Disclaimer: I personaggi citati
appartengono a Masashi Kishimoto, che ovviamente si prende tutti i diritti del
loro uso. La poesia riportata, oltre a dare il titolo all'intera storia, è
frutto del genio di Rainer Maria Rilke.
Infine, la canzone su cui si basa tutto ciò che state per leggere, è la
splendida Invincible degli altrettanto splendidi Muse.
Im Frühling oder im Traume
桜狩
In sogno o a
primavera
ti ho incontrata,
e ora attraversiamo insieme il giorno d'autunno,
tu stringi la mia mano e piangi.
Piangi per le
nubi che s'inseguono?
per le foglie rossosangue? Appena.
Lo sento: un tempo eri felice
in sogno o a primavera...
[Rainer Maria
Rilke]
Camminavano piano sul fragile arco
del ponte di legno e laggiù, sull'acqua, i petali che cadevano lasciavano
l'impressione fugace e luminosa delle stelle notturne. Il sole danzava attorno
a loro, sì, ma non bruciava, non accecava, era morbido e liquido come una
lamina dorata. Ogni cosa, dai rami filiformi degli alberi alle grandi foglie
bluastre, aveva l'impressione sfumata e inconsistente dei sogni, una patina
traslucida che un raggio di luce troppo intenso avrebbe squarciato.
Il vento solleticava pigro i loro visi, canticchiava nelle loro orecchie una
vecchia melodia dimenticata, poi correva a grandi balzi lungo le colline fino
ad inerpicarsi lassù, per portare agli Hokage scolpiti nella roccia le voci dei
loro concittadini.
Il piccolo ponte verniciato di rosso sembrava non finire mai, cristallizzato in
quel preciso istante, le due sponde che affondavano nella bruma evanescente del
mattino. Perfino il frastuono e il chiasso allegro del villaggio parevano come
attutiti, persi in un'era lontana, distanti eoni da quel piccolo ponticello
smaltato e dal gioco dei fiori sullo specchio del fiume.
"Allora la settimana prossima riprenderai le missioni, Sasuke-kun?"
fece sovrapensiero Sakura, i grandi occhi color di foglia fissi su di lui.
Portò alla bocca un altra pallina di dango e la addentò con voracità, mentre un
piacere infantile le irradiava il viso, gli angoli della bocca contratti
all'insù in una piccola smorfia di gioia.
Parlava con qualcuno che, ne era certo, non era lui, poco importava che avesse
il suo stesso viso, rispondesse al suo stesso nome, vestisse il suo stesso
kimono con il ventaglio degli Uchiha ricamato, condividesse con lui la stessa
storia e gli stessi solenni fallimenti.
"Dopotutto tecnicamente sei ancora un Genin" Sakura rise, un vezzo
d'orgoglio nell'acqua marina degli occhi e nel viso dolce come dango.
Sasuke camminava di fianco a lei, udiva il ticchettio dei sandali da ninja che
cozzavano sugli assi di legno, vedeva le vampe dei ciliegi infiammarsi nel
cielo limpido, ma quella stupefacente armonia di colore e luce gli restituiva
soltanto una sensazione di estraneamento. Ogni cosa per lui era sfuggente e
confusa, come se fosse intontito dal sonno e incapace di tenere gli occhi
aperti, il corpo di piombo e la testa pesante.
Come se la sua coscienza gli stesse gridando a gran voce che tutto, tutto
quanto non era reale.
Abbozzò un moto d'orgoglio alle parole della ragazza e s'incupì:"Tsk.
Quella qualifica non conta niente, non mi identifica più di quanto lo faccia
quella di criminale o traditore" e distolse lo sguardo, lo posò sulla
strada tortuosa del fiume.
Sakura annuì, si fece appena seria:"Oh, lo so bene, Sasuke-kun, sono
soltanto parole. Ma allora come mai sei diventato verde quando Naruto ha
ottenuto la promozione a Jonin?"
(Non esiste. Non esiste. Non esiste. Non esiste. Non esiste. Non esiste. Non
esiste)
Il volto di Sasuke divenne ancora
più cupo:"Non capisco dove tu voglia arrivare" sibilò a denti
stretti, la voce poco più di un ringhio sommesso.
