Fanfic su attori > Jamie Campbell Bower
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Autore: leorecchiedijamie    08/02/2014    0 recensioni
Quando Christina scopre di dover lasciare la sua città, il mondo sembra crollarle addosso. Ai problemi familiari che la costringono a trasferirsi si aggiungono la tristezza e la nostalgia della sua vecchia vita.
Vivere a Londra non era mai stato uno dei suoi obiettivi, né tanto meno lo era conoscere l'irritante assistente del corso di teatro che si ritrova a frequentare. Non che non sia gentile, spiritoso, ironico. Non che non la aiuti a migliorare le sue doti teatrali o che non sia dannatamente bravo nel suo lavoro. Non che non sia un attore di fama mondiale. Non che si tratti di Jamie Campbell Bower, affatto. È solo che Christina ha un'inspiegabile avversione patologica verso quest'individuo, il quale, però, sembrerebbe riuscire a farsi strada oltre il suo inespugnabile guscio senza troppa fatica.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Prologo
 
«Londra» ripetei lentamente.
All'improvviso la mia tazza di latte con i cereali sembrava davvero interessante, dovevo sbrigarmi a mangiare o presto i cornflakes avrebbero assorbito il latte e sarebbe diventato tutto una pappetta non commestibile.
«Christy, io... Se solo potessi io farei davvero tutto il possibile affinché...»
«Sì, lo so.»
Sentii sospirare mentre io ero ancora intenta ad osservare la mia colazione.
«Davvero, mi dispiace, Christy, ma è una situazione delicata...»
«Okay, ho capito.»
Volevo che quella conversazione finisse il più presto possibile, continuare a compiangersi era da masochisti, tanto valeva accettare la verità e finirla lì.
«Dovremmo trovare un modo per dirlo a Luca. Christy, io so quanto sia duro da accettare ma... Sì, insomma, cerca di non farglielo pesare per favore, sai quanto può essere sensibile.»
«Okay.»
Mia madre si alzò dalla sedia, mi lanciò uno sguardo cercando di studiare la mia reazione ma, probabilmente non riuscendo a cogliere nulla sul mio viso, distolse gli occhi dai miei e si avviò in corridoio, alla ricerca di Luca, lasciandomi sola coi miei pensieri in cucina.
Londra. Suonava quasi come una minaccia, nella mia testa.
Guardai fuori dalla finestra; era una bellissima giornata di inizio estate, la luce del sole mi scaldava la pelle e in cielo non c'era una nuvola, era uno di quei tipici giorni in cui sarei andata a trovare Lorenzo, ci saremmo fermati a fare colazione in un bar e poi saremmo saliti in moto, diretti verso il mare.
Lo sguardo tornò sulla mia colazione che, come avevo previsto, si era trasformata in una poltiglia dall'aspetto decisamente poco appetitoso.
Sospirando mi alzai e andai a buttare quel che restava del mio pasto.
Londra.
Buffo, come più cerchi di non pensare a qualcosa, più questa ti torna alla mente.
Inspirai a fondo e chiusi gli occhi: non pensarci, questo era il piano. Non pensarci.
È morto, Chris, capisci?” Inspira. “Jarret è morto, non posso lasciarla sola così, è mia madre, ha sacrificato la sua vita per me, è ora che anche io mi dia da fare per lei.” Espira. “Non faresti anche tu lo stesso, per me?”
Eccola, quella dannatissima domanda. Avrei potuto lottare con tutte le mie forze e impormi di restare lì, a casa mia, e lo avrei senz'altro fatto, se non fosse stato per quella stupida, maledetta domanda. Aveva rovinato ogni mia intenzione di lottare.
Non faresti anche tu lo stesso, per me?
Era diverso e non poteva fare gancio sui miei sensi di colpa in questo modo! Mia madre era sleale, ma mi conosceva bene, e sapeva di aver toccato i punti giusti.
Riaprii gli occhi.
Sembrava quasi uno scherzo del destino, pareva che le persone della mia famiglia non fossero collegate tra loro solo attraverso legami di sangue, ma che condividessero tutte la stessa storia. Nonna, ragazza inglese di umile famiglia, aveva incontrato nonno nel dopoguerra, un colpo di fulmine, a quanto diceva. Mamma venne presto, fu “il suo regalo di Natale inaspettato”, ma nonno non sembrava avere lo stesso entusiasmo, e quando sua figlia non aveva che qualche mese, sparì nel nulla. Fu allora che nonna, in preda alla disperazione, seguì la sua migliore amica, venne in Italia e ci crebbe sua figlia.
Una volta sola ebbi l'occasione di ascoltare questa storia, e mi dovette bastare, perché né mamma né figlia avevano intenzione di parlarne oltre lo stretto necessario. Capii la loro continua lotta a voler dimenticare la fuga del nonno quando fu il mio, di padre, a lasciarci. “Tranquilla, Christy, papà verrà a trovarci qualche volta.” Luca aveva appena due anni, io nove e nessuno dei due ebbe più occasione di rivedere nostro padre. Aveva lasciato una voragine in noi, e in quel momento capii nonna, capii perché non voleva mai parlare di nonno.
Ma lei, a differenza nostra, si era rifatta una vita, era tornata a Londra, che non sembrava aver mai lasciato, si era fatta nuove amiche, aveva trovato Jarret.
Jarret è morto.
Tornai a guardare fuori dalla finestra.
Cosa avrei dovuto fare? Mollare tutto, qui, la mia vita, i miei amici, i miei progetti? Oppure puntare i piedi e intestardirmi a voler restare?
Pensai a nonna, sola, in casa, che affrontava una perdita come questa una seconda volta. Non posso lasciarla sola così.
Neanche una nuvola in cielo, sembrava una giornata così normale, eppure io avevo una confusione dentro che non riuscivo a gestire.
Non faresti anche tu lo stesso, per me?
Presi le chiavi e la borsa, mi fermai davanti allo specchio prima di uscire di casa: avevo i capelli un po' spettinati, li raccolsi frettolosamente in una coda e uscii quasi correndo, dovevo dire addio alla mia vita di qui prima di avere il tempo di cambiare idea.

