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Autore: Rory Gilmore    01/02/2014    3 recensioni
E, invece, sono qui a corrodermi il fegato. A morire dalla voglia di venire a dirti che ho adorato la tua performance in Dallas Buyers Club, e poi magari farti una battuta sui tuoi capelli, dicendoti che Efestione deve essere resuscitato perché sei identico a com'eri dieci anni fa.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Salve gente! Lo so, sono abbastanza in ritardo per questa shot sui Golden Globes. Ma ce l'ho in mente da quella notte in cui ho visto la cerimonia e... be', sappiamo tutti di cosa sto parlando, no? Voglio dire, il cameramen era un Farrelleto shipper e io non mi sarei mai perdonata se non avessi scritto qualcosa su quegli istanti tra loro, dopo ben 10 anni di silenzio. ♥ 
Che altro dire? Spero davvero che vi piaccia. Io l'ho scritta col cuore. 
Ah, già, come sempre mi stavo per dimenticare: i personaggi non mi appartengono, non scrivo a scopo di lucro, e questa shot è frutto della mia mente perversa  e innamorata di Colin e Jared. :")

Ovviamente, se vorrete lasciarmi una recensione per farmi sapere cosa ne pensate (accetto tutto, giuro, sia critiche che complimenti!) mi fareste davvero felice!

Ora vi lascio alla lettura, ENJOY!

 



Say Goodnight,

not Goodbye

 

Il cinema è sempre stato la mia malattia e la mia cura. 

Quando discutevo con mia madre, da ragazzino, scappavo da casa e mi chiudevo nel primo cinema aperto che trovavo per la strada. 

Non importava quale film trasmettessero sullo schermo, non importava se gli attori non sapessero recitare, se la trama fosse scadente, o se il regista fosse un povero fallito. Non mi importava di nulla. Volevo solo stare seduto su quelle poltroncine scomode e ingiallite dal tempo, dimenticare di essere me stesso per qualche ora e immaginare di vivere in una pellicola, dove, alla fine, avrei potuto trovare il mio lieto fine.

Non che odiassi la mia vita, sia chiaro. Mia madre, nonostante i nostri mezzi fossero oltremodo limitati, non faceva mancare nulla né a me né a mio fratello Shannon. Ma non era affatto facile per una giovane donna come lei crescere due figli senza avere un uomo accanto. E la mancanza di quella figura paterna, in casa nostra, a volte faceva male come mille stilettate al petto.

E' per questo che, quando parlo del mio passato, dico sempre che io e Shannon non abbiamo mai avuto un padre. Perché un padre è una persona che cresce con te, ti chiama “campione”, ti rimprovera se sbagli, ti dà consigli sulle ragazze. Ed io e mio fratello non abbiamo mai avuto nulla di tutto questo. Il nostro, di padre, si è limitato solamente a mettere incinta mia madre. E poi se n'è andato. Senza nemmeno un rimorso. Un rimpianto. Una nota di dispiacere nel pensiero che non ci avrebbe potuti vedere crescere. Di lui ricordo solo un grande ed insensibile vuoto nei suoi occhi grandi, così simili a quelli di Shannon, e così azzurri, così simili ai miei. 

Guardavo mia madre, cercando delle risposte, provando a capire perché proprio noi dovessimo essere quelli diversi, quelli senza padre. 

Ma lei distoglieva lo sguardo e cambiava discorso, come se solo il pensiero di quell'abbandono la uccidesse lentamente. Ed io mi arrabbiavo perché non capivo. Sfogavo la mia frustrazione adolescenziale sulle persone che più amavo al mondo: lei e Shannon. 

La realtà è che non potevo sapere, all'epoca, quanti sforzi facesse mia madre per noi, per non vederci tristi o deperiti. Non potevo capire, a diciassette anni, che se mia madre tornava a casa stanca era perché durante il giorno non aveva fatto altro che sgobbare al lavoro, per racimolare qualche soldo extra. Non potevo rendermi conto che se mio fratello non rispondeva ai miei dubbi era solo perché non voleva che passassi l'inferno che aveva passato lui, quando aveva visto nostro padre prendere le valige, dire addio a mia madre ed andarsene via. Per sempre. 

