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Autore: Lilu_wolf    03/02/2014    3 recensioni
Un'isola dove c'è un mondo.
Un'isola con una faccia nascosta, fatta di trame e crimini
una squadra di polizia non molto legale
Una squadra, che è una famiglia
Una ragazza dal passato misterioso.
Una ragazza fragile, ma forte.
Un ragazzo che ritorna.
Una bambina dai poteri incredibili.
Dave, Morsy, Ann, Stefano, Carlo, Vale, Giorgio, Lance e Victoria. Ed Emma
La squadra speciale dipartimento nove bis è pronta a partire
Genere: Azione, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il sole si specchiò sul grande orologio della piazzetta, dopo aver illuminato il mare, creando delle grosse ombre sulle mattonelle rosse. I gelsomini iniziavano a fiorire, profumando l’isola. Ormai eravamo ad aprile, il quattro per l’esattezza, e iniziava a far caldo. I primi cittadini iniziavano ad uscire, per recarsi in ufficio. La città si animava. Il primo traghetto del mattino attraccò al molo, con un allegro sbuffo. Poca gente iniziò ad uscirne. L’ultimo fu un giovane uomo. Aveva i capelli spettinati e castano scuri, un accenno di barba, e gli occhi.. insoliti. Si guardò intorno, soddisfatto e deliziato dal clima dell’isola, per poi prendere il suo bagaglio a mano, e avviarsi per una stradina, dopo aver consultato un foglio.

Quella mattina mi svegliai, con la forte tentazione di prendere la mia bellissima pistola d’avorio, e sparare quegli stupidi uccellini che cantavano l’inno alla gioia fuori dalla mia finestra. Ma non lo feci. Mi limitai a grugnire, divincolandomi tra le lenzuola, e a lanciargli una pantofola, che finì sul frutteto accanto al mio giardino. Merda. Quello era il giardino del mio vicino di casa, Ruben Stendardi, una persona poco socievole. Addio pantofola, mi mancherai. Mi feci una doccia fredda, poi in vestaglia presi il giornale, accesi la radio, e iniziai a preparare. Caffè nero per me, latte e cioccolato per Emma. Presi i biscotti e li misi sul tavolo, mentre ascoltavo gli annunci radio..  Pareva che in piazzetta ci fosse stato un furto di smeraldi. Quel caso spettava a  Carly perciò non sarebbero più stati ritrovati, oppure, cosa probabilissima, avrei dovuto fare qualche straordinario. M’infilai i pantaloni della divisa, dopo aver legato provvisoriamente i capelli in una coda disordinata. Ciuffi color miele mi cadevano davanti al viso. I miei capelli erano scuri, ma alle punte si schiarivano, fino a diventare di un color miele dorato.  Dopotutto era il tipico colore di chi viveva su un’isola, ergo, spesso c’era sole. Nonostante questo, quell’anno aveva nevicato, lo ricordo bene, perché  Emma era caduta dallo slittino e si era fatta un bernoccolo. Che paura mi ero presa! M’infilai la camicia, e corsi a spegnere il caffè, afferrando un biscotto e ficcandomelo in bocca.  Qualcuno bussò. Era la ragazza del pulmino. Era venuta a portarmela via, come ogni mattina. Odiavo lasciarle Emma, ma dovevo. Rinunciai al caffè e, ancora con lo spazzolino in bocca presi la giacca, la pistola e il distintivo, diedi un bacio ad Emma addormentata nel mio letto
–Ciao tu- disse lei
 –Ciao tu- le sorrisi. Poi corsi fuori. La mia moto era in riparazione, per cui mi avviai verso la fermata del pullman, prendendone uno al volo. Destinazione: Piazzetta! Il pullman procedette, scendendo dal paesino a balzelloni. Mi godetti il panorama, mozzafiato e vertiginoso, cercando di concentrarmi sulle notizie che davano alla radio che gracchiava nell’abitacolo. Un paio di persone che conoscevo (ci conoscevamo tutti al paesino) mi salutarono con rispetto.  Risposi con un cenno del capo. Finalmente abbordammo in piazzetta e, sfilando insieme a tutti i mattinieri, e qualche raro giapponese che si era svegliato presto, mi diressi verso l’ufficio centrale. Entrai. Nel grande specchio d’ingresso scorsi la mia immagine: una ventitreenne con i ricci spettinati, gli occhi troppo grandi, il viso scuro, lievemente schizzato di lentiggini, i vestiti stropicciati, un corpo troppo poco “femminile”, coperto dai miei indumenti spesso larghi. e l’immancabile pistola nella fondina. Distolsi lo sguardo, ignorando quell’essere. Mi legai i capelli in una coda alta, come ero solita fare, prima di mettermi il cappello. Mi stirai la camicetta bianca, e abbottonai la divisa, sistemandomi il colletto. Abbandonai quell’aria stanca e spaurita, e alzai lo sguardo, sfidando la mia immagine allo specchio. Quello che vidi fu una persona totalmente diversa. Ero io: fiero membro della squadra speciale numero nove bis. Quel posto era la mia casa, loro erano la mia famiglia, un’improbabile accoppiata di agenti segreti. Ok, non propriamente agenti segreti, ma poco ci mancava. Percorsi i grigi corridoi dell’ufficio centrale, prendendo un’uscita secondaria, e sbucando in uno di quei caratteristici vicoli. Percorsi una stradina, e mi infilai nell’ufficio chiamato ‘Distretto nove’. Entrai, e subito fui investita da un’allegra confusione, un misto di risate, ticchettii di tastiera, e odore di caffè.
