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Autore: Fragolina84    12/02/2014    4 recensioni
Megatron ha un nuovo piano: impadronitosi di un'immensa fonte di Energon, sta cercando di distruggere tutto quello rimasto. E ha tra le mani un'arma potente, un virus in grado di piegare anche gli Autobots.
Per combatterlo serviranno coraggio, sacrificio e un'antica Reliquia aliena.
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bumblebee, Nuovo personaggio, Optimus Prime
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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«Colonnello, abbiamo un problema».
Lennox si voltò verso Clint che stava alla consolle, mentre un allarme cominciava a suonare.
«Che succede?» chiese, con la terribile premonizione di ciò che gli avrebbe detto Clint.
«Signore, rileviamo nemici in arrivo. Sono molti».
Clint si scostò e gli mostrò il monitor. Lennox non riusciva a credere a ciò che vedeva: c’era un fronte compatto di puntini rossi che si stava avvicinando velocemente alla base. Erano già troppo vicini per permettergli di fare un piano di difesa ad hoc.
«Dio mio!» disse William e corse via, raggiungendo Optimus.
Il leader Autobot era già in movimento da quando aveva sentito la sirena suonare.
«Optimus, credo che siamo alla resa dei conti» gli disse William. «Stanno venendo qui».
«Se Megatron ha deciso di spostare qui la battaglia, significa che si sente assolutamente sicuro di poterla vincere» replicò Prime. «Temo che la situazione sia grave, William».
«Lo so. Cercheremo di organizzarci nel miglior modo possibile, ma sono tanti, e molto vicini».
Clint lo chiamò di nuovo e Lennox lo raggiunse, mentre Optimus si riuniva ai suoi per spiegare loro ciò che li attendeva.
Clint indicò un segnale nella moltitudine che stava avanzando verso di loro, in retroguardia. William lo riconobbe subito: prima che Destiny partisse aveva fatto modificare il suo orologio. All’insaputa della ragazza aveva fatto nascondere in esso un trasponder e il segnale che Clint aveva evidenziato era proprio quello.
Non aveva più avuto notizie di Destiny da quando era scomparsa a Stonehenge, quindi da tre giorni. Quando Seymour e gli altri erano tornati, gli avevano raccontato la storia. Quattro o cinque anni prima l’avrebbe trovata assolutamente inverosimile, ma ormai ci credeva senza mettere in dubbio nulla.
Ricordava bene la voglia sul petto di Destiny e come avesse subito riconosciuto in essa il simbolo degli Autobots. Ma non aveva mai pensato che quel simbolo potesse davvero rendere Destiny fondamentale per i suoi amici Autobots.
Sebbene il suo primo impulso fosse stato quello di andare a cercarla di persona, non l’aveva fatto. Era stata Heaven a convincerlo a desistere.
«Destiny riuscirà a tornare, credimi. Tu non puoi permetterti di abbandonare i tuoi uomini».
Si era convinto proprio perché era stata lei a pronunciare quelle parole: sapeva quanto tenesse a Destiny e quanto fosse difficile per lei il momento che stava vivendo. Aveva dovuto abbandonare la ragazza nelle mani dei Decepticons ed era costretta a guardare Bumblebee che peggiorava un po’ ogni giorno.
Nonostante avessero portato a casa la Black Stone, essa si era dimostrata inutilizzabile, come del resto già sapevano. Avevano bisogno di Destiny per farla funzionare, altrimenti restava un banale ciottolo nero.
Il contingente Decepticon che si stava avvicinando era una forza formidabile e di sicuro stava arrivando anche Viper che non avrebbe esitato ad usare il virus sui cyborg. Era quindi di vitale importanza riuscire a recuperare Destiny velocemente in modo poter usare la Black Stone su Bee per farlo partecipare alla battaglia. E per essere pronti nel caso in cui altri Autobot fossero stati infettati.
«Clint, per favore chiamami il comandante McNamara».
Steve McNamara era il comandante di un contingente di Navy Seal che si trovava di stanza presso la base Diego Garcia. Dato che la situazione stava evolvendo verso un vero inferno, Lennox sapeva che gli unici in grado di recuperare Destiny erano loro.
McNamara arrivò di corsa.
«Credo che oggi ci divertiremo, colonnello. Sembra che il tempo stia virando verso una bella bufera» disse Steve. Era un colosso alto più di due metri, tanto che anche Lennox doveva alzare il capo per guardarlo negli occhi.
«Sembra di sì, Steve. Ho bisogno dei tuoi per una missione speciale» disse Lennox. Gli spiegò la situazione e McNamara annuì.
«Presumo che i Decepticons la terranno in retroguardia. Non sarà uno scherzo infiltrarsi dietro le loro linee, ma niente di impossibile. Qui siamo noi a conoscere il terreno, e sfrutteremo ogni risorsa possibile».
«Destiny è fondamentale per gli Autobots: senza di lei non abbiamo nessuna possibilità di uscirne. Dovete recuperarla a qualsiasi costo».
«Sarà fatto, colonnello» replicò Steve. Fece il saluto militare e corse via.
«Tempo al contatto, cinque minuti, signore» lo avvisò Clint, e William corse fuori. La base era costantemente in stato di allerta e ognuno sapeva cosa doveva fare, quindi non aveva bisogno di controllare i suoi uomini.
«William!»
Optimus richiamò la sua attenzione e William si voltò. Il gigante stava indicando qualcosa nel cielo a ovest. Lennox seguì la direzione e li vide: c’erano diversi velivoli in avvicinamento.
