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Autore: pazzadite    29/01/2014    0 recensioni
Emma, sedicenne frustrata dalla sua vita noiosa e monotona, innamorata di Daniele, un ragazzo della sua età che nemmeno conosce. Incontra Lorenzo, bellissimo e gentilissimo con lei. Chi sceglierà Emma?
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago
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Ehi!! Questo è il mio nuovo capitolo un pò bollente...no scherzo, leggetelo e lo scoprirete!! Recensite e seguitemi se vi fa piacere! Un bacio
-elena-


14. Lunatica solo un pò.
Non poteva farlo davvero. Non poteva andarsene. Senza di lui non sarei stata niente. Senza di lui non avrei più sorriso davvero.
Ti prego, resta con me, sei l'unico a cui tengo veramente. Ero stata sconfitta per l'ennesima volta. Le sue braccia mi stringevano forti e avrei voluto non mi lasciasse mai per questo, anche io, ero aggrappata a lui. Piangevo e lui con me. Non poteva andarsene non gliel'avrei permesso.
Mi staccai e lo guardai arrabbiata puntandogli un dito contro.
"Non andrai via! Non te lo permetterò"
"Emma, m-mi dispiace..."
"Ma perchè? Io sto così bene con te, e penso che per te sia lo stesso. Da quando abbiamo iniziato a frequentarci non ho potuto più fare a meno di te. Come farò!?"
"Non ce la faccio più qui. Sto diventando triste e ho bisogno di cambiare aria per un pò...poi tornerò e non ti lascerò mai più"
"No! Tu non andrai in America. Non sai nemmeno parlare l'inglese! Ti prego non lasciarmi".
Mi baciò la fronte e con un dito mi asciugò le lacrime.
"Lorenzo, non te ne andare..."
"Sai che nemmeno io vivrei senza di te?"
"A quanto pare si" dissi io facendo la vittima.
"Sarà dura ma così tu finalmente potrai vivere tranquillamente con Daniele e potrai amarlo. Pensi che non l'abbia capito che non sei corsa da lui per me?".
Ero sorpresa da queste parole. Ok, non ci vedevamo da un pò e non gli avevo raccontato tutto ma non poteva arrivare a dirmi questo. Dovevo raccontargli tutto, non potevo permettergli di pensare queste cose.
"Ho bisogno di raccontarti un pò di cose Lore. È da un pò che non ci vedevamo e non ti ho detto tutto oggi appena sono venuta".
Si sedette e iniziai a raccontargli di quanto fosse stato stronzo Daniele con me in quel bagno puzzolente e del fatto che se anche io lo amassi non mi sarei più avvicinata a lui.
"Emma, non sai nemmeno tu cosa vuoi. Però io si, ed è arrivato il momento che anche tu lo sappia".
Prese un bel respiro e mi strinse forte le mani, come se non volesse che scappassi. Ma non sarei mai scappata da lui.
"Io ti amo Emma". Il sangue mi si gelò nelle vene.
"Ti amo ed è proprio per questo che voglio che tu prosegua senza me di mezzo. Tu sei l'unica ragazza che mi ha fatto battere davvero il cuore...dovresti sentirlo adesso".
Misi la mano sopra il suo petto e la sua sopra il mio. Tra le lacrime un sorriso comparve nel volto di entrambi.
"Tu hai mai pensato di amarmi?". Domande difficili, ho mai pensato di amare Lorenzo? No, non ci ho mai pensato perchè io amo un'altra persona.
"No, ma ciò non significa che ti voglio tanto bene. Tu sei la persona più importante che conosca e senza di...".
Non feci a tempo a finire la frase che mi ritrovai due labbra attaccate alle mie. Non era un bacio volgare e possessivo come quelli di Daniele, era un bacio pieno d'amore, d'affetto che nonostante tutto non mi fece provare niente. Mi distanziai da Lorenzo e lo abbracciai. "Lo so che non hai provato niente. Ma prima di andarmene dovevo farlo"
"Ti voglio bene Lorenzo". Rimasimo un pò abbracciati poi disse che avrebbe perso l'aereo così lo accompagnai in aeroporto dove lo salutai definitivamente.
"Promettimi che mi penserai anche dall'America e promettimi che ti innamorerai come hai fatto con me"
"La prima è sicura, la seconda non so"
"Promettimelo o mi metto a urlare per tutto l'aeroporto". Mi guardò dubbioso.
"Conto a tre...uno...due...tre.."
"Va bene! Te lo prometto!". Gli sorrisi e gli pizziccai la pancia.
"Non ingrassare!"
"Che c'entra adesso?"
