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Autore: Monchele98    09/02/2014    1 recensioni
[Auschwitz]
Una One shot dedicata all'argomento "sterminio degli ebrei. Una ragazzina scrive sul suo diario. Scrive di una giornata molto strana dove sente spesso la parola "ebrei" associata a molti insulti. La sua famiglia le ha sempre nascosto la cruda verità sull'attuale condizione sociale ma lei comincia a capire da sola che tutto ciò che di bello le facevano credere in realtà è una finzione. L'unica cosa di reale che le rimane è il suo diario.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Movieverse | Avvertimenti: Incompiuta
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Caro diario,                                                                          21 Novembre 1938

oggi mi è successa una cosa stranissima. Ero a scuola, il maestro di italiano tardava ad arrivare. Non faceva mai tardi a lezione ma ai miei compagni a quanto pare non importava date le urla che emettevano. L'insegnante arrivò con mezz'ora di ritardo e accompagnato da un soldato. Dopo un paio di minuti il soldato disse: "Chiunque sia ebreo si alzi in piedi". Io esitai, ma poi vidi altri ragazzi alzarsi e feci la stessa cosa. L'insegnante ci fece cenno di seguirlo fuori.
 Mentre lasciavamo il resto della classe e andammo fuori, il soldato ci diede una lettera a testa, ci guardò in un modo strano e duro scrutandoci dalla testa ai piedi e poi andò via. Il maestro lo guardò andare via e poi ci disse di andare a casa e di dare la lettera ai nostri genitori. Non ci disse il perché e tornò in classe lasciandoci con le nostre domande inespresse. 
Andando a casa giravo e rigiravo quella busta tra le mani. Era bianca. Troppo bianca. La mamma non ha buste così bianche e pulite a casa. Non so neanche se le abbia delle buste per le lettere. Arrivai al portone sotto casa e decisi di aprire la lettera e cercare di capire cosa vi era scritto sopra. Parlava di me che in quanto ebrea non potevo più andare a scuola. Poi alla fine c'erano delle vari riferimenti che non riuscii a capire. Una frase in particolare alla fine della lettera mi era rimasta impressa: "Giustizia sarà presto fatta per liberare il Paese da questi scarti umani".
Caro diario, giuro di non aver capito niente di tutto ciò. Perché si soffermano tanto sull'essere ebrei? Mi sembra di aver sempre vissuto in una specie di bolla. Nella mia famiglia non abbiamo mai parlato di queste cose. Stiamo sempre a scherzare e sorridere. Alcune volte però la sera tardi vado in cucina e spio i miei genitori. La mamma piange sempre la sera e papà l'abbraccia dicendole che si sarebbe risolto tutto prima o poi.
Alcune notti degli spari ci svegliano. Si sentono persone che sparano e parlano una lingua che non conosco. Spaventata vado in camera dei miei e vedo la mamma seduta per terra con le mani sulle orecchie. Papà vedendomi mi abbraccia e se gli chiedo cosa succede mi dice sempre la stessa cosa: "I vicini litigano spesso, lo sai. E il signor Thomson dopo un litigio va fuori e comincia a sparare per smaltire la rabbia". Non conoscevo il signor Thomson ma volevo approfondire questa sua passione per le armi e capire il perché di questo suo strano hobby.
Quando salii, la mamma mi chiese perché ero già a casa e gli dissi che era scritto tutto nella lettera. Mentre leggeva, il suo viso cominciò a riempirsi di piccole rughe. Dopo aver letto mi fissò, si sedette e lentamente si mise a piangere. Papà non era a casa, lavorava, così decisi di prendere il suo posto e abbracciarla mentre le sussurravo quelle cose che di solito le diceva lui. La mamma mi fissò di nuovo e sperai mi dicesse qualcosa su questa storia ma non accadde. Si asciugò le lacrime e mi fece un sorriso.
"L'ho sempre detto che sei troppo intelligente, perfino per andare a scuola".
La bolla è scoppiata. La scusa più incredibile e banale che avessi mai sentito. Facevo finta di niente ma cominciavo a capire.
Caro diario, sono le undici di sera e ti sto scrivendo della mia giornata a quest'ora perché il signor Thomson mi ha svegliata ancora una volta, ma stavolta sembrava molto più vicino a casa mia rispetto alle altre volte. Domani sera ti dirò di più.


Leila.
  
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