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Autore: Cap Hecate    04/02/2014    5 recensioni
Zayn Malik, artista senza ispirazione. Liam Payne, aspirante giornalista che parla troppo, ma non con lui. Una conferenza, un castello di carta e le bugie svelate.
(Ziam/lieve accenno Larry)
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Liam Payne, Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Paradossalmente il non accaduto è più logico

C’erano giorni in cui necessitavo unicamente di potermi annullare nella musica e tutto ciò che occupava la mia mente, era la scelta di un gruppo o cantante di cui ascoltare ossessivamente la discografia: oggi la ruota si era fermata su Absolution dei Muse. Il ritmo compulsivo e ripetuto dei tasti violentati con inaudita crudeltà di quel pianoforte, il suono costante della chitarra elettrica, quasi ipnotico, stonava incredibilmente con il titolo di quella canzone in cui mi stavo perdendo – sfortunatamente Apocalipse Please lasciò velocemente il posto a Time Is Running Out: sfortunatamente, come potevo definire sfortuna ascoltare la mia canzone preferita? Forse non era una buona giornata, ma non amavo sprecare in quel modo il mio tempo: partecipare a una conferenza su uno scrittore del dopoguerra italiano semisconosciuto persino nella sua patria non era di certo il genere di attività che avrei scelto di svolgere nella mia prima domenica libera dallo studio e dai libri. Mi ero lasciato corteggiare dalla possibilità di crediti extra con un corso di letteratura che non si discostava poi molto dal mio piano di studi: le arti visive avevano fin dalle origini trovato spunti nella letteratura, perché non risolvere il mio problema scadendo nel banale? Detestavo il non riuscire a trovare ispirazione, il mondo doveva essere pieno di appigli, di colori e di qualsiasi cosa fosse degna di essere immortalata per sempre – il mondo era così banale. Era tutto già visto, tutto già osservato e sperimentato prima della mia nascita e sinceramente non riuscivo ad ammirare totalmente l’arte contemporanea: il mio amore, la mia passione arrivava unicamente al dadaismo o al surrealismo, dopodiché provavo un moto di inspiegabile disgusto nell’osservare squarci sulle tele o semplici punti. Io potevo pure non avere ispirazione, ma non mi sarei mai abbassato a imbrattare tele su tele con macchie di colore senza significato solo per amore della fama e dei soldi, non mi sarei mai prostituito in quel modo. E forse Matthew Bellamy e il ritmo arrabbiato di Hysteria potevano comprendere i miei sentimenti: non erano importanti le parole, erano i suoni che accompagnavano, legavano e strozzavano i miei pensieri, ad esserlo. Non volevo ascoltare, comprendere o identificarmi nel testo – solo scomparire, smettere di essere un pensiero, un qualcosa di esistente nella banalità del mondo e farmi puro ricettacolo delle emozioni della vita. Il mio problema era esistere nel mondo e la banalità di questo: se il mondo era banale e io gli appartenevo, allora anche io potevo essere considerato banale?

-Scusi signore, sono costretta a chiederle di togliere le cuffie: fra qualche minuto incomincerà la conferenza.-

Fine del conforto, fine della possibilità di annullarsi e smettere semplicemente di appartenere alla vita umana: il tono dimesso, ipocritamente gentile e autoritario di quella ragazza pagata per far sì che questo incontro proseguisse secondo le regole, mi aveva rigettato nella vita. Un secondo parto, forse persino più traumatico del primo di cui non si conserva memoria. La bella signorina, profumata di lavanda e timo, profumo di casa e familiarità, era l’ostetrica che con menzogne ti portava alla luce prima del tempo: avrei potuto continuare nella mia non esistenza per un’altra mezz’ora prima dell’inizio di quella lezione supplementare su Guido Morselli. Non potevo dimostrarmi troppo duro con quella ragazza profumata, il maggiore ipocrita ero io: non sapevo nulla di quello scrittore, quel che era peggio è che non sentivo il bisogno di saperne alcunché, neppure i titoli delle sue opere. Non avrei neppure voluto frequentare – avrei passato la giornata seduto su un muretto ad osservare la vita scorrermi davanti, cercando inutilmente ispirazione da quella – ma la maggiore delle mie sorelle mi aveva costretto a frequentare, asserendo che la vita si nascondeva anche nei luoghi più impensati al mondo: semplicemente non ero portato per la caccia al tesoro e non mi interessava giocare a nascondino, ero troppo pigro persino per lasciare che l’ispirazione scendesse dal cielo come grazia divina. Troppo pigro per qualsiasi sentimento che non fosse un’apatica indifferenza, ripeteva sempre la più piccola delle mie sorelle: come facesse una bambina così piccola e adorabile a conoscere il reale significato della mia apatia e della mia indifferenza era ancora un mistero per me, ma lo sarebbe rimasto per sempre dal momento che non mi sarei mai interessato troppo all’autoanalisi. L’ultima mia sorella, quella appena più piccola di me ma più grande della mia bambolina intelligente, riteneva che fosse la paura ciò che paralizzava la mia ricerca interiore, ma a parer suo era a dir poco elementare chi io fossi: semplicemente un’artista. Pensavo avesse semplicemente una visione distorta della realtà, io non ero nulla senza ispirazione ma non mi preoccupavo neppure di cercarla.

