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Autore: ludolabba    06/02/2014    1 recensioni
«Dici che non sono più lo stesso. Io non lo so, so solo che non sto bene.»
3 mesi dopo la morte di Sin, i nostri protagonisti si ritrovano faccia a faccia con i loro dolori, passati e presenti.
Lulu, soprattutto, si renderà conto che far sparire il dolore è più difficile di quanto lei abbia mai creduto.
[One shot in particolare su Wakka e Lulu, ma che accenna a tutti gli altri protagonisti.]
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Lulu, Un po' tutti, Wakka
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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SFUMATURE DI DOLORE.


3 mesi. Tanto era passato dalla definitiva morte di Sin.
Tutta Spira era in festa da tempo, ormai. Per esempio, a Luka hanno svolto un festival della durata di un mese per festeggiare il Bonacciale Eterno. Hanno partecipato anche loro, il gruppo che aveva permesso tutto questo: Yuna e i suoi guardiani.
Ma, a parte il primo giorno del festival, quando Yuna ha fatto il suo discorso, non ci sono più tornati.
Il loro animo era tutt’altro che in festa. Ognuno, a modo loro, stava reagendo a tutta quella serie di traumi che avevano subito nell’ultimo periodo.
 
Kimahri era quello che aveva reagito meglio. È stato male per le prime due settimane, nelle quali non aveva né appetito, né sonno, ma poi ha deciso di tornare sul Monte Gagazet per dedicarsi alla sua tribù ed onorare chi fu ucciso dai Guado per salvarli.
 
Rikku, dal canto suo, dopo gli eventi ha cominciato a manifestare attacchi isterici misti ad una esagerata euforia o tristezza e, stranamente, non riusciva più a parlare Albhed.
Lei diceva di stare bene, ma Cid e Fratello sapevano che non era così, per questo hanno chiesto ad Aychu, un Albhed psichiatra, di osservarla e capire che cosa abbia. Un paio di settimane dopo Aychu va da Cid e Fratello con la diagnosi. «Dasu lra Rikku yppey ih tecdinpu pebumyna.»
Rikku aveva un disturbo bipolare. Il non riuscire a parlare Albhed, inoltre, era dovuto ad un blocco psicologico: Rikku parla solo nella lingua comune perché teme che Tidus non la capisca.
Esatto, la scomparsa di Tidus aveva provocato danni anche su di lei.
La cura non fu delle più semplici, gli psicofarmaci, come previsto da Aychu, provocarono un peggioramento iniziale dei sintomi. Rikku diventò estremamente violenta, verso gli altri e verso sé stessa, tentò il suicidio un paio di volte e quando si calmava scoppiava in crisi depressive nelle quali arrivava allo stare immobile sul letto per giorni. Fortunatamente, col passare delle settimane, la situazione si placò e ora la giovane Albhed, con l’aiuto del dottore, sta provando a ricostruirsi pezzo per pezzo, partendo dal rimuovere il blocco della lingua e ad arrivare al far placare le crisi isteriche e depressive. Dopo 3 mesi è ancora in cura, ma sta lavorando molto per guarire.
 
Yuna è caduta nella depressione più totale. L’aver perso tutto ciò in cui credeva, l’aver trapassato l’uomo che ha tentato di salvare il padre e, soprattutto, aver visto sparire la persona che l’ha aiutata ad affrontare tutte quelle cose, l’aveva distrutta dentro e, conseguentemente, anche fuori.
Ha smesso di mangiare, si limita ad un frutto al giorno, infatti è dimagrita terribilmente, passa le giornate nella sua capanna, nessuno sa a fare cosa, e poi, ogni sera, precisamente al tramonto, usciva dalla dimora per scendere in spiaggia. E fischiava.
Stava le ore, lì a fischiare. Non riusciva a fare altro. Finchè un qualunque abitante di Besaid la andava a prendere e la portava a casa. E lei non opponeva mai resistenza, semplicemente afferrava la mano di chi la andava a prendere e lo seguiva. Poteva essere anche un assassino, lei non se ne sarebbe accorta. Yuna era diventata un guscio vuoto.
Ogni tanto la si sentiva urlare dalla sua casa, durante la notte, per colpa di qualche incubo. In quel caso Lulu entrava nella sua tenda e la calmava con una magia che la faceva addormentare, non aveva altri modi per dormire.
Besaid, in contrasto con l’animo festoso di tutti gli altri luoghi di Spira, subiva tutto questo e non lo poteva sopportare. Lulu, dopo un mese così, ad aver provato da sola a farla stare meglio, si arrese e decise di chiamare dei dottori di Bevelle e farla portare via per un po’, in una clinica specializzata. Yuna non era pronta per affrontare tutto questo da sola.
 