La risata cristallina di Sakura trillò ancora e sulle sue ali volò via l'ombra
che si era insinuata negli occhi di Sasuke. Corse lontano, oltre le cime degli
alberi, e si perse nel profondo del cielo.
(Non è vero ciò che vedi non è vero non è reale tu non sei qui non sei qui è
finzione è illusione)
Prima che avesse modo di reagire, le dita di Sakura avevano scavato nel suo
palmo, si erano rannicchiate lì per poi intrecciarsi con quelle di Sasuke, e in
quell'istante l'Uchiha aveva vacillato, si era sentito inghiottire dal terreno
(ma forse annegare avrebbe fatto meno male).
Il suo viso, la primavera -sakuragari- , era di fronte a lui, un soffio e le
sue ciglia avrebbero tremato, era il mondo.
"...Ma questa volta tornerai, vero?" gli chiese Sakura in un turbine
di ciliegi e gocce di pioggia.
(Dov'era lo scroscio delle acque del fiume? Dov'era quel rumore
confusionario, ciclico e monotono?)
D'improvviso Sakura aveva gridato,
ansante, col volto terrorizzato di un fantasma, la disperazione che brillava
vivida in lei, nei suoi capelli, nella smorfia animale che le deformava il
viso, nelle mani congestionate che si aggrappavano a lui, nelle lacrime gelate
agli angoli degli occhi, nell'elegante kimono a ricami bianchi che indossava,
nel dango gettato a terra e dimenticato:"Resta qui, rimani qui Sasuke-kun,
resta qui, resta qui ti prego, non andartene, non te ne andare!"
In quell'istante era sopraggiunto il torpore, rassicurante e tiepido come
quello che abbraccia il corpo alla caduta nei sogni.
"Resta qui, Sasuke-kun, resta
qui, resta qui!!!"
Il buio inondava i suoi occhi.
Il buio, e un sorriso obliquo: non è reale, Sakura.
"Resta qui, rimani qui
Sasuke-kun, ti prego!!!"
"Non andartene, non andartene,
è qui che saremmo dovuti essere, non capisci?, è qui, perciò
resta!"
"Sasuke-kun!!!"
Infine anche il silenzio era
scivolato dentro di lui, aveva invaso il suo corpo come una colata di pietra e
ogni cosa, perfino Sakura, era svanita.
"Resta qui! Resta qui! Resta
qui, non andare via, ti prego, Sasuke! Resta qui!"
"Resta qui, Sasuke-kun!"
...Poi, dolce e
invisibile, l'oblìo.
Follow through
Make your dreams come true
Don't give up the fight
You will be alright
Cause there's no one like you in the universe
Oh.
Il respiro, il respiro. Aria.
Lapilli di sangue nero contro le nuvole minacciose si infrangevano davanti ai
suoi occhi, ma non li vedeva veramente. Così come non sentiva sul palato
l'odore acre e ferruginoso della polvere e non udiva i lamenti, le grida
esaltate e il cozzare metallico delle lame.
Gli ci volle quel secondo di tempo per ricordarsi il suo nome e cosa ci facesse
lì. Quel secondo che gli parve eterno quanto un secolo, l'istante che gli fece
sbarrare gli occhi e strozzare il respiro.
Vivo. Sei vivo. Pensa.
Fu allora che il ninja gli si parò davanti, kunai in mano e sguardo
allucinato, ma bastò un semplice scatto della spada Kusanagi perchè egli si
rovesciasse all'indietro, il viso che avrebbe fissato per sempre il cielo color
porpora.
Era stato un gesto e una reazione assolutamente meccanica, naturale come
respirare e battere le palpebre: difatti aveva ucciso, ma l'espressione del suo
viso era rimasta tenacemente apatica, quasi vuota.
A Sasuke il mondo non interessava. Che fosse uccidere camminare cadere sognare
esso non era, semplicemente, il posto adatto a lui.
Gli schemi d'attacco decisi con Madara gli tornarono vaghi alla mente e perciò
decise di ripiegare indietro, così, per istinto più che per riflessione,
dirigendosi verso il baluginio delle nubi scarlatte dipinte sui mantelli neri. Le
vedeva fiorire in mezzo al tumulto e poi scomparire sommerse dal fragore della
battaglia, infine sbocciare sfrontate qualche metro più avanti, dove l'onda dei
corpi si era quietata.
