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Autore: BeautifulMessInside    11/02/2014    2 recensioni
"Non hai paura di morire?" - "Non ho molte ragioni per vivere."
Cara non sarebbe dovuta salire su quell'aereo, non sapendo che Joseph Michaelson, detto il Lupo, sarebbe stato sul suo stesso volo.
Joseph non avrebbe dovuto salvare la ragazza, non sapendo chi lei fosse. Ma Joseph non ha idea di chi sia Cara e lei non può sapere che lui davvero farà il grosso sbaglio di salvarla.
Assassini, famiglie potenti, attrazioni pericolose e segreti nascosti in una storia dove non tutto è come sembra.
Genere: Angst, Erotico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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capXII

INCREDIBILE MA VERO SONO TORNATA! NON VI FARO' L'ELENCO DELLE MILLE COSE CHE MI SONO SUCCESSE, PERCHE' COMUNQUE SONO E RESTO UN'AUTRICE TERRIBILE, LO SO! CHIEDO SCUSA A TUTTI!

SEX ALERT: scene di sesso in questo capitolo. Niente di che, ma vi avverto comunque qualora l'idea di leggere vi infastidisse.

A PRESTO!

//////////

Freddo. Faceva un freddo terribile e nonostante la sciarpa stretta attorno al collo Cara continuava a sentire i brividi percorrerle le ossa. Aveva visto vento, pioggia e neve anche a New York, ma nulla di paragonabile alla miseria dell’Alaska. Tutt’attorno le persone sembravano starci dentro benissimo e lei continuava a non capire come fosse arrivata fin lì, seduta sui gradini gelidi di un cinema chiuso, sperando di morire prima della prossima seduta di psicoterapia.

Ancora una volta spinse il pollice sulla rotella dell’accendino sperando che la fiamma riuscisse a sopravvivere. Aveva quella sigaretta in bocca da quasi mezz’ora ed ormai sentiva il sapore del filtro sulla punta della lingua. Non le piaceva fumare, era solo un modo come un altro per sentirsi più grande e più forte dei suoi sedici anni.

L’orologio della chiesa in lontananza segnava le dodici e venti, ancora un paio d’ore prima di poter tornare a casa e fingere che un’altra giornata di scuola fosse finita. Casa… Non sarebbe mai più tornata a casa.

Ancora una volta vide la flebile fiammella spegnersi all’istante davanti ai suoi occhi.

Hai bisogno di accendere?”

Una voce sconosciuta attirò la sua attenzione dalla sinistra. Un uomo sulla quarantina dai capelli castani, avvolto in un cappotto non troppo pesante, lasciato aperto sulla camicia a righe bianche e blu, se ne stava con le mani in tasca ed un mezzo sorriso in faccia. Come faceva a non morire assiderato?

Cara sentì la schiena drizzarsi ed il panico affacciarsi sotto i mille strati di abiti invernali. Non le piacevano gli sconosciuti. Non più.

Lui tirò fuori le mani e le sollevò prima di farsi più vicino. Le porse un accendino verde di quelli che vendono a cinquanta centesimi. Cara rimase impietrita, senza saper decidere se fuggire a gambe levate o cedere al suo imminente attacco di cuore.

Lui sembrò sorridere di nuovo. Si sedette sul suo stesso gradino, qualche metro più in là.

Non sei di qui, vero? Ti si legge scritto in faccia che vorresti essere da tutt’altra parte.”

Esatto. Vorrei essere a casa mia, a New York, litigando il coprifuoco con mia madre mentre aspettiamo che il polpettone sia pronto e che mio padre rincasi dal lavoro.

Cara ingoiò la sua stessa saliva stringendo la borsa tra le mani.

Mi scusi…”

Iniziò in un mezzo sussurro

“…Ma non parlo con gli sconosciuti.”

Lui allargò il sorriso mostrando i denti bianchi ed il loro piacevole contrasto contro l’abbronzatura.

Saggia abitudine…”

Scivolò sul cemento facendosi più vicino, allungò la mano destra

Il mio nome è Robert.”

Cara lo guardò finalmente negli occhi, anonimi occhi castani splendenti di una luce del tutto particolare. Qualcosa nel suo sguardo e nella sua sicurezza abbassò il suo livello di panico.

Potresti comunque essere un serial killer.”

Rispose senza accettare la stretta, sorpresa della sua stessa audacia.

L’altro sollevò un sopracciglio in apprezzamento, ma quasi immediatamente la sua ilarità scomparve

Potrei…”

Abbassò la mano poggiando il palmo sul gradino freddo e sporco

“…Ma lascia che ti dica una cosa…”

Cara tentò di scivolare via, ma rimase inchiodata al suo posto

“…A volte le persone meritano di morire.”

Inclinò la testa intenerendo lo sguardo

Sono comunque certo che non fosse il caso dei tuoi genitori.”

Cara spalancò gli occhi

Come fai a sapere dei miei genitori?”

Lui sembrò ignorare l’ovvia domanda, soffermandosi sul panorama di fronte, attendendo il rintocco delle dodici e trenta. Il suono solenne sovrastò per un secondo tutto il resto.

Io so molte cose Cara Phillis.”

Al suono del suo stesso nome, nome che non aveva mai rivelato allo sconosciuto, il cuore le si gelò nel petto. Non si sfugge dai Michealson.

L’avevano trovata. Avevano scoperto la sua esistenza ed ora l’avrebbero tolta di mezzo.

S…Sei uno di loro?”

Gli domandò in un sussurro, la bocca secca e la lingua attaccata al palato. Lui esplose in una risata genuina, quasi avesse detto la più assurda stupidaggine. Pochi attimi dopo gli piombò in faccia un’espressione a metà tra il disgusto e l’esaltazione

Io odio i Michaelson… esattamente come te.”

Quel nome pronunciato ad alta voce le provocò un brivido ancor più gelato del vento che le soffiava in viso. La paura, il terrore, la rabbia, ogni singola fastidiosa emozione si prese nuovo spazio tra le sue viscere.

Se ti dicessi che puoi avere la tua vendetta…”

Lo sconosciuto riprese a parlare, abbassando il tono benché non ci fosse nessuno attorno

“…Che io posso aiutarti a vendicare la morte dei tuoi genitori…”

I suoi occhi brillavano, la sua voce liscia e morbida come il più abile dei venditori

Che cosa risponderesti?”

La stava fissando, studiando, in attesa di cogliere un qualsiasi barlume d’entusiasmo alla sola idea. La ragazza aveva potenziale, di questo era certo.

Cara mandò giù, accarezzata da quella proposta, lasciando fluire per qualche secondo i suoi pensieri più reconditi. Per quanto fosse sbagliato desiderava la morte di quelle persone, lenta e dolorosa, la desiderava più di ogni cosa.

Scostò lo sguardo da quello di Robert e le parve di tornare improvvisamente alla realtà. Scosse il capo

Sono solo una ragazzina.”

In quella parola tutto il suo senso d’impotenza. Lo sconosciuto si fece qualche centimetro più vicino, la sua voce ed il suo caldo respiro le arrivarono dritti all’orecchio

Ma non sarà sempre così. Presto sarai una donna…”

Con la coda dell’occhio lo guardò ancora, terrorizzata dall’evidenza di come quelle sue parole riuscivano ad incantarla, alla stessa maniera di un flauto magico

“…Una donna forte, coraggiosa, indipendente.. E bellissima lasciami aggiungere.”

La prospettiva sembrò riscaldarla di colpo.

Ti insegnerò tutto quello di cui hai bisogno...”

I loro occhi si incrociarono, il blu intenso di quelli di Cara totalmente divorato dall’oscurità di quell’incantatore. Le parole dello sconosciuto stavano leccando le sue ferite, le stesse che lei cercava di nascondere, le stesse in cui il suo terapeuta sembrava voler ficcare le dita ad ogni costo. Robert riusciva a vederle e le stava offrendo la più miracolosa delle cure.

