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Autore: Lurilala    05/02/2014    3 recensioni
[1369 parole] [One-shot] [Saru è bambino ;) ]
{-Stai tranquilla. Abbiamo fatto la cosa giusta.-
Probabilmente continua a parlare, l'uomo, ma tu non lo senti più.
Ti alzi barcollante e cadi nel letto, scosso da un pianto che fa male, fa male lungo la gola, e gli occhi che bruciano, ardono di lacrime ustionanti, e hai freddo e caldo al tempo stesso, e non capisci.
La cosa giusta... Come può essere la cosa giusta? pensi fra i singhiozzi, avvolto da una disperazione incolmabile.}
Genere: Drammatico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Saryuu Evan - Saru
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Hoki

(1369 parole)


-Non possiamo tenerlo.-
Le gocce cadono frenetiche sul vetro; concentrati su quelle, Saru, non ascoltare, non farlo.
Rendono distorta la realtà e fuori non si riesce più a vedere niente, se non colori sfumati da pareti d'acqua.
La pioggia sembra grandine, tanto fa rumore sulla finestra chiusa; ma non ci sono tuoni e le parole dietro alla porta si sentono benissimo.
Il cielo è opaco, sommerso dai palazzi, e sembra che le gocce appaiano dal nulla.
C'è un'aria rarefatta, e una nebbia fredda e sottile è scesa per le strade.
La porta è chiusa, e la stanza è avvolta nella penombra.
Non è buio, e quasi preferiresti che lo fosse: magari potresti pensare di esserti addormentato e di aver sognato tutto, e invece sei qui, scosso dai brividi di una febbre bollente, appoggiato alla porta, tremante, a origliare una conversazione che sai non dovresti sentire.
Ma a te non è mai importato niente delle regole, perchè adesso dovrebbe?
-Non capisce, commissario, è diventato insostenibile.- Voce chiara, di donna, che rimbomba dietro all'imposta.
-Non riesco nemmeno più a dormire: potrebbe uccidermi nel sonno.-
Ti lasci sfuggire un gemito di paura a quella affermazione, e senti le guance farsi bollenti, mentre gli occhi si innondano di lacrime.
Ti impedisci di farle scivolare lungo le gote e rimani in ascolto, sforzandoti di non singhiozzare.
-E' pericoloso. Non riesce a controllarsi.- Questa volta è l'uomo a parlare, con quella voce profonda e scura, quella che ricorda l'eco infinito di una grotta.
-Non abbiamo alcuna prova certa di quello che affermate. Non potete pensare questo di vostro figlio.- La voce del poliziotto è sconosciuta per te, ma la avverti come un appiglio sicuro.
-Infatti, non possiamo saperlo. Ma i vostri studi hanno dimostrato che non è un bambino normale. E'...- Il padre rimane con la frase sospesa, ma è la madre a terminare con voce strozzata.
-... un mostro. Ecco, un mostro!- Sembra arrabbiata e disperata al tempo stesso, ti ritrovi a pensare, e vorresti riuscire a capire se lo pensa davvero, ma non ci riesci.
-E' un bravo bambino...- La voce esistante del commissario ti riporta alla realtà e vorresti smettere di sentire, vorresti sprofondare nel sonno e convincerti che è stato tutto un incubo, che sei come gli altri, che mamma e papà ti voglio bene e non credono che tu sia un mostro; ma non puoi, e non ti rimane che ascoltare.
-Lei non lo conosce!- Puntualizza la donna, quasi gridando.
-E' un bambino docile e buono. Questo posso dirlo con certezza, e non potete negarlo.- Si difende lui, e puoi quasi immaginare il suo viso paffuto contrarsi in una smorfia.
-Certo.- Ribatte il padre, calmo e deciso. -Ma ha un'indole cattiva. E' una cosa che non si può cambiare. E' fatto per distruggere e lei non può dire il contrario. Sarà anche docile, ma è crudele di natura. Sembra un demone.-
-Non posso tenerlo, commissario, mi creda...- Singhiozza la donna, e pensi che ormai stia piangendo.
Chissà come, questo pensiero ti lascia del tutto indifferente.
-I-Io... A volte mi chiedo come ho fatto a partorire un figlio così...- La voce di lei è quasi un sussurro smorzato dalle lacrime, ma ti ferisce più di mille pugnali.
Un figlio così... Così, già.
Semplicemente così.
Crudele, spietato, di indole cattiva, un mostro creato per distruggere.
Un demone dagli occhi iniettati di rabbia viola.
Rimangono qualche secondo in silenzio, gli adulti, e poi la voce tagliente della donna ricomincia a parlare, questa volta senza un tremito.
-E' insostenibile. E' mio figlio, ma non riesco a riconoscerlo. Ho paura di lui, mi creda. Sono terrorizzata. Il pensiero che sia in questa casa e che viva con me è un'angoscia. Mi dispiace, ma noi non lo vogliamo. Portatelo via, fategli che volete, ma non voglio avere niente a che fare con lui.-
La voce è piatta, durante il discorso, fredda e atona, e immagini che l'abbia detto a occhi chiusi.
Lo fa sempre, quando non deve mostrare emozioni.
-Datelo a un istituto. E se non lo vorranno nemmeno lì, fategli quello che volete. E' crudele, lo so, ma non abbiamo altra scelta.- Continua l'uomo, e immagini i suoi occhi neri assottigliarsi, mentre circonda le spalle della moglie con un braccio e le accarezza piano i capelli biondi, per tranquillizzarla.
E non c'è niente da stare tranquilli, ma gli adulti vogliono esserlo sempre.
Il poliziotto, la tua unica speranza, si congeda e dice che faranno qualcosa a riguardo, attraversa il corridoio lentamente, e chiude la porta con un tonfo.
Il respiro ti si blocca in gola, e tremi.
-Caro...-
Non riesci a piangere, che subito la donna chiama il marito e tu rimani in ascolto.
-Stai tranquilla. Abbiamo fatto la cosa giusta.-
Probabilmente continua a parlare, l'uomo, ma tu non lo senti più.
Ti alzi barcollante e cadi nel letto, scosso da un pianto che fa male, fa male lungo la gola, e gli occhi che bruciano, ardono di lacrime ustionanti, e hai freddo e caldo al tempo stesso, e non capisci.
La cosa giusta... Come può essere la cosa giusta? pensi fra i singhiozzi, avvolto da una disperazione incolmabile.
Ti raggomitoli nel letto freddo, e piangi forte per un po', senza curarti che la mamma e il papà possano sentirti.
Dopo un tempo interminabile non senti più la forza di singhiozzare, ma le lacrime continuano a scendere copiose.
Ora c'è silenzio, i tuoi genitori avranno smesso di parlare, e riesci a distinguere il ticchettio apatico dell'orologio, che rimbalza inquietante per la stanza, scandendo gli ultimi giorni che passerai qui.
Giorni... O forse ore? Minuti? Secondi?
Con la vista appannata, guardi quella lancetta correre ritmata, e avanzare incurante di tutto quello che succede, divorando di ogni secondo che passa; ma la tua fame di tempo è insaziabile e ti ritrovi con ancora di fame di prima, e hai paura, tanta.
Ti avevano portato un paio di mesi fa in quel grande edificio, la sede dell'El Dorado, e lì avevi fatto delle visite strane.
La mamma diceva che era una cosa che facevano tutti i bambini, ma tu non ci credevi.
I dottori che erano lì ti facevano paura: ti guardavano famelici nei loro camici bianchi e ti facevano tanti prelievi del sangue.
Chissà perchè, poi.
E dopo avevi capito, avevi compreso che la mamma e il papà ti avevano mentito, che quelle non erano visite normali di ogni bimbo, ma che eri tu particolare. No, diverso.
Avevi fatto tante visite -avevi perso il conto- e poi avevano dato una notizia top-secret dedicata solo ai tuoi genitori per il risultato delle operazioni.
Mfp, ovvio che l'avevi letta anche tu.
Il papà non sa nascondere i documenti, e li trovi tutti.
Era pieno di paroloni assurdi e complicatissimi, ma qualcosa avevi capito.
Avevi qualcosa di contorto, il gene, evoluto, cioè diverso, e questo ti conferiva poteri particolari e capacità fuori dal comune.
Eri orgoglioso di quel risultato finale.
E poi hai capito.
Hai capito che non c'era assolutamente niente da essere orgogliosi, e che avere quel gene -che, anche adesso che le visite sono finite, non hai ancora capito che cos'è- evoluto non è un premio ma una colpa, una colpa crudele che la mamma non riesce a sostenere.
In effetti, deve essere imbarazzante parlare con le amiche, e una che dice "Il mio bimbo è geniale in matematica", o "La mia bimba fa danza classica", e lei deve dire "Mio figlio ha poteri sovrannaturali".
Ma, nonostante ci provassi, non riesci a capirli.
Perchè non devi importargli niente di te? Solo perchè sei diverso?
Non è giusto, e riesci a capirlo sin troppo bene il perchè.
Leggi nella mente, e allora?
Distruggi gli oggetti guardandoli, e allora?
Non è un motivo per odiare.
Magari sì, se distrugge qualcosa di tuo.
Ma sei sicuro che ai tuoi genitori non hai mai fatto niente, e allora perchè?
Perchè la mamma ha paura?
E l'orologio ticchetta, e la pioggia batticchia più lenta sulla finestra.
C'è freddo, ed è scesa la notte.
Vorresti vedere le stelle, ma piove ancora.
Ti stringi nelle coperte, e senti la febbre che scende, e gli occhi stanchi per le troppe lacrime.
Ti addormenti di schianto, con il buio impresso nella mente.
E domani ci sarà l'alba...