Sasuke allora si apriva la strada coi secchi movimenti della spada, inerte, e
quasi non udiva i singulti acquosi che fuggivano via dalle gole che tagliava.
Trova Madara. Uccidine quanti più puoi.
E il viso di Sasuke era un foglio bianco, un brutto disegno senz'anima né
colori.
(Ed era così che Sasuke si sarebbe sentito se avesse deciso di pensare).
Sono solo coprifronte. Non sono uomini.
Un colpo soltanto e smettono di esistere.
Non si sorprese quando la Kusanagi abbandonò le viscere di una ninja dai
capelli arancioni e la ragazza si accartocciò su se stessa come una foglia
mangiata dal fuoco. Aveva sul viso un velo di lentiggini e uno, ancor più
leggero, di lacrime, che si impastarono nella polvere che vorticava nella
pianura arida.
Era come se Sasuke non capisse, non se ne accorgesse.
Ogni passo pesava più di un macigno, mentre i piedi lottavano per non scivolare
nell'intrico di cadaveri ammonticchiati l'uno sull'altro, tutti con la stessa
Foglia incisa sulla fronte, tutti annaspanti per non affogare - e invece erano
morti, tutti morti.
Sono tutti morti, Sasuke.
Ma quale vita, quale vita Sasuke, sono tutti morti, perfino i tuoi sogni.
Il cuore dello scontro era più avanti, lo sentiva. Era nel punto in cui il
tizio dei sei corpi si stava divertendo a massacrare chiunque gli si parasse
davanti, il viso di pietra e le braccia incrociate sotto il mantello.
Madara, anche Madara doveva trovarsi laggiù. Madara non lasciava mai niente al
caso, perciò gli aveva detto di sbizzarrirsi pure e di ucciderne quanti poteva.
Vedevano solo lo Sharingan, l'incubo, e poi come topi morivano.
Sentì il fischio acuto del vento nelle orecchie annunciare un'aria satura di
elettricità.
Guardò il massacro delle terre del Fuoco e del Vento con occhi vacui, appena
smarriti, che non serbavano memoria di ciò su cui si soffermavano.
Tutti morti, tutti morti. Quando mai ne é valsa la pena, Sasuke, di fare
tutto quello che hai fatto.
Mai. Forse mai.
Gli strilli degli agonizzanti lo innervosivano, i volti esagitati che gli si
paravano davanti cadevano uno dopo l'altro come i giorni di un calendario e sentiva
la testa di piombo, Sasuke, così pesante da faticare per tenerla diritta sul
collo.
Mancò il cuore e trafisse un polmone, da tanto era stanco.
Si trascinava in giro senza andata né ritorno o destinazione, camminava
incurante come un automa e osservava senza battere ciglio la furia degli uomini
rosseggiare e vorticare impazzita attorno a lui.
Ma perchè in fondo è così. Camminiamo e basta, senza arrivare da nessuna
parte. Non siamo niente, solo un misero stupido niente.
Avrebbe barcollato se si fosse ricordato come fare, avrebbe incespicato e
avrebbe annaspato per cercare l'equilibrio, incalzato dagli avversari che lo
accerchiavano da ogni parte: quella massa umana e vibrante era un unico animale
affamato, ributtante, che allungava le sue spire di carne sulla pianura
spoglia.
E Sasuke avrebbe voluto ridere a gola spiegata.
Vide le maschere dei visi distorti dall'orrore e avrebbe voluto ridere,
divertirsi quanto si divertiva l'UomoPianta, ubriacarsi di follia fino
all'incoscienza.
Solo, non ricordava come fare.
Il dolore lo raggiunse con lentezza, ma poi arrivò, fastidioso: uno shuriken
gli trapassava la spalla. Un istante dopo al suo proprietario venne separata la
testa dal resto del corpo, così rapidamente che quasi non se ne accorse.
Non era il Caos ciò che volevo.
A pensarci... a pensarci ciò che volevo non era niente.
Don't be
afraid
What your mind consumes
You should make a stand
Stand up for what you believe
And tonight
We can truly say
Together we're invincible
Qualcosa era lentamente mutato.
