Domani
{ sempre }
La vita nel Domani
è luminosa, lussureggiante, risuona di scoppi di grida mai impaurite
– mai avere paura. Forse la Fine arriverà,
un giorno, ma non Domani.
Gli scoppi di grida sono
risate, e scoperte, e grandi avventure: l’acqua che cade dal cielo
è nemica del sole e del fuoco, ma è buona lo stesso, e buono
è il vento che soffia lento o veloce, buone sono le piante e la terra e
le pietre che non stanno più lì a rabbuiare caverne, ma
semplicemente giacciono, con loro, altre parti silenziose di un disegno grande
e complesso che non può, non deve restare nell’ombra.
C’è tanta
luce e c’è tanto rumore e ci sono odori e contatti e sapori nuovi;
anche le bestie sono diverse, qui sanno che mangiare o essere mangiati non
è più la cosa più importante – mai avere paura – perché Domani è, prima che della
vita, la terra dell’abbraccio. È davvero una bella parola, abbraccio.
Forse la Fine
arriverà, un giorno, e magari tornerà la notte e stavolta
sarà più lunga ancora, ma non qui, non nel Domani, non per loro
che vivono e che non potevano vivere che insieme.
Il
ragazzino ascolta le vecchie storie con la bocca schiusa di rispetto e gli
occhi spalancati di meraviglia.
Sono
racconti fatti di immagini più che di suoni, di tinte vivaci sulle
pietre fresche di neve, eppure il ragazzino riesce a percepire tutto: vede,
sente e respira con certezza la giovane donna dalla chioma rossa che lotta per
uscire nella luce, tr0va il padre del piccolo sole, fa il lungo salto e spunta
nel Domani.
Il
ragazzino sa che lui, oggi, non sarebbe qui, se a quei tempi lontani non ci
fosse stato il Domani. Il ragazzino capisce perfettamente che è per
questo che la storia viene ancora raccontata – è importante, per
loro che vivono nel ventre gelido di una Fine nuova, ricordare che ogni Fine si
porta dietro la possibilità di un Domani, bello e libero come quello
della giovane donna dalla chioma rossa.
Il
ragazzino ascolta le vecchie storie con partecipazione, ma spesso accade che si
alzi in piedi, raggiunga la parete di pietra e dia al racconto il suo piccolo e
speciale contributo: la giovane donna è come un sogno nel suo cuore, ma
non potrebbe mai fargli sbiadire il ricordo del mammut, del bradipo e della
tigre dalla mente.
I
suoi disegni portano ai volti di tutti gli uomini quella cosa che hanno deciso
di chiamare sorriso.
Domani – dopo una
qualche fine – qualcuno – un esploratore, uno studioso, un bambino
– trova delle pitture rupestri.
Vi legge una storia
qualunque, che comincia con l’età della pietra, un gigante che
abbraccia tutto il suo mondo, fino alle glaciazioni, un bimbo abbracciato alla
proboscide di un mammut.
Forse si chiede come
andrà a finire.
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Spazio
dell’autrice
Guardare I Croods e L’era glaciale a poca distanza di
tempo l’uno dall’altro non è salutare, ve lo dico io. I risultati
sono gli headcanon più strani di sempre.
Ebbene, questo è
quanto: è palese che tra i due film ci siano delle incongruenze che
sfiorano il ridicolo, dovute perlopiù al fatto che la Dreamworks, per
quanto adulta, assume una narrazione di tipo più favolistico e rende i
cavernicoli già pensanti e parlanti e persino alle prese con il fuoco –
che molto tempo dopo inventerà Sid il bradipo,
duh! – ma ciò non toglie che,
esattamente come i Croods ce l’hanno fatta,
anche il piccolo cucciolo d’uomo che vive sulla sua pelle le grandi glaciazioni
è un sopravvissuto. Così ho pensato che “trovare il Domani”
non fosse una novità, nella sua stirpe. Ecco tutto.
Non sono sicura di avere
altro da dire. Il fatto è che la scena in cui Grug
disegna la sua famiglia nella caverna mentre arriva la Fine è, in
assoluto, la scena Dreamworks che mi ha fatto più piangere. E anche
quella in cui Manny ricorda la sua famiglia sfiora il
poetico. Non so, forse l’accostamento non è così sbagliato
come penso.
Grazie a tutti voi di esser
passati di qui.
Aya ~