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Autore: Filippo739    09/02/2014    3 recensioni
Questa è la visione che ho avuto sulla storia di Giovane Samos e Giovane Jak quando attraverso il Portale Precursor giungono nel passato e devono ambientarsi con la realtà di allora.
Non ho giocato all'ultimo capitolo (NaughtyDog, perché ci hai tradito?! T_T) ma non mi sembra parli del passato di Keira e Jak. Se così fosse questa diventerebbe una A.U.
Spero solo vi piaccia.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un lampo di luce apparve all'improvviso ai piedi di un monte circondato da un'infinita foresta.
Affisso alla nuda pietra millenaria un altrettanto vecchio cerchio d'acciaio, segnato dal tempo e dal non utilizzo, e ai suoi piedi uno strano macchinario, uscito dalla luce che imperversò nell'insenatura rocciosa. Seduti nella macchina c'erano un vecchio e un bambino, entrambi scossi per il malo atterraggio.
«Io ODIO i viaggi!» sbraitò l'anziano, la cui pelle era verde come l'erba di una foresta vergine, suo elemento naturale.
Il vecchio scese rovinosamente dalla vettura del futuro e così fece anche il piccolo, molto più allegro del suo compagno di viaggio. «Allora Jak, Mar o come cavolo... no forse è meglio chiamarti Jak. Allora Jak, siamo arrivati. Tu non mi trovi proprio simpatico e io devo ancora abituarmi a te, quindi cerchiamo di abituarci a vicenda in tempi corti e... DOVE STAI ANDANDO?!».
Il piccolo Jak non aveva voglia di stare ad ascoltare quel vecchio scorbutico; resosi conto di dove si trovava si era diretto verso la luce del Sole che penetrava nella piccola grotta. Giunto all'uscio si fermò e permise al vecchio verde di raggiungerlo.
«Vedi di non farmi faticare troppo, giovanotto. Devo ancora riprendermi da quel- Oh, wow...».
La vista proposta alla strana coppia fu una visione di un mondo che per loro fu stato, fino ad allora, irraggiungibile: un'enorme distesa di foresta contornata da alte montagne, la più alta perennemente innevata e lì a fianco il fumo di un vulcano. Al limite dell'orizzonte era perfino visibile il lucente mare come non l'avevano mai visto: libero e incontaminato.
«Così... è questa la vecchia Haven City. Prima che scoppiasse la guerra, ancora prima dell'invasione...». Il vecchio pose lo sguardo sul giovane, i cui occhi brillavano anche senza la stella del giorno;
«Bel posto, eh Jak? Se penso a cosa diventerà mi viene il mal di stomaco, a te no?».
Jak non rispose. Ancora non poteva; e non avrebbe potuto per un bel po' di tempo.
Giovane e vecchio rimasero come incantati a fissare il magnifico paesaggio del passato per un tempo anche troppo lungo. Finché:
«Voi chi siete?!».
Presi alla sprovvista, i due si voltarono di scatto, il vecchio in assetto d'attacco portando entrambe le mani in avanti e caricandole di Eco Verde; ciò che videro fu una coppia che li fissava con sguardo critico.
Un maschio e una femmina.
Entrambi con i capelli lunghi e castani.
Entrambi vestiti con un buon intreccio di abiti, armatura e tecnologia. Il primo aveva la chioma e il pizzetto che stavano lottando per mantenere il colore originario e non cedere all'età che andava avanzando. La seconda, i cui abiti erano molto più avvenenti del compagno, aveva invece ancora la tonalità originale, e nessuna ruga aveva ancora offeso quel suo volto aggraziato.
I due erano molto simili, ma se erano effettivamente gemelli la femmina sapeva, al contrario del fratello, come combattere l'età.
«Chi siete?». A parlare era stata entrambe le volte la bella donna.
«Amici» ripose il vecchio.
«Provatelo» proseguì il maschio.
Samos abbassò le mani, le quali si spensero dell'aura di Eco. Poi, una sola, la destra, si risollevò puntando verso l'esterno, e di nuovo si ri-illuminò dell'energia verde. Scostando lo sguardo tutti e quattro poterono assistere al ringiovanimento di un piccolo arbusto rinsecchito lasciato a morire poco distante da loro.