E così, ogni volta che apparivano i titoli di coda sullo schermo di quella sala vuota e fredda, lasciavo il cinema un po' più calmo, promettendomi che, un giorno, avrei davvero trasformato la mia vita in un film. E poi saremmo potuti stare meglio. Io, mamma e Shannon. Perché ce la meritavamo quella felicità. 

E l'ho fatto. Sono diventato il protagonista indiscusso della mia vita. Un ruolo a cui ho lavorato per anni e anni, calando maschere sul mio volto e costruendo muri di indifferenza e cinismo per proteggermi da tutto ciò che avrebbe potuto farmi del male. Da tutti quelli che, come mio padre, avrebbero provato a rovinare la mia famiglia. 

Non è stato facile uscire dal tunnel della povertà. Non è stato facile recuperare mio fratello da quell'abisso di droga in cui si era calato per non pensare alla nostra situazione, e nemmeno riportarlo sulla retta via è stato semplice. Ma la cosa più difficile è stata ripagare mia madre di tutti gli sforzi di una vita. Di tutti quei pasti saltati per dar da mangiare a noi. Di tutti quei sorrisi che ci ha regalato quando non avrebbe voluto far altro che piangere. Di tutta quella forza d'animo che l'ha portata a non uccidersi quando si sentiva sola e depressa. 

 

“Hey, Narciso, hai finito di specchiarti?”

Mio fratello entra nella mia camera da letto con un sorriso divertito in volto. E' bellissimo. Lo è sempre stato, ma stasera lo è ancora di più; indossa uno smoking nero che gli mette in risalto i suoi occhi dolci ed espressivi.

Gli faccio la linguaccia e torno ad aggiustarmi il papillon.

“Dà qua, faccio io. Ti cimenti in tutto, ma poi non sai aggiustarti un papillon.” mi dice, dandomi una tirata di capelli.

“Hey! I capelli no! Chloe ci ha messo un'eternità a sistemarli.” 

Lui mi lancia uno sguardo di scherno e comincia a sistemare il papillon sul  mio collo.

“Ci ha messo un'eternità a fare questa sottospecie di codino? Jared, perché sei così ingenuo? Chloe pur di stare con te riuscirebbe a impiegare ore anche per fare un nodo alle scarpe.” 

Ha ragione. Lo so io e lo sa lui. Ma, che io sia dannato, non gliela lascerò vincere questa battaglia. 

Shannon non sopporta i miei amici. O meglio. Shannon non sopporta chi, secondo lui, mi sfrutta. E, sempre secondo il suo parere, tutti quelli che io considero amici mi sfruttano. 

Chloe, Terry, Jamie, Anastasia. Chi più ne ha più ne metta. Per lui non se ne salva nessuno. 

“Che ci posso fare se sono irresistibile?” cambio discorso, perché so che se continuiamo a parlare dei miei amici finiamo per litigare. Ed oggi non posso litigare con mio fratello. 

“Ecco fatto, uomo irresistibile. Ora sei pronto.” 

Gli strizzo l'occhio ammiccando, mostrandogli il mio migliore sorriso. Ma la realtà è un'altra, e Shannon, ahimè, la conosce bene. 

Non sono pronto. Non lo sono ora e non lo sarò nemmeno tra circa un'ora, quando sfilerò sul red carpet di uno degli eventi più acclamati nel mondo del cinema: i Golden Globes.

Sono uno dei candidati al premio di miglior attore non protagonista. E, no, non è uno scherzo. 

Non so nemmeno io come sia potuto succedere. Insomma, quella gente, spocchiosa e altolocata, non sopporta le persone come me. I ribelli come me. Quelli che ci godono nell'indossare vestiti fuori moda. Quelli che cantano canzoni sconce giusto per vedere la faccia scandalizzata della gente. Quelli che non hanno paura di dire ciò che pensano.