"Non lo so era per allentare la tensione". Mi abbracciò e mi baciò il collo.
"Ultima chiamata per il volo diretto a New York".
Prese la valigia e mi guardò serio. Fu quello che mi fece diventare gli occhi lucidi. Se ne sta andando davvero.
"Ciao Lorenzo"
"Ciao Emma"
"Non è un addio vero?"
"No. È solo un arrivederci. Fra un anno magari"
"Aspetterò. Ti voglio bene"
"Ti voglio bene anche io Emma".
Lorenzo era andato via e insieme a lui parte del mio cuore. Dopo essere restata all'aeroporto per tre ore a piangere in un angolo andai a casa di Chiara. Avevo bisogno di qualcuno con cui sfogarmi e chi meglio di lei?

Quando arrivai a casa sua, chi mi aprì la porta non fu proprio lei.
"Ciao Emma!"
"Luca...che ci fai qui? Senza maglietta per di più"
"No...allora, ti spiego. Stavamo mangiando la pizza e mi è caduto il formaggio, quindi Chiara l'ha messa in lavatrice".
Mentre Luca parlava da dietro comparve Chiara in mutande.
"Si si Luca..quindi a lei è caduto nei pantaloni?". Si girò dalla ragazza e poi annuì.
"Ho capito, vi ho interrotto. Scusatemi. Chiara ci vediamo più tardi, ciao!"
"Ciao Emma! Scusa". Erano le sei e mezza quindi Silvia era in palestra, così chiamai Anna.
"Ciao Emma!"
"Anna sei a casa?"
"No, veramente sono al parco con...vabbè nessuno!"
"Con chi?"
"Matteo"
"Ok, così evito di andare, vi lascio soli"
"Ci vediamo domani a scuola. Ciao"
"Ciao Emma! Ciao tigre!". Quella voce mi era famigliare.
"Anna passami subito quel deficiente". Senza dire niente me lo passò.
"Allora, che c'è tigre?"
"Senti Daniele proprio oggi non ho bisogno dei tuoi giochetti. Finiscila"
"Nervosetta? Scusami, è che oggi sono particolarmente felice"
"Si, perchè per colpa tua ho perso tutto!"
"Ora ci passo io? Dillo che ti è piaciuto quel bacio. Non sai che fatica per farmelo dare"
"Vaffanculo!".
Attaccai il telefono e mi diressi a casa. Non avevo voglia di vedere nessuno tanto meno mia sorella rompipalle, mia madre rompipalle e mio padre rompipalle. Si, ho una famiglia rompipalle per questo non ne parlo mai. Li voglio bene ma è come se con me non centrassero niente.
Presi la mia chitarra, iniziai a suonare Eccoti di Max Pezzali. Il testo era come se l'avessi scritto io, tanto mi rispecchiava.
Suonai fino a che non entrò mia sorella e mi disse di smetterla.
Presi le cuffie e iniziai ad ascoltare gli Slipknot, band metal. Erano così incazzati, proprio come me che dal nervoso buttai la chitarra giù dal letto e si spezzò. No, tutto ma non la chitarra! E ora con che cosa mi sarei s
fogata? Le mie amiche? Meglio di no, avevano anche loro la propria vita. Emanuele? No, troppo impegnato. Lorenzo? No, era andato via. Ero sola, sempre sola; e l'unica cosa che mi riusciva fare era piangere.
Mi addormentai per terra con le cuffie, abbracciando il manico della chitarra ormai rotta.


"Emma! Svegliati! Sei sempre in ritardo. Fra un pò passa il pullman!".
Mi svegliai di botto sentendo le urla di mia madre e subito andai a farmi una doccia. Uscii di casa due minuti prima che il pullman passasse e dovetti rincorrerlo per 100 metri sinchè non si fermò.
Arrivai a scuola e fui assalita dalle mie amiche che mi chiesero perchè avessi bisogno di parlare.
"Niente ragazze, lasciamo perdere"
"Centra forse Daniele?"
"Anna, non mi nominare quel deficiente"
"Allora che è successo?" chiese Chiara.
"Anche tu, non sapevo che fossi uscita dal cosidetto club della prima volta. Ormai non ci diciamo più niente io e te"
"E cosa ti dovevo dire? Che ho fatto l'amore con Luca? Non penso siano affari tuoi"
"Ti ho sempre detto tutto io!"
"Chiara ha ragione, mica ti deve dire tutto. Due mesi fa è successo, ma saranno anche cazzi loro"
"Silvia, stai zitta! Tu lo sapevi a quanto pare, quindi lasciami in pace. Non vi riconosco più ragazze"
"Siamo noi che non ti capiamo più".
