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Autore: _Polx_    04/02/2014    5 recensioni
Storia dedicata a tutti coloro che amano il trash.
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Ciò che l'umanità può compiere grazie ai propri studi, all'interno dei grandi laboratori che con fatica e intelligenza si è creata, è grande. È pericoloso. E se sfuggisse di mano, causerebbe catastrofi inimmaginabili. Purtroppo diventa evidente solo quando accade. Quando è troppo tardi. A quel punto, l'unico modo è sperare nell'azione di uomini e donne più forti, più preparati e capaci di contrastare ciò che è troppo furioso e terribile per essere vinto. Se non si può avere la meglio, allora bisogna continuare a lottare, nella speranza che, un giorno, arrivi l'ora del riscatto.
Genere: Azione, Horror, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Guizzando come un'anguilla, indifferente alle impervietà, agli ostacoli e alla precarietà strutturale dell'edificio, l'agente R giunge al punto di ritrovo.
Perché sia stato scelto quel luogo quale meta per gli agenti in azione è evidente: in un tempo come questo ciò che è più pericoloso diviene paradossalmente rifugio da sfruttare, poiché mai e poi mai quelle orripilanti creature di laboratorio si avvicinerebbero a un rudere prossimo al collasso. Essendo stato ordinato a R di raggiungere l'area Est per inviare un messaggio, lei ha obbedito senza esitazione.
Un telefono è attaccato al muro, collegato a chissà quale linea ancora funzionante.
R si arrampica sulle scale anti-incendio e, in bilico sul corrimano mezzo sfondato, afferra l'antiquata cornetta, premendo il numero riferitole: "qui Gemella Croft" si annuncia "ho raggiunto il punto prestabilito. Aspetto risposta" ma nulla le arriva di rimando.
Preme di nuovo i tre numeri: "qui Gemella Croft: ho raggiunto il punto prestabilito. Aspetto risposta".
Teme che il collegamento si sia disattivato e suda freddo. Comincia a soffrire un gran caldo, nonostante la morbida maglia arrotolata poco al di sotto del petto e i cortissimi jeans siano l'unico abbigliamento di cui disponga.
Le spesse suole di gomma dei suoi anfibi scivolano sulle aste d'acciaio che cigolano, sempre più infastidite dal suo peso.
Sa che deve scendere da qualla ringhiera e darsela a gambe, se non vuole schiantarsi a terra dopo una caduta di venti metri, ma se anche fuggisse dove potrebbe andare? La sua era una pura missione tattica: ciò che doveva fare era dirigersi al posto indicato, trovare il trasmettitore e attivare la comunicazione. Quel telefono è ciò che cercava, ne è certa, ma qualcosa deve essere andato storto perché, a questo punto, il centralino le dovrebbe dare risposta affermativa e inviarle un elicottero per riaccompagnarla sana e salva alla base. 
Se c'è qualcosa che ha imparato dall'inizio dello sfacelo, è che non vi è luogo sulla terra che possa considerarsi sicuro. Non strade, non abitazioni, non grattacieli, perché quelle bestie si arrampicano come scimmie indemoniate e se, fiutando l'odore, individuano un percorso per raggiungere la loro preda, questa è finita.
Non essendo nei piani lo scontro diretto con le creature da laboratorio, R ha portato con sé soltanto la sua calibro 45, che può eliminarle, certo, ma solo dopo tre proiettili in testa e lei sa bene che le munizioni non bastano mai, sebbene abbia sei o sette caricatori di ricambio nelle tasche interne dei suoi anfibi.
Non è molto, ma dovrà farselo bastare e pensa che lo spiacevole imprevisto sia ciò che una sprovveduta come lei si meriti in una situazione simile.
Se non vi è nessuno disposto a riportarla alla base, allora vi tornerà con le sue gambe, sebbene sia lontana ed estremamente pericolosa da raggiungere.
Dirà ai superiori che la missione è fallita, anche se non per colpa sua, e che dovranno trovare un altro modo per ottenere il controllo di quella parte di città e insediarvi un nuovo gruppo di protezione armata.
Il suo istinto le dice di procedere sui tetti, muoversi da un edificio all'altro, ma sa anche che, talvolta, stare coi piedi troppo lontani da terra può risultare un problema, perché più si sale più è difficile scendere, il che si trasforma spesso in una trappola.
Una cosa è certa: su quel rudere non potrebbe arrampicarsi neanche un lemure, dunque una tappa a terra le è d'obbligo.
Toglie il blocco di sicura alla pistola e scende.
Cauta come una lince sul ghiaccio, procede di stanza in stanza fino all'esterno.
Non vi è segno di vita e questo la conforta quanto spaventa: sebbene il suo cuore perda un colpo, i nervi del suo corpo sembrano tirare un sospiro di sollievo all'udire un roco grugnito proveniente da dietro l'angolo.
Camminando lentamente a ridosso della parete, si ferma con le spalle accostate allo spigolo e l'arma stretta in pugno.
Si sporge appena e scopre a pochi metri di distanza una di quelle creature: le dà la schiena e lei ne scorge solo le repellenti protuberanze della spina dorsale, culminanti nella lunga e viscida coda serpentinea.
Sta dilaniando qualcosa con gli adunchi artigli delle zampe anteriori ed R impiega qualche istante a comprendere di che si tratti. Era meglio se ne restava all'oscuro: lei conosceva quell'agente, ci aveva parlato proprio la mattina prima.
R si lascia sfuggire un singulto di stupore e attira l'attenzione della bestia famelica che, voltandosi di scatto, mette in mostra il purulento muso sfregiato e lordo di sangue. I grandi occhi carmini vagano per poco, mentre l'acuto olfatto sonda l'aria, e presto scova la nuova preda.
La bestia ruggisce, spalancando le fauci elastiche e costellate di miriadi di zanne, poi parte alla carica, veloce e caracollante come un enorme gorilla inferocito.
R punta rapidamente la pistola contro di lei e le spara due colpi in fronte, facendola stramazzare al suolo. Subito dopo, corre dal compagno d'arme, ma è palesemente troppo tardi. Dev'essere morto da molto, ormai, e se anche così non fosse, non avrebbe speranze, perché il suo ventre è completamente squarciato e le sue interiora sono state divorate dalla bestia.
Non è la prima scena di morte cui R assiste, ma è sempre difficile accettare le perdite quando si tratta di persone conosciute e lei stenta a trattenere le lacrime.
La bestia alle sue spalle si muove improvvisamente, rantolante.
R balza in piedi e torna a sparare. E più colpi le scaraventa addosso, più le si avvicina, godendo con ira selvaggia delle sue grida presto spente e della carne dilaniata dai proiettili.
Il caricatore si esaurisce, ma lei è rapida come un fulmine a estrarre dalla cintura quello di riserva e svuota anch'esso sulla creatura fin quando, premendo e ripremendo il grilletto, l'arma non dà più segni di vita.
Non può sprecare altri colpi preziosi per la sola e infantile sete di vendetta: sa di doversi accontentare.
Purtroppo, la furia le ha fatto abbassare la guardia e la sua attenzione è calata per un istante, quanto basta a far avvicinare un'altra creatura, attratta dal frastuono. Se fossero più intelligenti, queste bestie assetate di sangue imparerebbero che quei tuoni significano morte, ma sono ancor meno che animali e cercano solo vita da distruggere.
Quando si volta, R trova la bestia a poche falcate da lei, già balzata all'attacco.
Sta inserendo nella pistola il caricatore estratto dall'anfibio, quando un lampo balugina avanti ai suoi occhi e la bestia cade decapitata a terra in preda agli ultimi spasmi nervosi.
  
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