–Ehi Vì!- mi salutò Selene . Lei era una delle mie migliori amiche, almeno sull’isola. Selene , Dave, Ann, Carlo, Stefano, Vale e Giorgio.  Eravamo, e siamo tutt’ora amanti del crimine, cioccolata calda d’inverno, avventura e gialli. Giorgio, capelli corti e castani, e occhi color cielo, insieme a Annika, capelli lisci e color miele, occhi azzurro cupo ma sprizzanti di dolcezza,  e Carlo, ricci marroni costantemente pettinati,  ammalianti occhi verdi e impertinenti, sono dei maghi dell’informatica, come vere spie, non c’è hacker che regga il confronto. I computer per loro non hanno segreti. Poi c’è Stefano, capelli color oro, incantevoli occhi grigi, Vale, con il suo carattere unico, il suo caschetto di capelli lisci e castani, come gli occhi, che sono caldi e pieni di allegria,  e Dave, pelle scura, capelli neri e occhi color liquirizia, sono la scientifica, analizzano tracce, e non gli sfugge nulla. Io dirigo le indagini, o meglio, creo ipotesi, smentisco alibi, smaschero i colpevoli, con l’aiuto della mia immancabile Selene , capelli riccissimi e lunghi, più scuri di tutti, e occhi castani, che mi aiuta ricollegando tutti gli indizi che riesco ad estorcere, e cercando di formare i tratti psicologici della vittima.  Insieme siamo la squadra, non una a caso, noi siamo la squadra 9 bis, e quando c’è movimento ci siamo noi. E io sono Victoria Fox, e non mi chiamano Victoria per niente. Quel giorno, ricordo che mi misi alla scrivania, e iniziai a compilare le pratiche dell’ultimo caso. Sbuffai, quando Carly irruppe gridando nella stanza. Carly. Era una sorta di mio “superiore”, o almeno così mi dissero che dovevamo considerarla, perché era la figlia di due importanti notai svizzeri. Senza di lei la catapecchia che gestivamo non sarebbe andata avanti. E a secondo il mio capo, aveva più spirito di organizzazione della sottoscritta, che agiva sempre di testa propria. Era la più grande del gruppo, quindi la più matura. Altro pregio. Beh, a parer mio, l’unico suo “pregio” era la bellezza stratosferica. Innanzitutto aveva un corpo da favola, come si dice, pieno di curve, non so se mi spiego. Poi un dolce visino dove sbucavano due occhioni verde bosco, che provvedeva a rifornire di trucco, abbronzata, morbidi capelli color ebano, vestiti firmati e costosissimi. In confronto a lei, potevo pure arrestare un mafioso a mani legate dietro la schiena e ballando la danza celtica mentre masticavo bambù, e non se ne sarebbe accorto nessuno. Insomma, quel giorno maledetto, entrò urlando
 –HANNO AMMAZZATO LA DE ANGELIS!- non so come fece, ma non precipitò da quei tacchi che non avevano nulla da invidiare all’Empire State Building. Tempo dieci secondi, e l’aria si era fatta elettrizzante
 –Aspetta un po’! QUELLA De Angelis?- domandò Stefano, spalancando la bocca. Carl annuì
 –Carlotta, per caso hai frugato in quella bella cartellina rossa che il generale tiene nel suo studio?- dissi, la mia migliore aria da leader, braccia incrociate, appoggiata contro lo stipite della porta. Carlotta si fece paonazza
 –No! l’ho sentito dire…
- Beh, non è possibile, non lo sa nessuno, fatta eccezione per il generale e, ora, noi. Complimenti- dissi, alzando un sopracciglio. Quella era Victoria
 –Beh, allora non ti dirò le novità! Io so cose su di te che nemmeno sai.. e non ti dirò nemmeno che vi hanno assegnato il caso, e che dovete essere lì entro le nove!- in quel momento entrò il generale, con i suoi bei baffoni grigi
–Squadra nove bis! Dovete essere a villa De Angelis entro le nove!-  ci disse
 –Carly, qui hai finito, vai a coordinare la sezione “persone scomparse”. Ah, e il mio caffè- si rivolse poi a Carlotta
 –Arriva- sputò lei, allontanandosi. La guardammo andare via, mentre gli occhi dei ragazzi si concentravano sul suo fondoschiena ondeggiante.