E io lo so bene che se fosse per loro mi terrebbero alla larga per sempre.  

Tu fai chiasso con la tua musica ai concerti e noi facciamo arte con il nostro mondo di vestiti luccicanti e acconciature da milioni di dollari. 

E mi è sempre andato bene tutto questo distacco tra me e loro. 

Ma poi è successo che, dopo sei anni che non giravo un film, ho interpretato Rayon. Forse il ruolo più difficile che io abbia mai accettato.

Un trans malato di AIDS. 

Ma Rayon non è solo questo, e l'ho capito non appena ho letto il copione. Per questo ho accettato, perché sapevo che solo io avrei potuto dare vita a Rayon, trasformandola in una persona reale. Con la sua fragilità e il suo grande cuore.

E' stato un grande traguardo per me girare Dallas Buyers Club. Ho sfidato i miei limiti e ne sono uscito vincitore. 

Vincitore, già, ma non solo per me stesso: è cominciato tutto dopo qualche mese dal film, sono iniziate a piovere nomination e premi, inviti ad eventi, festival stranieri e americani, congratulazioni da tutti quegli attori che credevo mi considerassero solo “un cantante che si diverte a recitare e ci ruba il lavoro”.

E, devo ammetterlo, mi piaceva. Mi piaceva da matti sentirmi al centro dell'attenzione, essere ripagato per tutti gli sforzi che ho affrontato nel calarmi nei panni di Rayon. E' stato un po' come il mio banco di prova, la mia personale sfida contro tutti quelli, registi e attori, che da giovane mi avevano sbattuto la porta in faccia urlandomi addosso che ero solo un bel faccino senza alcun talento.

Ed ora non solo ho una band che va alla grande, ma sono considerato persino un attore. Un vero attore. Un bravo attore. 

Eppure qualcosa di stonato c'è, in tutto ciò. Questa candidatura ad un Golden Globe sembra così grande, in confronto a me. 

 

“...Sembra tutto più grande di noi.”

 

Scaccio immediatamente quest'ultima frase dalla testa e cerco di concentrarmi su altro.

“Ladies and Gentleman, ecco a voi, il candidato ai Golden Globes come migliore attore non protagonista, Jared Leto, nonché il mio fratellino. Però, suona bene. Dovrei presentarla io la tua categoria, che dici?” per fortuna Shannon, come sempre, capisce il mio turbamento e prova a farmi sorridere.

Ridacchio per la sua battuta e gli do una spintarella affettuosa.

“Forse è ora di andare...” gli dico, tornando serio. Poi riprendo a parlare: “E se non mi presentassi?”

Shannon mi guarda come se avessi detto la peggiore delle blasfemie. 

“E se ti picchiassi? Sai, non mi sembra male come idea al momento.”

Non gli rispondo, ormai sono perso in un luogo e in uno spazio temporale che mi ha completamente fottuto i neuroni; che cosa sto facendo? Perché sono davanti ad uno specchio, vestito come un cretino, a prepararmi per i Golden Globes? Io non c'entro nulla con quella gente. E so perfettamente che la candidatura è stata solo uno scherzo del destino, una prova che anche loro sanno essere buoni nominando un attoruncolo come me. 

Non mi faranno mai vincere un premio del genere. La mia presenza lì serve solo per prendermi in giro, per far divertire il pubblico. Solo questo. Sarò il giullare di corte. Il cantante carino che ha smesso di mangiare per interpretare un trans malato di AIDS. Un clown. 

Tuttavia, non è questo ciò che mi fa più male. Ciò che da ormai un mese, quando penso a questa serata, mi mozza il respiro e mi fa stringere lo stomaco in una morsa di ferro è altro. 

"Jared…hey, bro." sento le mani di mio fratello stringersi attorno alle mie spalle e torno con i piedi e con la testa sulla Terra. 

Gli sorrido, cercando di nascondere qualcosa che so non posso celare. Soprattutto a mio fratello. 

"Stai bene?" mi chiede, addolcendo il tono di voce.