“…E quando verrà il momento, sarò al tuo fianco mentre la tua vendetta si compie.”

La sola vaga fantasia di quel momento accese in Cara la voglia di sorridere, cosa che non capitava ormai da mesi. Esterrefatta lo guardò alzarsi e scendere l’ultimo gradino

Chi sei tu?”

Domandò. Robert sorrise allungando la mano verso di lei

Vieni con me e ti spiegherò ogni cosa.”

Avrebbe dovuto sentirsi terrorizzata alla sola idea, eppure quell’uomo pareva conoscerla meglio di chiunque altro. Con poche semplici parole le aveva detto tutto ciò che il suo cuore e le sue orecchie bramavano sentire.

Che cosa ti è rimasto ancora da perdere?”

Nulla.

Non ho più nulla da perdere.


--------


Cara entrò nell’appartamento scuotendo la testa. Quel ricordo continuava a tormentarla. Da quando aveva parlato con Morgan, dopo quell’inaspettata scoperta, frammenti della sua infanzia e della sua vita prima della Salle de Paris continuavano a presentarsi senza alcun invito. Dentro la sua mente si combatteva una continua battaglia.

Aveva in mano la più tagliente delle armi, eppure non riusciva a convincersi ad usarla.

Cercando di non far rumore passò la soglia e si guardò attorno. Si sarebbe aspettata una grossa macchia sul pavimento e l’odore di sangue stantio dappertutto, tuttavia ogni cosa sembrava brillare, avvolta in un dolciastro odore di limone ed aceto di mele.

Fissò il punto preciso in cui aveva ucciso il secondo russo. Quasi riusciva ad immaginarle, due cameriere in uniforme francese curvate sul pavimento, impegnate a spazzolare via ogni traccia di sangue. Non si sarebbe aspettata nulla di meno da gente arrogante e pomposa come i Michaelson.

Girò attorno al divano rivivendo il momento in cui si era rivelata. Impagabile.

Ripensandoci meglio forse era stata un po’ troppo teatrale. Troppo drammatica. Troppo volgare.

Eccoli di nuovo. I ricordi della sua infanzia stavano influenzando il suo giudizio. Lo sguardo deluso di suo padre, lo stesso identico sguardo che avrebbe avuto sapendola così, un'assassina sola e senza remore, una donna senza innocenza e senza pudore.

Scosse la testa ancora una volta. Doveva liberarsi di quelle emozioni e tornare lucida. Joseph sarebbe presto tornato e lei non era certa di come giocarsi quell'ultima mano. Guardò i fogli tra le sue dita ancora una volta prima di piegarli e nasconderli sotto uno dei cuscini del divano. Un simile colpo di scena meritava una degna introduzione.

Girò su sé stessa e si avviò verso il mobile bar, forse un po' d'alcool avrebbe sciolto quella tensione. Poteva finirlo, sferrare un colpo talmente potente da destabilizzare la sua intera esistenza. Le fondamenta della famiglia Michaelson si sarebbero sgretolate, un lento ed inesorabile processo di autodistruzione, uno spettacolo da non perdere.


Il cuore le batteva forte e le mani si muovevano da sole nel tentativo di strappare quella carta a strisce il più in fretta possibile. L'odore dei waffle appena staccati dalla piastra le riempiva il naso e si mischiava al pungente odore d'abete. L'albero che aveva scelto insieme a suo padre troneggiava in salotto, completamente ricoperto di luccichi e decorazioni. Il più bell'albero di Natale che avessero mai realizzato.

Mamma! Mamma!”

Alla vista di quella scatola rosa, la casa per le bambole che aveva tanto desiderato, si sentì la persona più felice del mondo. Cos'altro mai potrebbe desiderare una bambina di sette anni?


Cara si portò le mani alla fronte. Basta! Smettetela!

Mandò giù mezzo bicchiere di whisky e finalmente quella scena sparì dalla sua mente.


Già ti mancavo?”


Cara scattò sull'attenti voltandosi verso la porta. Joseph ne stava appoggiato allo stipite con un sorrisetto in faccia ed i vestiti imbrattati di sangue. Non è così che immaginava di vederlo arrivare, non come uno appena uscito dal set di un film splatter.

Di colpo le si chiuse lo stomaco.

Lui varcò la soglia del proprio appartamento a passi lenti, scrutando ogni angolo del suo campo visivo. Non sarebbe stato eccessivo aspettarsi un attacco combinato da quattro fronti, non dopo quello che aveva già visto.

Cara indietreggiò d'istinto, lasciandogli il tempo di realizzare che erano soli. Il suo sguardo non riusciva a staccarsi dalla maglietta insanguinata che aveva appiccicata addosso, dai capelli scompigliati, da quelle mani che non molto tempo prima avevano ucciso qualcuno.

Quanto era sbagliato, se non perverso, volerle toccare?

Quanto era sbagliato, se non patetico, sentire la colpa di ciò che stava per fargli?

Joseph si rese presto conto che non c'era nessun altro. Lui e la ragazza dell'aereo erano soli ancora una volta. Pregò che non fosse per battersi ancora. Non ne aveva alcuna voglia.

Per cos'altro mai poteva essere lì? Per parlare forse? Non avevano molto da dirsi. Si odiavano, punto e basta. Per sbandierare qualche nuova minaccia? Joseph la guardò dall'alto in basso nel suo abito a fiori, coi suoi biondi capelli sciolti e le lunghe gambe scoperte. Cosa mai avrebbe potuto fargli? Nulla. Non lì, non nel suo territorio.

Perché era a casa sua allora?

Che cosa vuoi?”

Esordì, meno minaccioso di quanto avrebbe voluto.

Cara si leccò le labbra, fino a quel momento presa dall'idea perfetta di come quella scena avrebbe dovuto compiersi. La lingua le si bloccò tra i denti. Le parve di sentire la voce di suo padre dritta nell'orecchio, come fosse davvero lì. Scosse il capo, non era il momento per inutili sentimentalismi.

Joseph sollevò il sopracciglio, per la prima volta vedeva aprirsi un varco di vulnerabilità nella gelida corazza della ragazzina.

Lei sospirò forte e riprese la postura fiera e sicura. Leggere quei documenti ed immaginare cosa fosse successo aveva risvegliato i suoi demoni personali. Inutile provarci ancora, se non poteva zittirli, li avrebbe usati contro di lui.

Mio padre era un impiegato. Uno qualsiasi. Uno di quelli che nessuno nota...”

Lui sembrò genuinamente perplesso

...Mia madre invece lavorava part-time in una casa di riposo per arrotondare. Volevano che avessi il meglio. Che diventassi il meglio.”

Senza troppo pensarci si versò un altro dito di liquore e mandò giù, guardando con la coda dell'occhio l'espressione disorientata del suo nemico. Prenditi il mio dolore Michaelson. Prenditelo. Io ho preso il tuo, l'ho trascinato fin qui e l'ho nascosto sotto un cuscino. Proprio come avrei fatto con un cadavere.

Volevano che andassi alla NYU e che diventassi un medico...”

Riprese, riuscendo finalmente a guardarlo

...Erano fieri di me.”

Quell'ultima affermazione riuscì a smuovere Joseph dalla sua immobilità

Perché mi dici queste cose? A me non importa.”

Ed era vero. Non gli importava nulla del suo passato, della vita che aveva vissuto, dei bei ricordi che ancora conservava. Non voleva sapere nulla di chi Cara fosse prima di incontrare suo padre. Non voleva provare pena né compassione. Non voleva provare nulla per lei.

Cara strinse i pugni

Non tutti hanno avuto ogni cosa servita su un piatto d'argento come te.”

Lo stava giudicando, come si giudica lo spocchioso figlio del re, troppo pigro perfino per prendere le proprie decisioni.