 –Cosa ci fate ancora qui?!- domandò il generale
–CORRETE!!!- ci mettemmo in moto, raccogliendo le nostre cose. Era appena cominciata una nuova giornata al distretto.
Ci mettemmo subito in moto, letteralmente. Beh, ovviamente tutta la squadra al completo era venuta, e alla fine, anche Carlotta era riuscita a sgattaiolare via. Quindi eravamo in nove. Sfrecciammo per la città, fino ad arrivare in una di quelle lussuriose campagne dove si nascondevano le enormi ville delle celebrità che volevano darsi alla macchia. Una di queste era il nostro obbiettivo. Una villa, le tegole rosse, cotte dal sole la pietra ricoperta di bianco che accecava in quel sole, una piscina nel gigantesco giardino. Era come una star di Hollywood in vacanza.  Carlotta si lasciò uscire un fischio
–Ehi, ma allora non era gossip- disse a se stessa. Le lanciammo un’occhiataccia: era tempo di entrare in azione. Entrammo nel gigantesco salone, e
 –Squadra Nove bis, all’opera! Iniziamo a prendere le impronte, forza!- esclamò Carly. La ignorai, notando il cadavere riverso a terra. Mi avviai verso la vetrata dell’elegante salone, osservando se vi erano segni di effrazione
–Ann- chiamai
 –Cosa mi sai dire sulla vittima?- dissi, lanciando una fugace occhiata alla donna bionda, con il coltello da cucina che le aveva perforato il torace ancora conficcato nel suo petto. Stefano, Vale e Dave erano già all’opera
–Ann prese il suo portatile, e iniziò a premere tasti
–Posso dirvelo io!- squittì la regina del gossip
 –Clarice de Angelis era una cantante, prima di avviare la casa discografica che porta il suo nome, ed è famosa in tutta l’isola. Ha avuto una relazione con…- iniziò spedita
 -.. Un certo Lionel Rohe, un imprenditore tedesco- proseguì Annika. Carly sbuffò
 –Ma poco fa si sono separati. O meglio, è stata lei a lasciarlo, per uno scandalo che non hanno voluto rivelare. Però lui era furioso- rincarò un attimo dopo
 -Forse c’entra la gelosia, potrebbe essere questo il movente- continuò la mia amica, ignorando Carlotta. Addio timida e insicura Annika, benvenuta Ann che guarda un cadavere senza nessuna emozione!
–A giudicare dal sangue rappreso, e dallo stato di coagulazione, il decesso deve essere avvenuto verso le due di questa notte. La poca fuoriuscita di sangue dal torace, indica che non è stata questa la vera causa del decesso. Ad occhio e croce, il coltello deve essere stato ‘infilato’ nella stessa ferita successivamente- Vale era già passata all’ispezione del corpo, mentre Stefano le passava diligentemente gli strumenti e prendeva appunti, e Dave prendeva campioni.