 
****


«Mi dispiace?»
Lo guardai per un lungo momento. Lorenzo, un nome che mi era sempre piaciuto, fin da quando ero bambina. Volevo che anche mio fratello si chiamasse così, ma quando nacque, mamma e papà decisero Luca. Inutile dire chi tra noi la spuntò.
«Mi dispiace?»
Aveva gli occhi castani con delle ciglia lunghissime, erano grandi ed espressivi, mi erano sempre piaciuti così tanto. E adesso mi stavano fissando con un misto di incredulità e rabbia.
«Sì,» dissi decisa «mi dispiace.»
L'incredulità e la rabbia si trasformarono in delusione e per un attimo vacillai: era davvero così necessario che partissi con mia madre e mio fratello per Londra?
«No. Dopo tutto quello che abbiamo passato un 'mi dispiace' non mi basta.»
C'era una lieve brezza che gli scompigliava i capelli, che a me piaceva così tanto attorcigliare intorno alle mie dita. Fissai i miei occhi nei suoi e parlai, una volta per tutte: «Non è facile neanche per me, okay? Mi dispiace, sì, mi dispiace, perché dopo tanto tempo avevo trovato una persona con cui stavo davvero bene, e mi dispiace di dover troncare così le cose, ma non ho alternative, se ci fossero, beh, non sarei qui a parlartene adesso, no?»
Rifletté un po' prima di parlare di nuovo, e io speravo che capisse, che non mi rendesse le cose ulteriormente difficili.
Ma mi sbagliavo, Lorenzo voleva lottare.
«Hai diciotto anni, un cervello e la possibilità di poter restare qui, non ti arrendere così, puoi organizzarti e prendere in affitto una casa con qualche studente e a settembre inizi l'università e se hai bisogno di qualcosa, beh io sono qui, lo sai.»
Scossi la testa. Non voleva capire. «Non posso.»
«Non vuoi» ribatté, guardandomi negli occhi quasi con odio.
«Ti prego, io...»
«Cosa, Christina, tu cosa? Che pretendi da me? Vieni, mi lasci così, su due piedi, dici che parti e non vuoi neanche provare a restare. Cosa pretendevi? Che ti portassi fino al check in dell'aeroporto e lì darti un bacio da sogno in segno di addio?»
Distolsi lo sguardo dal suo, era ferito e potevo sentire tutta la sua sofferenza pesare anche sulle mie spalle, schiacciarmi. Dopo qualche minuto che avevo passato a fissare le mie scarpe, alzai i miei occhi, fissandoli nei suoi. Era ferito e arrabbiato.
Le lacrime salirono veloci, prima che potessi fermarle, chiusi gli occhi e queste scesero, li riaprii, lo fissai per qualche ultimo istante e dissi: «Mi dispiace.»
«Anche a me.»
Di tutte le brutte cose che sembravano essersi concentrate in quella mattinata, quelle parole furono ciò che mi fece più male.
Feci per voltarmi, ma lui mi afferrò il braccio e mi rubò un ultimo bacio, poi mi fece un debole sorriso, triste, anche i suoi occhi erano velati di lacrime.
Prima che potessi fare qualsiasi cosa lui era già sparito dietro il portone di casa sua, lasciandomi lì, su quel marciapiede, con la tristezza negli occhi e una gran voglia di fuggire.