Quanto ti sbagli ragazzina.

Ore d'allenamento, addestramento anche sotto la pioggia, prove infinite, mai una carezza, mai un bacio, mai un apprezzamento. Solo il sorriso di sua madre che gli portava di nascosto i biscotti e che gli raccontava di fretta una storia per farlo addormentare quando William non c'era.

I ricordi lo accesero come una miccia, alimentata dal disprezzo che colava a fiotti dalle parole di Cara.

Sta' zitta.”

Intimò una prima volta.

Lei scosse piano la testa, si sentiva meglio dopo aver sputato fuori quel ricordo. Non era diventata un medico, bensì un mostro, proprio come l'uomo sporco di sangue che le stava di fronte, ma almeno aveva avuto una famiglia normale e due genitori che l'amavano. Questo la rendeva più forte di lui, più forte di tutti i Michaelson messi insieme.

Oppure cosa?”

Decise di attizzare la fiamma andandogli incontro. Joseph fremeva e tutta quell'eccitazione la attirava come una falena estiva.

Raccolse i capelli sulla spalla sinistra scoprendo l'altra, inconsapevolmente seducente.

Mi avete già tolto tutto.”

Ti sbagli di nuovo. Mille altre cose potrei toglierti, a cominciare da quell'espressione compiaciuta che ti sei sbattuta in faccia.

Joseph avanzò a sua volta di un passo.

Non hai idea di quanto ti sbagli ragazzina.”

Ribatté serio, resistendo all'urgenza di sfregarsi le mani. Non sarebbe dovuta venire nella sua casa, non vestita così, non con simili arroganti accuse, non mentre il suo corpo affogava ancora nella dopamina post-omicidio.

Quel dolce appellativo le scivolò addosso come il miele. Le piaceva sentirsi chiamare così, la faceva sentire candida, come se avesse ancora una speranza.

Ce l'ho...”

Rispose cercando i suoi occhi

...Ecco perché so che la mia famiglia, per quanto modesta, era mille volte meglio della tua.”

Joseph scattò verso di lei squadrando le spalle

Smetti di parlare della tua vita!”

Le intimò in pieno viso, sovrastandola con la sua altezza e la sua mole possente

Non. Mi. Interessa.”

Scandì con tono più basso, ma con più decisione. Il concetto doveva assolutamente entrarle in testa.

Cara annuì, per nulla toccata dalla sua mancanza di interesse. Si bagnò le labbra con la punta della lingua e si diresse nuovamente verso il mobile bar. Non voleva bere, il sapore del whisky le faceva ancora bruciare la bocca, per cui iniziò a giocherellare col bordo dei bicchieri di cristallo.

Joseph prese un lungo respiro nell'inutile tentativo di calmarsi. Non l'aveva mai guardata con attenzione da quell'angolatura, non aveva mai notato il suo profilo, la linea delle labbra schiuse, la schiena tesa e dritta, il disegno dei fianchi e dei glutei che sollevavano appena il vestito nel punto più giusto. Strinse i pugni perché odiava quella sensazione, ma non riusciva a liberarsene. Continuava a volerla, a desiderarla, esattamente come nel primo istante in cui le aveva posato gli occhi addosso, e poco importa se anche quell'attrazione era frutto di un calcolo attento di Mancini e company al solo fine di fotterlo.

Aveva già sentito quell'esile corpo sotto il suo, aveva accarezzato quella pelle e assaporato quelle labbra rosse. Nonostante i fumi dell'alcool ricordava perfettamente la sensazione di esserle dentro. Stretto e bollente.

Ne voleva ancora. Glielo dicevano le mani e glielo dicevano i pantaloni, diventati improvvisamente troppo stretti.

Lei se ne stava lì, passando i polpastrelli sul vetro, in attesa di non si sa cosa.

Perché sei venuta qui?”

Le domandò, la voce già tradita dal desiderio.

Cara sollevò lo sguardo, notando immediatamente il cambio d'atmosfera. I suoi respiri erano più profondi, i suoi occhi più scuri, i suoi muscoli tesi e la voce più roca. Quell'espressione bramosa e quegli abiti imbrattati si fondevano in una visione magnifica davanti ai suoi occhi, creando l'irresistibile illusione che vita e morte potessero convivere amichevolmente. Che ce ne fosse anche per mostri come loro.

Perché stai ancora temporeggiando? Perché non glielo dici e basta?

Falla finita Cara. Falla finita. Adesso.

Benché lo ripetesse senza sosta era ormai chiaro il motivo per cui le sue labbra volevano disperatamente restare serrate e le sue gambe disperatamente aprirsi.

Rispondimi!”

Stavolta Joseph urlò facendola sussultare. La ragazzina si voltò verso di lui sollevando piano le ciglia scure di rimmel

Te...”

Inspirò quell'aria densa di ormoni

...Sono venuta per te.”

Sembrò onestamente scioccato per la frazione di un secondo. Era forse possibile? La ragazzina aveva cospirato contro di lui addirittura per anni, cercato di ucciderlo in almeno dieci modi, programmato al secondo la morte di ogni suo consanguineo. Possibile che nonostante tutto si sentisse proprio come lui?

Aguzzò lo sguardo e si fece avanti, non le avrebbe permesso di prenderlo in giro ancora una volta.

Ti suggerisco di ponderare attentamente la tua prossima scelta di parole...”

Ad ogni lungo passo silenzioso, Cara indietreggiava verso le parete, lì dove lui la stava sapientemente guidando.

Con la schiena spalmata contro l'intonaco gelido non poté più evitare di guardarlo. Le era quasi appiccicato e riusciva a sentire addosso tutto il suo calore. Joseph poggiò i palmi sulla parete dietro di lei, imprigionandola tra il muro ed il proprio corpo

...Non sono dell'umore giusto per un altro dei tuoi giochetti.”

Il respiro dell'assassino le accarezzò la pelle ed il suo corpo reagì senza remore, diventando bollente sotto la biancheria.

Perché sei venuta qui?”

Chiese di nuovo, stavolta in un mezzo sussurro, già terribilmente vicino al suo viso, respirando a metà tra le sue labbra ed il suo orecchio.

Diglielo. Digli che è stato suo padre.

Quel pensiero non lo sentì nemmeno. Le dita di Joseph giocavano con i piccoli bottoni di madreperla sulla scollatura del suo abito troppo leggero. Cara combatté l'urgenza di chiudere gli occhi e graffiò il muro con le unghie

Ti ho già risposto.”

Riuscì infine a buttar fuori, cercando di far passare una punta di acidità. Il suo ultimo stralcio d'orgoglio. Joseph ribatté con un sorriso a labbra strette, un sorriso di puro compiacimento.

Il tempo di sentirsi uno stupido per lui era finito. La ragazzina dell'aereo che voleva tanto rovinarlo sarebbe ben presto stata rovinata a sua volta. Si sarebbe assicurato di farle dimenticare quel coglione di Little K e qualsiasi altro uomo al mondo.

Stringendo la stoffa tra le dita tirò tanto forte da strappare quella scusa di vestito in un secondo. Lo strappo riempì il silenzio piombato nella stanza mentre l'abito le si apriva addosso fino all'ombelico. Cara poggiò la testa al muro e seguì i suoi occhi mentre prendevano possesso della nuova visuale. Le pupille dell'assassino erano dilatate, i suoi denti serrati, il respiro profondo, ma non ancora accelerato. Stava prendendo il suo tempo, fissando ogni centimetro scoperto, valutando accuratamente quante e quali torture infliggerle.

Cominciò dal seno, ancora nascosto dietro il pizzo azzurro della sua biancheria, stringendolo tra le mani con non troppa delicatezza. Continuava a guardarla in viso mentre lei cercava di resistere all’urgenza d’inarcare la schiena e gemere sotto il tuo tocco. Strinse di nuovo, i suoi piccoli seni gli riempivano le mani a perfezione e per qualche strana ragione, ogni volta che le era così vicino, il viso di Cara tornava a sembrare quello di un angelo, fomentando le sue peggiori fantasie.