«Signori, possiamo cominciare» ordinò Lennox con grande calma e i suoi uomini cominciarono a sparare. I pesanti proiettili sibilarono nel cielo ed esplosero con fragore, spezzando la formazione nemica che si disperse nel cielo. Due cyborg furono colpiti in pieno e precipitarono nell’oceano, mentre altri tre subirono colpi di striscio e riuscirono comunque ad atterrare.
Lennox si rese immediatamente conto che la forza che si opponeva loro era davvero formidabile. I Decepticons rispondevano al fuoco costringendo il colonnello e i suoi a cercare riparo. Mentre gli facevano tenere la testa bassa, i nemici atterrarono in massa, tempestando la base di colpi. Altri cyborg emersero dall’oceano, dirigendosi decisamente verso la base, travolgendo tutto quanto trovavano sul proprio cammino.
Mentre Lennox cercava di coordinare al meglio gli uomini, cercando di prevedere la direzione in cui avrebbe virato la battaglia, Steve McNamara aveva finalmente radunato i suoi ed era pronto a partire. Clint, il sergente addetto alle comunicazioni, gli comunicò nell’auricolare che il segnale di Destiny era finalmente sulla terraferma, segno che anche la ragazza era atterrata sull’isola.
«Bene, ragazzi» disse McNamara «il nostro obiettivo è finalmente arrivato. Dobbiamo recuperare la ragazza sana e salva, a qualsiasi costo» spiegò, facendo passare delle foto di Destiny, in modo che gli uomini la vedessero.
«È importante che liberiamo la ragazza il più presto possibile» ribadì di nuovo. «Ci infiltreremo dietro le loro linee senza clamore, preleveremo Destiny e la riporteremo da Lennox. Tutto chiaro?»
Gli uomini annuirono sicché McNamara li condusse fuori dove Ironhide e Sideswipe li stavano aspettando: il fatto che Lennox si fosse privato del loro aiuto era indicativo di quanto ritenesse Destiny importante.
I combattimenti infuriavano nella parte ovest dell’isola su cui era sbarcato il grosso delle forze Decepticons. McNamara li guidò in un lungo giro, al riparo degli edifici della base che offrivano una buona copertura anche alle masse più imponenti degli Autobots.
I Seals di NcNamara erano in gamba e si muovevano come fili di fumo, evanescenti come fantasmi. Ironhide e Sideswipe controllavano incessantemente il cielo e i dintorni. Al riparo di uno degli hangar, McNamara guardò il piccolo schermo del suo tablet che gli segnalò assembramenti di nemici davanti a loro e sul lato sinistro.
Diede gli ordini necessari, segnalando a gesti le direzioni da prendere. Gli uomini si divisero in due squadre, ognuna con un unico compito: recuperare Destiny. Dividersi a quel punto aveva un unico scopo: se una delle squadre si fosse trovata in difficoltà, l’altra avrebbe potuto portare a termine la missione.
McNamara avrebbe guidato la prima e tenne con sé Ironhide. Si mossero con tutta la fretta che la prudenza permetteva loro di usare, infiltrandosi dietro le linee nemiche. I Decepticons erano assolutamente presi dalla battaglia e la loro avanzata fu priva di ostacoli.
Il comandante alzò il pugno per segnalare al gruppo di fermarsi e sbirciò di nuovo il tablet, notando che il segnale di Destiny, evidenziato con un pallino verde, non si era mosso ed era a poche decine di metri da loro. Alzò il capo e vide un grosso container, parcheggiato poco distante. Destiny doveva trovarsi all’interno.
Il tablet lo avvertiva che c’erano tre Decepticons in zona, ma si guardò intorno e non c’era traccia di nemici. Segnalò ai suoi che l’obiettivo era nel container e stava per ordinare l’avanzata, quando un Decepticon si alzò in piedi. Era rimasto celato dietro il cassone e gli uomini di McNamara si affrettarono a mettersi al riparo, per quanto fossero già invisibili al cyborg.
Non era molto grosso – arrivava a malapena a superare il container con la testa – quindi Ironhide non ci avrebbe messo molto ad avere la meglio. E infatti l’Autobot stava per partire all’attacco quando il nemico si voltò nella direzione opposta.
«Lost! Dove vai, pezzo di cretino? Lord Megatron è stato chiaro, mi pare. O no?» gridò e un secondo cyborg si raddrizzò poco distante.
«Sono stufo di star qui a far la guardia a questi due insulsi umani, Claymore» rispose.
Nell’auricolare gli comunicarono che anche la seconda squadra era in posizione e McNamara richiamò l'attenzione di Ironhide che si chinò verso di lui.
«Ci sono tre Decepticon. Saranno compito tuo e di Sideswipe. Un lavoretto veloce e pulito, senza troppo chiasso. Sembra che qui in zona ci siano solo loro tre ma potrebbero richiamarne altri e questo non lo vogliamo. Destiny è nel container, assieme ad un altro umano, se dobbiamo credere alle parole di quel Decepticon».
McNamara alzò la testa per controllare la situazione: i due Decepticons che avevano parlato si stavano muovendo, passeggiando avanti e indietro; il terzo ancora non si vedeva. Poi tornò a guardare la sua squadra: «È possibile che il secondo umano stia dalla parte del nemico. L’obiettivo è di estrarre anche lui, ma se dovesse diventare ostile non aspetteremo certo che ci faccia scoprire. Tutto chiaro?»
