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Autore: delilahs    29/01/2014    4 recensioni
Prese Annabeth tra le braccia, il suo corpo ormai freddo e rattrappito. Sembrava quasi addormentata, se non fosse stato per gli occhi che lo guardavano, spalancati. No, non lo guardavano, Quegli occhi non potevano più guardare, lui, il cielo, il sole o le stelle. Li chiuse, non ne sopportava la vista grigio piombo.
Percabeth, angst.
Genere: Angst, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Annabeth Chase, Atena, Percy Jackson
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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She will stand in the stars.


 
L'albero a cui tendevi 
La pargoletta mano, 
Il verde melograno 
Da' bei vermigli fior.

Nel muto orto solingo
Rinverdì tutto or ora,
E giugno lo ristora
 
Di luce e di calor.

Tu fior de la mia pianta
Percossa e inaridita,
Tu de l'inutil vita
Estremo unico fior, 

Sei ne la terra fredda,
Sei ne la terra negra; 
Né il sol piú ti rallegra 
Né ti risveglia amor.


-Pianto Antico, Carducci









Percy era seduto sul suo letto, gli occhi arrossati e gonfi dal pianto. Qualcuno bussò alla porta, riscuotendolo.


“Vieni a farti un bagno, Testa d’Alghe?” gli occhi di Annabeth scintillavano e il sole si rifletteva sui suoi capelli dorati. Percy annuì frenetico e la baciò, mentre insieme si incamminavano verso il lago.


Il ragazzo aprì la porta, ritrovandosi Clarisse davanti. Aveva gli occhi lucidi e dispiaciuti.
“E’ ora.” sussurrò, accennando con un gesto al padiglione dietro di lei. Si incamminò, dopo aver dato una pacca sulla spalla del figlio di Poseidone.
Percy si incamminò a passo lento, trattenendo la voglia di urlare. Attorno a lui, i ragazzi lo seguivano mesti.


“Buon diciassettesimo compleanno, amore.” La ragazza sorrise, mentre Percy le infilava un anellino al dito. Alzò la mano, un sorriso smagliante sul volto, mentre il ragazzo la prendeva in braccio. La fece girare in tondo, mentre lei lo abbracciava intorno al collo, e il sole si tuffava nel lago rosso.


Percy si sedette accanto al tavolo, rifiutando di guardare dal lato opposto del fuoco da campo. Per una volta, i ragazzi del Campo si sedettero tutti al suo tavolo, trasbordando dalle panche e dalla superficie. Tutti lo fissavano con occhi preoccupati, e un paio di occhi grigio tempesta lo osservavano lacrimosi. Travis Stoll gli diede una pacca sulla spalla, mentre accanto a lui Tyson singhiozzava affranto in un fazzoletto grande quanto una tovaglia. Il suo occhio marrone chiaro era più scuro, come se qualcosa ci fosse entrato dentro.
Chirone arrivò poco dopo, seguito dal signor D.
“Dai Perce.” disse infine Micheal della casa di Atena, che era sbiancato e tremava leggermente. Il ragazzo si alzò e balbettò qualcosa, poi si diresse con passo incerto verso il fuoco. Grover lo seguì, mentre il cielo si oscurava improvvisamente.


“Un impresa! Riesci a crederci?” chiese Annabeth felice, mentre parlava con il suo ragazzo, due mesi dopo il suo compleanno. “Certo. Chi non sceglierebbe te?” annuì Percy, mentre la sua mano scivolava sul fianco della ragazza, orgoglioso. “Ma io vengo con te.” aggiunse, guardingo. “E se io non volessi?” scherzò la ragazza, guardandolo con occhi brillanti. “E’ mai stato un problema per me?” chiese di nuovo Percy, mentre la figlia di Atena rideva e si tuffava sul suo petto, sommergendolo di riccioli biondi.


Il figlio di Poseidone sospirò, cercando di mantenere il controllo. Lei non lo vorrebbe. Abbassò lo sguardo, catturando in un attimo la lucentezza del gufo d’argento ricamato su un drappo funebre.
Singhiozzò: un suono sordo, cavo, e qualche lacrima minacciò di scendergli di nuovo dagli occhi. Proruppe in uno strano verso, mentre gli altri ragazzi lo guardavano impietositi. L’immagine degli occhi severi della sua ragazza gli fece alzare la testa. Si accovacciò, sfiorando con le dita il sudario. Lo strinse forse un po’ troppo forte, mentre la vista gli si appannava.


“Un po’ troppo strana questa piazza, eh?” chiese tesa Annabeth, lanciando occhiate nervose ai quattro angoli della piazzola di muratura. Un albero spelacchiato sorgeva accanto ad un muro solitario. Il vento sapeva di sale e di ruggine, di polvere e di marciume amaro. “Eh già. Proprio strana.” disse soprappensiero il figlio di Poseidone, girandosi per osservare meglio il lato nord. Non si accorse neanche dell’improvvisa folata di vento alle proprie spalle. “PERCY ATTENTO!” urlò la ragazza fuori di sé, spingendolo a terra improvvisamente. Poi rimase ferma, mentre attorno a lei si dissolveva una nuvola di polvere nera e brillante. Polvere di mostro. Percy si inginocchio accanto ad Annabeth, e la prima cosa che notò lo fece sentire male. La ragazza era pallidissima, e dal suo fianco sgorgava copioso sangue rosso e bollente. Sembrava quasi un teschio con la pelle, da quanto sembrava fragile.