-Mi chiedo perché- mormorai, osservando la meravigliosa vista che si godeva dalle ampie vetrate del ricco salotto
- Potrò dirvi di meglio dopo l’autopsia- m’informò Vale, scartabellando i suoi dati
 –Chi ha avvisato la polizia?- chiese Selene 
–La cameriera che è venuta alle sette- rispose Carlo, da un punto imprecisato della stanza
 –Carlo dove sei?- chiesi
- Dietro il divano. Mi sembra di aver visto qualc..AHIAA!-  ci precipitammo verso il divano, e vedemmo un boder collie ringhiare minaccioso
 –E lui chi diamine è?!- chiese Selene , che non ammetteva di buon grado i cani. Questo, poi, continuava a ringhiare
 –Deve essere Kenya, il cane di Clarice- disse Carlotta
–Si faceva toccare solo da lei- la mia mente catturò qualcosa
–Se è rimasta lì, ha visto l’assassino- dissi, avvicinandomi. Quella continuò a ringhiare. Ci fissammo come due animali prima dello scannamento
 –Seduto- ordinai. Lei ringhiò
–Oh, lo so che non hai il coraggio di mordermi-continuai. Kenya si mise in posizione di attacco
 –Se lo fai ti sparo- dissi
 –Kenya, seduta!- ordinò una voce dal corridoio. Il cane uggiolò, poi si sedette
 –E lei chi è?- chiese Vale, affacciandosi all’ingresso
 –Io sono un amico di Clarice. Sono venuto a trovarla, come sta? Si è rimessa? – un’uomo sulla trentina, con i ricci scombinati, un accenno di barba, e una studiata trasandatezza da perfetto cittadino urbano qualunque ci fissava innocente da dietro la montatura di un paio di anonimi occhiali da vista
–Non credo potrà domandarglielo, dato che è morta. A quanto pare è stata finita da una pugnalata al cuore- osservai. Il tizio sbiancò, poi annuì
–Mi avevano detto che stava male
- E, se posso chiedere, chi gli ha dato questa informazione?- domandò Selene 
–La signorina che viene a pulire da lei- disse lui, senza scomporsi
 –Mi scusi, ma lei chi è?- chiese Dave
 –Io mi chiamo Giacomo, e dirigo una piccola casa discografica, ma ero molto amico di Clarice- rispose Giacomo
 –Capisco. Non lasci la città, penso che potrebbe fare due salti in caserma- commentai. Poi andai da Dave
 –Ci sono impronte?- chiesi. Lui scosse la testa
–Sto controllando, ma ad un primo rilievo non ne ho viste- disse sconsolato
–Vabbè. Riuniamo tutto il personale, e andiamo in caserma. Voglio interrogare questo Giacomo e la ragazza
- Non puoi! Non puoi!- esclamò Carlotta
 –Il caso è stato affidato a me!- tutta la squadra speciale si voltò verso di lei
 –COOOSA?!- esclamammo tutti
 –Si, non ve l’ho detto? Poco prima che partissimo ho convinto il generale ad affidarmi questo caso. Spero vi piacciano gli smeraldi- ghignò allontanandosi. Restammo a bocca aperta
 –Vì? Torniamo alla stazione?- chiese Selene . Io annuii
 –Dovrei parlare con il generale, no?-  dissi, avviandomi nel giardino. Diedi un’occhiata al corpo. Una donna, con i capelli biondi, ciglia nerissime, la pelle pallida, dovuta al sangue che aveva interrotto la circolazione. Mi infilai al volante della macchina
–Viky, cosa diamine hai intenzione di fare?- chiese Giorgio, sedendosi accanto a me
 –Nulla, vado a cercare gli smeraldi- sbuffai, mettendo in moto. In dieci minuti tornammo nell’  ufficio. Gettai la borsa a terra, furiosa, facendo crollare una montagna di documenti
-Ma che.. oh, che cavolo!- esclamai, raccattandoli a casaccio, e incominciando a posizionarli nelle apposite cassette. Quel caso era mio, mio, mio! Come osava Carly rubarmi il lavoro?! Sentii la porta sbattere, ma non mi voltai, restando di schiena
 –Agente Fox
- Generale- dissi, con i denti stretti
 –Non so se Carlotta le ha detto..
- Carlotta mi ha detto fin troppo, grazie, mi occuperò degli smeraldi- lo interruppi, tentando di non sbuffare. Avevamo un rapporto particolare, ma era pur sempre il mio capo.
–No, non questo, volevo presentare il nuovo membro della vostra squadra- questo mi colse di sorpresa. Mi tolsi il cappello, e una cascata di ricci castano scuro-color miele mi scivolò sulla schiena
–Non sapevo di un nuovo membro- osservai, sempre di spalle, chiudendo il cassetto delle pratiche archiviate.