I Seals annuirono e imbracciarono le loro armi.
«Vai, Ironhide» mormorò il comandante e l’enorme cyborg annuì.
«Io prendo quello grosso» borbottò a Sideswipe che lo sentì attraverso il proprio sistema audio.
«Perché?» chiese l’altro.
«Perché è più grosso».
«Sarebbe meglio che lo sistemassi io, Ironhide. Sai, ormai hai una certa età».
Ironhide sogghignò. «Non farò alcun commento su tua madre, pezzo di latta, perché la conoscevo troppo bene per offenderla. Io prendo quello grosso, tu il piccoletto. Il terzo è del primo che arriva».
Attese che Sideswipe fosse in posizione, il più vicino possibile. Poi si alzò in tutta la sua statura, uscendo dal riparo dietro cui era accucciato.
Claymore lo vide subito e aprì la bocca per dare l’allarme. Non fece in tempo: una grossa lama incandescente gli uscì dal petto. Claymore la osservò stupefatto; Sideswipe ritirò la propria arma e lo lasciò scivolare a terra.
L’altro Decepticon, quello che si chiamava Lost, si voltò quando sentì il clangore metallico provocato dalla caduta del compagno, ma nemmeno lui fece in tempo a difendersi. Ironhide sparò due colpi, uno per ognuno dei suoi speciali fucili. Entrambi i proiettili colpirono Lost in pieno petto e il pesante cyborg fu sbalzato violentemente indietro.
Un terzo Decepticon, gemello di Lost, emerse da dietro il container e sparò contro Ironhide che si accucciò per evitare il colpo. Il proiettile colpì una cisterna che esplose con un boato prodigioso. L’Autobot si rimise in piedi e sparò, imitato da Sideswipe. Insieme, tempestarono di colpi il Decepticon che infine scivolò a terra, restando a sussultare finché la sua scintilla non si spense.
«A te, comandante» disse Ironhide.
McNamara si fece avanti con i suoi, avvicinandosi alla porta del container. Provò ad aprirla ma risultava chiusa, sicché si spostò lasciando il posto al suo secondo che la sfondò con un ariete. McNamara, fucile d’assalto imbracciato, entrò e la situazione gli fu subito chiara.
Quando aveva sentito la porta cedere, Destiny aveva colpito l’altro occupante del container e si era lanciata verso la porta. Sbilanciato, l’uomo si era rialzato a fatica, ma era riuscito ad estrarre la pistola e ora la stava puntando sulla donna. McNamara ebbe meno di un secondo per decidere.
«Giù!» gridò e Destiny obbedì immediatamente, lasciandosi cadere sul pavimento.
McNamara sparò tre colpi che andarono a segno, due al viso e uno alla gola. L’uomo fu spinto all’indietro, sbatté contro la parete e si accasciò.
Il comandante non perse tempo. Si avvicinò a Destiny e la aiutò a rialzarsi.
«Stai bene?» domandò e lei annuì.
«Mi manda Lennox» spiegò.
«Lo so. Devo raggiungerlo, non abbiamo tempo da perdere».
Uscirono e Destiny sorrise quando vide Ironhide e Sideswipe. «Mi sei mancato, gigante» disse al primo.
«Anche tu, piccola bipede!» borbottò questi. «Dobbiamo muoverci, comandante» disse poi.
La cisterna colpita continuava a bruciare eruttando in cielo una colonna di fumo nero che sicuramente avrebbe richiamato i nemici.
Gli uomini, con al centro Destiny, cominciarono a correre ripercorrendo lo stesso tragitto che avevano fatto all’andata. Ma dopo qualche decina di metri, la ragazza cominciò a perdere il passo.
«Qualcosa non va?» chiese McNamara, affiancandola.
«Mi spiace» ansimò lei. «Non mangio come si deve da diversi giorni. Quell’idiota nel container campava di patatine e cereali integrali».
«Non possiamo fermarci» precisò e le afferrò il braccio. Un altro dei suoi uomini fece lo stesso dall’altra parte, sostenendola. Ripresero a correre spediti.
Avevano ormai percorso tre quarti del loro tragitto quando furono attaccati. Ironhide diede l’allarme ma non fu abbastanza svelto e due Seals furono falciati da una sventagliata di mitra prima che il resto potesse gettarsi al riparo.
«Rispondere al fuoco!» ordinò McNamara e i suoi uomini obbedirono, mentre i due Autobot facevano cantare le proprie mitragliatrici.
Il tratto dov’erano rimasti bloccati offriva diversi ripari, ma fu ben presto chiaro che erano circondati.
«Sideswipe!» chiamò Ironhide ad un certo punto e l’amico gli si avvicinò. «Tu sei più piccolo e veloce di me. Prendi Destiny e portala da Lennox».
«Non potete farcela da soli» sbottò l’Autobot argento, mentre si voltava e lanciava un missile che abbatté un nemico.
«Lei è più importante, noi ce la caveremo» disse Ironhide, facendo cenno a Destiny di raggiungerlo. «Va’ con lui, Destiny». Entrambi esitavano. «È un ordine!» alzò la voce Ironhide e, dopo un altro momento di tentennamento, Sideswipe si trasformò nella Corvette, aprendo la portiera del passeggero.
«Ci vediamo più tardi, ok?» disse Destiny, gli occhi lucidi.
