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Autore: Scarlet Jaeger    13/02/2014    2 recensioni
Hisashi Mitsui è appena uscito dall'ospedale che lo ha visto convalescente dopo la lite con Miyagi. Sappiamo che, dopo essere stato dimesso, è andato a cercare vendette, ma io ho immaginato quello che può aver fatto prima di andare alla palestra dello Shohoku, con la necessaria introspezione.
Buona lettura!
Genere: Introspettivo, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Hisashi Mitsui
Note: Missing Moments, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Pain



Pain, without love
Pain, I can't get enough
Pain, I like it rough
'Cause I'd rather feel pain than nothing at all




Era una bella giornata quella che si prospettava quel giorno; il sole era già alto nel cielo e c'era chi, quella mattina, usciva annoiato dall'ospedale. Ci era rimasto per un sacco di tempo, in seguito ad una rissa finita fin troppo male, ed era sempre tenuto d'occhio dai medici e dalle infermiere, per paura che potesse scappare o fare qualcosa di stupido visto che, anche il suo rivale, in seguito a quella stessa rissa, era finito in una delle camere di quello stesso reparto.
Finalmente poteva uscire. Quanto aveva sperato e sognato quel giorno, di essere finalmente libero di tornare ad essere Hisashi Mitsui, temuto da tutti per la sua indole teppista. Non vedeva l'ora di tornare dai suoi amici e tornare a scorrazzare senza una meta per la città, cercando qualche altro malcapitato da pestare così, senza una precisa ragione, in attesa di incontrare di nuovo Miyagi, il bastardo che gli aveva spaccato la maggior parte dei denti frontali. Quindi covava vendetta l'ex giocatore di Basket, colui che al tempo della scuola media era stato premiato come miglior giocatore. Ed ora, di quello stesso ragazzo non ne restava che il ricordo. Un ricordo che, per troppo tempo, aveva cercato di sopprimere dentro il suo cuore. In quei due anni di assenza dai campi di gioco, era diventato ciò da cui si era sempre tenuto lontano. Due anni prima, la sua unica volontà e devozione era quello sport che gli aveva dato tantissime soddisfazioni. Adesso invece, l'unica cosa che riusciva a farlo sentire vivo erano lo scrocchiare delle ossa rosse sotto i suoi pugni. Non c'era nulla di più bello per Mitsui che fracassare il naso a chi avesse avuto l'ardire di tagliargli la strada o provare a mettersi contro di lui. Ognuno di essi averebbe avuto quello che si meritava.
Subito dopo firmato il permesso di uscita, tornò in camera a riprendere le poche cose che aveva con sé, rivestendosi con la divisa scolastica che indossava lo stesso giorno in cui entrò nell'ospedale. Le macchie di sangue erano ancora ben visibili sulla maglia bianca che si intravedeva dalla giacca scura, lasciata aperta per convenienza. Non gli importava di fare bella figura davanti ai passanti, né che qualcuno gli parlasse dietro per l'indecenza con cui andava in giro. Non gli importava nulla; di niente e di nessuno. Voleva solo raggiungere i suoi amici e continuare la sua vita. Nulla di più.
Legò i capelli in una morbida coda, solo per non averli troppo davanti agli occhi, così da impedirgli la vista, e si diresse al di fuori di quelle infernali mura che, per troppo tempo, l'avevano visto prigioniero.
Camminava sovrappensiero per le vie della città, senza minimamente sapere dove i suoi piedi lo stessero portando. O forse neanche gli importava. Camminava solo per il gusto di fare qualcosa, visto che era stato sdraiato su un letto abbastanza a lungo da avere le gambe doloranti.
Riuscì a fermarsi solamente di fronte alla vetrina a specchio di un negozio, dove la sua immagine speculare lo stava osservando scuro in volto. Scrutava il suo riflesso con espressione dura, corrucciando le rughe della fronte e mordendo il labbro inferiore. Aveva le mani infilate nelle tasche dei pantaloni della divisa, mentre la giacca era incastrata fra il fianco ed il gomito, così da restare aperta e mostrare l'indumento sporco al di sotto. Il volto, finalmente libero dai fili corvini dei suoi capelli, mostrava il ricordo di alcuni lividi, che erano stati violacei per tutta la convalescenza, ma che ora mostravano solamente un velo più scuro rispetto al tono della pelle. Ma l'unica cosa che a lui non andava giù; che non riusciva a perdonare a colui che lo aveva ridotto in quello stato, oltre la costrizione a stare fermo in un luogo in cui non avrebbe voluto rimanere un giorno di più, era la mancanza dei denti davanti, con cui non riusciva neanche a masticare un pezzo di pane in santa pace.
Si avvicinò lentamente allo specchio per riuscire a guardarsi meglio, aprendo le labbra in un sorriso vendicativo. Le gengive rosee spuntavano fin troppo in vista, e quella cosa gli bruciava fino all'inverosimile.