Yatta mondo!! ^o^/
Mi sento un genio. Oh, se mi sento un genio. *u*
Ho scritto di Saru bambino. Noncicredononcicredononcicredononcicredo!!! *O*
E' un traguardo per me, cari lettori.
Perchè ho immaginato questa scena un miliardo di volte, ma proprio mentre facevo i compiti di grammatica mi è venuto in mente il dialogo fra i genitori e il poliziotto.
Aw, amiamo la grammatica che ispira. (?) <3
No, amiamo Saru, è meglio. XDD
E' tenerissimo, pucciosissimo, dolcissimo, carinissimo, fewiofhwe9oifh!!
E' troppo -issimo quel bambino, uff. <.<
Ma lo amo per questo, no? B-)
Beh, qui c'è poco da spiegare. Saryuu è un bimbo e i suoi genitori non lo vogliono.
E... Ah, prima che me ne dimentichi! ò.ò
Le visite all'El Dorado.
Allora, non so voi ma qui l'anime è stato poco esaudiente. Cioè, l'El Dorado sa tutto dei Second Stage Children, ma non ti dice come ha fatto a scoprirlo.
Non mi sembra proprio possibile che siano andati lì di spontanea volontà! >.<"
E qui entra un gioco il piccolo Saru. Lui non può saperlo, e hanno deciso i suoi genitori di portarlo lì. Piccino, quanta tenerezza che mi fa!! *o*
Alle fine cito l'alba, perchè domani... boh, domani è l'inizio di una nuova vita!
Pensatela un po' come volete. <.<
Lo amo, è ufficiale. <3
Va boh, credo di aver spiegato tutto.
Ciao ciao!! ^.^/
Lucchan
  
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