Il volto arcigno dei due giovani si trasformò in un sorriso quando il maschio prese la parola: «Non possiamo avere dubbi su un Saggio dell'Eco Verde. Poiché noi stessi» Allungò a sua volta la mano destra verso i due viaggiatori, mentre una copertura metallica posta all'estremità dell'arto cominciò ad emettere ronzii e rumori di meccanismi sempre più potenti con l'accumularsi dell'energia.
Samos e Jak si voltarono: alle loro spalle un ramo di un albero selvatico si era illuminato di verde intenso e stava crescendo a vista d'occhio. Raggiunta l'altezza del piccolo un secondo bagliore fece crescere prematuramente uno strano frutto arancio-giallognolo, il quale cadde maturo tra le piccole mani del bambino; «ne siamo studiosi e portatori di doni»
«Vedo...» commentò il vecchio. La femmina proseguì: «Io e mio fratello vi porgiamo quindi le nostre scuse, stranieri. Io sono Maia Acheron, e lui è Gol Acheron»
«E siete "Saggi dell'Eco"?»
«Sì» rispose sempre la femmina. «E ce ne sono altri tre oltre a noi dell'Eco Verde: Amper dell' Eco Blu, Nitroz dell'Eco Giallo mentre l'Eco Rosso è studiato da Somma. Noi cinque teniamo la situazione sotto controllo qui»
«Abbiamo imparato da altri Saggi tutto quello che sappiamo, ma lei, signore, chi è? Dove e da chi ha imparato a manovrare l'Eco?».
Il vecchio aspettò un po' prima di parlare. Nessuno gli aveva parlato di questi due Saggi, né di tutti gli altri. Poi, comunque, decise di rispondere loro: «Samos. Il mio nome è Samos Hagai. Il piccolo è Jak; è muto quindi non può salutarvi. Ho imparato per conto mio per... sopravvivenza»
«Ma è meraviglioso! Non trovi fratello?». Samos non capiva che ci fosse di meraviglioso in ciò che aveva detto.
«Sì sorella, un talento portentoso. Sa, Saggio Samos, anche mia sorella ha un grande talento con l'Eco. Io invece». Alzò il braccio destro e mostrò ai due la parte dell'armatura messa in funzione poco prima: essa era ricoperta di cavi, tubetti e saldature,e sembrava un poco malridotta. Di certo non dal tempo; «ho bisogno di qualche aiutino per controllarlo».
Samos sbuffò facendo vibrare i baffetti alla vista dell'arma tecnologica. «Bah! Non mi piace la tecnologia» disse. «Non sarete mai veri Saggi dell'Eco Verde se vi affidate alla tecnologia. È un Eco troppo legato alla natura stessa per sopportare meccanismi».
Fratello e sorella si guardarono negli occhi. Samos capì di essere stato troppo duro e di non aver fatto una bella impressione. Con un colpo di tosse porse le sue scuse ai due: «Mi dispiace, sono stato un po' troppo brusco. Ma è la verità. Cioè, è quello che penso io e...»
«E ha perfettamente ragione». Gol stupì Samos con questa affermazione. «L'abbiamo sempre saputo, io e mia sorella, che l'Eco Verde non sarebbe stato troppo compatibile con la tecnologia. Ma abbiamo comunque voluto provare. Studiare per noi è sopratutto sperimentare»
«Anche se adesso abbiamo un altro progetto» proseguì Maia; «In cui la tecnologia sarà invece essenziale per la buona riuscita. E a questo punto, so che ci siamo appena conosciuti, Samos, ma...». Un'altra occhiata complice al sangue del suo sangue; «...ci chiedevamo se potreste fare il favore di diventare il nuovo Saggio dell'Eco Verde di quest'isola. A noi e a tutta la popolazione».
Samos fissò i due con finta stizza: «In pratica volete che io prenda il vostro posto per liberarvi di quello che voi considerate un peso affinché possiate lavorare su un altro progetto?».