Qualcosa d'indefinibile, di confuso e sfuggente, che Sasuke proprio non
riusciva ad afferrare con la mente. Se solo non fosse stato così stanco, così
intontito e sballottato qua e là dal tumulto degli uomini coi coltelli in mano,
se solo non avesse avuto la mente così annebbiata...
Cercò a tentoni il cielo in fiamme e fu allora che, appena sbigottito, capì:
c'era luce anche in quel tramonto, un pulviscolo dorato che malizioso danzava
sui corpi mutilati e sulle armi abbandonate.
Gli fece male, il sole, ma non abbassò lo sguardo. Vagamente attratto continuò
a guardare verso i confini indistinti della spianata, laggiù dove cominciava il
mondo, e non staccò gli occhi neri da quella sottilissima linea di confine.
Una figura al principio minuscoola e indistinta veniva verso di lui, sembrava
fatta della stessa materia fluida del cielo, si confondeva col caos tempestoso
della battaglia ma poi tornava visibile, unico essere umano a camminare in
linea retta in quella giostra furibonda.
Al suo fianco venivano il vento e la notte, veniva il temporale con la sua
selva di tuoni e fulmini, venivano i cristalli di neve e il fiorire delle
stagioni.
L'attirò proprio per questa sua peculiarità: aveva un colore vivo dipinto
addosso, diverso dal pallore malsano degli uomini e dalla carnagione
lattiginosa dei cadaveri; aveva i colori forti e prepotenti del mondo, il
kimono immacolato di Madama Morte e camminava piano, in silenzio, dritta verso
di lui, i piedi che sembravano non sfiorare neppure il suolo.
L'unica cosa sicura in quell'inferno, l'unica che sapesse dove andare, cosa
fare, come parlare.
La spada di Sasuke colpì più forte e più crudelmente, dispensò incubi a volontà
ai suoi avversari, strappò occhi e tagliò mani, ma quella persona continuava a
camminare piano verso di lui, un passo dopo l'altro.
E lui si sentiva così stanco, Dei, sfinito, eppure non poteva riposare, non
poteva dormire, in nessun mondo mai avrebbe potuto dormire.
Solo ucciderne uno, un altro ancora, solo questo poteva fare, era così semplice
e...
Oh.
Quella persona era davanti a lui.
Attorno si era aperto un vuoto circolare dove solo la polvere osava spingersi,
mentre era evitato dagli uomini come la peste.
Le ginocchia cedettero e le dita lasciarono la presa sull'elsa della Kusanagi.
Era solo molto stanco, troppe anime volevano che cadesse, troppe per poter
resistere, ed era tanto tempo che andava avanti questo gioco, lui... lui era
stremato. Non ce la faceva più, le dita e le gambe indolenzite non rispondevano
più ai suoi comandi, era distrutto, mortalmente distrutto, voleva solo
riposarsi un poco, davvero, non ne poteva più.
Non ne poteva più.
"Ciao, Sasuke-kun."
During
the struggle
They will pull us down
But please, please
Let's use this chance
To turn things around
And tonight
We can truly say
Together we're invincible
Le mani di Sakura gli accarezzavano il viso -insensibili- e
Sasuke avrebbe voluto girare il capo per sottrarvisi, un gesto istintivo quanto
abitudinario, ma la testa era così pesante che non ci riuscì.
"Tu... tu non dovresti essere da qualche parte a combattere?" le
chiese, sforzando un sarcasmo che non possedeva più.
"Sì, come dovresti fare anche tu" Le dita di Sakura si strinsero
deluse sul grembo, com'era solita fare da ragazzina.
Sasuke deglutì a fatica, cercò le parole con la difficoltà di chi cerca un lume
in mezzo alla nebbia:"Sono soltanto..." S'interruppe, riprese fiato e
deglutì amaro un'altra volta:"...Tutto questo, ecco," passò gli occhi
stanchi sul campo di battaglia,"tutto questo è pesante."
Sakura, le sopracciglia inarcate, non gli concesse perdono:"Lo sapevi,
però."
Sasuke allora finse d'ignorarla.
"Lo sapevi da sempre, Sasuke-kun."
"E' pesante anche il tuo odio, sai?" ribattè rancoroso lui.