Dopo questo litigio me ne andai in classe e mi sedetti al mio posto. Per fortuna Barbara mi capiva e non mi chiese nulla. Alle prime due ore avevo matematica e come al solito non seguii, mentre alla terza la prof. di italiano mi interrogò su Dante Alighieri ma avendo studiato presi sette.
Tornai al posto e Barbara si congratulò per il voto e poi arrivò la fatidica domanda.
"Che hai Emma? È da un pò che sei strana, triste. Non ti capisco"
"Lorenzo è partito, ho litigato con le mie tre amiche e Daniele continua a fare il coglione. Ma per il resto tutto bene, tu?"
"Non preoccuparti, si aggiusterà tutto, me lo sento! Comunque nemmeno a me va tanto bene. Manuel deve partire per lavoro e vuole avere una relazione a distanza"
"Non sei contenta?"
"No, lo lascio prima che parta. Ognuno per la propria strada".
Che coraggio che ha Barbara, sa sempre trovare una soluzione a tutto a differenza mia. La abbracciai e la ringraziai.
"Vieni giù a fumare una sigaretta con me?"
"No Emma. Sono asmatica, mi da fastidio"
"Va bene, scendo sola, non preoccuparti".
Arrivai in cortile ma non sapevo dove sedermi dato che non mi sarei avvicinata ad Anna e alle altre e tutte le altre panchine erano occupate. Andai sul retro, dove si trovava il campetto ed era vuoto così mi sedetti in un lato del campo.
Accesi la sigaretta e il fumo si diffuse nei miei polmoni; ecco cosa mi faceva davvero rilassare, una Chesterfield rossa era l'unica mia salvezza.
"Ma quindi ce l'hai di vizio a rubarmi i nascondigli?". Mi girai e trovai il ragazzo del Colosseo seduto a un paio di metri rispetto a me.
"Sei tu che hai il vizio di seguirmi". Si mise a ridere e si avvicinò.
"A che pensi?"
"Alla mia vita di merda"
"Cosa può andare male nella vita di una diciasettenne?"
"Tutto. Il mio migliore amico se n'è andato in America, ho rotto la chitarra, ho litigato con le mie amiche e la mia famiglia non mi è d'aiuto. E tu? Anche tu hai questi problemi?"
"Due mesi fa sono morti i miei genitori". Calò il silenzio. Cosa si dice in questi casi? Mi dispiace? Preferivo non dire nulla, non so perchè, forse per il fatto che nemmeno lui disse nulla.
"Grazie"
"Di cosa? Non ho detto nulla"
"Appunto, grazie".
Era un ragazzo strano e un pò mi assomigliava. Misterioso e pieno di problemi, anche se molto più grandi dei miei. Mi alzai e me ne andai ma prima che potessi uscire dal campetto della scuola il ragazzo mi toccò la spalla e mi dovetti fermare.
"Emma...". Mi girai e lo trovai a un palmo dai naso.
Aveva gli occhi castani, ma talmente chiari che sembravano quasi gialli. Mi guardava negli occhi e non potevo fare a meno di staccarmi dal suo sguardo. La sua mano scese dalla mia spalla sino alla mano, che sfiorò dolcemente. La presi e la guardai.
Le vene violacee della sua mano sporgevano e creavano percorsi a fior di pelle. Misi il mio palmo a contatto con il suo e risi perchè la sua era molto più grande. Lui però intrecciò le sue dita con le mie e un brivido mi percorse la schiena.
Non sorrideva, era intento a fissare le nostre mani intrecciate.
Iniziò a camminare mano nella mano con me e quando arrivammo nel cortile gran parte delle ragazze iniziarono a guardarmi con uno sguardo minaccioso.
Mi attaccai di più a Coso, (ormai era questo il suo nome) mi ispirava fiducia e sicurezza. Mi accompagnò sino alla porta della classe e, a malincuore dovetti abbandonare la sua presa.
"Comunque mi chiamo..." prima che lo pronunciasse lo baciai. Un bacio delicato, solo per farlo stare zitto. Diventai immediatamente tutta rossa, dopo che mi accorsi di quello che avevo appena fatto. Anche lui si colorò un pò nelle guance. Eppure sembrava uno di quelli con il cuore di pietra.
"Non lo voglio sapere il tuo nome"
"Come vuoi" disse ridendo.
"Ciao Emma"
"Ciao Coso". Si incamminò e io mi girai per aprire la porta ma prima che potessi abbassare la maniglia mi tirò per un braccio e mi ribaciò frettolosamente e poi se ne andò.
Strano è dire poco! Entrai in classe con un bel sorriso e iniziai a saltare.