–Beh, se ci degnassi di uno sguardo, sapresti che è qui- dopo aver trovato il caso degli smeraldi, finalmente mi girai. E lasciai andare nuovamente tutti i fogli. Sbarrai gli occhi, e la mia bocca formò una perfetta “O”
–Tu?- la persona davanti a me era sconvolta quanto la sottoscritta. No, tutto ma lui no, non lui. Guardai quel viso così familiare, che non vedevo da sei anni, eppure ogni giorno –Ah, siccome vi conoscete, vi lascio soli, signorina Fox, lei lo introdurrà nella caserma, e lo farà partecipare a qualche vostra indagine. Da oggi lui farà parte della squadra nove bis!- e dopo quelle parole, la mia vita cambiò. Infatti il generale lo intuì, e tagliò la corda. Restammo a fissarci. Fu lui a parlare
 –Sembri cresciuta..
–Perché sei tornato-  tagliai corto. Lui fece spallucce
 –Non lo so. L’aria di quest’isola, forse?
- Capri è mia, la squadra è mia, non ti basta avermi rovinato la vita sei anni fa?-  domandai furiosa. Vidi che ci stavano guardando, così abbassai le tendine dello studio
 –Te lo chiedo un’ultima volta. Perché sei venuto a Capri?- sibilai
 –Perché mi hanno trasferito- rispose lui, sbuffando. Oh, perfetto. E ora come facevo ad allontanarmi da lui?
 –Okay, ho cose più importanti di cui preoccuparmi-  esclamai
-Se pensi che farò la brava recluta e ti farò sentire a casa cancellando questi anni, scordatelo. Adesso andiamo a fare un giro, così ti mostro la città. All’ingresso tra dieci minuti- dissi meccanicamente. Lui mi bloccò 
–Non sono qui per farti male-
–Già. A me non puoi fare più male. Non più di quanto me ne hai fatto sei anni fa-  sibilai. Poi uscii a prendere un caffè. Perché il mio ex era lì?! Perché era tornato a rovinarmi la vita? Pensai a quegli anni, sei anni prima, all’Accademia di Polizia. Uno dei periodi più belli della mia vita.  Mi ero sentita accettata, per una volta. Pensavo che tutto si sarebbe sistemato. I miei genitori furono uccisi quando avevo otto anni. Eravamo nella nostra casa di campagna, e sarei morta, se mia madre non mi avesse nascosta. Uccisero senza pietà mia madre, Michael e mio padre. E io potei solo stare ferma, con gli occhi spalancati nel buio, fino a quando non mi portarono via, impedendomi la vista di quello scempio. Strinsi la catenina. L’unico cimelio del passato che mi concedevo. Il medaglione di mia madre. Quello che era successo all’accademia, me, Lance.. tutto cancellato, non avrebbe saputo. Non si sarebbe interessato a me, avrei protetto l’unica cosa alla quale tenevo. Emma. L’amore della mia vita.
 –Victoria, stai bene?- Vale mi mise un braccio intorno alle spalle. Avevo la testa premuta contro la macchinetta del caffè, e strizzavo gli occhi.
-Mal di testa. Scusatemi- dissi, infilandomi in bagno.. Appoggiai le mani sul lavandino freddo. Mi guardai nel riflesso dello specchio. Avevo bisogno delle pillole. Frugai nelle tasche e le trovai. I miei ansiolitici. Inghiottì a fatica, e mi massaggiai le tempie. Nella mia mente udii suoni ovattati poi, lentamente, tutto si fece più nitido. Il respiro tornò al suo posto, e le gambe smisero di tremare. Mi guardai allo specchio
-Fatti coraggio- dissi, legandomi i capelli in una coda, e appuntando il distintivo. Poi sgattaiolai fuori. Se il mio compito era quello di mostrargli la città, meglio. Mi sarei allontanata dallo studio. Presi la macchina, e lo aspettai. Arrivò dopo un attimo, poi entrò, osservando ogni mio movimento.
 –La cintura
- Non mi dare ordini- ringhiai, poi misi in moto. Gli feci fare il giro della piazzetta, poi proseguii per Capri, mostrandogli i punti di riferimento, le vie principali, la spiaggia
-Poi questa è la strada che devi fare per arrivare in ufficio. Svolti, e questo è il garage. Non parcheggiare al posto del generale- dissi con voce atona
 –Tu dove vivi?- mi interruppe lui
 –Nel paese di sopra- risposi. Non accennai a Emma. Non era necessario.