Annuisco. "Sto bene, Shan, stai tranquillo."

"Oh, non posso credere che dopo 42 anni ancora non hai capito che ti conosco come le mie tasche e con me la facciata da sono figo e nessuno può ferirmi non funziona, Jared." 

Ora è serio. Mortalmente serio. Non voglio litigare con lui, così decido di essere sincero. 

"E' che sono agitato, ok? Non sono mai stato nominato ai Golden Globes e, non so, mi sembra tutto così lontano da ciò che sono… Non avrei mai creduto potesse succedere davvero. E sinceramente non l'avevo nemmeno sognato. E' successo così, all'improvviso. Non sono pronto, forse. E poi questa nomination mi sembra così ipocrita… loro non lascerebbero mai vincere uno come me. Andrò lì e farò la figura del coglione che ha sperato di vincere, quando invece non aveva la minima possibilità di farcela."

Shannon sospira. "Ascoltami. Tu sei nato per vincere. L'ho sempre pensato. Fin da quando eravamo bambini, tu sei sempre stato il mio orgoglio. Ti guardavo e pensavo a quanto potessi essere fortunato. La vita non mi aveva dato un padre, e nemmeno tanti soldi. Ma avevo il fratello migliore dell'intero universo. Forse un po' stronzetto, narcisista, egocentrico, e schizzato. Eppure non lo avrei cambiato con nessun altro bambino al mondo" mi dice, sorridendomi con dolcezza.

E a questo punto nemmeno io posso fare a meno di sorridergli con altrettanta dolcezza, cercando di trasmettergli tutta la mia gratitudine con lo sguardo.

E' proprio per questo che ho deciso di farmi accompagnare da lui, oggi. Solo Shannon riesce a calmarmi, a farmi sentire speciale e protetto. E' sempre stato così, fin da quando eravamo piccoli. Lui è il mio porto sicuro, la mia ancora di salvataggio, la mia ombra. Ovunque io sia, qualsiasi cosa io stia facendo, la sua mano è sempre pronta a tendersi per me e a darmi una mano.

"Ci siamo fatti una promessa, ricordi? Avremmo fatto strada insieme. E ci siamo riusciti, Jared. La nostra musica e la tua arte ci stanno ripagando di tutte le sofferenze che abbiamo dovuto affrontare quando eravamo troppo piccoli per capire che la vita non è rose e fiori. Ne abbiamo passate tante insieme. E ne passeremo altre. Ma, noi due, insieme, possiamo superare tutto."

Abbasso lo sguardo; ha ragione. Ha ragione su tutto. Ma, purtroppo, c'è qualcosa che insieme non siamo riusciti a superare.

"Non stai così solo per i Golden Globes, vero?" domanda mio fratello, cercando il mio sguardo. 

Lo ha capito. Non posso nascondergli nulla, purtroppo.

Mi allontano da lui e comincio a camminare per la stanza, agitato. "Shan… ci sarà anche lui stasera. Ti rendi conto?" sbotto, perché non riesco più a mentire.

Shannon mi fissa e non è affatto sorpreso della mia reazione. Sapeva perfettamente che fosse quello il vero problema. 

"Lo so. Lo so, e ti giuro, Jared, che se potessi cancellerei per sempre i ricordi che ti legano a lui da ormai dieci anni. Ma non posso. Non ho questa capacità. Purtroppo sono solo un fratello maggiore, che ha sempre cercato di allontanarti da ciò che avrebbe potuto farti del male. Solo che con Colin non ci sono riuscito. E, Dio, non sai quanto mi rimproveri per questo, io-"

Lo interrompo, arrivandogli davanti e poggiando una mano sulla sua spalla. "Non devi biasimarti di nulla, Shan. Le ginocchia sbucciate non sono come un cuore infranto. Tu mi hai protetto sempre. E ti ringrazio per questo, perché se sono arrivato fin qui, oggi, è soprattutto grazie a te e alla mamma. Ma l'amore…l'amore non si può controllare. E per quanto mi sarebbe piaciuto poterlo fare, non ci sono riuscito." abbasso lo sguardo e sento gli occhi umidi. 