Me la pagherai Miyagi!


You're sick of feeling numb
You're not the only one
I'll take you by the hand
And I'll show you a world that you can understand
This life is filled with hurt
When happiness doesn't work
Trust me and take my hand
When the lights go out you will understand”






Riprese a camminare subito dopo, stanco di continuare a guardare sul suo volto le percosse subite da colui a cui avrebbe volentieri spaccato la faccia.
Di nuovo i suoi piedi lo stavano conducendo lontano, chissà dove. Forse in riva al mare, forse di fronte alla scuola, o forse...
Arrivò di fronte ad un piccolo campo da Basket all'aperto, recintato da ringhiere ed alberi, che impedivano la vista se non attraverso il cancello d'entrata, dove Mitsui, una volta accortosi di trovarsi proprio lì, si appoggiò allo stipite con le braccia conserte ed un'espressione decisamente minacciosa. Dei ragazzini, sicuramente studenti delle scuole elementari, stavano palleggiando e sfidandosi tra loro a chi faceva più canestri.
A denti stretti, tremante, Hisashi osservava l'andatura dei bambini attraverso il campo, che gli riportò alla mente i vecchi ricordi che aveva sempre cercato di sopprimere. Gli faceva male al petto continuare ad assistere a quello che lui chiamava “scempio”. Tutto ciò per cui aveva sempre lottato oramai non contava più. I campi da Basket dovevano essere bruciati ed i palloni arancioni che battevano ripetutamente a terra sotto i palleggi dei giocatori, secondo lui, andavano spiaccicati in volto a quegli stessi membri. Quei rumori molesti per le sue orecchie erano troppo, così come il vociare stridulo dei ragazzini divertiti a scontrarsi l'uno contro l'altro con quegli stessi sorrisi che un tempo animavano la sua espressione.
Ma il sorriso dal volto dell'ex miglior giocatore della scuola media Takeishi, era sparito da un pezzo. Solo sofferenza c'era nel suo cuore, ed un'ondata di vendetta che infiammava il suo animo. C'era solo quella a muovere il suo corpo; il suo cervello era imbevuto solamente di ciò e lui si muoveva di conseguenza.
Si staccò dalla transenna del cancello di ferro con uno scatto, riprendendo la sua stabilità e camminando lentamente, con espressione adirata, verso la banda che, senza neanche averlo visto, continuava a sfidarsi.
Mentre avanzava pensava a cosa farne di loro: se fargli capire chi comandava o spaventarli a morte fino a farli scappare a gambe levate dalla mamma. O addirittura dargli qualche lezione solo perché stavano giocando al gioco che lui odiava maggiormente.
I suoi pensieri furono interrotti dalla voce soave di uno dei ragazzini che gli stavano di fronte, che avrebbe raggiunto con qualche altro passo falcato che aveva intrapreso. Alzò prima gli occhi blu su di lui, iniziando a sorridere malvagiamente, poi, accorgendosi della palla che gli era finita di fronte ai piedi, si abbassò a raccoglierla schifato, prendendola involontariamente tra le dita come fanno i veri Basket man. Con un ghigno iniziò poi a palleggiarsela da una mano all'altra, ridacchiando fra sé e sé, senza avere alcuna intenzione di ritirarla ai legittimi proprietari, che si guardavano fra loro non sapendo cosa fare.
