Perché
Nei due giorni in cui la mia stanza non è occupata dal signor Beatry, lo psicologo, è occupata da Jake, il mio migliore amico da sempre.
Non ricordo un giorno della mia vita in cui lo sia diventato; lo è e basta.
Jake dice che le cose succedono sempre per un motivo.
Secondo lui c'era bisogno di Nick in un posto diverso dalla terra, e così qualcuno se lo è venuto a prendere.
Jake sostiene che qui ci sia già abbastanza luce: Nick, che splende(va) come una stella, deve essere andato a spaventare le ombre da qualche altra parte.
Perché era questo che lui sapeva fare, non solo con me, con tutti: portava la luce dove serviva.
Era in grado di rendere felice chiunque, tutti quelli che lo conoscevano rimanevano abbagliati dalla sua bellezza interiore.
Non ero certo l'unica ragazza ad essere innamorata di lui, ma lui era sicuramente l'unico ragazzo ad essere innamorato di me.
Lui diceva che ero la sua scintilla, e per accendere la luce devi prima scaturire una scintilla.
Jake per me, ora che è tutto buio, è una sorta di leggero chiarore: come quando hai gli occhi chiusi, ma vedi delle macchie colorate dietro alle palpebre.
Non dico che delle macchie mi riescano a tirare fuori dall'oblio, ma mi ci posso aggrappare per galleggiare.
Jake è l'unico che sa sempre rispondere ai miei “perché?”.
Ci è sempre riuscito fin da quando siamo piccoli e persino a dei perché difficili come quelli che gli pongo adesso ha saputo trovare delle risposte.
Credo che se Jake non esistesse, avrei seriamente pensato ad un modo per raggiungere Nick, dovunque sia finito.
Per fortuna, Jake esiste.