E poi c’erano loro, Lulu e Wakka.
Come volevasi dimostrare, Lulu a far vedere che stava male non ci pensava proprio, assorbiva tutto dentro di lei e lo lasciava lì, a marcire, insieme a tutti gli eventi passati, compresi Ginnem e Chappu.
Dedicava anima e corpo a Yuna, a starle vicino, a dimostrarle che per lei ci sarebbe sempre stata. D’altronde, Lulu la capiva benissimo.
Tuttavia, capì che la situazione era più grande di lei e di tutta Besaid, per questo contattò Bevelle.
 
Wakka. Anche lui sembrava si fosse spento.
Certo, era attivo nel villaggio, aiutava quando necessario, anche lui stava vicino a Yuna. Faceva tutto questo, ma tutti a Besaid avevano notato che era cambiato.
Il cambiamento non era stato immediato, perché appena tornati dal pellegrinaggio era allegro come al solito, raccontò tutti gli eventi con la sua solita parlantina sciolta, insomma era il solito Wakka di sempre, bonario e pure un po’ idiota. Ma già dopo una settimana quell’allegria non c’era più, era più pensieroso, non faceva più tante battute, si limitava a fare ciò che doveva, senza parlare o scherzare. Inoltre non giocava neanche più, ogni volta che i suoi ex compagni di squadra lo invitavano agli allenamenti lui rifiutava, dicendo che era impegnato o accampando altre scuse. La verità è che non gli andava.
 