Stringo i pugni e respiro profondamente: non devo piangere. Non posso piangere. Non oggi. Non per Colin. Non più.

"Jared… per favore. Non fare così. Ti prego." si avvicina e mi abbraccia forte. La sua mano grande che mi accarezza la schiena, tranquillizzandomi come quando ero piccolo e avevo paura dei mostri sotto al letto.

"Non posso vederlo Shan… Non sono ancora pronto per farlo. Ogni volta che penso a quello che è successo tra noi, a- a com'è finito tutto, io… sento il respiro che si mozza e lo stomaco che si comprime. Finché so che lui è dall'altra parte del mondo, chissà dove, chissà con chi, riesco a smorzare il dolore, ma stasera lui sarà in quella sala, a pochi metri da me, e non sono certo di…di-" farfuglio parole senza alcun senso, me ne rendo conto. Ma non devo giustificarmi, non con Shannon, lui sa perfettamente quanto la mia cicatrice sia ancora così dannatamente profonda.

"Jared… Sono passati tanti anni da quando avete deciso di chiudere definitivamente. Non provi più nulla per lui. Quello che senti in questo momento non è amore. E' solo malinconia, è solo paura. Ma non amore. Sei diventato forte in questi anni senza di lui. E se pensi che lascerò che quella ferita possa ancora bruciarti l'anima, ti sbagli di grosso. Forse è vero: un amore finito male non è come un ginocchio sbucciato. Ma sono pur sempre tuo fratello, e ti proteggerò e curerò in ogni caso. Stasera niente e nessuno potrà farti del male, Jared. Non finché io ti sono accanto." 

Mi prende per le spalle e mi scuote. "Mi hai capito?" mi domanda, serio. 

Annuisco e cerco di non titubare: "Sì. Grazie, bro. Non saprei come fare senza di te."

Ci abbracciamo ed è come essere tornati a quando non avevamo nulla se non l'amore dell'uno per l'altro. 

 

 

* * *

 

"Non ci pensare proprio, sai?"

Sbuffo e lancio uno sguardo omicida a Claudine: so a cosa si riferisce. E, ahimè, devo ammettere che ha ragione. Eppure, le mento: "Non ci stavo pensando, infatti."

"Meglio così, allora."

Non se l'è bevuta. Mi conosce troppo bene. E lo sappiamo entrambi. 

La cerimonia dei Golden Globes è iniziata da circa un'ora, ed io, non appena sono entrato nell'edificio, dopo la consueta passeggiatina (che avrei volentieri evitato, quest'anno) sul red carpet, ho iniziato ad avere la tentazione irrefrenabile di scolarmi tutte le bottiglie di champagne presenti in sala. Erano anni che non mi capitava. Dopo il rehab non avevo mai  avuto queste ricadute, nemmeno nei momenti in cui la tristezza prendeva il sopravvento sul mio umore. E, invece, stasera sento di star per cadere nel baratro. Di nuovo. 

Una volta lessi su un libro di mia sorella che quando una persona diventa la tua cura e, allo stesso tempo, la tua malattia, è il momento di scappare. Perché tra te e quella persona non potrà nascere altro che un amore doloroso. 

Non ci avevo mai creduto a quelle cagate da commedie rosa. Voglio dire, la mia concezione dell'amore, qualche anno fa, era un po' diversa da quella che ho ora: per me l'amore non esisteva. Esistevano le persone con cui scopavo più di una volta. Ma l'amore, per quanto ne sapevo, era solo una bella parola, piena di ipocrisia. 

Solo che, come ho detto, le cose sono cambiate. Io sono cambiato. E ho scoperto che quel libro aveva ragione.

Era un giorno caldo di fine settembre quando feci tale scoperta. Era il 2003, ed io avevo 28 anni. All'anagrafe. Per come mi comportavo, invece, sarei potuto sembrare benissimo un quindicenne. 