"Certo che sei lunatica!"
"Sono felice, tutto qui"
"Dieci minuti fa sembravi un'anima in pena"
"Ho incontrato un ragazzo che ha reso questa giornata migliore"
"Dai, racconta!". Raccontai tutto a Barbara che storse un pò il naso.
"Come si chiama?"
"Non lo so"
"Emma! Lo baci e non sai nemmeno il suo nome"
"Non serve un nome per conoscere una persona...è così bello" dissi con aria sognante.
"E Daniele? Lo hai già rimosso".
Daniele. Quel nome rimbombò nella mia testa e solo allora mi ricordai della sua esistenza. Il mio pensiero fisso con Coso se n'era andato, non mi era mai successo con nessuno. Daniele dominava la mia mente oltre che il mio cuore.
"Sai che per un momento, si, lo avevo rimosso. Ed è tutto merito di Coso".
Barbara mi sorrise e riprese a seguire la lezione di matematica.
Avrei voluto condividere quei pochi attimi di...di...non saprei nemmeno come definirli con Anna e le altre ma a quanto pare anche loro facevano parte di quella schiera di ragazze che mi avevano guardato male quando ero passata con il tipo.
La professoressa di matematica continuava a spiegare equazioni e disequazioni che non capivo ma cercai comunque di prendere appunti.


Quando finalmente le lezioni finirono conservai tutto salutai Barbara e uscii dalla classe.
Appena uscii dal portone della scuola sentii qualcuno che mi prese la mano. Quando mi girai trovai al mio fianco Coso con un sorriso a tremilacentocinquantadue denti che mi guardava.
Mi aveva sicuramente rallegrato la giornata ma nemmeno ci conoscevamo e lui si prendeva già troppa confidenza. Non stavamo insieme e tanto meno eravamo amici. Dopo le ultime esperienze con Daniele e Lorenzo avrei preferito stare alla larga dai ragazzi. Eppure non riuscivo a staccare la mia mano della sua.
"Ciao anche a te!" dissi io.
"Buongiorno!". Girò dalla parte opposta a quella dove io sarei dovuta andare senza lasciarmi la mano.
"Ehi!? Io dovrei andare dall'altra parte"
"No, oggi vieni con me"
"E chi te lo dice?".
Si fermò e mi si piazzò davanti dandomi un bacio sulle labbra. Rimasi immobile a fissarlo con la bocca mezzo aperta.
"Lo dico io e lo dice anche la tua faccia". Detto ciò mi riprese la mano e continuò a camminare.
"Sei sicura che non vuoi sapere il mio nome?"
"Voglio scoprirlo"
"Su, prova!"
"Non so perchè ma mi sai di Gabriele". Scoppiò a ridere e non riusciva a smetterla.
"Chè ridi? Sei tu che mi hai detto di indovinare"
"Infatti l'hai fatto. Piacere, Gabriele Ricci"
"Piacere, Emma de Santis. Senti, ma ti posso chiedere una cosa?"
"Tutto ciò che vuoi"
"Quanti anni hai?"
"Diciotto, il ventotto febbraio ne faccio diciannove. Tu?"
"Io ne ho diciasette e il trentuno gennaio ne compio diciotto".
Rise e mi strinse forte la mano. Io mi avvicinai più a lui e continuai sussurrare il suo nome come assuefatta.
"Dove andiamo?" chiesi dopo dieci minuti passati a camminare.
"Non ho una meta, voglio solo passare un pò di tempo con te però ho fame quindi prima andiamo a mangiare".


DANIELE'S POV
"Ciao Vanessa, ci vediamo"
"Non mi chiamo Vanessa!"
"Scusami Marta!"
"Ciao tesoro e quando vuoi chiama".
Uscii da casa di quella sfinito. Non si stancava mai. Guardai l'orario: 15:00.
Cazzo, alle quattro c'è l'allenamento e devo ancora andare a casa a prendere l'attrezzatura!
Presi il telefono per mandare un messaggio a Matteo e dirgli di venire a prendermi con il motorino.
Appena girai l'angolo mi scontrai.
"Scusa" dissi e ripresi a camminare senza badare a chi fosse.
Poi ebbi come un flash. Mi girai e rimasi a bocca aperta: Emma camminava mano nella mano con un ragazzo che sicuramente non ero io. Il mio cuore accellerò e senza pensarci la raggiunsi.
La costrinsi a fermarsi e guardarmi; non era contenta di vedermi, si capiva.
"Che vuoi?" si mise in mezzo quell'altro che stava con lei.
"Che vuoi tu! Emma viene con me". Presi il suo braccio e la tirai.