Il figlio di Poseidone alzò il telo,e per poco non svenne. Le sue mani erano bagnate di sangue. Scosse la testa.  Sentiva ancora il profumo di limone e di ruggine sulle sue mani. L’odore di morte.


“Percy, i-io n-no..” tossì la ragazza, ansimando per cercare aria. Per un attimo terribile fu avvolta dalle convulsioni, mentre il suo viso si contorceva in una smorfia di dolore. Poi rimase inerme tra le braccia del ragazzo. “ANNABETH!” urlò lui, e lei sembrò svegliarsi. Riaprì gli occhi, ma si vedeva che faceva molta fatica.”Io.. N-noi ce la faremo. Ti salverò. Vieni..” provò ad alzarla, ma la ragazza urlò agonizzante. Intanto dalla ferita stava uscendo del pus verdognolo. Veleno. Annabeth piangeva, e le sue lacrime si mischiarono con il suo sangue. “Non aver paura, Testa d’Alghe.” sussurrò flebile,mentre con la mano sfiorava leggera la guancia del ragazzo. Aveva la forza di una piuma. Il figlio di Poseidone scosse la testa, inorridito. Non lo accettava. Non dopo tutto quello che avevano passato.


Stava guardando il fuoco. Era alto e sgargiante, ma non sembrava felice. Era di una strana sfumatura, come se stesse per spegnersi da un momento all’altro, e tendeva al blu. Il drappo sulle sue mani scottava. Il gufo lo guardava severo.
 

“O-ok. Tutto ok.” continuò Annabeth, anche se le sue labbra stavano diventando viola. Percy vedeva la luce andarsene dai suoi occhi, senza poter fare niente. “N-no..” disse il figlio di Poseidone, mentre le lacrime gli appannavano la vista. Se le asciugò velocemente, mentre la mano di Annabeth cadeva al suo fianco “N-non aver p-paura per m-me. Ti am-…” gorgogliò, usando i suoi ultimi sbuffi di fiato rimasto. Ormai la pozza di sangue aveva raggiunto la larghezza di una pozzanghera. Le sue labbra erano violette. La pelle blu e tirata. “Tu non morirai! NON LO FARAI!” urlò, disperato e terrorizzato, e si accorse di star inveendo contro un cadavere.


Si sentiva le mani fragili. La pelle staccarsi, e gli occhi andare a fuoco. Si chiese dove fosse Annabeth in quel momento. Lo stava guardando? No. No. NO. Lei non c’era più. E non ci sarebbe più stata.
Tese le braccia, nel momento in cui i figli di Atena smisero di parlare.


Prese Annabeth tra le braccia, il suo corpo ormai freddo e rattrappito. Sembrava quasi addormentata, se non fosse stato per gli occhi che lo guardavano, spalancati. No, non lo guardavano, Quegli occhi non potevano più guardare, lui, il cielo, il sole o le stelle. Li chiuse, non ne sopportava la vista grigio piombo. Strinse al petto il corpo della ragazza, mentre lacrime selvagge gli scivolavano sul viso. Era una bambina. Tra le sue braccia sembrava una bambina addormentata, profondamente. La strinse, cadendo in ginocchio. Scoppiò a piangere, accorgendosi per la prima volta di dove si trovava. Il viso sepolto nei riccioli della sua ragazza, scorse appena la dea Atena, gli occhi tinti di dolore.


Le sue mani si aprirono come delle tenaglie, e il velo cadde nel fuoco. Si avvolse nelle fiamme, scoppiettando e crepitando, mentre il muso del gufo d’argento si scioglieva, assumendo una piega grottesca. Spirali di fumo si alzavano voluminose dal falò, e per un attimo il mondo stette a guardare. Percy non si resse più, e cadde. Lacrime di dolore gli sgorgarono sul viso. Lanciò un urlo agonizzante, che si perse nel silenzio dei suoi compagni.


Stringeva come artigli la maglietta di Annabeth, possessivo. La strinse a sé, facendola somigliare ad una bambola di pezza. La sua maglietta era ormai zuppa di sangue. “Andrà all’Elisio, vero?” chiese, rivolgendo lo sguardo alla dea. Aveva gli stessi occhi di sua figlia, quando ancora era viva. Brillanti di intelligenza e saggezza, argento liquido. Atena annuì. Poi alzò una mano, e il corpo della ragazza brillò in aria, avvolgendosi di una luce dorata e luminescente, poi scomparve. “Riposerà nelle stelle. Potrebbe sempre decidere di rinascere.” affermò la dea, imperscrutabile. Percy si chiese come facesse a nascondere le sue emozione, ammesso che ne provasse. Poi alzò lo sguardo verso il cielo. Lì, proprio accanto a Zoe la cacciatrice, Annabeth sorrideva furba. Si librava tra le costellazioni, giocando con le comete, il suo coltello sempre appeso alla cintura. Gli occhi scintillavano come due soli. Sembrava divertirsi un mondo. Atena schioccò le dita, e tutto intorno a Percy scomparve.


Davanti al fuoco, il figlio di Poseidone alzò lo sguardo al cielo. Tra la luna e le stelle, la sua Annabeth stava giocando. Ballava tra le luci, rideva cristallina. Lo guardava, da sopra la sua testa. Lo osservava. Lo aiutava.
“Non ho paura, fino a quando siamo insieme.” mormorò affranto, alzando una mano come per afferrarla. Poi, quando una cometa gli passo attraverso la mano, sfolgorando e brillando, sorrise lacrimoso. Lassù, nelle stelle, Annabeth fece lo stesso.
   
 
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