Gol mise le mani avanti alla sicura sfuriata dell'anziano: «Ci rendiamo conto quanto per lei possa sembrare un inutile sacrificio da parte sua, ma per noi è una grande opportunità e...»
«Accetto».
I due Saggi mostrarono tutta la loro sorpresa: «Davvero?» dissero all'unisono.
«Sì. Sento che è il mio destino, e quello di questo bambino, rimanere qui su quest'isola. Accetto di diventare il nuovo Saggio Verde».
Il sorriso di Gol si allargò a dismisura e contagiò anche Maia alla sua sinistra. «Magnifico. Semplicemente magnifico. Samos, non sai quanto ti siamo e saremo riconoscenti. Sono i Precursors che vi hanno portato qui da noi»
«Oh sì» commentò il vecchio. «Non c'è dubbio».

Erano passati pochi minuti quando Gol e Maia tornarono nello stesso posto.
Erano soli ora: avevano accompagnato Samos e il piccolo Jak nella loro base, la cui superficie stava aumentando ogni giorno, ogni invenzione portata a termine, ogni esperimento iniziato.
Le dimensioni stavano raggiungendo quelle di un piccolo villaggio, e presto avrebbero dovuto iniziare a preoccuparsi di costruire in verticale.
Da lì i due stranieri avevano sfruttato il loro portale per raggiungere Sandover.
E ora, per volere del fratello, i due erano tornati nel posto dov'era avvenuto l'incontro:
«Allora, da dove credi che sia venuto?».
Gol chiuse gli occhi e concentrò la sua energia. «Non lo so»
«Ci risiamo. Sei sempre certo a metà»
«Ho sentito chiaro e tondo quell'enorme energia di Eco provenire da qui!» sbraitò Gol alla sorella. Sollevò il braccio meccanico e analizzò i valori riportati da una freccetta che sembrava impazzire su un quadrante senza numeri.
«Sì, ma io non vedo nessuna "enorme fonte di Eco" qui»
«Be' allora cerchiamola. È sicuramente qui intorno».
La base di Gol e Maia si trovava in cima alla montagna dove si trovavano. Ergo, si diressero ai suoi piedi. Passarono davanti alla grotta che ospitava ancora il veicolo del futuro. «Che dici fratello? Controlliamo?»
«Sai bene che lì dentro non c'è nulla. Andiamo più avanti».
Esplorarono ogni caverna, ogni roccia, ogni anfratto. Raggiunsero poi una radura. «Dividiamoci» propose il maschio.
«Come vuoi» gli rispose scocciata la sorella. «Ma secondo me devi revisionare quel tuo braccio meccanico. L'Eco Verde è davvero poco compatibile».
I due si divisero:
Maia esplorò andando più in alto, tra le fronde degli enormi alberi che raggiungevano picchi altrimenti inarrivabili se non con il Teletrasporto Eco.
Esplorò ed esplorò. E poi lo raggiunse.
All'interno di un'enorme cavità nel monte raggiunse il motivo di tanto potere Eco.
Chiamò il fratello; lui arrivò subito:
«Che c'è? Hai trovato qualcosa?»
«Puoi dirlo forte, fratello». Era uscita dalla grotta ad accogliere il gemello e ora lo stava accompagnando all'interno: «Ti ricordi quando hai detto che la soluzione al nostro problema era come dietro ad una sottile porta?»
«''Vicina ma comunque inarrivabile senza la giusta chiave''» rispose Gol citando sé stesso. «Sì. Perché?».
I due raggiunsero infine lo stesso spiazzo trovato in precedenza da Maia. «Perché ho appena trovato un passpartout».
Oltre all'Eco Gol faceva più fatica rispetto alla sorella a controllare la sorpresa; spalancò la bocca in segno di stupore senza essere in grado di pronunciare verbo dinanzi all'enormità di ferro, ingranaggi ed Eco rimasti nel segreto per millenni che costituivano un Silos Precursor.

Il Portale Precursor del Villaggio di Sandover era sempre acceso, anche se nessuno lo usava mai.