 
****


«Il volo che ho prenotato è tra una settimana.»
«Va bene, mamma.»
«Christy...»
«No, davvero, mamma, va bene.»
La sera ero distrutta, quel giorno sembrava avermi portato via qualsiasi forma di energia che avevo, non riuscivo neanche a stare in piedi.
«Se vuoi poi ti aiuto a fare le valigie.» mi disse, sorridendomi.
La guardai, sorridendole debolmente a mia volta; avrei voluto dire qualcosa, ma se avessi cominciato a parlare probabilmente sarebbero uscite parole di troppo dalla mia bocca.
«Luca è un po' giù, perché deve salutare tutti i suoi amici di qui, cerca di non essere acida con lui come al tuo solito, è difficile anche per lui.»
Non sapendo che ribattere, stetti zitta.
«Tesoro, mi dispiace davvero tanto» mi disse, abbracciandomi.
Anche a me.
«Lo so» sussurrai.
Speravo solo che finisse tutto in fretta, che questa maledettissima settimana passasse velocemente e non lasciasse traccia di sé.
«Mamma, come faccio? I giochi della play non entrano tutti in valigia!»
«Ehi, Luca, adesso arrivo ad aiutarti.»
Mi guardò e mi sorrise, un sorriso triste, un po' tirato.
«Grazie tesoro» disse, prima di andarsene e chiudersi la porta dietro di sé.
Mi buttai sul letto e fissai il soffitto per qualche minuto.
Cosa pretendevi? Che ti portassi fino al check in dell'aeroporto e lì darti un bacio da sogno in segno di addio? Scoppiai in lacrime.






Note dell'autrice:
Salve a tutti! In realtà non ho molto da dire, o meglio, non ho molto da dire senza dover fare spoiler. Quindi non mi dilungherò troppo e dirò solo un paio di cose.
La prima è che questa è la prima storia che pubblico e mi sembra tutto un po' strano: di solito le mie creazioni restano ben protette in file nascosti nei più reconditi meandri del computer. Quindi un grazie a SaraBondi_ (tra l'altro responsabile di betaggio) per avermi incitata e incoraggiata a scrivere questa storia. Oh, già, ed è anche grazie a lei (e al nostro Jamie) che ho trovato il miglior nickname di sempre.
In secondo luogo, beh, come avrete notato la figura di Jamie non è ancora apparsa, comparirà presto, se non nel prossimo, credo tra un paio di capitoli. Mi sembrava giusto inquadrare il personaggio di Christina e lasciarle un po' di spazio. Mi sto davvero impegnando a sviluppare una trama avvincente con tanto di personaggi a tutto tondo e non piatti e monotoni, quindi, un avvertimento fin da subito, se becco qualcuno che copia lo uccido. :D (No, in realtà non credo proprio di avere tutta questa popolarità, tutt'altro, ma meglio mettere le cose in chiaro fin da subito.)
Ci vediamo al prossimo capitolo! :)
  
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