-Posso sedermi?-

Conoscevo quel ragazzo, frequentava il mio stesso corso di letteratura e parlava tanto, troppo: sapevo che voleva essere un giornalista e che era sempre circondato dalla gente giusta, sebbene non assomigliasse affatto a uno di loro. Sapevo osservare bene e il mio vicino – seduti su orribili e comode poltroncine blu a fissare un tavolo ancora vuoto, neppure un tavolino reclinabile per prendere appunti, cercare di disegnare qualcosa, inutilmente – apparteneva alla categoria delle persone giuste e inspiegabilmente era loro superiore: non c’era arroganza nella sua voce sempre pronta a raccontare al mondo intero le sue esperienze, solo semplice e genuino entusiasmo. Non c’era superbia nell’osservare chi non godeva della possibilità di passare le proprie giornate insieme a lui, solo curiosità – una persona simile non si poteva odiare, inoltre l’odio comportava un’inutile spreco di energie da parte mia. Non mi illudevo che lui fosse seduto accanto a me per una qualche curiosità o entusiasmo – così fosse si sarebbe immediatamente ricreduto osservando la tela bianca della mia vita – semmai era stato spinto da un egoistico istinto di sopravvivenza: in quella sala azzurra e bianca, in un moderno barocco che nulla poteva eguagliare la magnificenza di quello seicentesco , noi due eravamo gli unici ospiti al di sotto dei quarant’anni ed entrambi ne avevamo appena venti. Non gli rimproveravo quell’egoismo, dopotutto era la chiave di volta della vita umana: non una di quelle grandi imprese che si studiano sui libri di storia, non uno di quei sonetti che mi avevano fatto studiare per quel corso, non uno di quei dipinti che tanto ammiravo e invidiavo erano stati realizzati senza la spinta egoistica che faceva muovere il mondo.

-“L’amor che move il Sole e le altre stelle”: è questa la citazione esatta.-

Era capace di arrossire il mio compagno di corso, scoperto a spiare nel mio blocco di appunti, a decifrare la mia scrittura – pedante nel voler correggere una mia creazione, il mio primo ansito di vita: Dante credeva fosse Dio il responsabile di tutto ciò che accadeva nell’universo, ma Dio era un’idea della mente umana. Puro egoismo.

-Scusa, immagino lo sapessi da te: comunque cosa ci fa uno come te qui, di domenica pomeriggio?-

Uno come me. Chissà come mi vede questo ragazzo che parla con tutti con la mia sola eccezione, chissà chi pensa io sia: avrà già visto la tela bianca o anche lui, come la mia sorellina ha una distorta visione del mondo e pensa io sia un’artista o più semplicemente un essere umano vivo e pensante. Non può non accorgersi che io sono puro pensiero e che dentro di me porto la più completa e totale desolazione. Il miele che stranamente inizia a riempire il mio sguardo altro non è – altro non può essere – che il colore del cielo al tramonto: poco importa che sia la prima volta che io osservo un cielo di un simile colore, poco importa che io l’abbia sempre visto riflesso negli occhi del mio vicino che implacabile continua a parlare, non aspettando una mia risposta. Sapendo ancor prima di chiedere: sì, perché l’artista non parla mai – scrive, osserva e ascolta, ma non parla perché è banale e non disegna perché non è ispirato.

-Io sono qui perché conosco il relatore principale, mi ha costretto a venire anche se io avrei preferito rimanere a casa a finire di leggere. Non amo Morselli, anzi, se devo essere sincero, Dissipatio H.G. non mi è piaciuto affatto nonostante la trama interessante.-

Conosco la trama e, anche se non so il nome del protagonista, invidio il suo destino: il genere umano è scomparso e lui non può far altro che chiedersi se tutto sarebbe andato diversamente se solo lui avesse portato a termine il suo appuntamento con la “ragazza con l’occhio nero”. Il dilemma del genere umano: l’uomo non è capace di vivere senza se e senza ma, non è mai contento, mai appagato – io sono appagato o continuo nella mia non vita con statica disillusione. È normale domandarselo? È giusto sentirsi gli occhi bruciare per il destino di un personaggio letterario di cui non so il nome, l’inizio o la fine, ma solo il desiderio irrealizzato di un suicidio. Non che abbia mai pensato al suicidio, non in relazione alla mia vita almeno - dovrei prendere una decisione, vivere per poter scegliere di morire – ma è un argomento generalmente ritenuto affascinante, così io credo: almeno quanto dovrebbe essere il riflesso della luce che entra da una delle enormi vetrate della sala e si infrange sulle mani del mio vicino, disegnando un caleidoscopio di luci e ombre che mi attirano, come un credente di fronte il proprio oggetto di culto.