 –Perfetto, pure io- frenai improvvisamente
 –Come?!- esclamai esterrefatta
 –Anacapri. Casa mia è lì- disse
–Hai una casa qui?
- Si, l’eredità di mia nonna- disse pacatamente
–Posso sapere dove, esattamente?- m’imposi di restare calma. Calma, Vì
 –Qualcosa tipo vicino ad una chiesa, a pochi passi da un cimitero. Interessante, no?- sbattei la testa nel volante, azionando il clacson. Vicini di casa
 –Perché vuoi continuare a distruggere quello che cerco di costruire- dissi
-Non voglio distruggere. Non ce l’ho con te
Non ce l’ho con te.
..Cosa?
Non ce l’aveva con me?! Lui mi aveva rovinato la vita, e dovevo scusarlo?!
Lo guardai divisa tra odio e amara sorpresa.
-Perché abbiamo chiuso-
Uscii dalla macchina, quasi correndo. Ricordai con esattezza quella notte, una notte terribile. I fari di una macchina, l’urto. E lui, scomparso. L’ansia, l’attesa. E la mia vita era cambiata per sempre. Rientrai in caserma, e iniziai a indagare sugli smeraldi, mentre Carly saltellava per lo studio. Un’idea prese forma nella mia testa. Perché stavo fantasticando sul caso di Carlotta?! Dovevo concentrarmi sugli smeraldi! Consultai un paio di tabulati telefonici, di codici bancari
 –David! È arrivato il referto della scientifica?- domandai, affacciandomi dallo studio
 –Fresco fresco!- esclamò lui, gettandolo sul mio tavolo. Analizzai il plico di documenti
–Ci sono delle coincidenze molto strane-  Selene  si avvicinò
–In questi codici bancari ci sono delle strane anomalie. Sono stati prelevati dei soldi dal conto dell’avvocato che segue il caso. Questa somma è stata versata a piccole somme nel conto del nostro sospettato. Che guarda caso era un suo cliente- mormorò
-E questa polizza assicurativa stipulata poco prima del furto?- le fece eco Carlo, appoggiandosi prepotentemente a Selene, usandola come tavolino. Lei se lo scostò di scatto, brontolando
 –Andiamo a strapazzare qualche avvocato- dissi, prendendo la pistola, e infilando il cappello. La squadra mi seguì.  
-La dichiaro in arresto per truffa aggravata ai danni della legge. Ha il diritto di restare in silenzio. Ha diritto ad avere un avvocato  eccetera eccetera. Ma perché le dico questo, lei è un avvocato!- rifletté Selene, ammanettando l’avvocato. Io rimasi in disparte, osservando la scena. Un altro criminale fuori circolazione. Adesso avevo qualche pretesto per proporre la mia idea al generale. Seguii la mia squadra, più il criminale e l’incomoda nuova recluta, e partimmo a sirene spianate. Ormai era pomeriggio inoltrato, e le ultime ore del giorno trascorsero velocemente, mentre stilavo il rapporto. Erano le nove, quando chiudemmo le luci dello studio.
-Vì, mangi con noi?- chiese Ann. La guardai spaesata.
-Ehm, io non so, devo andare.. Emma, devo andare da Emma!- esclamai, ricordandomi improvvisamente.
-E che problema c’è? Ti accompagna Lance, che ha la macchina. Fate una corsa, andate a prenderla e tornate. Tanto lo so che prendi sempre la stessa cosa- sorrise malizioso Carlo. Maledetti. Dovevano sapere qualcosa, sicuro
-No, vado in metro-
-La moto ancora rotta?- chiese Selene. Annuii, sotto lo sguardo vigile di Lance
-Se non torni vengo a cercarti- mi minacciò Dave. Annuii, assente, poi mi avviai
Lungo il percorso maledissi svariate persone, divinità, cose e animali. Perché stava capitando tutto quel casino? Mi ero trovata nella situazione più terribile che avessi mai immaginato. Emma e Lance si sarebbero incontrati. Nella mia mente volarono scenari di ogni tipo, ogni singola ipotesi più assurda. Mi appoggiai alla ringhiera fredda, e respirai profondamente. Il treno arrivò dopo poco. Sospirai, e salii, mentre una corrente d’aria mi scompigliava i capelli.  Maledissi anche quella. La corsa fu breve, per fortuna. Il pensiero di vedere Emma, l’unica persona al mondo che beneficiava del mio amore assoluto, non riuscì a non strapparmi un sorriso. Percorsi rapidamente le stradine di Anacapri, fino a quando due fari non mi abbagliarono, a due passi da casa mia.