Per la seconda volta, quel giorno, il giovane Jak e il vecchio Samos uscirono da un portale e atterrarono dolosamente sul pavimento.
«IO ODIO I VIAGGI!» sbraitò di nuovo, stavolta con più foga.
Jak si stava guardando intorno, e Samos fece lo stesso: «Per tutti i Precursors...». Conosceva molto bene quel luogo: l'aveva visto più volte nel suo tempo, distrutto dagli anni e minacciato dalla Teste di Metallo per il Seme di Eco con cui ora condivideva i poteri.
A quanto pare c'era una pianta carnivora nel grande vaso sulla sinistra.
«Quante cose sono condannate ad una triste fine...». Guardò Jak; era intento ad annusare qualche strano fiore. «Un po' ti invidio: innocente come sei... Per te sarà tutto nuovo quando accadrà. Io invece non ho più sorprese, solo obblighi da portare a termine per un futuro più radioso che so di poter ottenere».
Si affacciò alla piccola finestra e fissò il suo futuro villaggio. Lo paragonò alla Città Morta. «Tutto distrutto... Fango, mostri, rovine. Rimarrà solo questo».
Preso com'era dai ricordi del futuro non si accorse di una presenza nuova nella stanza: «E lei chi è?!»
«E due...» commentò il vecchio. Girandosi di nuovo ebbe davanti una giovane donna. Se Maia era avvenente e sapeva tenere a bada l'età, questa non aveva da essere invidiosa: i suoi capelli, lunghi, blu e dritti, cadevano su un corpo snello e scattante e contornavano un visetto giovane e delicato, seppur sciupato a tratti.
«Oh, mi scusi signorina» incominciò il Saggio, «Non sapevo ci fosse qualcun altro oltre a me e al bambino. Il mio nome è Samos Hagai, e d'accordo con Gol e Maia, i due Saggi dell'Eco Verde... Ecco... prenderò il loro posto»
«Dice...». La giovane donna cominciò ad agitarsi. «Dice sul serio?»
«Beh, sì». Samos si chiese cosa ci fosse di sbagliato. Nulla in verità, perché la donna parve rallegrarsi. Messa una mano al petto si liberò delle ansie con un profondo respiro: «I Precursors siano ringraziati. Lei non sa quanto questa notizia mi faccia star bene».
Si avvicinò al vecchio e gli pose quella stessa mano. «Saggio Samos, è un onore averla qui nel nostro villaggio. Mi chiamo Navia»
«Piacere mio, Navia». La piccola mano femminile fu stretta dalla grande e pelosa mano del Saggio Verde. Navia si chinò poi sulla piccola figura di Jak che la guardava incuriosito con i suoi enormi occhi blu. «E questo piccolino chi è? Figlio suo?»
«Oh, no. No no, affatto»
«Allora suo nipote?»
«Non siamo parenti, signorina Navia. Jak è sotto la mia tutela. I suoi genitori sono...»
«Oh... Ho capito...»
«Morti».
Navia si alzò e fissò Samos con occhi più tristi del dovuto. «Non c'era bisogno di completare la frase. Avevo detto di aver capito»
«Perché girarsi attorno? La realtà sarà sempre lì ad aspettarti». Navia distolse lo sguardo. «Meglio accettarla subito, così dico io»
«Così dice lei...». La voce di Navia cominciò a tremare per il sentimento; «Ma lei... non credo abbia mai subito una perdita così importante nella sua famiglia, vero?».
Samos fissò la bella donna negli occhi: sebbene stesse disperatamente cercando di nasconderli non poté non far capire di stare per piangere.
«Mi dispiace. Ignoravo che...». Dagli occhi lucidi cominciarono a cadere qualche lacrima. «Suo marito?»
Navia annuì. «Pochi anni fa... Ci lasciò per colpa di un Lurker...»
«"Ci"?»
«Me e nostra figlia. Keira non avrà che uno, due anni di differenza con il suo Jak. A quell'età è stato facile dimenticarlo: crede che se ne sia andato via. Forse come me lo sogna di notte». Altre lacrime sgorgarono dai suoi occhi chiusi. «Ma il peggio è che...»