<< Ehm, ci scusi, ci potrebbe ripassare la palla? >> Iniziò uno dei bambini, titubante, lasciandosi avanzare leggermente per andarla a riprendere. Ma Hisashi non aveva nessuna intenzione di separarsi da quella palla e farli continuare a giocare sotto i suoi occhi, e non aveva neanche intenzione di lasciare quel posto. Lui, il teppista Mitsui, non l'avrebbe data vinta neanche a degli studenti delle elementari. Si sarebbe divertito, come faceva sempre, rimarcando il fatto che, chiunque fosse stato il suo avversario, lui avrebbe comunque vinto.
<< Perché non vieni a riprendertela la tua schifosissima palla? >> Lo minacciò iniziando a palleggiare con una mano, mentre l'altra la riportò alla tasca dei pantaloni, lasciando sul volto un'espressione sprezzante e divertita, che intimorì tutti i presenti.
Vedendo però che nessuno di loro aveva intenzione di avvicinarsi a lui, ci pensò egli stesso ad andare loro incontro, palleggiando con noncuranza la leggera palla che usavano per i loro divertimenti. Non era un vero pallone da Basket, ma tanto bastava per fargli salire i nervi a fior di pelle. Quel luogo scatenava in lui troppe reazioni diverse: rabbia, malinconia, tristezza, vendetta, tutto ciò che, mescolato insieme, una persona non avrebbe retto. Ma lui sì, perché non si sarebbe mai arreso all'evidenza. Non avrebbe mai avuto il coraggio di ammettere che sì, quei campi di gioco gli mancavano eccome.
<< Andatevene! Lasciate immediatamente questo campo prima che vi spiaccichi questo maledetto pallone sui vostri angelici visetti! >> Stoppò la palla con una mano, gesticolando come a volergliela lanciare in pieno volto. Per quella reazione sconsiderata, iniziando a capire che quello era uno dei tanti teppisti delle scuole superiori, in tempo tre secondi tutti i ragazzini l'avevano abbandonato al centro del campo con il loro pallone ancora fra le mani.
Era ancora in grado di incutere terrore!
Ma cosa voleva dimostrare? Cosa avrebbe dimostrato con quel gesto sconsiderato? Ed adesso, da solo, in piedi in un campo da Basket dopo due anni, cosa avrebbe fatto?
La prima reazione fu quella di scaraventare la palla a terra con tutta la forza che aveva in corpo.
<< Maledizione! >> Si lasciò sfuggire in un grido liberatorio, corrucciando le rughe della fronte in un'espressione sofferente.
La palla fece due rimbalzi, che lui seguì con sguardo vuoto, prima di fermare il suo rotolare proprio sotto il canestro. Era abbastanza basso, non come quello a cui era abituato, ed anche fin troppo rotto per sembrare quello che aveva sempre centrato con i suoi invincibili canestri da tre punti, ma la sola vista dell'anello gli fece salire il cuore in gola.
Di nuovo molesti ricordi tornarono a tormentargli la mente ed il conto alla rovescia del pubblico in quell'ultima partita di campionato ancora risuonava nelle sue orecchie. Il boato dei suoi tifosi ed i respiri smorzati dei suoi compagni gli davano la forza e di fronte ad i suoi occhi, proprio davanti a quel canestro mezzo scassato, rivide il sé stesso di un tempo, quando, ancora giovane e scattante, aveva infilato la palla con un lancio dritto e preciso, all'ultimo secondo, dentro il canestro che adesso detestava con tutto sé stesso. Ma era così veramente?