Ironhide tese la mano, sfiorandole la guancia con una delicatezza insospettata per un cyborg della sua stazza. «Puoi scommetterci, amica mia» disse. «Ora va’, coraggio».
Destiny salì a bordo della Corvette e Sideswipe sfrecciò via. Attraversò il campo di battaglia come una saetta argentata, schivando gli sporadici colpi che grandinavano intorno a loro. Destiny gettò uno sguardo fuori dal finestrino. Non era un soldato ma una cosa era perfettamente chiara anche ai suoi occhi: gli Autobots erano in forte inferiorità numerica e, senza l’aiuto degli umani, sarebbero capitolati già da un po’.
Sideswipe inchiodò nei pressi di una postazione fortificata e Destiny vide William in piedi, voltato verso di loro. Nonostante la precarietà della situazione, non poté impedirsi di sentire il cuore fare una capriola nel petto.
Scese dall’auto e frenò l’impulso di lanciarsi fra le sue braccia: erano nel bel mezzo di una battaglia e non c’era tempo per quello. Lui però, senza dire una parola, la raggiunse e le sollevò il mento. La baciò sulle labbra, delicatamente. Poi la fissò negli occhi e lei lesse in quello sguardo il suo stesso desiderio.
«Stai bene?» chiese con voce profonda e lei annuì.
Sapeva già che McNamara e Ironhide erano bloccati nella terra di nessuno e stavano combattendo per aprirsi la via del ritorno.
«Com’è la situazione qui?» chiese Destiny. «Heaven?»
«Heaven sta bene» replicò William, indicando l’Autobot rosso in mezzo alla battaglia «ma la situazione non è buona, purtroppo» continuò. «Viper ci sta dando del filo da torcere. Chromia è stata colpita» disse e Sideswipe sussultò: Chromia era la sua compagna.
«Dov’è?» chiese, preoccupato.
«È stata colpita di striscio e insiste per continuare a combattere, ma più spreca Energon e più gli effetti del colpo si fanno visibili» spiegò. Poi sollevò il braccio. «È laggiù, con Arcee e Ratchet».
«Posso andare da lei?» chiese Sideswipe e Lennox annuì.
«Abbiamo perso Que e Jolt è stato colpito da Viper» proseguì William mentre Sideswipe correva via. «Dino è gravemente ferito e tutti gli altri stanno combattendo al limite delle proprie forze».
Destiny avrebbe voluto andare subito da Heaven, farle sapere che era tornata sana e salva, ma non c’era tempo. «Will, ho bisogno della Black Stone» affermò la ragazza.
Proprio in quel momento un soldato li raggiunse. Portava una valigetta dall’aria pesante.
«Quando mi hanno avvisato che stavi arrivando con Sideswipe ho mandato qualcuno a prenderla».
Il soldato aprì la valigetta e, incastonata in strati di soffice imbottitura, Destiny la vide. Allungò la mano per afferrarla e, mentre si avvicinava, la Reliquia prese a risplendere, mostrando il marchio degli Autobot. La girò, mostrando la runa sull’altro lato, e la pietra si ancorò alla sua mano com’era già successo di fronte al Custode.
«Mio Dio!» mormorò Lennox dopo aver assistito al fenomeno. «È impressionante».
«Portami da Bumblebee» ordinò la ragazza.
Corsero insieme da Bee e, quando vide la Camaro gialla, Destiny rimase impressionata dalle sue condizioni. La parte posteriore era completamente arrugginita e anche il resto della carrozzeria era ricoperto di macchie di ruggine.
Destiny gli si avvicinò e sfiorò il tettuccio con la mano sinistra.
«Ciao, Destiny» sussurrò con la sua vera voce.
«Sono qui, Bee. Vediamo se questa Reliquia funziona» mormorò.
Il Custode non aveva avuto tempo di spiegarle come usarla, così Destiny provò a passarla sulla carrozzeria di Bee, ma la Reliquia rimase inerte nella sua mano. Non sapeva bene cosa dovesse succedere ma il Custode le aveva detto che la Black Stone avrebbe attinto dalla sua forza e Destiny non sentiva accadere nulla dentro di sé.
Vedendo che non c’erano reazioni, Lennox l’affiancò. «Qualcosa non va?» domandò.
«Il Custode avrebbe dovuto formarmi per l’utilizzo della Black Stone, ma i Decepticons l’hanno ucciso prima che potesse farlo» disse Destiny, muovendosi intorno a Bee.
All’improvviso sentì che stava succedendo qualcosa. La voglia sul petto si illuminò e la pelle prese a pizzicare. Si trovava nei pressi della fiancata destra e si accorse che, sul parafango, Bee portava il marchio degli Autobot. Avvicinò la mano destra al simbolo e la Reliquia si illuminò.
«Forse se…» mormorò la ragazza e toccò il marchio con la Black Stone, facendo combaciare i due simboli.
Una scintilla azzurra si sprigionò dalla Black Stone e Destiny avvertì una fitta di dolore al cuore che accelerò bruscamente i battiti. Allontanò la mano da Bee che fu percorso da una rete di luminosi lampi azzurri. La ruggine cadde a terra, raccogliendosi sotto di lui in mucchietti di polvere rossiccia, mentre il giallo della sua carrozzeria tornava a brillare.
Destiny fece un passo indietro mentre Bumblebee si trasformava.
«Stai bene?» chiese con un filo di voce la ragazza e, per tutta risposta, Bee fendette l’aria con un paio di pugni.