Le si spinse addosso, anche contro anche, facendole sentire sulla pancia quanto fosse eccitato alla sola idea di averla di nuovo. Nascose il viso nell'incavo del suo collo abbandonando la dolce tortura per qualche istante, sollecitando la pelle sottile con la barba incolta.

Cara strinse il labbro tra i denti lasciandogli più spazio. La maglietta insanguinata le sfiorava il corpo e le mani di Joseph risalivano lente la curva della sua cosce, sollevando piano ciò che restava del suo vestito. La sua carne pulsava di già.

Dillo ancora.”

Le sussurrò contro l'orecchio. Tono basso ma autoritario.

Le mani di Cara si staccarono finalmente dalla parete e risalirono i suoi bicipiti tesi cercando un appoggio più stabile. Poteva sentire le sue dita tra le gambe, sfiorarla appena nella peggiore delle torture, senza concederle la frizione che tanto desiderava.

Joseph si allontanò di qualche centimetro per poter cercare il suo viso, afferrandolo con una mano per costringerla a guardarlo. L'altra accarezzava ancora l'evidenza bagnata della sua eccitazione, resistendo a malapena all'urgenza di strappare quell'inutile pezzo di stoffa e affondarle dentro.

Dillo ancora.”

Stavolta scostò le sue mutandine mentre lo diceva, ma senza toccarla ancora, godendo del suo disperato tentativo di strusciarsi contro il ruvido dei jeans. Come se non fosse già abbastanza eccitato.

Le mani di Cara raggiunsero la sua nuca, i polpastrelli persi tra i suoi capelli mossi.

Sono qui per te...”

Ribadì a bassa voce ed in tutta risposta sentì due delle sue dita entrarle dentro senza preavviso, costringendola a trattenere il fiato per non buttarglisi addosso. Joseph continuava a fissarla come un lupo affamato mentre lei si contorceva attorno alla sua presa. Era quasi insopportabile.

Cara strinse ancor più forte le mani attorno al suo collo e lo guardò negli occhi un'ultima volta

...Solo per te.”

Concluse, senza sapere se fosse il suo stomaco, il suo cuore o la sua vagina a parlare. Si schiantò contro la sua bocca a palpebre chiuse, sentendo la sua lingua ancor prima delle sue labbra. Baci umidi, baci profondi, una scia di baci bagnati lungo la linea della mandibola e della spalla mentre le mani di Joseph la sollevavano di peso fino alla superficie piana più vicina.

Le piccole mani della ragazzina si insinuarono sotto il bordo della sua maglietta tirando su, costringendolo a staccarsi per il tempo necessario a sfilarla. Subito dopo la sentì attaccare i bottoni dei jeans nel tentativo di liberarlo il prima possibile. Pelle contro pelle riusciva a sentire il calore del suo corpo addosso, così come sentiva la pressione delle sue ginocchia sollevate contro i fianchi. Non c'era più tempo per i preliminari.

Stringendola con forza alla vita la attirò ancor più a sé, spendendo pochi istanti d'attesa per sfilare l'ultimo inutile indumento tra loro. Mischiando il proprio respiro affannato a quello di Cara si posizionò tra le sue gambe e la inchiodò al tavolo mentre, con una sola spinta, finalmente la prendeva.

Il suo primo gemito, simile ad un miagolio, lo costrinse a fermarsi perché tutto non finisse troppo presto. L'interno del suo corpo era esattamente come ricordava, forse anche meglio, ancor più accogliente dell'ultima volta. Le unghie di Cara conficcate nella schiena lo spronavano a muoversi, le sue gambe strette contro le anche chiedevano attrito e la sua bocca attaccata alla spalla, con i denti che gli accarezzavano la carne, soffocava la voglia di ansimare.

Prese a muoversi lento, ma solamente per trovare l'angolo perfetto, quello che la faceva tremare, che l'avrebbe fatta esplodere in pochi secondi. Il ritmo divenne allora frenetico, le sue forti mani la stringevano all'altezza dei fianchi accompagnando ogni spinta, non lasciandole respiro, nemmeno per un attimo.

Cara si stringeva a lui ansimandogli nelle orecchie, in un rapido crescendo di graffi e gemiti che ben presto raggiunse il suo apice. Joseph la sentì stringere la morsa attorno al suo corpo e trattenere il fiato mentre i suoi muscoli si scioglievano in spasmi violenti e ripetuti. Rallentò per qualche istante, godendosi la vista delle sue pupille dilatate e del suo viso arrossato dall'orgasmo, ma prima ancora che potesse rilassarsi spinse di nuovo e più forte, stavolta concentrato sulle sue sole esigenze.

Avrebbe voluto continuare per ore, fino a farle dire basta, ma era troppo anche per lui. Troppa eccitazione, troppo piacere, troppe emozioni tutte in una volta. Le si mosse dentro ancora una volta prima di venire, soffocando una specie di ringhio tra i suoi capelli che sapevano di albicocca.

Rimasero immobili per minuti infiniti, le mani di Cara aggrappate al bordo del tavolo per sostenersi e le sue poco distanti, annaspando alla ricerca d'ossigeno. Joseph si mosse per primo facendosi indietro e tirando su i jeans. Lei scese dal tavolo cercando di coprirsi coi resti del suo abito a fiori, un gesto pudico che non le s'addiceva affatto.

Era strano, quasi imbarazzante, difficile di certo. Nessuno dei due aveva idea di cosa dire adesso. Cara in realtà sapeva benissimo cosa avrebbe dovuto dire, ma tutte quelle endorfine le avevano annebbiato il cervello.

Fu di nuovo lui a muoversi, allontanandosi ancora

Ho bisogno di una doccia.”

Si giustificò prima di lasciare lentamente la stanza, abbandonandola coi suoi pensieri.

Cara guardò allo specchio il disastro che era la sua faccia. Tentò ancora una volta di coprirsi, ma era impossibile con l'abito strappato. Cercò allora le sue mutandine sul pavimento e le infilò velocemente, non riuscendo ad ignorare la sensazione ancora viva delle mani dell'assassino lungo le sue gambe.

Non aveva idea del perché gli avesse detto in quel modo che era lì per lui, come se avesse voluto dirgli che stava morendo all'idea di non vederlo più. Non era una bugia dopotutto, era davvero lì per lui, ma solamente per raccontargli ciò che aveva scoperto, solo per fargli del male.

Buttò gli occhi verso il divano che nascondeva il suo segreto e lasciò cadere le spalle. Chi voleva prendere in giro?

Era lui.

Il motivo per cui la sola idea di sfiorare di nuovo Little K la faceva vomitare.

Il motivo per cui aveva sparato in testa a quel russo, giù al deposito.

Il motivo per cui il ricordo dei suoi genitori e della sua infanzia era di nuovo lì a tormentarla.

Era lui.

Chiuse gli occhi concentrandosi sulle immagini di quella sera alla Salle de Paris.

Lo odiava ancora. Lo odiava da morire. Doveva odiarlo.

Valutò allora l'idea di lasciare quei documenti sullo stesso tavolo dove avevano fatto sesso e andarsene. Avrebbe potuto goderne anche a distanza in fondo, e Joseph era certo abbastanza intelligente da arrivarci da solo.

Raggiunse a passi lenti la camera dell'assassino e raccolse la prima maglia che le capitò davanti agli occhi. Non poteva certo uscire in strada mezza nuda. Indossò la sua t-shirt nera e rimase lì, accanto al suo letto, guardandosi di nuovo in uno specchio.