-Allora artista, hai trovato l’ispirazione per questo tuo grande dipinto?-

Il mio castello di carta si sgretola sotto i miei occhi e torno ad essere Zayn Malik, seduto a una conferenza che non interessa ne a me ne a Liam Payne, seduto al mio fianco: e non c’è alcun corso di letteratura un comune, non c’è il sogno di diventare giornalista a determinare un ipotetico piano di studi – detestiamo i giornalisti, lo abbiamo sempre fatto – non sono uno studente d’arte e le mie sorelle sono semplicemente troppo lontane e troppo vicine sentimentalmente per avermi spinto in questa farsa. Eppure Liam ne è consapevole, sa che tutto ciò che mi ispira è la certezza di innamorarmi di lui, volta dopo volta, come fosse la prima volta: per questo motivo ogni volta che divento apatico agli stimoli del mondo diamo vita a una commedia tragicomica dove tutto in lui è capace di riportarmi in vita. È sbagliato amarlo tanto? Me lo domando mentre lo osservo e trovo mille nuove ragioni per amarlo ogni volta di più, ma non posso rivelarglielo: io sono l’artista ed è risaputo che l’artista non parla mai. Non parlai neppure quando lo vidi allontanarsi a parlare con quel relatore che sfortunatamente conosceva sul serio, non parlai neppure quando nuovamente annoiato presi la sua agenda e la apri alla data odierna, non parlai neppure quando lessi le sue parole scritte, nero su bianco, per me. Su di me.

A volte in quegli occhi scuri – che poi scuri non sono – mi perdo, annegando in un profondo che è l’infinito di tutta la mia vita: e mi chiedo per quale motivo il possessore di quegli occhi scuri – che poi scuri non sono – debba essere il detentore di tutta la mia vita. A volte mi accorgo che quegli occhi scuri non sono altro che la mia unica possibilità di essere felice: perché  io ci avevo creduto davvero, mi ero lasciato ingannare da tutte quelle luci e tutti quei flash e tutte quelle scintille – mi ero cullato nell’illusione che potessero brillare con la stessa forza e la stessa sicurezza delle stelle incastonate in quegli occhi scuri. Non si erano spente neppure quando, insieme a me, avevano osservato la degradante putrefazione di corpi  vivi costretti a fingere, costretti a morire dentro per non impazzire: avevano brillato con più forza, con doloroso rancore, con irata sofferenza – avevano osservato, insieme a me, un amore puro come un “Non ti scordar di me” appassire, schiacciato dall’ipocrisia di un mondo incapace di comprendere la vera bellezza. Ed io, in quegli occhi scuri, mi ero perso per poi ritrovarmi più consapevole di prima: mi ero aggrappato alla loro sicurezza con la stessa forza di un naufrago che non desiderava morire – che voleva vivere – ed avevo capito. Avevo compreso che quell’amore che credevo morto, soffocato dalla grettezza della gente, aveva assunto l’aspetto fragile e allo stesso tempo orgoglioso dell’orchidea ed insieme a quegli occhi scuri avevo gioito. E quelle stesse stelle, che avevo visto brillare in quegli occhi scuri, le avevo viste riflesse nei occhi più chiari. Ed un’altra consapevolezza si era manifestata nella mia mente: quegli occhi scuri, che tanto amavo, non erano affatto scuri. Erano luminosi come le stelle che vi erano intrappolate dentro,dolci come quel miele castagno che più di qualsiasi altra tonalità rappresentava il loro reale colore, tenaci come quell’arte che si ostinava a celebrare in tutte le sue forme. Quegli occhi scuri – che poi scuri non sono – sono tutto l’infinito che desidero sia la mia stessa vita.

Non parlai neppure quando si avvicinò nuovamente a me, imbarazzato dal fatto che io avessi scoperto il suo segreto, nudo e vulnerabile per la prima volta sotto il mio sguardo.

-Ti amo anche io.-

L’artista non parlava, ma io ero anche Zayn Malik ed era risaputo che Zayn Malik amasse Liam Payne.



Cantuccio dell'autore: da quando ho scritto "It is what it is" per divertimento, per strappare una risata ad una mia amica sono cambiate molte cose. A novembre/dicembre neppure sapevo il numero esatto dei componenti o i loro nomi e ancora adesso non posso essere definita una fan dal punto di vista prettamente musicale, ma mi sono innamorata di loro in quanto persone: magari la mia visione di loro è completamente sfalsata, probabilmente è così, ma a me non importa, ciò che conta, egoisticamente parlando è che loro siano felici. Spero che questa storia vi sia piaciuta (i pensieri su Dissipatio H.G. sono di un mio amico con cui sono andata veramente a sentire una conferenza su Guido Morselli e miè piaciuta tantissimo) e se volete lasciare una recensione o anche una critica (che non sia omofoba, perchè io non so nulla della vita di quei cinque ragazzi quindi è tutto frutto della mia mente e se un rapporto omosessuale vi infastidisce sappiate che io non vi ho costretto a leggere) ne sarei davvero felice.
   
 
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