«Alla grande!» disse attraverso la radio.
Destiny sorrise. «Bene, allora funziona davvero. Ora sei immune al virus di Viper».
Bumblebee s’inginocchiò davanti a lei. «Mi hai salvato la vita. Non c’è grazie abbastanza grande» mormorò, ancora con la sua vera voce.
«Vuoi ringraziarmi?» rispose Destiny. «Vai là fuori e fa vedere chi sei».
«Ci puoi scommettere!» ribatté e si fiondò fuori dall’edificio.
Lennox la prese per un braccio. «Tu stai bene?»
«Sì, è tutto ok» mentì. Si sentiva stanca e spossata, ma non poteva permettersi di cedere. «Devo raggiungere gli altri Autobots infettati».
«Seguimi».
Quando arrivarono da lei, Chromia era nella sua forma robotica. Era stesa a terra e per un momento pensarono di essere arrivati troppo tardi. Sideswipe torreggiava su di lei, sparando colpi a ripetizione, proteggendola con il suo stesso corpo.
Destiny si inginocchiò accanto alla sua testa.
«Chromia, mi senti?»
L’Autobot girò appena il capo. Le parti di telaio visibili erano coperte di ruggine.
«Dov’è il tuo marchio?» chiese Destiny, ma Chromia non rispose. Era allo stremo.
«Sideswipe!» chiamò allora la donna. «Il suo marchio! Dov’è?»
«Sul petto» rispose l’Autobot senza neanche voltare la testa.
Destiny finalmente lo vide tra le macchie ossidate. Avvicinò la Black Stone che reagì come con Bumblebee. Lei avvertì lo stesso dolore al petto mentre la Reliquia traeva energia dalla sua forza vitale. In pochi istanti la ruggine cadde, rivelando la carrozzeria blu di Chromia che si alzò in piedi, guarita.
«Grazie, Destiny» mormorò e prese posto accanto a Sideswipe che la guardò con un’espressione talmente carica di quello che Destiny non poteva che definire amore che la donna pensò che, se avesse potuto, si sarebbe messo a piangere dal sollievo di vedere la compagna ristabilita.
La ragazza cercò di alzarsi ma fu colta da un capogiro e Lennox dovette sostenerla.
«Destiny, che cosa non mi stai dicendo?»
Lei scosse la testa come per schiarirsela. «Gli ultimi non sono stati i giorni più riposanti della mia vita» si giustificò. «Sono un po’ sottosopra».
Alzò lo sguardo verso William che aveva l’aria di non credere ad una sola delle sue parole.
«Dobbiamo raggiungere Jolt» disse, per distrarlo.
Il frastuono della battaglia era assordante ed erano costretti ad urlare anche se le loro teste erano accostate, segno che i nemici si stavano avvicinando costringendo gli Autobots a cedere terreno.
«Per arrivare a Jolt» intervenne Arcee, tenendosi il fianco ferito che stillava luminose gocce di Energon «dovrete attraversare il campo di battaglia». Poi chiamò la sorella. «Chromia! Li portiamo noi» ordinò e riprese le sembianze della Ducati 848 che era la sua forma terrestre.
Anche Chromia si trasformò in una moto ed entrambi salirono.
«Tenete giù la testa» raccomandò Arcee e schizzò via, seguita da Chromia.
Zigzagarono per il campo di battaglia come imprendibili saette colorate, usando qualsiasi cosa come riparo, non offrendo altro che bersagli effimeri ai nemici. Lennox aveva già assaporato l’ebbrezza di una corsa in sella a un Autobot ma per Destiny era un’esperienza del tutto nuova e non sapeva se ne era più affascinata o più terrorizzata.
Finalmente raggiunsero Jolt e Destiny scese dalla moto. L’Autobot era in condizioni peggiori rispetto a Bee e Chromia e quando la donna lo chiamò, non rispose né si mosse. Gli occhi erano spalancati e fissi al cielo ma erano spenti.
Con un terribile presagio che le pesava sul cuore, Destiny trovò il marchio degli Autobot e accostò la Black Stone che però non si attivò. Provò più volte ma, inginocchiata accanto alla massa di metallo che era stata Jolt, capì che era arrivata tardi. Alzò lo sguardo verso Lennox.
«Mi spiace, Will» sussurrò. «È morto» disse, stupendosi di quanto le pesasse quella perdita.
«Maledizione!» imprecò l’uomo.
Ma non ebbero tempo di assimilare la perdita perché il terrapieno dietro cui si riparavano fu colpito. William si gettò su di lei per proteggerla ed entrambi finirono a terra, mentre una pioggia di terra e detriti pioveva sui loro corpi distesi.
«Tutto ok?» domandò William mentre entrambi tentavano di rialzarsi, annaspando in cerca di aria. Assicuratosi che Destiny stava bene, si guardò intorno.
Pensava che il bordo della trincea fosse stato colpito da un proiettile ma poi vide due corpi colossali rotolare via e riconobbe la livrea rossa e blu di Optimus Prime, impegnato in un corpo a corpo con il suo acerrimo nemico, Megatron.
I due se le davano di santa ragione ed erano entrambi feriti: il metallo che proteggeva la spalla sinistra di Optimus era ammaccato e pendeva, mostrando la muscolatura d’acciaio sottostante, mentre Megatron zoppicava vistosamente con la gamba destra. Giravano l’uno intorno all’altro, ognuno cercando di proteggere il proprio lato ferito, tentando di insinuarsi nella guardia per mettere a segno il colpo finale.
