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Autore: _Polx_    12/02/2014    3 recensioni
Storia dedicata a tutti coloro che amano il trash.
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Ciò che l'umanità può compiere grazie ai propri studi, all'interno dei grandi laboratori che con fatica e intelligenza si è creata, è grande. È pericoloso. E se sfuggisse di mano, causerebbe catastrofi inimmaginabili. Purtroppo diventa evidente solo quando accade. Quando è troppo tardi. A quel punto, l'unico modo è sperare nell'azione di uomini e donne più forti, più preparati e capaci di contrastare ciò che è troppo furioso e terribile per essere vinto. Se non si può avere la meglio, allora bisogna continuare a lottare, nella speranza che, un giorno, arrivi l'ora del riscatto.
Genere: Azione, Horror, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Come usciamo da qui?” urla C per sovrastare il frastuono della frana.
“Non possiamo” risponde semplicemente F.
“Cosa?” esclama R.
“Non dire idiozie” si aggiunge C.
“Non facciamoci prendere dal panico” le zittisce lei “conoscevamo i rischi del nostro mestiere, le conseguenze cui poteva portare. Per una vita ci siamo preparate a questo”.
L’impalcatura cigola e oscilla e mantenere l’equilibrio sopra di essa è ormai difficile.
“Si può sapere dov’è V?” R fa appena in tempo a terminare la frase, sopraffatta dal chiasso infernale, e il soffitto della cava si sfonda, lasciando filtrare un gran fascio di luce dall’esterno.
Le tre si coprono la testa con le braccia per ripararsi istintivamente dalla pioggia di detriti e, quando rialzano lo sguardo, vedono una scaletta a corda sospesa nel vuoto proprio avanti a loro.
Guardano verso l’alto e vedono la sagoma di un elicottero ululante oscurare i raggi del sole.
“Grazie a Dio!” urla R e con un balzo si appende alla scaletta, salendo il primo tratto con grande rapidità per permettere alle altre di fare altrettanto e mettersi al sicuro.
Così fa F e anche C si prepara al salto, ma la piattaforma cede all’ennesima scossa e comincia a scivolare verso il basso.
Lei perde l’equilibrio e solo all’ultimo riesce ad avvinghiarsi a un’asta ancora conficcata nel muro.
Le due compagne, appese alla scala, la incitano a proseguire, a sbrigarsi prima che sia troppo tardi… a non costringerle ad abbandonarla. C sa che, piuttosto che fuggire, attenderebbero il suo arrivo finché sia troppo tardi persino per loro.
Con grande spinta delle braccia, si prepara a sollevarsi sull’asta, ma uno dei pali d’acciaio ancora vacillanti nell’esile scheletro ligneo viene investito da un masso franato e la colpisce in pieno stomaco. Le sue mani cedono e precipita.
Il panico di R e F si fa solido, ma solo per un istante perché, forte dei suoi innumerevoli anni di addestramento, C riesce ad afferrare una sporgenza della roccia, per poi issarsi con slancio su un piano dell’impalcatura. La scala non è lontana, ma è comunque troppo in alto per lei. Tuttavia non vi sono ulteriori appigli da sfruttare.
È rischioso, ma non vi è alternativa se non precipitare: si pone quanto più possibile sul bordo dell’asta e corre verso la parete di roccia. Riesce a fare qualche passo in verticale e darsi la spinta necessaria per saltare verso la scala sospesa nel vuoto quanto lei, in quell’attimo di pura adrenalina.
La sua mano si protende verso la corda e sembra davvero poterla raggiungere, ma lo spirito di C esulta troppo presto: le sue dita la sfiorano appena, poi vi è solo aria. 
È grazie alla prontezza di F, che con rapidità incredibile ha incastrato le gambe nella scaletta e si è gettata all’indietro, se la mano di C trova finalmente un solido appiglio.
Tirano un sospiro di sollievo solo quando mettono piede nell’elicottero e si abbandonano sul piano di metallo come frutti troppo maturi.
“Flagello d’Oriente, ora siamo pari” bofonchia F con il fiato corto.
“E lo stesso vale per me, Magnum Commander” prorompe una voce dalla cabina del pilota.
“Valchiria!” esclama F di rimando e le corre incontro “mai come ora sono stata tanto contenta di vederti” e le tira una forte pacca sulla spalla placcata di metallo.
“Lo credo bene, ma trattieni l’entusiasmo” ironizza l’altra.
“Non credevo che una medievale mancata come te sapesse pilotare un gioiellino come questo” si aggiunge R.
“Non farti ingannare dalle apparenze” replica V, risistemando il microfono delle cuffie di comunicazione “questo abito è per me solo un simbolo, un porta fortuna, e voi lo sapete bene”.
Infatti è risaputo, almeno tra loro tre, che all’inizio del cataclisma chimico V indossasse, per motivi trascurabili, quella bizzarra tenuta ed era stato grazie al suo finto tridente di polietilene che, per puro miracolo, l’aveva scampata. Da quel momento, aveva deciso di non abbandonarlo mai e se ne era creato uno tale da potersi considerare una vera e propria arma.
Ormai quello strambo apparire è proprio della sua persona: tutti la conoscono come tale e così è il loro gruppo.
I nomi in codice di Gemella Croft, Flagello d’Oriente, Valchiria dell’Apocalisse e Magnum Commander non sono certo stati assegnati loro per caso.
L'elicottero si alza, allontanandosi dall'orda di distruzione che ancora scuote la terra.
I rulli tonanti delle mitragliatrici imperversano.
  
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