-Ma che..- esclamai, quando la macchina mi urtò, fermandosi di colpo. Era una macchina stupenda. A occhio e croce mi sembrava una PPPPPPPPP ultimo modello. Era così silenziosa che non l’avevo sentita arrivare. Ma la sorpresa fu il guidatore.
-E tu che ci fai qui?!- esclamai.
–Stavo tornando a casa a posare delle cose, e dato che ho la macchina, ho fatto prima- fece spallucce Lance
–Comunque sia, che devi fare?
- Non sono affari tuoi- dissi allarmata. Non poteva sapere di Emma
–Se fai in fretta ti do un passaggio
- Non mi interessa- borbottai, avviandomi sul vialetto di casa
- Vivi sola?- non sopportavo quel disinvolto interrogatorio. Intanto, parcheggiata la macchina, mi seguì ostinato.
–No- dissi. Fece una smorfia
 –E come si chiama lui?- domandò infastidito
–Lei- lo corressi. Vidi lo sgomento più totale, poi un cauto
–Dividi la casa con un’amica?- chiese cauto, sondando il terreno. Sorrisi ironica, che cosa aveva capito?
 –No.. più di un’amica, diciamo che è la mia famiglia- tanto l’avrebbe scoperto, prima o poi. Qualcuno gli avrebbe parlato di Emma, probabilmente Carly
–Cosa!?- non si era trattenuto. Lo ignorai, e aprii la porta di casa mia
–Emma, tesoro?- chiamai. Dapprima nulla. Eppure dovevano averla riportata appena pochi minuti prima. E poi sentii un rumore di passi veloci e leggeri.
 –Ciao mamma!- esclamò lei
 –Ciao tu!- esclamai di rimando, prendendola in braccio, se facendola girare.
 –Bene, sei vestita! Scusa se ti ho lasciato qui sola soletta-  mi morsi un labbro
 –Non ti preoccupare, sono qui da soli dieci minuti. Mi sono vestita elegante, perché quando vieni più tardi mi porti a cena. Andiamo?- chiese. poi guardò Lance
 –Mamma, lui chi è?- la faccia di Lance era sconvolta. Indicò Emma, poi balbettò qualcosa di molto somigliante a un
-E’ tua figlia?-  mi alzai in piedi, stringendo Emma tra le braccia. Non mi somigliava per nulla, essendo una bambina meravigliosa, semplicemente stupenda. I lunghi capelli castano chiarissimi le scendevano lisci sulla schiena, mentre due meravigliosi occhi verdi-blu illuminavano un viso che non aveva nulla da invidiare ad una bambola.
 –Una persona pericolosa- dissi, avviandomi fuori casa
–Non è vero!- protestò lui –Sono un poliziotto anche io!- Emma si voltò, con un’aria troppo intelligente per la sua età
–Ciao tu!- esclamò, aprendo il palmo della mano davanti alla sua faccia
 –Io sono Emma
– Io Lance
- Emma, dico sul serio. Fa finta che sia l’uomo nero-  dissi, avviandomi verso la metro
 –Volete un passaggio?- domandò “L’uomo nero” aprendo la portiera della macchina. Emma si voltò
–Non si accettano passaggi dagli sconosciuti- disse, fulminandolo con uno sguardo.
–Questa è la mia bambina!- non riuscii a trattenermi, prima di salire sul treno.
Arrivammo prima di Lance. Emma fu calorosamente salutata da tutti. Era il nostro momento preferito, quando ci riunivamo tutti insieme, la fantastica 9 bis, e parlavamo un po’
-Complimenti a tutti per il caso degli smeraldi, risolto a tempo record! Urrà per noi! Esclamò Vale, imitata da tutti
 –Quindi non abbiamo molti altri casi interessanti- disse Ann
 –Più ferie per noi!- esclamò Carlo
–Sapete- disse invece Selene                                               
 –Non riesco a smettere di pensare a Carly, e a quel caso.. troppi punti non quadrano- -                   
     -Quale caso?-                                                                                                                                 
    -Ah, bentornato novellino!- disse Stefano allegramente. Dave, il più razionale, gli spiegò tutto. Io, il più lontana possibile da Lance, intrecciavo origami con il fazzoletto, riflettendo. La mia mente lavorava di più, quando facevo un’altra attività motoria
  –Ragazzi, io voglio quel caso-  annunciai sovrappensiero
–Non può rubarlo Carly, quel caso è mio- continuai
–Si, infatti, chi si crede di essere!- esclamò Selene 
–Ehi, magari vuole fare qualcosa di buono… - tentò Carlo
 –Si, voi ragazzi, sempre a difenderla- saltò su Ann
 –Calma! Diciamo solo che magari..