Ero il solito ragazzino europeo che un giorno era stato scoperto da un agente, il quale si trovava a Dublino per le vacanze estive, e che poi aveva trovato fortuna nella bella e tanto decantata Hollywood: insomma, non avevo nulla di speciale. 

Eppure mi avevano scelto per essere il protagonista di un kolossal di Oliver Stone: Alexander. Avrei interpretato Alessandro Magno. Niente male, per un giovanotto come me che si stava ancora facendo strada in quel mondo di lupi.

Lavorare con Angelina Jolie, Val Kilmer, ed Anthony Hopkins rappresentava un sogno, e di certo non me lo sarei fatto scappare. 

Se solo avessi saputo che quel sogno, in realtà, era solo la punta di un iceberg su cui mi sarei schiantato con ogni parte del mio corpo e della mia anima, probabilmente mi sarei tenuto alla larga da quel set, da quel film, da quel ruolo. Da lui.

"Colin, è tutto ok?" mia sorella appoggia le sue dita magre sul mio braccio e mi distoglie dai miei ricordi. 

Mi guardo intorno e mi accorgo che sul palco non c'è nessuno. E' arrivata la pausa. 

Annuisco e le sorrido:"Sì, stavo solo pensando." 

"A cosa?" mi chiede innocente.

Lo sai benissimo a cosa sto pensando, Claudine. Perché è quello a cui sto pensando da quando ho saputo che lui è qui. Le vorrei rispondere questo. Ma c'è troppa gente al nostro tavolo e, in ogni caso, non avrei il coraggio di mostrarmi ancora debole di fronte a mia sorella. 

"Al passato." Rimango sul vago. In fondo, è la verità. In parte.

"Già… il passato." mi fa eco lei, avendo capito perfettamente le parole nascoste dietro la mia risposta. 

"Senti Colin…" riprende a parlare, ma io la blocco e le indico il palco. "Tesoro, me lo dici dopo, sta per ricominciare"

La vedo sbuffare e poi borbotta qualcosa che non ascolto. E che non voglio ascoltare, forse. 

Mi giro verso il palco e vedo salire Tina ed Amy. Ridacchio per una loro battuta, ma poi torno immediatamente serio. Stasera non sono proprio in vena di sorrisi. 

Se solo potessi scappare lontano… Se solo potessi essere un tuo semplice amico, venire da te per stringerti la mano, congratularmi per la nomination, posare insieme a te per le foto che domani saranno su tutti i giornali. Se solo potessi dimenticare tutto quello che sei stato per me. A quest'ora potrei ridere tranquillamente.

E, invece, sono qui a corrodermi il fegato. A morire dalla voglia di venire a dirti che ho adorato la tua performance in Dallas Buyers Club, e poi magari farti una battuta sui tuoi capelli, dicendoti che Efestione deve essere resuscitato perché sei identico a com'eri dieci anni fa.

E poi, perché no, baciarti, per farti capire che sono fiero di te. E che ho sempre saputo che ce l'avresti fatta. Non come tutte queste persone di cui ti circondi e che ti acclamano, ma che in realtà non sanno nulla di te. 

Loro sanno che ti arrabbi quando ti chiamano Jay? O che soffri il solletico sui fianchi? Sanno che odi ascoltare la tua voce registrata perché pensi che sia troppo femminile? Conoscono i tuoi diversi tipi di sorrisi e il modo in cui respiri quando dormi? Le ragazze che ti porti a letto, pensano davvero di fare l'amore con te? 

No, non sanno nulla. Eppure, sono là. A stringerti la mano. Ad abbracciarti. A congratularsi con te. Ed io non posso nemmeno guardarti.

La verità è che ho paura. Paura di ferirti ancora, di incrociare lo sguardo arrabbiato di tuo fratello e far scoppiare una guerra tra le nostre famiglie. Di nuovo.

Abbiamo sofferto entrambi per questo amore, Jared. Ma tu ti comporti come se la sofferenza fosse solo una tua prerogativa. Come se fossi io il mostro di turno che ha ucciso la tua spensieratezza e dalla quale ora devi tenerti il più possibile alla larga.