Hisashi Mitsui aveva portato la sua squadra alla vittoria.
Quelle parole silenziose scandirono i suoi passi verso la palla, che raccolse lentamente con una mano, spostandosi poi in trance verso la linea dei tre punti.
Osservò l'arancione intenso di quel pallone con i suoi occhi blu per qualche secondo. Gli bruciavano così tanto che, se non gli avesse strusciati con la manica della divisa, avrebbero tradito qualche lacrima amara che non si sarebbe mai perdonato.
Non avrebbe pianto per il Basket!

I teppisti non hanno a cuore nulla, neanche uno stupido sport!
Batté un piede a terra con tutta la forza che ancora aveva nella gamba sana. Il ginocchio non gli aveva dato più problemi, ma non voleva rischiare. Odiava anche quella sua parte di corpo. Se non fosse stato per quell'incidente, probabilmente sarebbe stato una persona diversa. Ma non si era mai fermato a piangersi addosso. Non si era mai fermato a pensare a come sarebbe stata la sua vita se avesse aspettato che il ginocchio guarisse del tutto prima di tornare sul campo.
Mai, perché dentro di sé sapeva bene che il suo allontanamento non era dovuto solamente a quello. Nello Shohoku non era più l'uomo indispensabile per la squadra. Era bravo, certo, ma nella sua assenza aveva notato quanto gli altri si erano fortemente aggrappati ad un altro giocatore. E lui? Lui non era null'altro che un membro fondamentale per la vittoria. Null'altro.
Questo lo aveva spinto a diventare quello che era e nulla lo avrebbe fermato dal prendersi la rivincita contro quella squadretta che lui considerava: “da due soldi”.
Avrebbe troncato la carriera di Ryota così come quelle vicende avevano troncato la sua, solamente perché quel giocatore era diventato quello che lui non sarebbe mai più riuscito ad essere e quella convinzione bruciava più di un corpo esposto al sole.
Portò il pallone sopra la testa ed, a denti stretti, mentre la giacca della divisa si alzava sotto il suo gesto, mise a segno uno dei suoi impeccabili canestri da tre punti.
La palla si infilò dritta e pulita dentro l'anello, ma lui non poté vederlo perché, dopo il lancio, già aveva preso a camminare verso l'uscita.
Se si fosse fermato ad osservare il canestro, probabilmente altri ricordi gli sarebbero riaffiorati alla mente, e questa era l'ultima cosa che avrebbe voluto.
I suoi passi, uno dopo l'altro, venivano scanditi dai palleggi che la palla aveva iniziato a fare cadendo, fermandosi nello stesso istante in cui anche il pallone terminò la sua corsa, dopo aver sentito una voce famigliare ridacchiare per quell'assurdo gesto.
Si voltò di scatto, indispettito, perché pensava di essere solo ed invece, qualcuno aveva assistito al momento forse più delicato della sua vita. Davanti ai suoi amici ed alle altre persone aveva sempre rigettato sopra il Basket, inveendo contro i giocatori che sapeva praticarlo. Aveva sempre mostrato disprezzo verso quello sport, mentre in quel momento, proprio lui che ne parlava male, aveva realizzato un perfetto canestro con la facilità in cui si beve un bicchiere d'acqua.
<< Salve Mitsui. >>
La voce roca ed autoritaria, nonostante non mostrasse segni di scherno, apparteneva ad un ragazzo alto poco più di lui, con indosso un paio di jeans logori ed una canottiera rossa, attillata al punto da far notare tutti i muscoli propri a quel corpo. I capelli neri gli ricadevano sulle spalle larghe, la barba quasi accennata attorno alle labbra faceva presagire che quello non era uno studente e gli occhi scuri erano puntati in un'espressione divertita proprio su Hisashi, che ricambiò incredulo lo sguardo. Quella voce aveva spezzato il flusso dei ricordi e dei rimorsi che c'erano all'interno della sua mente. Era bastata quella voce a riportarlo alla realtà e fargli capire, finalmente, cosa doveva fare. Era bastata solo la sua presenza e la moto parcheggiata poco più in là a fargli tornare la consapevolezza di ciò che avrebbe dovuto compire.
<< Tetsuo! >> Si meravigliò di trovarlo lì, come se già sapeva dove trovarlo. Non aveva fatto in tempo a dire a nessuno di essere uscito dall'ospedale, e nemmeno che i suoi “amici” si fossero interessati di quando quello sarebbe successo. Ma lui era lì, come se lo avesse seguito. O forse era veramente così?
<< Capiti nel momento giusto! >> Ridacchiò il futuro numero 14, riportando sul volto la sua solita espressione maligna. << Raduniamo gli altri e facciamo una visitina alla palestra dello Shohoku, devo chiudere un conto in sospeso da troppo tempo! >> Portò gli occhi blu scuro dritti sull'amico, che lo guardò fiero per ciò che gli aveva appena sentito dire. Quando c'era da fare a botte, Tetsuo non si tirava mai indietro.
<< Bene! Aspettavamo che tu ce lo dicessi! >> Si leccò le labbra il più grande, spostando una ciocca di capelli corvini dietro l'orecchio, staccandosi dallo stipite del cancello dove, pochi minuti prima, Hisashi aveva osservato la banda di mocciosi giocare.
<< Salta su, arriveremo in un batter d'occhio! >> Lo incitò a sedersi dietro di lui, sulla sella della sua moto rossa che mise in moto con un rombo assordante.
<< Sai, il tiro che hai fatto prima è andato dritto a segno. Sarà stato un colpo di fortuna? >> Gli disse in seguito il teppista Tetsuo, ridacchiando, mentre il vento della corsa gli scompigliava i capelli. Osservò la reazione dell'amico dallo specchietto destro. Il ringhio di Hisashi lo divertì fino all'inverosimile perché, pur sapendo quanto detestasse il Basket, sapeva quanto per lui era stato importante. Era l'unico a conoscerlo fino a fondo e l'unico che aveva assistito al cambiamento repentino di quel ragazzo senza però fare nulla. E cosa avrebbe dovuto fare? A lui Hisashi piaceva così, come in quel momento quando, per difendersi, aveva risposto:
<< Non dire stronzate, il Basket è per i cagasotto! >>
La discussione finì in quel modo. Nessuno dei due si azzardò a dire più nulla mentre, con il conta chilometri che sfiorava i cento chilometri orari, sfrecciando qua e là nelle vie della città con il vento che scompigliava i loro capelli in assenza del casco, raggiungevano la palestra del liceo.