//////////


Elia uscì dalla suite scortato da due uomini. Nessuno dei due aveva proferito parola, ma quello più alto l'aveva indirizzato verso destra con un gesto della mano ed un cenno del capo. Aveva addosso un nuovo completo italiano ed una camicia bianca inamidata di fresco, un gentile omaggio recapitato nella sua stanza dallo staff dell'hotel. Si stavano dirigendo verso una sala privata per la cena.

Non aveva idea di cosa sarebbe successo una volta lì dentro. Non aveva più parlato direttamente con Pushkin dopo il loro ultimo confronto al deposito di Lewis.

Le parole di Katrina gli erano ancora chiare in mente, sua moglie voleva prendersi ciò che gli spettava, ma non era ben chiaro cosa pensasse di meritare, soprattutto dopo una fuga durata due anni. Il suo disprezzo e la sua rabbia l'avevano colpito profondamente, costringendolo a mettere in discussione il suo intero operato. L'obbedienza ed il rispetto che mostrava verso suo padre per lui non erano altro che lealtà, la sacrosanta lealtà che si deve alla famiglia, la stessa che avrebbe mostrato sia a William che ai suoi fratelli in qualsiasi circostanza. Ed il matrimonio non è nulla più che una circostanza come le altre, giusto? Cosa si aspettava Katrina da un'unione pianificata a tavolino ed un contratto finanziario siglato a quattro mani? Avrà pur sbagliato in mille modi, primo fra tutti innamorandosi di lei, ma restava Katrina quella in torto, era stata lei ad abbandonarlo senza una parola. Se avesse parlato prima magari... Elia sentì lo stomaco chiudersi. Su una cosa sua moglie aveva avuto ragione, se anche avesse chiesto o preteso qualcosa di più, lui di certo non l'avrebbe ascoltata, avrebbe sempre messo al primo posto la famiglia. La sua famiglia.

La grande e spessa porta della sala lo distolse da quel pensiero. E se Pushkin avesse preparato un'esecuzione dall'altra parte? Forse è questo che Katrina intendeva dicendo che si sarebbe presa tutto in un modo o nell'altro, togliendolo di mezzo non sarebbe più stata obbligata a dividere la sua eredità con lui. Di conseguenza non avrebbe mai messo le mani su metà delle proprietà di Elia, ma poco importa, quasi sicuramente disprezzava quelle quote proprio disprezzava lui e tutti i suoi parenti.

Non avrebbe avuto molte possibilità di salvarsi, non stavolta.

Mandando giù la tensione solcò il primo passo nella stanza e si trovò inaspettatamente avvolto in una nuvola di aromi e profumi. L'acre si fondeva con l'odore denso della carne e, solo in sottofondo, riusciva a percepire una nota dolciastra e zuccherina.

Pushkin si tirò su lasciando strisciare la grossa sedia sul pavimento, agghindato nella giacca grigio scuro che contava quattro stelle su ogni spalla, il ricordo dei suoi giorni da generale cui tanto era ancora legato.

Elia.”

Lo salutò col proprio nome ed un mezzo sorriso, invitandolo con un cenno ad unirsi a loro. Accanto a lui sedeva infatti Katrina nel suo abito blu notte, il viso pulito ed i capelli raccolti sulla nuca in uno chignon ordinato.

Elia si avvicinò lentamente e circospetto, scegliendo infine la sedia di fronte, quella che gli dava maggior controllo della situazione. I due tizi che l'avevano accompagnato sparirono chiudendosi la porta alle spalle.

Serviti pure.”

Lo invitò il russo tornando al proprio posto. Elia guardò i vassoi che gli stavano davanti e riconobbe immediatamente zuppa di barbabietole e straganoff di manzo, un menu da grandi eventi e grande tradizione sovietica. Pushkin aveva già un'abbondante dose di spezzatino nel piatto e pareva per nulla scosso dalla sua presenza mentre ammollava grossi tozzi di pane nella salsa. Accanto a lui Katrina giocava col cucchiaio e con la zuppa.

Il più anziano si schiarì la voce dopo aver mandato giù un grosso sorso di vino rosso.

Mi dispiace per nostra piccola incomprensione Elia...”

Esordì, apparentemente sereno, ma non meno inquietante

...Mi spiace di incidenti accaduti in questi anni. E anche di aver fatto arrestare tuo fratello in Johannesburg.”

Elia continuava a guardarlo con sospetto, nemmeno sfiorato dall'illusoria sincerità di quelle parole.

Pushkin rivolse un gesto a sua figlia senza spostare gli occhi da quelli del suo ospite

Mia figlia qui...”

Si interruppe per un altro sorso di vino

...ha spiegato il suo piccolo colpo di testa...”

Di nuovo indicò le pietanze

...Spero tu voglia accettare nostre scuse.”

Raggelato dalla costante presenza delle sue pupille addosso, Elia allungò la mano e si servì della carne che non aveva alcuna intenzione di mangiare.

Il russo parve totalmente preso dal suo pasto per qualche minuto, dopodiché si pulì il viso col tovagliolo e si rivolse nuovamente a lui con tono apparentemente indifferente

Dimmi Elia... Cosa vedi quando guardi mia figlia?”

Domanda da un milione di dollari. Domanda trabocchetto.

Elia spostò immediatamente gli occhi sulla sua consorte, studiando la tenacia con la quale sembrava voler restar zitta ad ogni costo. Lei alzò infine lo sguardo e sollevò un sopracciglio, sfidandolo a trovare una risposta degna, quella che forse gli avrebbe salvato la vita.

Vedo la donna bellissima ed intelligente che ho sposato.”

Rispose con la bocca secca, ma senza interrompere lo scambio di occhiate.

Pushkin annuì mandando giù il suo boccone e sempre con la stessa apparente calma proseguì

Vuoi sapere cosa vedo io?”

Domanda retorica che entrambi ignorarono

Una regina...”

Al suono di quella parola Elia tornò a guardare suo suocero

...Una regina degna del mio regno ed anche di più. Non sei d'accordo?”

In quell'istante tutta la messinscena di compagnia e convivialità crollò, l'espressione del russo nuovamente gelida e ferma come la pietra.

Elia inspirò drizzando la schiena, osservando attentamente i movimenti dell'altro mentre tirava su qualcosa dalla sedia vuota alla sua sinistra. Non era una pistola come poteva aspettarsi, bensì un fascicolo di fogli che il vecchio lasciò scivolare sulla tovaglia di lino.

Credo sia ora di risolvere qualcuna di nostre ostilità...”

Spostò il piatto da una parte poiché il tempo della comunione era finito

...Darai a Katrina la proprietà di tutti tuoi beni in Europa.”

Elia aggrottò le sopracciglia

Abbiamo già un contratto prematrimoniale. Katrina avrà metà dei miei beni ed io metà dei suoi al nostro decimo anniversario.”

L'altro ghignò

Ammiro tua fiducia nel sacro vincolo di matrimonio Elia, ma stavolta prenderò mie precauzioni.”

Il maggiore dei Michaelson afferrò i fogli e tentò di leggerne il contenuto nonostante il nervosismo crescente. Non voleva rinunciare alle sue proprietà cedendole a Pushkin su un piatto d'argento. Era certo infatti che l'unico motivo per cui il russo chiedeva quei beni era per poterli gestire lui, direttamente dal suo comodo trono di San Pietroburgo. Katrina sarebbe stata solo un'utile prestanome.

E lei? Tornerà in Russia con te?”

Pushkin sospirò gesticolando in quell'aria pesante

E' tua moglie Elia. Mi aspetto che tu la tenga con te in vostra casa.”

Oteц!”

Katrina finalmente parlò facendosi dritta sulla sedia. Chiaramente non si aspettava quel piccolo colpo di scena. Suo padre la zittì con un solo sguardo glaciale e tornò a rivolgersi all'alto

Mi occuperò io di sue proprietà in Europa.”