Nemmeno un cazzo di saluto. Nulla. Ti sei tenuto per tutta la sera lontano da me, protetto da Shannon che -nemmeno fosse la tua guardia del corpo- non ti lascia per un secondo da solo. 

Lo so che tuo fratello mi odia. Figurati, mi odiava anche quando eravamo felici insieme. Ma ciò che fa più male è che probabilmente tu mi odi più di lui.

 

 

* * *

 

"La prossima categoria che presentano è la tua, Jared, me lo sento." mi dice Matthew, scherzando. 

Gli sorrido, ma in realtà la sua frase ha solo aumentato l'ansia che provo e che non mi ha abbandonato per tutta la sera, da quando ho messo fuori i piedi da quella limousine. 

Non so cosa mi prenda, ma ogni tanto ho l'impulso di allungare il collo per vedere i tavoli davanti al palco. So che lui è là. L'ho intravisto prima, quando siamo entrati tutti in sala. Ma non ho avuto il coraggio di incrociare il suo sguardo e mi sono nascosto, per tutto il tempo, dietro le spalle di mio fratello.

Tuttavia, non posso negare che, nonostante non abbia visto il suo viso, anche solo guardare la sua schiena e sapere che lui è a pochissimi metri da me mi fa, fastidiosamente, accelerare i battiti del cuore. 

Purtroppo posso tenere a bada gli sguardi, la voce, i sorrisi, ma non posso controllare quell'organo che -ormai ho capito- sembra prendere vita solo quando lui è a poca distanza da me.

I miei pensieri ingarbugliati vengono interrotti da una voce che parla al microfono: non mi ero nemmeno accorto che qualcuno era salito sul palco. Christoph Waltz.

"Sono onorato di presentare questa categoria: il miglior attore non protagonista." 

Alzo lo sguardo e vedo Matthew e mio fratello che mi sorridono. "Te l'avevo detto!" esclama il mio amico, euforico. 

Si nota lontano un miglio la differenza tra me e lui: Matt è abituato a queste cerimonie, non è per nulla emozionato. Io, invece, mi sento come se il cuore stesse cercando di sfondare la cassa toracica.

Waltz comincia ad elencare i candidati:

"Barkhad Abdi, per il film Captain Philips. Daniel Bruhl, per il film Rush. Bradley Cooper, per il film American Hustle. Michael Fassbender, per il film 12 anni schiavo. E Jared Leto, per il film Dallas Buyers Club. " 

Mio fratello mi guarda ed applaude con orgoglio. Io sorrido alla telecamera e ringrazio. 

Oh, avanti, come posso essere agitato se so perfettamente che non sarò io a vincere? Alla gente come me, non li danno i Golden Globes. 

Christoph apre la busta e legge il nome. 

"E il Golden Globe va a… Jared Leto"

Non ho il tempo nemmeno di capacitarmi che quello che ha pronunciato è il mio nome che sento Shannon strattonarmi con forza. 

"Lo sapevo. Lo sapevo che ce l'avresti fatta." mi sussurra, continuando ad abbracciarmi. 

Oh, Shannon… Tu hai sempre creduto in me

Cosa si dice in questi casi? Non ho preparato nemmeno un discorso. Mi limito a ringraziare le persone che sono intorno a me al tavolo e che mi stringono le mani, baciandomi le guance e congratulandosi.

Non me l'aspettavo. Arrivo sul palco che tremo e l'unica cosa a cui riesco a pensare è che probabilmente è tutto un errore, perché non posso vincerlo io questo premio.

Ma quando salgo le scale e arrivo di fronte a Christoph, lui mi sorride e mi offre il Golden Globe, e allora capisco che non è affatto un errore. Ho vinto. Ho vinto davvero.

Abbraccio Waltz e, dopo qualche secondo, rimango da solo sul palco.

Guardo la gente che è seduta ai tavoli davanti e non posso credere che, ora, sono io a vedere loro da qua su. La mia rivincita… Lo è stata davvero.