"Chi saresti tu?"
"Emma è mia, stai alla larga da lei!"
"LASCIAMI DANIELE!". Se non fosse venuta con me con le buone, l'avrebbe fatto con le cattive: la presi per le cosce e la caricai sulla spalla. Il tipo non mi seguì e lei continuava a darmi pugni nella schiena.
"Fammi scendere!"
"No!"
"Ti denuncio Mariani! Giuro, lo faccio!"
"Fai pure, tu ora vieni con me!".
Alla fine si arrese e smise di picchiarmi.
Arrivammo a casa e dopo che aprii il portone d'ingresso la portai dentro l'ascensore e la feci scendere dalla mia spalla.
"Cosa vuoi Daniele? Dimmelo! Cosa vuoi?". Questa ragazza mi faceva venire il nervoso.
L'ascensore salì sino all'ultimo piano dove lo fermai. Non poteva scappare ora.
"Ora mi ascolti Emma"
"Muoviti e fammi uscire di qui!". Le tappai la bocca per evitare che urlasse e la imprigionai alla parete dell'ascensore con le braccia.
"Chi era quello?"
"Non penso ti interessi"
"Perchè gli tenevi la mano?"
"Non sono cazzi tuoi"
"Siete fidanzati?".
Sbuffò e mi spinse via ma prima che potesse schiacciare il bottone per scendere la bloccai nello stesso modo di prima.
"Rispondi, cazzo!"
"Non siamo fidanzati, gli tenevo la mano perchè per un giorno mi ha fatto stare bene e mi ha distratto dal mio pensiero fisso. Indovina un pò? Sei tu questo pensiero fisso! Contento ora?". Sorrisi e mi avvicinai di più.
"Tu sei mia"
"Io non sono di nessuno"
"Non dovrai più vederlo, tu sei solo mia"
"Tu vuoi solo una cosa da me"
"Perchè, tu no?".
I suoi occhi divennero lucidi e, forse per paura, mi staccai. Si sedette per terra con le mani in faccia e io rimasi in piedi con le braccia incrociate a guardarla.
"Se...se s-solo tu non fos-si stato così st-tronzo con me ".
Mi guardò con gli occhi rossi e gonfi, si alzò e mi venne vicino.
"Cosa devo fare con te Daniele? Io sto male, lo capisci?".
Abbassai lo sguardo, cosa gli avrei potuto dire per non ferirla. Il fatto è che io non la amo, la voglio fisicamente, solo per me però, nessuno deve avvicinarsi a lei. È mia.
"Sei mia"
"No Daniele, no. L'hai deciso tu questo, sei tu che mi hai ferito, non mi fido più di te".
Mi arrabbiai e la spinsi dall'altra parte facendola sbattere abbastanza forte.
"HO DETTO CHE SEI MIA!". Uno schiaffo arrivò nella mia faccia rumoroso.
"Sei geloso, sei violento, mi fai schifo!"
"Invece no, tu mi ami"
"Si, ti amo anche quando fai il bastardo e per questo mi odio con tutto il cuore. Ma allo stesso tempo odio te"
"Baciami"
"No"
"Baciami"
"No". Si mordeva il labbro, stava per cedere.
"Smetti di morderti il labbro e baciami"
"Lasciami andare" disse piangendo.
Gli asciugai le lacrime e mi staccai da lei che aprì la porta dell'ascensore e scese le scale.
Ero frustrato, dovevo chiarirmi le idee; stavo facendo troppe cazzate con questa ragazza, la stavo facendo soffrire troppo, non se lo merita.
Schiacciai il pulsante per scendere al piano di casa mia e vidi Emma che risaliva le scale.
Cercai di chiamarla ma non mi sentì e continuò a salire le scale. Come l'ascensore si fermò scesi e salii le scale per raggiungerla a due a due.
Arrivai all'ultimo piano sfinito sperando di trovarla li, ma aveva appena preso l'ascensore per scendere.
Ci guardammo dal vetro e mi sorrise.
Riscesi sino al quarto piano e l'ascensore era arrivato. Guardai dentro l'ascensore ma non c'era.
"Emma?!"
"Sono qui!".
Agitò le mani dal terzo piano e iniziai a correre per le scale in contemporanea con lei. Quando mi raggiunse mi saltò sopra.
La presi in tempo prima di cadere.
"Sei una malattia, Daniele"
"Sei la mia droga, Emma". Entrammo a casa e come chiusi il portone iniziammi a baciarci con foga.
"Sei lunatica, lo sai?"
"Sei un coglione, lo sai?"
"Baciami"
"Stronzo"
"Sei mia".
Per sempre,
solo mia.
  
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