a me, senza lasciarmi vie di fuga.

Quando, finalmente, riuscii a scappare dalla folla, andai a cercare il mio armadietto e, trovandolo, ebbi una piacevolissima sorpresa: era di fianco al suo. Cercai di rimanere calmo e mi avvicinai all’armadietto, ripetendomi mentalmente la combinazione che avevo letto poco prima. La inserii e aprii lo sportello. O almeno ci provai, dato che era bloccato. Sperai non se ne fosse accorta e strattonai lo sportello ancora un paio di volte, ma non accennava ad aprirsi neanche di mezzo millimetro. Fu allora che mi accorsi che mi stava osservando con un sorrisetto sulle labbra. Arrossii e le rivolsi a mia volta un piccolo sorrisetto che chiedeva aiuto senza bisogno delle parole.

“Posso aiutarti?” mi chiese sogghignando.

“Te ne sarei eternamente grato” le risposi sorridendo e lei si avvicinò all’armadietto e cominciò a spiegarmi.

“Guarda attentamente. Allora… Alza il lucchetto, poi, la vedi questa conchetta? – mi indicò un piccolo bozzolo alla destra del lucchetto – Ecco, tenendo ben sollevato il lucchetto, gli tiri un colpetto e questo si apre” fece tutto ciò che  mi aveva detto e l’armadietto, magicamente, si aprì sotto i miei occhi.

“Grazie” le dissi, per poi posare i miei libri sul ripiano più alto. Feci per girarmi e parlarle, ma non feci in tempo, che i suoi amici arrivarono e se la portarono via

“Hey, Lindsay! Andiamo in classe?”

“Certo, arrivo!” se ne andò, ma a metà corridoio sembrò ricordarsi della mia esistenza, così si voltò e mi salutò con un cenno della mano. Risposi, incerto, per poi voltarmi, con un sorriso beota, e finire di sistemare i libri nell’armadietto.

Suonò la campanella e mi diressi verso a classe. Le prime ore passarono veloci e tutte uguali: entravo in classe, appello, presentazione, dormita megagalattica fino alla fine della lezione.

All’ultima ora entrai nell’aula di storia ed andai a sedermi, di fianco alla finestra, dalla quale potevo tranquillamente osservare il campo di atletica e quello di football. Era passata circa mezz’ora di lezione quando fui richiamato alla realtà dalla voce del professore:

“Secharia? Secharia! Sarebbe così gentile da continuare la lettura del documento?”

“Certamente professore” con voce tremante. Non avevo minimamente seguito la lezione e non avevo la più pallida idea di quello che stavano leggendo. Stavo per impanicarmi, quando sentii, alle mie spalle, un lieve sussurro:

“Pagina 394, riga 12” annuii leggermente, in segno di ringraziamento e cercai velocemente la pagina che mi era stata suggerita. Avevo letto tre righe, quando il professore mi interruppe

“Grazie Secharia, ha una bellissima voce, la farò leggere più spesso. E grazie a lei signorina Jones, per il suggerimento al suo nuovo compagno” non staccai gli occhi dal libro per la vergogna e intanto, dalle mie spalle, giunse una risposta:

“Non c’è di che professore, per il nuovo arrivato questo ed altro” la classe scoppiò a ridere, ma a un cenno del professore, tutti si zittirono e la lezione continuò nel silenzio più assoluto.

Al suono della campanella uscii a testa bassa dalla classe e mi fermai di fuori, di fianco alla porta, ad aspettare Lindsay.

Quando il gruppetto in ultima fila iniziò ad uscire, uno dei ragazzi si fermò davanti a me e mi disse:

“Amico, sei fortunato!”
“Perché?” gli chiesi curioso

“Beh, sono poche le persone che Lindsay sopporta e, a quanto pare, tu sei una di quelle…”

“G…Grazie?” non sapevo esattamente come reagire, ma mi sentivo bene. A quanto pareva le stavo simpatico ed ero una delle poche persone ad esserlo.

Quando Lindsay uscì dalla classe la chiamai e la presi da parte.

“Che c’è?” mi chiese con quella sua voce dolce e leggermente acuta, facendomi venire i brividi lungo tutta la spina dorsale.

“Io volevo ringraziarti per quello che hai fatto in classe, prima. Non tutti, io compreso, avrebbero suggerito al nuovo arrivato, col rischio di essere beccati dal professore. Cosa che poi è successa”
“L’ho già detto in classe e te lo ripeto: per te questo ed altro” arrossii nuovamente. Da quando in qua una ragazza mi faceva quell’effetto?

“Allora grazie di nuovo” le sorrisi e mi allontanai, ma poi mi bloccai, la chiamai e corsi verso da lei.

“Hey! Lindsay! Aspetta!” si voltò verso di me e mi sorrise, facendomi nuovamente svegliare le farfalle nello stomaco.

“Dimmi tutto”

“Io… Non ci siamo ancora presentati per bene. Io sono Eric”

“Tutto qua?”

“Cosa?”
“Ho detto: tutto qua?”
“Sì, ho capito cos’hai detto, è solo che non capisco perché…”

“Non lo hai capito?”
“Cosa?” mi piaceva fare il finto tonto. Ero davvero curioso di vedere fino a che punto sarebbe arrivata.

“Andiamo bene…”
“Lindsay, potresti spiegarti?” la campanella suonò e tutti cominciarono a dirigersi chi verso il pulmino, chi verso la macchina, chi verso gli spogliatoi per le attività pomeridiane.

“Senti, ora dovrei proprio andare. Se arrivo in ritardo la coach mi uccide. Che ne dici se passi da me, stasera, per le 8? Così, posso spiegarti, per bene, cosa intendevo…” disse, con un piccolo sorrisetto, allontanandosi.

Io sorrisi, soddisfatto, per poi ricordarmi che non avevo la più pallida idea di dove abitasse, così le dissi:

“Io lo farei volentieri, se solo sapessi dove abiti…” lei scoppiò a ridere e si riavvicinò a me

“Facciamo così – disse estraendo uno sharpie viola dalla borsa – qui c’è il mio numero. Arrivi a casa e mi fai un messaggino. Ok?” mi scrisse sul braccio una serie di numeri e se ne andò. Quando fu al fondo del corridoio si voltò a salutarmi e le urlai:

“Ma è un appuntamento questo?”
“Per te questo e altro” fu la sua risposta, prima di sparire dietro alla porta.

 

 

SPAZIO AUTORE

Sono tornata! Dopo mesi e mesi sono tornata con una nuova storia. Ho deciso di lanciarmi con questa nuova band. Quindi, ditemi cosa ne pensate J

   
 
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