Muti e impressionati, Destiny e William li stavano ad osservare, ammirando la perfezione di quelle superbe macchine da guerra, apprezzando la dedizione e il senso dell’onore che spingeva Optimus Prime a giocare la sua vita per la razza umana.
E così videro in diretta cosa successe. Megatron si avventò con rinnovata energia su Optimus che incrociò le braccia per resistere alla carica. Lo schianto fu terribile e Prime, che non aveva fatto in tempo a puntellarsi bene, perse l’equilibrio. Megatron rotolò di lato e Viper apparve dietro di lui nel suo letale splendore. Fece saettare la lingua metallica fra le fauci e sparò tre colpi.
Sbilanciato e impossibilitato a difendersi, Optimus li ricevette tutti e tre in pieno petto. Cadde all’indietro a braccia spalancate, colpendo il terreno con tale forza che Destiny si sentì mancare il fiato.
«Optimus!» gridò e cercò di lanciarsi verso di lui ma William l’afferrò per la vita e la trattenne.
«Lasciami, Will» strepitò la donna, divincolandosi nella sua stretta. «Devo andare da Optimus, devo fare qualcosa!»
«È troppo pericoloso, Destiny. Megatron ti ucciderà».
Lei si girò e William vide le lacrime rigarle le guance, scavando solchi nella polvere che le incipriava il viso.
«Se Optimus muore, non avremo nessuna possibilità di farcela».
«Lo so. Aspetta» replicò e chiamò Bee attraverso l’auricolare. «Bee, hai visto?» chiese e quando l’altro confermò, Lennox proseguì: «Tu e Chromia siete immuni al virus. Dovete tenermi impegnata Viper. Fatela fuori!».
Bumblebee accusò ricevuta e, prese le sembianze della Camaro, attraversò il campo di battaglia a tutta velocità e attaccò Viper, seguito da Chromia.
Lennox non rimase a guardarli e chiamò Sideswipe: «Prendi tutti gli Autobots che riesci e attaccate Megatron, fatelo allontanare da Optimus. I miei uomini si occuperanno degli altri Decepticons».
Liberi dalla minaccia di Viper, Sideswipe, i Wreckers e Heaven attaccarono il leader Decepticon, facendolo allontanare dal corpo di Optimus. Destiny scattò in piedi e raggiunse il gigante a terra, seguita da Lennox.
Optimus era troppo grande per lei e Destiny doveva raggiungere la sua testa. Il marchio degli Autobots era sulla fronte del cyborg. Lennox chiese aiuto e Ratchet accorse. Destiny salì sul tetto del mezzo di soccorso che era la sua forma terrestre.
«Optimus!» chiamò Destiny e il gigante di acciaio girò la testa verso di lei.
«Non farlo» mormorò con voce stentata «ti ucciderà».
«Sshh» lo zittì la donna e, prima che Optimus, troppo indebolito, potesse girare la testa, prima che William, che aveva sentito tutto, potesse impedirglielo, posò la mano sulla fronte del cyborg.
Un violento lampo di luce si sprigionò dalla Black Stone. Il corpo di Optimus sussultò ma Destiny continuò. Sentiva la propria energia fluire attraverso il braccio e la Reliquia e sapeva che le sarebbe stato fatale. Ma se non avesse salvato Optimus non ci sarebbe stato futuro per nessuno di loro e lei doveva fare qualcosa. Era nata per questo. Era il suo destino.
Impotente, Lennox la osservava. La vide chinare la testa e la sentì gemere. Non capiva cosa stesse succedendo ma aveva ben chiare le ultime parole di Optimus: ti ucciderà. Si slanciò verso di lei, cercando di allontanare la mano dalla fronte dell’Autobot. In fondo, doveva esserci un altro modo.
Non arrivò nemmeno a sfiorare la mano di Destiny, allontanato di colpo da una potente scossa elettrica che gli intorpidì il braccio. La Reliquia proteggeva se stessa.
«Sta indietro, Will» sibilò la donna con una voce che lui stentò a riconoscere.
Poi, improvvisamente com’era iniziato, il lampo di luce si spense. Destiny piombò a sedere di scatto e Lennox le fu subito accanto, sorreggendola. La testa le ciondolava, ma quando William le prese il viso tra le mani, aprì gli occhi.
«È tutto a posto, ora» disse e in quel momento, Optimus Prime si rialzò.
Oltre ad aver annullato gli effetti dei colpi di Viper, la Black Stone aveva agito come una potente fonte di Energon e ora il gigante splendeva nella sua corazza blu e rossa. Gli Autobots presenti esultarono quando il loro leader ritornò alla vita e Megatron, ormai assediato, lo guardò con sgomento.
Senza una parola, Optimus sfoderò la sua spada che divenne incandescente. Si scagliò in avanti, veloce e preciso come il volo di una freccia, e colse Megatron al centro del petto, trapassandolo da parte a parte.
Era un colpo mortale, lo sapevano entrambi. Optimus guardò le profondità degli occhi rossi di Megatron.
«Mi hai costretto a farlo, fratello» sussurrò.
Estrasse la spada dal corpo di Megatron che rantolò. Barcollò all’indietro e tutti i suoi Decepticons furono testimoni della sua caduta. Optimus Prime torreggiava su di lui, il viso di ferro così espressivo colmo di dolore. Gettò la spada lontano da sé: aveva fatto ciò che doveva, ma non ne andava fiero. Era lì la differenza fra gli Autobots e i Decepticons.