«Tocca a lei».
Navia alzò gli occhi; anche da arrossati rimanevano bellissimi. Annuì mogia. Aveva perso tutto l'entusiasmo di poco prima. «I Saggi mi hanno diagnosticato altri tre, forse quattro anni. Non sanno cosa sia, non sanno come agire». Si toccò il petto. «È il cuore. Mi facevano bere un intruglio di erbe quando mi doleva e funzionava per qualche ora, il tempo che passasse da sé. Passava ma non finiva mai».
«Forse so la ricetta, glielo farò anch'io»
«Grazie». Navia tirò su con il naso e si asciugò gli occhi nella manica. Trovò anche la forza per sorridere. «Allora: lei è il nuovo Saggio dell'Eco Verde, io avrò ancora le mie medicine, e Jak e Keira potranno stringere amicizia. Che dici, Jak? Te la chiamo Keira? La vuoi conoscere?».
Il piccolo annuì. Lui almeno era felice.

Navia tornò pochi minuti dopo. In braccio teneva una bambina dai capelli lunghi e verdognoli, adorabile nel suo completino rosa a fiorellini.
«Keira...» mormorò Samos. Anche lei stava per andare incontro ad un triste futuro. E molto prima di tutti loro.
«Mamma chi sono questi?» La piccola venne messa a terra, ma rimase comunque vicino alle gambe materne.
«Beh vedi Keira, quel bambino laggiù si chiama Jak, e potete diventare grandi amici, voi due»
«E il signore chi è mamma?».
No.
«Lui è la persona che volevo tu incontrassi, piccola mia».
Non avrebbe permesso che ciò avvenisse.
«Sì ma chi è?».
Doveva tentare.
«Ma come Keira, non mi riconosci?». Navia lo fissò strano. Keira con lei:
«Perché dovrei conoscerla signore?» «Non chiamarmi "signore" Keira. Davvero non sai chi sono?».
La piccola scosse i capelli. «Ma dai, così mi fai diventare triste. Allora vieni qui, avanti».
Keira fissò la madre. Navia fissò la figlia con la stessa aria interrogativa. Alla fine la curiosità vinse sulla piccina.
Avuta a portata di mano Samos si chinò e appoggiò le mani sulle piccole spalle della bambina: «Keira, non mi riconosci neanche un po'? Mamma mi ha detto che mi sogni,è così? Non mi hai visto in sogno? Almeno quanlche volta?»
«Io...» «Sì?» «Io a volte ho sognato degli occhi grandi grandi»
«Ecco! ECCO! Erano grandi per i miei occhiali. Hai capito chi sono adesso?».
Un grande sorriso crebbe sul piccolo volto di Keira. «Tu sei il mio papà!»
«Si Keira, sono il tuo papà». Keira saltò in braccio a Samos e lo strinse tanto forte quanto le sue braccine glielo permisero. «E sono tornato a casa».

Arrivarono poi le domande imbarazzanti:
«Papà ma perché te ne sei andato? Sono stata molto triste»
«Lo so piccola, lo so. Ma ho dovuto andare in un posto lontano per studiare le piante e l'Eco Verde»
«Perché?»
«Così posso aiutare le persone del villaggio e la mamma quando ne avrà bisogno»
«Ma come mai sei così vecchio papà? Mamma è così giovane»
«No, non sono vecchio. È solo che, ehm, ho studiato tanto e sembro più vecchio»
«E perché sei tutto verde papà?»
«Quando studi un Eco capita che la tua pelle cambi colore nell'Eco con cui stai a contatto. E sai? ho imparato anche a parlare con le piante»
«Davveroooo? E cosa stanno dicendo?»
