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Autore: Khaleesi    08/02/2014    7 recensioni
[...e ora parliamo di Kevin]
[... e ora parliamo di Kevin / We need to talk about Kevin]
Dalla storia: Kevin strinse le mani intorno al bordo del tavolo finché non senti una fitta dolorosa alle ossa, strinse ancora più volte un’ultima volta per assaporare quella sensazione agro dolce del dolore.
Che cosa perfetta e assolutamente sottovalutata il dolore.
Genere: Angst, Drammatico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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La porta principale si chiuse con uno scatto secco, Eva era andata al lavoro e in casa erano rimasti solo Kevin, Franklin e la piccola dolce Celia che non la smetteva di ridacchiare e strillare eccitata per l’imminente ballo a cui il papà l’avrebbe accompagnata.

Rideva così forte, così forte. Kevin sentiva le tempie pulsare, com’era possibile che una cosina così minuscola e debole potesse ridere così forte? Perché, oh, perché Franklin non la faceva tacere una volta per tutte?

Kevin strinse le mani intorno al bordo del tavolo finché non sentì una fitta dolorosa alle ossa, strinse ancora più forte un’ultima volta per assaporare quella sensazione agro dolce del dolore.

Che cosa perfetta e assolutamente sottovalutata il dolore.

Kevin aveva vissuto 15 anni nel piacere del dolore e nel provocarne, tra poco sarebbero stati addirittura 16 – dopotutto mancavano solo tre giorni al suo compleanno.

Ma non avrebbe aspettato tre giorni per ricevere il suo regalo, no, il suo regalo sarebbe arrivato proprio quel giorno. Avrebbe fatto quello che andava fatto, quello che gli andava di fare.

Questo era il punto: volere.

Cosa voleva in quell’esatto, preciso, momento?

Che quella piccola stronza di sua sorella Celia smettesse di starnazzare come una troia in calore. Dio! Avrebbe dovuto ricevere una bella lezione, si. Il criceto e l’occhio non le erano bastati perché lei continuava a ridere in quel maledetto modo fastidioso che Kevin non poteva proprio sopportare.

Ma se c’era qualcuno che Kevin odiava davvero era sua madre, Eva. Quella donna dai disgustosi occhi neri e piccoli e dai terribili, terribili, gusti musicali che lo aveva reso il mostro che era.

In un certo senso - si ritrovò a pensare il ragazzo - era grato per tutto l’odio che lei gli aveva serbato sin da quando aveva scoperto di essere incinta. Lei lo aveva creato, gli aveva dato la Vita. Poco importava se i successivi 10 o 15 anni di quella vita Kevin li avrebbe passati in una cella per le sue azioni.

Il ragazzo guardò l’orologio appeso in cucina, dannazione, era quasi ora di andare a scuola! Sbuffò piuttosto infastidito, avrebbe voluto più tempo per fare fuori il suo vecchio e la sorellina.
«Papà?» chiamò voltandosi verso l’uomo che rincorreva la bambina assolutamente inconsapevole che la sua vita sarebbe finita da lì in pochi minuti. «Papà – continuò Kevin stampandosi in faccia il solito sorriso che gli aveva riservato in quegli anni – ho scordato il libro di fisica in giardino, potresti andare a prenderlo? Sono in ritardo e devo ancora finire la colazione»

L’uomo batté più volte gli occhi, sembrava un vecchio computer impallato dalle troppe informazioni, alla fine riuscì a blaterare un «Oh, sicuro Kev. Vado io, tu finisci pure.»

«Papà vengo con te!» trillò Celia attaccandosi al braccio del padre e facendo ondeggiare la sua liscia chioma bionda. Scesero entrambi le scale che portavano al giardino e Kevin, al sicuro dagli occhi indiscreti dei vicini, indicò loro un punto imprecisato vicino al bersaglio che usava per tirare con l’arco.

Nelle successive 12 ore, però, nessuno dei suoi bersagli sarebbe stato fatto di paglia. Nossignore, sarebbero stati di tenera carne umana e i primi due sarebbero stati proprio quei due: quel padre con la sua bambina.
Quel coglione di un padre con la sua stronza bambina, per essere precisi.

Kevin allora tirò fuori l’arco che aveva messo sotto il divano, prese una freccia e la incoccò. Tirò la corda dell’arco tanto affinché la mano fosse sotto il suo mento, socchiuse gli occhi e prese la mira.

Ispirò.

Espirò.

E scoccò.

Dritta nel petto, 100 punti! Complimenti a te Kevin, ottimo tirò. Che disdetta sarà per il popolo degli Stati Uniti d’America privarsi di te alla prossime Olimpiadi, davvero. Mentre gli immaginari applausi scroscianti si spegnevano nel cervello di Kevin, il corpo di Celia cadeva ricurvo verso dietro e il fantasma della sua risata spezzata aleggiava nell’aria.

«Finalmente le ho chiuso quella cazzo di bocca» sussurrò Kevin con un sorriso, allungando la mano a prendere la seconda freccia che sarebbe, questa volta, andata a finire dritta tra le costole del suo vecchio.
Franklin nel frattempo (un 'frattempo' davvero breve la morte di una e quella dell’altro) si era voltato e aveva visto in diretta il corpicino del suo dolce amore toccare il suolo senza più neanche un briciolo di vita. Provò a lanciare un grido di dolore ma tutto quello che gli uscì dalla gola fu un caldo fiotto di sangue che gli gorgogliò  nel palato e gli inzuppò la maglietta bianca.

L’ultima cosa che videro gli occhi di quel cazzone prima di riversarsi all’indietro fu la figura di Kevin che, tutto soddisfatto, baciò l’arco e si mise lo zaino in spalla: pronto ad una nuova avventura.

   
 
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