Bumblebee comparve in quel momento. Era ammaccato e dolorante ma stringeva in mano qualcosa che gettò a terra. La testa mozzata di Viper rotolò ai piedi di Optimus che osservò i feroci occhi di serpente della femmina spegnersi in un’ultima vampa di odio.
Quella che era sembrata una grande vittoria per i Decepticons, si trasformò ben presto in una totale disfatta. Vedendo la dipartita del loro leader, privi anche del sostegno di Viper, molti nemici si affrettarono a fuggire. Gli uomini di Lennox li tempestarono di colpi, finché Optimus ordinò che fossero lasciati in pace.
E se ne andarono, lasciando morte e devastazione dietro di sé. Optimus sapeva che si sarebbe pentito della decisione di lasciarli andare ma era il momento di seppellire e onorare i loro morti. Ai Decepticons avrebbe pensato più tardi.
Lennox aiutò Destiny a scendere e, quando furono a terra, Optimus gli fece cenno di raggiungerlo. Destiny assicurò che stava bene e lo guardò allontanarsi.
William si arrampicò su un cumulo di macerie e Optimus piantò i pugni sui fianchi.
«Fratelli umani e fratelli Autobots» iniziò, mentre sul campo scendeva un silenzio benedetto che contrastava così tanto con il frastuono della battaglia appena conclusa, «abbiamo combattuto come leoni oggi».
«Alcuni di noi hanno versato sangue, altri hanno sparso Energon. Eppure nessuno di noi ha mai perso il coraggio» disse Lennox e Optimus annuì, sicché proseguì. «Abbiamo perso molti uomini oggi. Abbiamo perso Que e Jolt, guerrieri valorosi, amici fidati».
Mentre parlava, Ironhide e la squadra di McNamara si fecero avanti. Erano tutti sani e salvi e Destiny sorrise al bestione nero che la indicò con un dito: «Te l’avevo detto che ci saremmo rivisti, piccola… Destiny» pronunciando, forse per la prima volta, il suo nome.
Insieme, il comandante degli Autobots e quello degli umani, tennero un vibrante discorso. Elogiarono il coraggio di chi si era battuto fino alla fine, ricordarono il sacrificio di chi era morto nella battaglia.
Destiny guardava William, fiera di lui. E mentre lo osservava, sentì scendere su di sé un gran senso di pace. Nonostante gli avesse assicurato di stare bene, sentiva il proprio cuore affaticato pulsare lento nel petto. La vista le si annebbiò per un attimo, costringendola a scuotere il capo.
Ogni respiro le costava un’enorme fatica e, mentre intorno a lei uomini e Autobots gioivano della vittoria sui nemici, sentì il gelo insinuarsi nelle membra stanche tanto che la Black Stone, al momento ancorata alla sua mano, divenne di colpo pesantissima.
«La nostra vittoria» stava dicendo Optimus «non sarebbe stata possibile però senza di lei. Una piccola umana che ha dimostrato a tutti di noi di avere coraggio e onore, di possedere il cuore di un Transformers. Grazie, Destiny».
Destiny chinò il capo, accettando quella pubblica manifestazione. Mentre tutti intorno festeggiavano, innalzando le braccia al cielo e urlando la loro gioia, la donna guardò William e sorrise. Lo vide sorridere di rimando ma in un momento tutto divenne grigio e le cedettero le gambe.
Mentre si accasciava, Lennox gridò il suo nome e scivolò giù dal mucchio su cui era salito. Corse verso di lei, gettandosi in ginocchio e prendendola delicatamente tra le braccia.
«Destiny!» la chiamò e la donna aprì gli occhi.
Sorrise, ma era un sorriso stanco e provato. William ricordava bene la sensazione del suo corpo contro il proprio quando l’aveva baciata per la prima volta, prima che partisse alla ricerca della Reliquia. Quello era il corpo di una giovane donna nel pieno della propria vitalità. Ora invece gli sembrò fragile come un uccellino, come se la carne le fosse stata risucchiata dalle ossa.
Era pallida e lui avrebbe dovuto accorgersene prima. Aveva visto troppi uomini morire e quel pallore, le labbra esangui sul viso sottile, non gli fecero presagire nulla di buono. Destiny provò a sollevare la mano per accarezzargli il viso, ma lo sforzo era eccessivo e la lasciò ricadere.
«È tutto a posto, William» mormorò ma lui scosse il capo.
«Non mi resta molto tempo» provò a dire ma William la fermò.
«Non dirlo!» sbottò. «I soccorsi stanno arrivando e…»
«Il tempo sta scadendo, Will» disse lei con più veemenza «e ci sono cose che devi sapere».
Lui rimase zitto e lei parve raccogliere le ultime forze.
«La Reliquia è fondamentale per gli Autobots. Non devi permettere che cada nelle mani dei Decepticons e devi darti da fare per cercare la nuova Chiave».
«Non parlare, risparmia le forze» replicò lui e Destiny aggrottò la fronte e scosse leggermente la testa.
«Promettimelo!» proruppe.
Lui tacque, guardandola negli occhi. «Te lo prometto».
Per lui equivalse ad una resa. Sapeva che non ce l’avrebbe fatta e chinò il capo, sopraffatto da un peso che sapeva di non poter sopportare. Aveva perso tutto già una volta…
«Dov’è Heaven?» chiese Destiny con un filo di voce.