Elia aveva smesso di guardarlo, troppo preso dai tremori di Katrina che, piegata sulla sedia, sembrava voler esplodere da un secondo all'altro. Sfogliò i documenti cercando la conferma nero su bianco che sarebbe stata Katrina, e solo lei, la nuova proprietaria dei suoi beni. Mentre fingeva ulteriore interesse per le clausole di quel contratto, continua solamente a pensare che in cambio di qualche terreno e di pochi milioni di dollari in quote azionarie, avrebbe avuto sua moglie di nuovo a casa. Di certo Katrina non ne sembrava entusiasta, ma lui trovava terribilmente attraente l'idea di chiuderla a chiave in una stanza ed assicurarsi che non potesse più scappare.

Bene...”

Esordì raggiungendo la penna

...Affare fatto.”

Concluse apponendo la sua firma completa sull'ultimo foglio. Katrina lo guardava adesso furibonda, ma a lui non importava, non vedeva l'ora di uscire da quel posto e riportarla, consenziente o meno, nel loro letto.


////////


Joseph si avvolse un asciugamano attorno alla vita e passò le dita tra i capelli bagnati. Si sentiva leggero e pesante allo stesso tempo, soddisfatto nella carne, ma comunque vuoto nell'anima. Era certo che uscendo dal bagno non l'avrebbe più trovata, sicuro che Cara fosse già sparita nel nulla com'era suo solito. Parte di lui sinceramente ci sperava, sperava di non doverla guardare ancora, di non doverle parlare, di non doversi chiedere se davvero provava qualcosa di diverso per lei, qualcosa in più del semplice disprezzo che si deve al nemico.

Continuava a pensare alla ragazzina imbranata che aveva incontrato sull'aereo, quella dall'aria innocente che aveva immaginato tra i banchi di scuola e dietro il bancone di un bar. Aveva fantasticato un'intera vita per lei in pochi minuti, una vita qualsiasi, fatta di impegni insignificanti, amiche un po' puttane e magari un padre bigotto e geloso. Una vita che lui avrebbe sconvolto con un solo breve incontro.

Quella ragazza non esisteva e lui non voleva più pensarci, voleva togliersi dalla mente l'immagine della sua cerimonia di laurea in medicina. Maledetto il momento in cui aveva aperto bocca, costringendolo a conoscere cose di lei che non avevano alcuna importanza.

Si guardò brevemente allo specchio e notò il marchio che i suoi denti gli avevano lasciato sulla spalla sinistra. Benedetto il momento in cui aveva invece aperto le gambe. Contava sulle dita di una mano le donne che si era portato a letto più di una volta e Cara sembrava sovrastarle tutte, forse perché cattiva, forse perché proibita. Forse perché tanto simile a lui, non fosse per i continui voltafaccia e sbalzi d'umore che lo tenevano continuamente sulle spine.

Se anche fosse rimasta, chissà mai che donna avrebbe trovato fuori da quel bagno.

Uscendo notò immediatamente la desolazione del suo soggiorno. Proprio come immaginava. Si avviò silenzioso verso la propria stanza da letto pensando a come avrebbe passato la notte che lo attendeva. Al di là dei suoi drammi relazionali aveva ancora un fratello scomparso a cui pensare.

Di certo non si aspettava di trovarla lì, nel suo piccolo mondo privato, con addosso una delle sue magliette usate. Cara se ne stava poggiata all'armadio persa in chissà quali piani di vendetta, totalmente ignara della sua presenza vicino alla porta.

Joseph aspettava di sentirsi infastidito ed invaso, ma in realtà nessuna delle due parole definiva il suo nuovo inaspettato stato d'animo. Era bella nella luce del tramonto che filtrava dalle tapparelle nella penombra, bella nella sua apparente tranquillità e nei suoi vestiti. Il collo troppo grande le lasciava la spalla scoperta, le maniche troppo lunghe nascondevano le mani e l'idea che il suo odore le sarebbe inevitabilmente rimasto sulla pelle accese di nuovo la sua virilità.

Facendosi avanti rese nota la sua presenza. Cara gli scattò in piedi di fronte. Per quanto tempo era rimasta lì ferma a chiedersi come meglio avrebbe potuto sbattergli in faccia l'amara verità? I suoi occhi non resistettero alla tentazione di accarezzare il torace scoperto di Joseph, la linea degli addominali fino all'ombelico e quei tre numeri tatuati sotto al cuore che per lei non avevano alcun significato.

Il suo viso aveva la stessa espressione di poco prima, come se la sua grande fame non fosse ancora placata. Quegli occhi azzurri riuscivano a spogliarla e toccarla senza nemmeno essergli troppo vicini, ma lei non doveva e non poteva più cedere.

Joseph avanzò di un passo verso Cara e lei sollevò immediatamente le mani

Non farlo.”

Intimò autoritaria, vedendolo rispondere nel più inatteso dei modi. Un sorriso. Cara ingoiò la saliva che le aveva riempito la bocca alla vista del suo corpo seminudo e dei suoi capelli bagnati

Ti odio ancora.”

Specificò stringendo i pugni. Lui rispose annuendo, sempre più vicino.

Ti voglio comunque morto.”

Aggiunse restando rigida in mezzo alla stanza. Joseph annuì di nuovo, ormai a meno di mezzo metro da lei

Intanto però sta' zitta.”

Ribatté, afferrando il suo viso tra le mani e soffocando ogni ulteriore protesta con la sua bocca. Cara cercò di respingerlo con tutte le forze, ma il tocco della sua lingua sul palato era così piacevole che dovette arrendersi. Il suo bassoventre si contraeva di già, seguendo la propria autonoma volontà di accoglierlo di nuovo.

Stavolta fu lui ad infilare le mani sotto la maglietta per aiutare a toglierla di mezzo, spingendo poi giù, lungo le gambe nude, l'abito strappato che non gli era piaciuto dal primo momento. Cara sembrava improvvisamente così piccola e leggera tra le sue mani. Sganciò il reggiseno con la maestria di un veterano e la spinse sul letto, infilando le dita ai lati dei suoi slip per farli scorrere giù il più veloce possibile.

In piedi di fronte a lei tolse di mezzo l'asciugamano che aveva addosso e si godé il piacevole attrito tra umido ed asciutto mentre si sdraiava tra le sue cosce. Le passò le labbra sul seno, lasciando scivolare la lingua sulla pelle più rosa e delicata. Cara inarcò la schiena e chiuse gli occhi. Poteva aspettare, tutto il resto poteva aspettare.

Un lamento le uscì di bocca quando al suo ennesimo tentativo di sollevare le anche ed incontrarlo, lo sentì tirarsi indietro e rallentare. Quest'uomo, quest'insensibile, avido e crudele assassino, si dedica ai preliminari con la stessa accuratezza e grazia che mette nelle sue esecuzioni, torturando con baci e carezze una vittima che ormai sa di non potersi più salvare.

Cara Phillis non è una vittima, non è una donnetta rimediata fuori da un pub, Cara Phillis è un killer spietato, proprio come lui. Con questo pensiero strinse gli addominali e premette sulle sue spalle fino a farlo rotolare dall'altra parte del letto, ovviamente con lei sopra. Joseph sembrò spiazzato per un istante, trovandosi ora in posizione sottomessa, con le sue mani poggiate sulla pancia e la punta dei suoi capelli che gli solleticava il petto. Fu solo un attimo però, giusto il tempo di sentire la sua carne bollente addosso, scendere lentamente su di lui ed avvolgerlo come la più calda delle coperte.

