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Autore: Helmyra    13/02/2014    1 recensioni
[TES Daggerfall/Lore] "Il verme che sono reclama anime gentili e carne morta. È destinato a mutare in un insetto immorale dai mille occhi, che vede tutto, sa tutto... sai come lo chiamano? Sarcophaga carnaria. Non ho mai trovato due parole che stessero a tal punto bene insieme, per descrivere l'atto che perpetro ai danni di Arkay. E malgrado ciò, sono un iconoclasta. A modo mio, anch'io dispenso benedizioni e grazie.”
Per ottenere l'indipendenza e l'affetto del re di Firsthold, Morgiah di Wayrest è disposta a tutto, anche a contrattare col Re dei Vermi. Tuttavia, quello che doveva essere uno scambio formale si rivela una vera insidia...
A metà strada tra fiaba e racconto gotico. Sulla falsariga dei romanzi che trovereste in un negozio di libri a Tamriel.
-Completa-
Genere: Dark, Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Triangolo
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Una parte della sua anima si dissolse, nebulizzata in un manto di pulviscolo e vapore. Esalò un grido strozzato, un gemito contorto con la parvenza d'un esortazione, perso in un succedersi scomposto di suoni agonizzanti.

Aveva una bella voce, ricca e suadente, prima della trasformazione. Le ancelle che lo servivano con diligenza ne sarebbero rimaste estasiate, a udirlo pronunciare uno di quegli infiammati discorsi contro Galerion, nel pieno della lotta agli oppositori. O storielle puerili, miti per il popolino di bocca buona, fandonie di un bardo che sa come spillare un paio di monete a chi è troppo reticente per vivere da eroe.

Le donne amavano le storie.

E se c'era qualcosa che prediligevano ancor di più era la promessa del potere, l'ombra oscura che s'infrangeva sulle loro vite in uno squarcio di nubi. Lampi maestosi, per illuminare a giorno la verità ultima sul più grande mistero dell'universo.

In tal modo le aveva attratte, irretite in quel covo oscuro che era Scourg Barrow. Si erano trasformate in streghe, per il suo più grande piacere. Convertire alla causa menti vuote e facilmente influenzabili non lo soddisfaceva quanto bramare l'anima dei suoi nemici.

Li aveva intrappolati uno ad uno, in brillanti cristalli neri, ed era l'incessante turbinio della loro angoscia a nutrire le sue carni, scarne e deperite.

Una mummia vivente. Un burattino sgraziato, lembi di materia molle sospesi alle ossa, e fili ancor più sottili a tenere insieme quelle membra martoriate. O crisalide a comando, come amava definirsi. Rallentando il metabolismo corporeo, prosciugando le sue stesse energie, aveva raggiunto lo stadio d'immobilità, preservandosi in vita per secoli.

Era così che lui, Mannimarco, aveva ottenuto la vita eterna. Un premio sublime, al di là della decadenza umana.

E il suo cuore si sgretolava, lacrimava scaglie taglienti, di nero ebano. Più astraeva la mente e meno entrava in comunione col proprio essere, inabile ad interpretarne i remoti sussulti.

Un passo, e un altro. Un fluttuare indistinto, per non udire lo straziante scricchiolio di giunture piangenti, macere di umidità. Un capanno in rovina...

Nella pace della catalessi spirituale, una sospensione momentanea delle attività intellettive, violava i sogni altrui. Suggeriva crimini, invitava maghi e guerrieri a visitarlo nel suo nascondiglio, facendo leva sui loro implacabili desideri di rivalsa.

Nessun mondo onirico, però, era vibrante ed opulento come quello in cui era entrato di recente: un palazzo colorato, sulla riva del mare... vetrate istoriate, pareti a mosaico, che tramutavano il chiarore lunare in una macchia di riflessi opachi. Lo schienale del trono al centro della stanza era un intrico scolpito di rami d'olmo e foglie dorate. Dall'alto del suo seggio regale, la principessa dunmer contemplava il buio, gustando la propria apoteosi in un silente appagamento.

Adorerete ciò che più odiate, solari isole Summerset. Un'elfa oscura, la vostra nuova regina. L'avreste mai immaginato, orgogliosi altmer? , rifugiatevi nelle tradizioni, arroccatevi dietro il baluardo dei vostri principi, dipanate l'intrigo. In fin dei conti, sono io che lascio fare. Vi lascio fare, per ricavar ancor più piacere nel contrastarvi. Non v'è certezza più grande del proprio potere, se non di quello che viene messo a dura prova, ogni giorno.

Ed ogni notte lo stesso sogno. Mannimarco fremeva, posseduto da un fuoco inesausto. Le falangi smagrite agognavano il contatto di quelle labbra, che avrebbero sentenziato ferali condanne a morte senza alcuno scrupolo.

“Sì, mia cara.” Avrebbe voluto sussurrarle, ghignando. “Ti spetta l'autorità sulle mie terre natali, ti spetta il diritto di disporne come meglio credi, assecondando un volubile proposito. Eppure, laddove il mio spirito aleggia, tu non puoi nulla. Nulla.”

  
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