Fu una risata fugace e piena di sole quella che passò negli occhi vivaci di
Sakura:"Sasuke.
Io non sono nata per odiare, ma per amare."
Sasuke non sentì i rivoli di pianto sciogliersi sul viso e poi disperdersi nel
giro della polvere d'oro.
Attese tanto tempo prima di risponderle, la lingua incollata al palato che
faticava a muoversi, ma poi piano mosse le labbra di controvoglia, come se
scoprire i denti fosse faticoso quanto spingere un macigno su per una china.
"Non ti arrendi ancora, eh?" ghignò.
"Neppure tu ti stai arrendendo, eppure hai perso ogni battaglia. In questo
siamo simili, Sasuke-kun."
L'Uchiha non percepì la contrazione della cassa toracica né il malessere
diffuso in tutto il corpo, o quella strana concentrazione d'umori grumosi alla
base della gola che gli rendeva difficoltoso il respiro.
"E' vero. E questo ti pesa, lo sai."
"Lo so."
Sakura sorrise appena come se vedesse altri mondi e altre storie oltre lo
schermo delle iridi:"Abbiamo sbagliato tutto, Sasuke-kun. Per tutta la
vita ci siamo accaniti contro un nemico e non abbiamo saputo vedere né
accettare. Abbiamo perso per nostra scelta, capisci, le nostre vite erano
stupidi, brutti vicoli ciechi paralleli, che non andavano da nessuna parte. E
fingevamo che non fosse così, tu in un modo e io in un altro.
Non finirà mai, Sasuke-kun."
Quella volta lui pensò un po' più a lungo, riflettè più profondamente di quanto
avesse mai fatto e non sentì dolore mentre i canini gli torturavano il labbro
inferiore.
"Le nostre vite sono sempre state diverse, Sakura. Tu almeno sapevi per
che cosa lottavi."
E anche lei, pur dissimulandolo, fu costretta a stupirsi dal profondo.
Do it on your own
It makes no difference to me
What you leave behind
What you choose to be
And whatever they say
Your souls unbreakable
"Tu non dovresti stare qui, Sakura."
Lei sorrise di nuovo, ma amaramente questa volta:"Non ho scelto di stare
qui."
"Puoi andartene?"
"Non c'è nessun posto in cui voglia andare."
Questa frase scosse il suo mondo, fu come una sonora scrollata che dai piedi
saliva su verso il capo.
"Devi dirmi qualcosa?"
"Sì, Sasuke-kun. Andiamo?"
La mano era piccola e levigata come la ricordava, ed era lì, tesa davanti a
lui.
"E chi combatterà, allora?"
"Tu non puoi più farlo. Non vedi? Madara..." e dalle labbra le sfuggì
un singhiozzo doloroso.
Sasuke seguì il suo sguardo e abbassò gli occhi sul proprio ventre: la lama
luccicante di una katana sporgeva un poco sopra lo stomaco, mentre tutt'intorno
la macchia di sangue scura cominciava ad allargarsi e a farsi sempre più
grande, un lago aperto nel suo corpo.
Strabiliante: Sasuke non sentiva alcun dolore. Anzi, quasi ne era interessato,
perchè spalancò stupito la bocca.
Poi però la richiuse, si fece d'improvviso serio:"Torna da Naruto,
Sakura."
Allora le sfuggì un pianto crudele e fu come se piovesse:"Non posso,
Sasuke-kun. L'hai ucciso anni fa."
Deglutì, Sasuke, le labbra secche e la voce poco più di un sussurro
cantilenante:"Non volevo, non volevo..."
"Ma l'hai fatto."
Sasuke adesso piangeva e rideva, stritolava le dita e serrava mascelle che non
percepiva:"Non volevo, non volevo, tu lo sai, tu capisci, io non volevo,
non era questo Sakura, non volevo..."
Lei gli tendeva ancora la mano e attese in silenzio che i singulti strozzati
cessassero, impetuosi com'erano arrivati, che le spalle e il capo di Sasuke
smettessero di essere torturati da quella perpetua scossa elettrica, attese che
i fantasmi se ne andassero tutti, uno dopo l'altro, dalla mente
dell'indimenticato compagno di squadra assieme ai suoi ripetuti "Non
volevo, non volevo".