Iniziò a muoversi piano, ondeggiando in un ritmo quasi crudele, il suo ritmo. Joseph sentì le dita dei piedi arricciarsi e trattenne l'istinto di rispondere ai suoi colpi, deciso a gustare quell'immagine ancora per un po'. Cara aveva drizzato la schiena, il suo corpo nudo completamente esposto ai suoi occhi, compresi i due nei vicino all'ombelico che prima non aveva notato. Aveva gli occhi chiusi e la bocca leggermente aperta, la testa rivolta all'indietro ed una mano ancora appoggiata su di lui. Sembrava quasi che all'improvviso lui nemmeno ci fosse ed il pensiero lo fece finalmente muovere, portando le mani attorno alla sua vita sottile ed aiutandola a settare una nuova velocità. Lui era un cavallo da corsa, non da passeggiata nei boschi.

Tirando su la schiena e portandosi alla sua altezza, la afferrò per le ginocchia così da rendere il contatto più profondo possibile e toglierle di nuovo il controllo. Cara lo afferrò per le spalle e si lasciò guidare verso un nuovo orgasmo, troppo stanca e stordita per continuare quella battaglia di potere. Joseph spinse, spinse e spinse fino al punto di non ritorno, tenendola stretta a sé con più forza del necessario, ma senza davvero preoccuparsi dei lividi che probabilmente avrebbe lasciato sul candido della sua pelle.

I loro gemiti lasciarono spazio al silenzio e all'oscurità della stanza. Cara lo sentì mollare finalmente la presa e si lasciò lentamente cadere sul materasso, fissando il soffitto. Senza cercarlo, nemmeno con la coda dell'occhio, allungò le mani fino alle lenzuola sgualcite e coprì la propria nudità. Il sesso è una cosa, l'intimità è tutt'altro.

Erano entrambi sdraiati e nudi, entrambi terrorizzati all'idea di dire qualcosa e far scoppiare la bolla che li aveva inghiottiti nelle ultime due ore. Joseph riprese il controllo del proprio respiro, notando con una punta di piacere il modo con cui Cara si era subito coperta, come se lui non avesse già scattato un milione di foto mentali di ogni centimetro del suo corpo. Era nel suo letto. Dentro il suo letto. Avrebbe potuto allungare la mano e toccarla ancora, avrebbe potuto voltarsi e guardare il suo viso rivolto all'insù, determinato ad ignorarlo. Non ne aveva voglia, non ne aveva la forza. Le sue palpebre sembravano di colpo troppo pesanti da tenere su ed una voce gracchiante ed insistente nella sua testa aveva preso di colpo a parlare di Elia. Perché suo fratello non aveva ancora richiamato? E se avesse avuto bisogno d'aiuto mentre lui stringeva i fianchi della donna che aveva dato inizio a tutto? Perché tutto sembrava di colpo più lontano?

Cara rimase immobile per un tempo senza fine, pensando a com'era arrivata fin lì e a come tutto era cominciato, pensando al bagno immacolato della Salle de Paris e all'orgoglio di sua madre nell'indossare le perle delle nonna almeno per una sera. Ripensò al sudore sulla fronte di suo padre e alla sua convinzione che fosse tutto un equivoco. Aveva ragione come al solito. Ripensò a Robert e alla prima volta che l'aveva fatta sparare, a come aveva immaginato la faccia di William Michaelson dritta davanti ai suoi occhi.

Certo, non era stato William a sparare ai suoi. Quei due insignificanti energumeni erano terra per i vermi già da un po', ma era stato comunque lui a provocare tutto e meritava di pagare fino alla fine.

Il figlio bastardo sdraiato accanto a lei non aveva la minima idea di che faccia avessero i suoi genitori, tanto meno della maniera sporca ed ingiusta in cui erano morti lontani dalla loro casa. Joseph Michaelson non c'entrava nulla con la morte della sua famiglia. Avrebbe anche potuto ammettere che non meritava di morire a causa sua, ma ciò non voleva dire che non dovesse come minimo soffrire.

Cosa stava pensando? Doveva uscire da quel letto. Scivolò sui gomiti cercando di evitare qualsiasi contatto visivo o verbale, ma nulla si mosse accanto a lei. Inevitabilmente finì per guardarlo, ancora supino, ma chiaramente addormentato come un sasso. Cara sentì la rabbia accendersi, due sole scopate e già era così sicuro che non avrebbe provato ad ammazzarlo nel sonno? Pensava davvero che fosse così debole?

Finalmente in piedi raccattò la biancheria e la maglietta che indossava poco prima, correndo fuori da quella stanza per indossarli. I piedi nudi la portarono immediatamente fino al divano e lì si inginocchiò, finalmente decisa a far esplodere quella bomba.

Afferrò i pochi fogli senza preoccuparsi di rimettere a posto i cuscini, tesa e nervosa nella semioscurità. Come poteva pensare così poco di lei? Tutta la sua vita, la vendetta è tutta la sua vita. Non si fermerebbe nemmeno se glielo ordinasse il Signore in persona, figuriamoci rinunciare per un po' di sesso, non importa quanto piacevole.

Iniziò a camminare avanti e indietro stringendo la carta tra le dita, tentata dall'idea di svegliarlo con un pugno per non aspettare ancora, terrorizzata al pensiero che forse il tempo avrebbe spento nuovamente le sue convinzioni.

Per fortuna non dovette aspettare troppo. Joseph, con addosso solo un paio di jeans, accese la luce della lampada e la osservò con sospetto. Ancora non riusciva a credere di essersi davvero addormentato con lei accanto. Desiderava così disperatamente un po' di pace e normalità da mettere a repentaglio la propria esistenza? Davvero?

Che stai facendo?”

Chiese serio dopo aver notato il suo divano scomposto.

Lei strinse i denti

Te l'avevo detto.”

Si stava chiaramente riferendo al fatto che nulla era cambiato e che la sua amata vendetta era ancora in atto.

Invece di partire all'attacco si sentì terribilmente frustrato, tanto da alzare gli occhi al cielo e spalancare le braccia

Non sei ancora stanca?”

Domandò

La tensione costante. La paura. Gli stessi circoli distruttivi ancora, ancora e ancora...”

Cara se ne stava lì, apparentemente intoccata

...Ti fermerai mai?”

Stava cercando di essere onesto, in barba agli insegnamenti di una vita intera. Si sentiva come uno stupido adolescente imbarazzato, ma era stanco di fingere di non sapere ciò che ormai sapeva benissimo

Non posso...”

Gli rispose lei con naturalezza, ma non meno tormentata

...Io non ho niente. Questa vendetta è tutto quello che ho.”

Joseph sospirò cercando di arrivarle più vicino

Hai avuto occasione di uccidermi almeno dieci volte...”

Riprese. Eppure eccomi ancora qui. Concluse nella sua testa senza bisogno di dirlo davvero.

...Crollerebbe davvero il mondo se ammettessi una volta per tutte che provi qualcosa per me?”

Stavolta lei saltò come se le avessero appena conficcato un ago da dieci centimetri tra le scapole

Io non sento niente per te!”

Ribatté secca e decisa, forse anche troppo.

Joseph allungò un altro passo

Anche se mi uccidessi adesso, anche se facessi a pezzi il mio intero albero genealogico, i tuoi genitori resterebbero comunque a marcire sotto terra.”

Lui era quello razionale, lei preferiva continuare a credere che ogni cosa sarebbe tornata a posto e che quel buco in mezzo al suo cuore si sarebbe finalmente chiuso. Le emozioni sono solo un impiccio. Le emozioni lei le ha spente tutte parecchio tempo fa.

Io non provo niente per te. Niente che non sia odio.. o disprezzo.. o compassione.”

Non sembrava così mezz'ora fa.”

Non osare. Non osare credere di conoscermi solo perché sei stato tra le mie gambe.

Cara sentì la rabbia montare ancora una volta come un toro inferocito e senza pensarci due volte gli sbatté i preziosi fogli addosso

Lascia che te lo dimostri allora.”

Joseph afferrò il fascicolo dalle sue mani ed iniziò a sfogliarlo senza capirci troppo, in attesa che le sue pupille riuscissero a mettere a fuoco nella penombra.