«Sono qui» disse l’Autobot rosso, inginocchiandosi lì vicino.
«Il nostro cammino insieme è giunto alla fine, amica mia» disse Destiny, con le parole che facevano sempre più fatica ad uscire. «È stato un buon cammino e sono felice di averti incontrata. Ora starai con Bumblebee, come è giusto che sia». Bee posò una mano metallica sulla spalla della compagna.
«Abbi cura di lei» raccomandò Destiny e Bee annuì, incapace di parlare.
Improvvisamente si irrigidì e Lennox, convinto che fosse la fine, la strinse a sé, come a volerla trattenere.
«Non ancora, ti prego» sibilò lei tra i denti serrati.
Riaprì gli occhi e lo fissò. Quando parlò, William dovette abbassarsi per afferrare le parole.
«Ti avevo promesso che sarei tornata sana e salva fra le tue braccia» disse. «Mi dispiace, ma ho dovuto infrangere quella promessa, spero che capirai».
Alcune gocce caddero sul viso di Destiny e William ci mise qualche istante a capire che erano lacrime che sgorgavano incontrollate dai suoi occhi.
«Io…» sussurrò e poi, di colpo, rovesciò gli occhi nelle orbite. Con un respiro lievissimo, il corpo perse rigidità e la testa ricadde di lato.
«Destiny!»
William la chiamò, ma lei se n’era andata. Heaven si alzò e si nascose nell’abbraccio di Bumblebee che la strinse a sé.
I filamenti di energia che tenevano la Black Stone ancorata al suo palmo si dissolsero e la piccola pietra cadde a terra, innocua.
Lennox le sorresse la testa con una mano dietro la nuca.
«Non ti ho neanche detto che ti amo» mormorò e baciò le sue labbra ormai gelide.
Quando, troppo tardi, arrivarono i soccorsi trovarono Lennox che teneva ancora stretta Destiny e la cullava come aveva fatto con sua figlia. Cercarono di avvicinarsi per verificare se potevano fare qualcosa, ma Lennox ringhiò di stare lontani e di non toccarla.
I paramedici guardarono Optimus che fece loro cenno di allontanarsi. Poi si chinò su di lui.
«Dobbiamo andare, William».
L’uomo parve non udirlo. Optimus dovette chiamarlo altre due volte prima che sollevasse la testa.
«Andiamo via, ora».
Lui annuì e si alzò in piedi. Tenne Destiny in braccio, la testa appoggiata alla sua spalla, i capelli che gli solleticavano il viso. Poi si avviò, mentre gli Autobot gli facevano da scorta, un picchetto d’onore per lei che li aveva salvati.
«Aveva il cuore di un Autobot» mormorò mestamente Ratchet e Optimus si fermò di colpo.
«Aspetta un attimo, William» esclamò e l’uomo si fermò, voltandosi verso di lui.
«Il suo cuore, William» disse, ma Lennox non capiva.
«Il cuore di un Autobot» disse di nuovo, indicando la donna che teneva fra le braccia.
William abbassò la testa e la guardò. Sul petto, in contrasto con il pallore della pelle, il marchio degli Autobots risaltava ancora di più.
Il segno che hai visto sul mio petto, non assomiglia al simbolo degli Autobot. È esattamente il loro marchio. L’ho sempre avuto e mia madre diceva sempre che era importante, ma non mi spiegava mai il perché.
Le sue parole gli riecheggiarono in testa.
«Il cuore di un Autobot è la sua Scintilla» spiegò Optimus mentre il suo petto si apriva e la Matrice del Comando scivolava fuori, fermandosi sul suo palmo teso. «Se la Matrice può ripotenziare la Scintilla di un Transformer, forse potrebbe anche funzionare con lei».
Lennox la depose a terra e alzò lo sguardo verso Optimus.
«Non so se funzionerà» disse il cyborg. «Potrebbe anche...»
«Che cosa?» domandò William con voce terribile, inginocchiato accanto alla ragazza. «È già morta, Optimus».
Optimus tacque poi annuì. «E sia» disse.
Avvicinò la Matrice al marchio di Destiny, così come lei aveva fatto con la Reliquia, finché non le sfiorò la pelle. Nel momento in cui la Matrice entrò in contatto con lei, Destiny inarcò la schiena come colpita dalla scarica di un defibrillatore e spalancò gli occhi.
«Destiny!» gridò William.
Lei si mise a sedere, lo attirò a sé e lo baciò. Gli Autobot applaudirono e i Wreckers non poterono impedirsi di sparare in aria, richiamando l’attenzione dei soldati vicini e rischiando di beccarsi una scarica di mitragliatrice.
«Ti amo» sussurrò Destiny quando si staccarono.
«L’ho detto prima io» borbottò Lennox e lei sorrise.
«Quello non vale, ero già morta».
Lui la baciò di nuovo, stritolandola in un abbraccio.
«Ti amo» sussurrò finalmente.
«E vissero per sempre felici e contenti» disse Bumblebee attraverso la radio, beccandosi il primo di una lunga serie di scapaccioni dalla sua compagna Heaven.
 
Bene! Si conclude qui questo mio lavoro sui Transformers.
A te che sei passato di qui e che hai letto fino all'ultima sillaba chiedo di lasciare un commento,
per farmi sapere se questa storia ti è piaciuta o no.
Grazie per ogni parola che vorrai donarmi.
Fragolina84
  
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