Ci mise molto tempo per calmarsi, Sasuke, per liberarsi di se stesso. Era un
percorso difficile che nessuno, neppure Sakura, poteva facilitargli in qualche
modo, era suo compito occuparsene da solo, senza ripensamenti né rimorsi. Era
doloroso, faceva più male di qualunque arma o ferita suppurante, era il dolore
più disumano che avesse mai conosciuto.
"Non volevo, non volevo, non volevo"
Mi credi, Sakura? Mi credi?
Ma infine Sasuke alzò gli occhi su di lei, e forse allora la guardò davvero per
la prima volta:"...Dici che devo andare?" fece, ancora incredulo.
"Sì, Sasuke-kun. Andiamo."
Non sentì l'urlo della spada che scivolava indietro mentre si alzava in piedi,
non sentì il tepore di un corpo di carne e sangue quando prese la mano che
Sakura gli offriva, non sentì la vita e le viscere gocciolare via dallo
squarcio all'addome.
Non sentì niente.
Un poco docile, un passo pesantissimo dopo l'altro, camminava al suo fianco,
nascondendo l'incertezza della destinazione, non accorgendosi della
scarmigliata testa rosa macchiata di sangue in mezzo alle decine di cadaveri,
poco più in là dei suoi piedi.
Anche la notte sembrava essersi arrestata dall'altra parte del cielo, senza
aver invaso la terra: non c'erano stelle a guidarli.
Per lui sarebbe rimasto per sempre il tramonto, pensò.
"Ma... Sakura. Per andare dove?"
Sakura sorrise, mentre nel suo viso brillò inestinguibile una candela sempre
accesa.
Poi gli rispose con la calma e la serenità che in vita le erano
mancate:"Non lo sai, Sasuke-kun? Su quel
ponte."
During
the struggle
They will pull us down
Please, please
Let's use this chance
To turn things around
And tonight
We can truly say
Together we're invincible
Together we're invincible
Fin
Note dell'Autrice
PRIMA classificata al Concorso "Made ABROAD" a parimerito con
Queen_of_Sharingan91. Io non ci credo ancora XD tant'è che la leggo e vedo
OOC -Sasuke, Sasuke, perchè sei tu OOC ç_ç?!- e imperfezioni da ogni parte (ora
Cami mi uccide, me lo sento).
A parte questo, fa molto Miss Italia appena incoronata ringraziare tutti, ma in
fin dei conti è così: grazie a chi leggerà, a chi commenterà, a chi la inserirà
tra i preferiti (almeno spero XD!), a chi ha sopportato le mie lagne su questa
storia, ai Giudici V@le e Miya86, alla mia compagna di medaglia
d'oro Queen_of_Sharingan91 (gah *_* Sei più giovane di un anno di me,
caVa!), a ladykiki, seconda classificata, e a kiara_chan, terza
classificata, e a Cami, che mi aveva pronosticato la vittoria e 'sta
volta c'ha proprio azzeccato.
Grazie alla Chaos perchè so che recensirà anche se lei e il SasuSaku non vanno
molto d'accordo, grazie alle altre partecipanti, dato che è stato un onore
gareggiare con loro, e grazie a chiunque è arrivato fin qui sorbendosi i miei
deliri.
L'angolo della neo Miss Italia è finito XXD quindi vi saluto e, se siete
riusciti ad arrivare alla fine di questo pasticcio, m'inchino alla vostra
pazienza e fatemi sapere se vi è piaciuta, se Sasuke era OOC, se si capiva
qualcosa e soprattutto se non vi è piaciuta :).
Dimenticavo, l'immagine che ha
ispirato tutto quanto, assieme alla poesia di Rilke <3 e ai miei amati Muse,
è questa: http://ceruleanmorning.deviantart.com/art/Anywhere-With-You-77433231
. Un po' di copyright se lo meritano anche loro, ecco.
Grazie dell'attenzione,
Hipatya
PS: I due ideogrammi sotto il
titolo significano sakuragari, ovvero primavera.
Se qualcuno, leggendo il titolo, facesse l'associazione logica "tedesco
-> Tokio Hotel", passerà sotto le forche caudine della mia Ira. NEIN
Tokio Hotel. Li odio con tutto il cuore.