Insomma, il pellegrinaggio e il suo epilogo avevano lasciato enormi vuoti in ognuno di loro.
Dopo 3 mesi, Yuna non era ancora tornata dalla clinica e la vita a Besaid era tranquilla, come lo era prima, ma stavolta senza la paura di Sin. Poi una notte, una delle tante, quando ormai tutti dormivano, Lulu si svegliò di colpo. Un altro incubo.
Non riuscendo più a prendere sonno, usci dalla sua dimora e si andò a sedere sulle scale del tempio, sotto un albero, a guardare il cielo stellato e la Luna, che quella sera sembrava un faro per quanta luce emanava.
Ad un tratto venne distratta da un ombra muoversi. Qualcuno nel villaggio era sveglio.
Si alzò di colpo, spaventata, già stava preparando una magia di fuoco da scagliare, ma si fermò. Era Wakka. Anche lui era uscito da casa sua, ma stava uscendo dal villaggio, senza guardarsi intorno.
Lulu si insospettì, Wakka non era il tipo che aveva segreti. Qualcosa la portò a seguirlo, non sapeva neanche lei cosa.
Lo seguì fino ad una collina boscosa sopra Besaid, il villaggio dall’alto sembrava lontanissimo. Era un posto insolito, non ci andava mai nessuno, essendo abbastanza desolato e strapieno di mostri. Infatti Lulu scagliò qualche magia soporifera ai mostri che le si paravano davanti, per non farsi scoprire.
Poi, finalmente, dopo 20 minuti di camminata, vide Wakka fermarsi ed entrare in una vecchia e piccola capanna di legno, da fuori sembrava che potesse crollare da un momento all’altro.
La ragazza si avvicinò molto piano all’edificio, cercando di sentire cosa stesse facendo Wakka dentro quel tugurio. Non udì niente, quindi si fece coraggio ed entrò.
La capanna era una sola stanza completamente vuota, aveva solo un letto al suo interno. Niente decorazioni, niente mobili, niente luci. Solo quel letto al centro ed una finestra che permetteva alla luce lunare di entrare. Wakka stava steso lì, di fianco, dando la schiena alla porta, e quando sentì Lulu entrare non si mosse di un millimetro, rimase immobile in quella posizione.
Lulu lo fissò per qualche secondo, senza proferire parola. Il silenzio fu rotto dalla voce di Wakka, ancora immobile.
«Cosa c’è?» La sua voce era inespressiva.
Lulu era interdetta, le uscì spontaneo dire «Che diavolo stai facendo? Che posto è questo?»
Fu in quel momento che Wakka si alzò e si mise seduto, sempre dando le spalle a Lulu.
«Ho scoperto questa capanna qualche settimana fa. Mi piaceva e l’ho sistemata, in modo che non crolli. Vengo qua ogni notte.»
«A fare cosa?»
Qualche secondo di silenzio, poi «Per stare da solo.»
Lulu non ci credeva. Non era il Wakka che conosceva. Un po’ preoccupata chiese «Ma che ti prende?»
Wakka rimase in silenzio, seduto sul letto, con la testa abbassata. Sospirò soltanto.
«Va bene, se vuoi restare da solo, ti lascerò stare. Ci vediamo domani mattina.» disse Lulu arresa e si girò per andarsene.
Non fece in tempo a fare un passo che si sentì le spalle cinte dalle braccia di Wakka. Rimase impietrita.
«No, ti prego...» disse, con la voce spezzata «Non lasciarmi anche tu.»
Lulu non ce la fece, si tolse le sue braccia di dosso e si girò esclamando «Si può sapere cosa ti prende!? Al villaggio l’hanno notato tutti, lo sai? Non sei più lo stesso, non giochi più, non scherzi più…» la voce si placò «Sembra che la vita ti passi davanti e tu non te ne accorgi. Che cosa succede, Wakka?»
Il ragazzo, dopo un silenzio iniziale, strinse i pugni ed urlò «Io non lo sopporto! Non sopporto più niente!! Besaid, il blitzball, Yuna che sta male, NIENTE!!»
Continuò, urlandole addosso «Non sopporto più neanche te!»
Lulu sobbalzò e, ovviamente, si arrabbiò «Me?? E sentiamo, cosa ti avrei fatto io??»
«A me non hai fatto niente, è quello che fai a te che non sopporto!»
Lulu non capiva e ciò la faceva ancora più innervosire «Ma si può sapere che co...»
Venne interrotta improvvisamente da Wakka che aveva preso il suo viso tra le mani e lo aveva avvicinato al suo, baciandola.
Quando realizzò cosa stava succedendo pensò di respingerlo, dargli uno di quegli schiaffi che non si dimenticano facilmente ed andarsene.
Tuttavia, non lo fece. Rimase immobile. E si calmò, di colpo.
Wakka si staccò e si allontanò da lei, dandole le spalle e guardando la finestra.
«Hai imparato ad essere forte, Lu. È da quando sei bambina che fai così, dalla morte dei nostri genitori. Non ricordo molto, però penso che sia stato l’unico momento in cui ti ho visto piangere.»
Una piccola risata amara uscì spontanea da entrambi.
«Poi ci fu la morte di Ginnem. Non mi potrò mai scordare il tuo sguardo quando tornasti dal pellegrinaggio. Penso che uno sguardo così vuoto l’ho visto solo negli occhi di Yuna due mesi fa. Ma non hai pianto.»
Lulu fissò il pavimento, senza dire nulla.
«Poi Chappu. Su questo non ho bisogno di aggiungere altro.»
La ragazza risollevò lo sguardo «Non piansi neanche quella volta.»
Wakka si girò verso di lei, guardandola negli occhi «E neanche adesso, dopo che hai visto come ha reagito Yuna alla scomparsa di Tidus, dopo che l’hai vista cadere in quello stato, dopo che hai visto i medici di Bevelle portarla via.»
Lulu strinse i denti. Wakka continuò,
«Dici che non sono più lo stesso. Io non lo so, so solo che non sto bene. Quando guardo il tempio da lontano penso a quanto sono stato cieco a credere in quelle cose, ad avere fiducia in delle persone che hanno cercato di ucciderci. Mi fa sentire un idiota.»
Si interruppe per un attimo per prendere aria.
«E poi, vedere anche solo un pallone mi fa venire un vuoto nello stomaco. Avevo trovato un amico, una persona della quale mi potevo fidare davvero, dopo Chappu. E quando l’ho visto buttarsi dall’aeronave e sparire nel vuoto, ho risentito in me quella sensazione che ho ancora adesso e che avevo dopo la morte di Chappu.»
Abbassando lo sguardo, disse «Mi sento solo. E piuttosto che esserlo in mezzo alla gente, preferisco venire qui ed esserlo davvero.»
Detto questo, si rigirò verso la finestra, a fissare il vuoto.
Lulu in quel momento capì tutto. Si rese conto che, dalla morte di Chappu, non si era mai veramente interessata a come si sentisse davvero il fratello,aveva pensato solo ad espiare il suo dolore e rinchiuderlo dentro di lei. E trattare sempre male Wakka, in qualche modo, la aiutava a sigillare quel dolore. Ma, in quel preciso istante, anche lei sentiva quella sensazione di vuoto nello stomaco e fu quella stessa sensazione a spingerla ad avvicinarsi a lui e ad abbracciarlo da dietro, cingendogli la vita e poggiando la testa sulla sua schiena.
Poi, con voce debole, disse «Mi sento così anche io.»
 
Non ci fu amore quella notte.
Entrambi avevano del dolore da sfogare, del vuoto da colmare.
La solitudine assaliva le loro anime da tempo e per loro il possedersi a vicenda era l’unica soluzione.
C’era rabbia, delusione, tristezza in tutti i loro gesti, dal bacio più semplice al piacere più forte.
Quando finiva tutto, Lulu scoppiava a piangere tra le braccia di Wakka, per poi calmarsi e ricominciare. un circolo vizioso che sembrava infinito.
Andò avanti così fino alle prime luci dell’alba, dove Lulu decise di rivestirsi e tornare al villaggio prima che gli altri notassero la sua assenza. Ma prima, senza dire nulla, semplicemente guardando negli occhi Wakka, gli fece capire che la notte dopo sarebbe tornata. E anche l’altra. E l’altra ancora. Senza dire niente a nessuno.
 
Sarebbe stato il loro piccolo segreto, il loro nuovo modo di affrontare il dolore.
   
 
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