Anger and agony
Are better than misery
Trust me ,I've got a plan
When the lights go off you will understand”



Era coperto di sangue Hisashi. Aveva ultimato le forze anche per riuscire a parlare. I ripetuti schiaffi di Akagi lo avevano sfibrato, ma il rancore che ammontava dentro era sempre di più.
Il racconto di Kogure aveva fatto prudere i suoi pugni chiusi e, nonostante fosse di nuovo coperto di lividi, incurante se dopo quello scontro sarebbe tornato all'ospedale, avrebbe continuato a menare le mani. Forse si sarebbe rivoltato allo stesso capitano della squadra, forse avrebbe continuato a tirare pugni a tutti gli altri pur di far valere le sue idee e forse, in un moto di rabbia, sarebbe riuscito a spaccare i denti e tutta la faccia al suo acerrimo rivale Miyagi.
Quello avrebbe sicuramente fatto, se l'arrivo del Sign. Anzai non avesse smorzato la tensione all'interno palestra.
L'uomo aveva ben appoggiati al naso i suoi grandi occhiali spessi, da cui osservava la tremenda scena che gli si era palesata di fronte: l'intera squadra di Basket aveva ferite sul viso ed alcuni dei teppisti che gliele avevano procurate erano stesi a terra privi di conoscenza.
E poi c'era lui, il ragazzo dai lunghi capelli neri e la divisa pregna del sangue che gocciolava dal suo naso, probabilmente rotto. Il ragazzo che, con la sua sete di vendetta verso il Basket, si era spinto a tutto ciò pur di realizzarla, con l'aiuto di alcuni teppisti conoscenti. Colui che aveva rinnegato le sue radici solo per un malinteso.
Colui ai quali, gli occhi, non avrebbero mai e poi mai ingannato il cuore dell'anziano allenatore, perché Anzai comprese subito il fatto che, attraverso quello sguardo magnetico e maligno, si nascondeva molto di più; una sofferenza da troppo tempo dettata dalla mancanza di quello sport. Una sofferenza che Hisashi aveva archiviato dietro la rabbia. Un risentimento che, nel momento in cui i suoi occhi raggiunsero quelli dell'uomo, attraverso le lenti, scemò del tutto. Svuotato di tutto il rancore, le sue gambe, divenute improvvisamente instabili, lo fecero cadere in ginocchio di fronte a colui che, in passato, lo aveva spronato a non abbandonare la speranza. Invece, incurante di quell'insegnamento, aveva gettato molto altro oltre quel sentimento, cambiando totalmente il modo di mostrarsi alla gente.
Si vergognava a farsi vedere in quello stato. Era bastata solamente la sua presenza, senza che neanche una parola uscisse dalla sua bocca.
Invece, dalle labbra di Mitsui, mentre dai suoi occhi fuoriuscivano calde lacrime di devozione, uscirono le parole più sincere che tutti i suoi amici gli avessero mai sentito pronunciare.
<< Signor Anzai! >> Iniziò alzando finalmente lo sguardo da terra, lasciando che i capelli gli scoprissero il viso pregno di sangue. << Io, voglio giocare a Basket! >>
Il semplice e sincero tono di voce, convinse l'anziano signore del fatto che Mitsui non avrebbe mai più cercato di picchiare qualcuno. E fu così.
Hisashi Mitsui cambiò totalmente, di nuovo, tornado ad essere il forte e risoluto giocatore di un tempo.
Era l'inizio di un nuovo sé stesso.
Fine

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Colei che scrive:

Salve a tutti, sono nuova in questa sezione ^^  
L'ispirazione mi è venuta ieri, mentre riguardavo le puntate :3 mi è presa così in questi giorni, mi fa sempre sbellicare la serie! L'ho scritta un po' di getto, quindi perdonate gli errori ^//^ il mio tallone d'Achille!
Bé, non so che altro dire! Spero vi sia piaciuta e che mi facciate sapere cosa ne pensate!

Ps. La canzone che ho usato, così come il titolo, è "Pain" dei Three Days Grace.
Kiss!

  
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