Lei non poteva aspettare

E' stato tuo padre.”

Sentenziò senza apparentemente avere la sua attenzione

Tuo padre ha ucciso tua madre.”

Al suono di quelle parole Joseph prese a sfogliare più in fretta, il nome di Amelia Fisher prima, ed Amelia Fisher Michaelson poi, in cima ad ogni pagina. C'erano numeri e paroloni medici che gli annebbiavano la vista, già provata dallo sforzo di metabolizzare quelle parole. Non poteva essere vero. Lui era lì, lui l'aveva trovata sul pavimento, lui l'aveva raccolta dal suo ultimo letto di pillole. Era un bluff, solo uno stupido bluff per fargli perdere la concentrazione.

Cara lo sentì ridere sotto i baffi ed aggrottò le sopracciglia

Davvero pensi di fregarmi con una simile assurdità?”

Era chiaramente in fase di negazione.

Va' all'ultima pagina.”

Joseph era ormai così certo della sua teoria che obbedì senza fiatare. Era il referto dell'autopsia che, tra l'altro, aveva già letto decine di volte.

E' il vero rapporto dell'autopsia, non quello che tuo padre ha fatto stampare per pararsi il culo.”

Non aveva intenzione di crederle, ma nonostante ciò prese a leggere quelle poche righe

Tua madre aveva un tasso altissimo di Midodrine nel sangue, un vasocostrittore comunemente usato per curare l'ipotensione.”

Joseph scosse la testa. Davvero in quel momento pensava di parlarle con un medico di ER?

Considerate quelle dosi, sono sicura che non lo prendesse di sua spontanea volontà.”

Lui sollevò gli occhi per un attimo, confuso e vulnerabile come non l'aveva mai visto

La mia teoria?”

Il momento era arrivato

Tuo padre ha sostituito le sue pillole per il mal di testa col Midodrine facendole salire la pressione alle stelle. I suoi mal di testa saranno diventati terribili, tanto da richiedere almeno quattro o cinque analgesici al giorno.. E più ne prendeva, più stava male.. Più ne prendeva più la pressione saliva.. Fino a che non le è esploso il cervello.”

Lui non si mosse nemmeno, come una statua di pietra in mezzo al soggiorno. Stava diventando più pallido ed i suoi occhi avevano ormai smesso di cercare conferme sulla carta

E perché mai l'avrebbe fatto?”

La domanda gli uscì dalle labbra in un soffio di voce come quella di un bambino. Cara mandò giù, il suo stomaco si torceva sotto lo sterno e doveva sforzarsi di ignorare la voce che le urlava di fermarsi. Lui era già distrutto, ma nemmeno a lei stava piacendo.

Guarda nello specchio.”

Concluse, cattiva come forse, in fondo, non era mai stata prima di quell'istante. E Dio... Dio mio, quanto avrebbe potersi rimangiare ogni parola immediatamente dopo.

Joseph Michaelson, il grande Lupo, l'assassino senza morale, stava cadendo a pezzi davanti ai suoi occhi. Immobile gli si sgretolava davanti. In silenzio scivolava giù, desiderando di diventare tutt'uno con la polvere sul pavimento.

Cara sentì il cuore fermarsi. Se non era un'emozione quella, cos'altro poteva mai essere? Qualcosa dentro bruciava e non era la solita rabbia. Non voleva affatto ridere. Voleva piangere, voleva prendersi a schiaffi, voleva graffiarsi la pelle fino a sanguinare. Voleva toccarlo... Che Robert possa perdonarla, che possano perdonarla i merli.. e perdonarla sua madre e suo padre... Voleva toccarlo.

Nel giro di un istante l'intera atmosfera nella stanza mutò da un estremo all'altro. Joseph uscì dalla sua catatonia ed il tavolo del soggiorno volò in aria con tutte le sue riviste ed il suo posacenere di vetro. Subito dopo le sue mani si chiusero attorno al collo di Cara, spingendola con forza contro la parete attrezzata. Stringeva forte, così forte da sentire sui palmi il battere incessante delle sue carotidi che cercavano ossigeno. Il suo pallido viso diventava più rosso ad ogni secondo, i suoi grandi occhi blu sgranati e le sue unghie conficcate nei polsi, cercando in maniera scoordinata, ma non meno disperata, di farlo smettere.

La stava guardando, ma non la vedeva davvero. Vedeva solo il suo dolore e quello stava cercando di uccidere. Ancora pochi secondi e la ragazzina dell'aereo non sarebbe stata nulla più che un cadavere sul suo tappeto persiano.

Anche lei lo sapeva, lo sapeva perché le sue unghie avevano smesso di graffiare e le sue gambe di dimenarsi. Non l'avrebbe più vista. Non l'avrebbe vista né toccata mai più.

Lasciò la presa. Cara cadde a terra tossendo alla ricerca d'aria, aspettando che la stanza smettesse di girare.

Vattene!”

Ordinò mentre afferrava la bottiglia di bourbon e si preparava a tracannarlo tutto d'un fiato. Lei provò a tirarsi su, con la gola ancora in fiamme ed i polpacci invasi dal formicolio.

VATTENE!”

Stavolta urlò come un dannato. Cara riuscì a mettersi in piedi e raggiungere la porta mentre lui mandava giù mezza bottiglia

ESCI DALLA MIA CASA!”

Aveva già una mano sulla maniglia e l'altra sul collo, ma continuava a guardarlo come un povero cucciolo bastonato. Era davvero troppo.

La bottiglia le si fracassò accanto alla testa in mille piccole schegge di vetro, l'alcool schizzato dappertutto in un momento.

ESCI DALLA MIA VITA!”

Cara ignorò la scheggia che le aveva trafitto la guancia e si decise ad uscire. Aveva vinto.


////////


La terza valigia riempì il cofano dell'auto che Pushkin aveva pronta per loro. Stavano tornando a casa. Elia salutò con un ultimo cenno suo suocere e salì in auto, trovando inevitabilmente posto accanto ad una Katrina immobile e muta. Non gli avrebbe reso le cose semplici, poco ma sicuro.

Incredibile ma vero, delle proprietà perse non gli importava nulla. William non sarebbe certo stato dello stesso parere, ma per una volta, per una sola e singola volta, aveva deciso usando null'altro che la sua testa. La vista alla sua sinistra lo ripagava di ogni perdita. La sua preziosa Katrina, disarmata ed arresa, pronta a pagare le conseguenze di ogni suo stupido gesto.

Per tutto il viaggio cercò qualcosa di brillante da dire, qualcosa che avrebbe potuto scuoterla da quel torpore. Nulla venne fuori dalla sua bocca. Come sempre si confermava il fratello più incapace, con tanta devozione, ma nulla da dire.

Di fronte alla loro casa, poco distante dalla grande proprietà di famiglia, l'auto accostò e l'autista scaricò le valigie di Katrina prima di sparire.

Elia rimase indeciso se prenderle o meno, come probabilmente avrebbe fatto un normale marito. Continuava a chiedersi se sua moglie sarebbe scappata di nuovo appena voltata la testa, magari giusto il tempo di ficcare la chiave nella serratura. Lei si mosse sui gradini del porticato, cercando i piccoli dettagli che non sapeva di non aver dimenticato.

Alla fine si schiarì la voce

Mi spiace che il tuo piano sia finito così.”

Fece per prendere la prima valigia, ma quando Katrina si voltò finalmente verso di lui dovette fermarsi. Un sorriso, quello era un sorriso.

Lei si avvicinò lentamente, sfoderando per lui uno dei suoi magnetici sguardi da cerbiatta. Sollevò una mano verso il suo viso e, con lo stesso sincero sorriso ancora tra le labbra, gli accarezzò la guancia

Il mio dolce, nobile Elia...”

Era senza parole, senza respiro, senza la forza di muoversi

...Questo è solo l'inizio.”














  
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