Sono bravo con le parole e, per questo, cerco di prepararmi un mini discorso in pochi secondi. Ma, purtroppo, compio un errore madornale: il mio sguardo cade in basso e si incrocia con quello dell'ultima persona che avrei voluto vedere in questo momento. Colin. 

Mi sta guardando, serio, con un' intensità feroce, forse perché in tutti questi anni in cui non ci siamo visti ho sempre cercato di nascondermi da lui, di non farmi mai trovare nei luoghi in cui sapevo lui sarebbe andato.

Ed ora mi guarda perché sa che probabilmente è l'unica occasione che ha per poterlo fare.

"Wow!" esclamo, perché stavo rimanendo troppo tempo in silenzio, e la gente cominciava a mormorare.

Ce la posso fare. Mi schiarisco la voce e parlo al microfono:"Vorrei cogliere l'occasione per chiarire un paio di cose. Non ho usato alcuna protesi. Il culetto alla brasiliana che avete visto era tutto mio." 

La gente ride. Bene. Ho bisogno di sdrammatizzare e far capire a Colin che non mi importa se mi sta fissando. Per me lui è un fantasma.

"E' stato un ruolo che mi ha trasformato. Una delle cose che ho fatto è stato depilarmi tutto il corpo, comprese le mie sopracciglia. Sono stato sfortunato. Ho dovuto usare anche delle brasiliane. Le signore sanno di che sto parlando, ed anche alcuni uomini…" altre risate. 

"E' davvero incredibile. Non ho fatto un film per sei anni. Stavo inseguendo altri tipi di sogni." ed anche altri incubi. Ma questo non lo posso dire. Anche se vorrei tanto urlare a quell'uomo, che mi ha ferito più di qualsiasi altra persona, tutta la sofferenza che ho dovuto sopportare senza di lui. 

Ma forse posso fare qualcosa. Abbasso lo sguardo verso il suo tavolo e continuo a parlare. 

"E non mi resta che dire che è più che un onore tornare e ricevere tutto questo amore e questo supporto. Non me l'aspettavo, non me lo sarei mai nemmeno sognato."

Capito, stronzo? Io ce l'ho fatta. Sono qui. Sono vivo. E ho vinto. Anche se tu non c'eri quando avevo bisogno di te.

Lui non smette di fissarmi. Ha un'intensità, negli occhi, che fa quasi male. E la sua testa è inclinata.

 

"Tieni ancora la testa inclinata, come un cervo che ascolta nel vento."

 

Alexander. Il principio e l'epilogo. Tutto è iniziato e finito là. La mia vita. I miei sogni. I miei ideali. Tutto. Tutto per quello stupido film che non mi ha dato altro che guai.

Smettila di guardarmi, Colin. Non tornerò indietro. Non più. Non ora che ho finalmente capito che posso andare avanti. Ora che so di essere abbastanza forte da farcela. 

 

You were the love of my life. The darkness, the light.

 

Non mi importa se eri l'amore della mia vita. Non sono più disposto a sopportare altra sofferenza solo per vivere un amore da film. 

"Voglio ringraziare il mio team: Nick, Jim, Jason, Robyn, Emma. Grazie per aver reso divertente tutto questo."

La musichetta parte, ma io voglio dire un'ultima cosa: "Alle Rayon di tutto il mondo, grazie per avermi ispirato. Vi amo. Grazie. Ciao."

Finito il mio momento di gloria. Stavolta sono stato io a dirti addio. 

Eppure, nonostante io sia cambiato, cresciuto, maturato, dentro di me rimarrà per sempre un po' di quel Jared che dieci anni fa ti ha stretto la mano per la prima volta. 

Quella che mi hai lasciato, Colin, è una ferita troppo intima. E per quanto possiamo ignorarci ed odiarci, una parte di me penserà sempre a te come il sole. 

E non si può dire addio al sole. 

Gli si può solo augurare la buonanotte, attendendo il suo ritorno. 

 

 
   
 
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