- Vuole la fama. Ecco cosa- disse Valeria
–E il cane?- chiese Emma, con gli occhi che brillavano. Lance sussultò. Io spalancai gli occhi. A parte questo, nessuno notò nulla
- Già, quel cane mi ha morso- sbuffò Carlo
-Lo hai spaventato, zio- borbottò Emm
- Tesoro mangia che si raffredda- dissi, chiudendo la discussione. Dopo una mousse di cioccolato, e quando la testa di Emma ciondolò e si schiantò sul tavolo, decisi di tornare a casa. Avvolsi la bambina nella mia giacca –Non vorrai portarla con la metro a quest’ora?!- esclamò scandalizzato Lance
–Cosa te ne importa, scusa?- lo fucilai con un’occhiata
 –Ho detto un passaggio, non un rapimento- alzò gli occhi al cielo lui. Guardai Emma
 –Solo per oggi- sibilai, infilandomi nella macchina. Durante il tragitto restammo in silenzio                                                                                                                                 
  –Allora è veramente tua figlia?- domandò titubante, esponendo il dubbio che lo assillava da un paio d’ore. Scostai una ciocca di capelli dal visino della bambina    
    –Non è stato affatto facile crescerla-   
-Il padre?- domandò ancora. Sussultai. Il padre  
  –E’ stata adottata. Sua madre è morta dandola alla luce, suo padre è scappato. È una bambina particolare- mormorai 
-Particolare?-
-Si- tagliai corto.                                             
 -Non mi sembri il tipo di mamma irrazionale che pensa che sua figlia sia unica e speciale. Quindi speciale deve essere sul serio, e non mi meraviglia- ragionò lui  
  –Già. Peccato che non abbia voglia di parlarne–
-Come faceva a sapere del cane? Non gliene hai parlato. Eppure lo sapeva- sussultai
-Non sono affari che ti riguardano- ringhiai.
-Capisco- disse, scrutando un segnale nell’oscurità. Mi voltai, osservando il bosco, stringendomi al petto la mia bambina
-Vì- mi chiamò
-Che vuoi- sospirai
–Siamo arrivati- disse. Vidi le luci del paese. La macchina si fermò al limite della zona pedonale. Uscii quasi di corsa.
-Vì?-
-Eh- sbottai
-Sono.. Sono contento di averti ritrovata- sorrise. E poi ripartì, lasciandomi lì, con una bambina addormentata in braccio, e tantissime domande.
Lance era tornato da meno di un giorno, e già la baraonda regnava nel mio cuore. Sospirai. L’indomani Sabrina non avrebbe potuto tenerla. Probabilmente l’avrei portata in ufficio. Con Lance. Rabbrividii, infilando la chiave nella toppa. Che giornata di merda. Posai Emma nel mio lettone, poi mi misi il pigiama, mi lavai i denti, e sprofondai nel lettone. Forse potevo riposarmi anche io..   
  -VICTORIA FOX, IO TE LA FACCIO INGOIARE QUESTA PANTOFOLA!-  
CRASH! 
Rumore di un vetro che si sfonda.
  A quanto pare no.


 

.. questa storia, probabilmente è stata  dimenticata. Ma per me è ancora un angolo che mi lega al passato. Ad un passato che inseguo per non scordare. Scordare l’estate in cui mi sembrò di tornare in vita. Questa è la storia di un futuro, che mi ero prefissata nel passato, ed ora che sono nel presente riesco a capire. Capire tante cose. Penso sia la storia alla quale tengo di più, sempre che una madre possa scegliere tra le sue figlie… beh, non ho mai scordato Victoria ed Emma. E nemmeno Lance. E la squadra. È ora di riprendermeli.. ed è quello che farò. Perché non mi chiamano Victoria per niente.
Vì 

   
 
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