Samos rise gioiosamente. «Beh, quella lì in quel vaso...». Si alzò e portò alla piccola un vasetto con una pianta piena di fiori rossi. «...dice che tu sei la bambina più bella che abbia mai visto»
«Davvero?» «Ma certo. E dice che se potesse si staccherebbe un fiore e te lo darebbe da mettere nei capelli». Detto ciò prese uno dei tanti fiorellini e lo usò per decorare la chioma della piccola. «Ecco. Ora sei ancora più bella»
«Grazie papà». I due si scambiarono un secondo abbraccio. «Papà ma Jak è mio fratello?»
«Ah ah. No Keira. Lui è con me perché... i suoi genitori non potevano tenerlo»
«Perché?» «Perché sono dovuti andare... in un posto molto brutto. E non volevano che Jak venisse con loro in quel brutto posto. Così mi hanno detto di portarlo a casa mia, da mia moglie e dalla mia bambina, così avrebbe avuto anche lui un'amica»
«Ma come?» chiese Keira, «Non aveva amici?». Samos scosse la testa. «Allora sarò amica sua».
La bambina si allontanò dal Saggio dell'Eco Verde e si fermò da Jak.
«Ciao. Io sono Keira» disse, e gli tese la mano. Lui arrossì. «Vuoi essere mio amico?». Jak si ritirò nelle spalle. La strana reazione fece voltare il collo alla bambina: «Papà ma perché non mi risponde?»
«È muto Keira. Vuol dire che non può parlare. Non ci riesce»
Keira fissò Jak negli occhi. -Non hai i genitori, non hai amici, e non parli». Poi, senza nessun preavviso, lo strinse in un abbraccio. «Sei strano strano, ma io ti voglio essere amica lo stesso. Faccio bene mamma? Faccio bene papà?»
«Fai benissimo tesoro». Navia era rimasta tutto il tempo a braccia conserte sull'uscio. «Ora perché non vai a giocare con Jak al Villaggio? Così gli fai vedere anche com'è fatto».
Keira acconsentì e i due, mano nella mano, uscirono a perdifiato verso il centro abitato.

«Okay, cos'ha in mente?!»
Navia aveva abbandonato l'atteggiamento delicato e aveva tirato fuori gli artigli per aggredire verbalmente il Saggio dell'Eco.
Samos, da quando i due piccoli se ne erano andati, nel tempo che la donna aveva aspettato affinché non potessero sentirla urlare aveva proseguito ad ispezionare la stanza. Si ritrovò ad avere tra le mani un bordone ricavato da un ramo sottile dalla punta biforcuta. «Bello questo. Penso che lo userò io» disse dopo averlo maneggiato un poco.
«Non ignorarmi!» fu la reazione di Navia, furiosa più che mai. «Fingersi suo padre? Ma è impazzito?! Lei non conosce nulla di mio marito!»
«E Keira sì?».
Navia non rispose per un primo secondo. Poi: «Glielo dico di nuovo: cos'ha in mente?»
«Non approfitterò di te, Navia, e non abuserò del fatto che "mi devi un grande favore"». La premessa funzionò: Navia parve calmarsi. «Sandover... no, l'intera isola ha bisogno di un Saggio dell'Eco Verde, Jak ha bisogno di un mentore, tu di aiuto e Keira di un padre»
«Ma...»
«Non l'hai vista? Era felice. Più felice, ci metterei la mano nell'Eco Oscuro, di quanto lo sia mai stata in tutto questo tempo.
«Ne ha bisogno, Navia. Ne ha bisogno un mondo. E lo sai meglio di me».
Navia fissò negli occhi il vecchio Saggio.
Gli si avvicinò, mise le mani su entrambe le spalle, lo abbracciò, portò le sue labbra al suo orecchio e cercando di scacciare nuove lacrime lo ringraziò con tutto l'amore che aveva.
Uscì fuori, lasciando Samos da solo insieme alle piante.
Rifletté su ciò che aveva appena fatto: non ci credeva neanche lui che avesse funzionato. Anche se sapeva cosa sarebbe accaduto rimaneva comunque stupito dalla facilità con cui accadde.
Caricando un minimo di Eco si librò in aria, chiuse gli occhi e meditò:
"Tutti i semi sono stati piantati. Non ci resta che aspettare i frutti. C'è tempo, Samos, c'è tempo".

   
 
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