Nonostante viaggiassero insieme ormai
da un po’di tempo Warsman
non si era ancora abituato a tutti quei lussi. Una casa in ogni Stato
nel quale
valesse la pena averne una, gli aveva detto Emerald. Una compagnia
aerea
tramite la quale potevano viaggiare gratis, aveva anche detto. Ogni
destinazione
sarebbe stata decisa solo secondo i loro desideri, aveva aggiunto.
Che diamine. Lui, eccetto
un’unica volta nella vita, aveva
sempre viaggiato da clandestino.
Eppure non erano i soldi, quelli che
invadevano i suoi
pensieri al momento. No.
Avrebbe voluto avere la sua fortuna.
E non una
“fortuna” nel senso di
“patrimonio”.
Avrebbe voluto potersi
togliere tutto quel che
aveva addosso senza stare a pensarci due
volte e gettarsi in acqua così, all’improvviso,
come aveva fatto Emerald appena
arrivati nella casa a Rio. Una casetta non troppo grande ma con tutti i
comfort, e tanto di
spiaggia privata che le
permettevano di fare i suoi comodi senza essere accusata di
esibizionismo da
nessuno. In fin dei conti, quel posto era suo.
E lui, Warsman, l’aveva
invidiata.
Non era la più bella
ragazza che avesse mai visto, questo
no. Ma lui sapeva che lo era abbastanza da riuscire ad amare
sé stessa ed il
proprio corpo, cosa nella quale ormai non erano molte donne a riuscire.
Un corpo giovane, magro ma tonico,
senza nei, senza ferite,
senza segni di alcun tipo, nonostante le avessero sparato addosso non
moltissimo tempo prima. Ma era una Lancaster, e i Lancaster erano
smisuratamente ricchi. Ed avevano anche le cliniche più
avanzate al mondo, o
forse della galassia? Non sapeva. Ma i risultati erano quelli che erano
ed
Hammy, nonostante quel colpo di pistola e l’intervento che
aveva innestato dei
naniti nei tessuti del suo braccio destro, non aveva una cicatrice che
fosse
una sul corpo.
Per quel motivo era rientrato in casa
praticamente subito, col dire di
volersi fare una
doccia -della quale effettivamente aveva bisogno- scomparendo in bagno
deciso a
restarci il più possibile.
Ma una volta che si fu spogliato e
guardato allo specchio aveva
fatto presto a rendersi conto che forse quell’idea era stata
solo un’espressione
di masochismo.
Era così pieno
di
cicatrici e segni orribili, lui. Così schifosamente
pieno. Sulla schiena, sulle braccia, sul
torace…cicatrici perlacee a
deturparlo ovunque…
La pelle di Emerald invece era tutta perlacea. Bianca come la neve,
calda, liscia, senza difetti…
Fece per rompere lo specchio con un
pugno, trattenendosi
solo all’ultimo pensando che tale gesto avrebbe solo aggiunto
altri orribili
segni. E lui di certo non ne aveva bisogno.
Incrociò lo sguardo con il
sé stesso nello specchio.
Si lamentava del corpo,
ma…fosse stato quello il peggio! No.
Le cicatrici sul corpo non erano nulla rispetto a ciò che si
celava sotto la
maschera che portava come Warsman, o nei panni di Lord Flash che dopo
tutti
quegli anni trovava ugualmente congeniali.
Un volto tanto deturpato e modificato
da non potersi
definire più tale. Niente naso…niente pelle…niente
labbra. Si vedevano direttamente i denti.
Ecco, adesso che stava guardando
quell’orrore si che aveva
una voglia matta di rompere lo specchio.
Uscì dal bagno quasi con
furia, con solo l’asciugamano
addosso, e corse nella stanza da letto vicina senza curarsi se fosse
quella
padronale o quella degli ospiti. Aveva solo bisogno di allontanarsi da
quell’immagine
mostruosa, di togliersela dalla testa…
A stento fece caso del canticchiare
sommesso col quale
Emerald annunciò l’entrata in quella che, in fin
dei conti, era la propria
stanza.
«…aah…questa
sarebbe camera mia, sai…» gli fece notare la
ragazza, un po’seccata. Lui fece appena in tempo a coprirsi
il volto con l’asciugamano,
decidendo che fosse peggio lasciar scoperto quello che il resto, che
tanto lei
aveva già avuto occasione di vedere.
«se uno le cose non le
dice…! Io sono solo entrato nella
prima stanza che ho trovato, va bene?!»
Stava per rispondergli a tono
aggiungendo che forse per lui
sarebbe stato più appropriato stare in gabbia o in una
cuccia, quando notò per
la prima volta i capelli del suo arcinemico. Capelli…aveva
dei capelli. Lei non
li aveva mai visti, così come non aveva mai visto il suo
volto; lui aveva
sempre indossato una maschera, sempre. E delle volte lei si era
effettivamente
trovata a chiedersi che cosa nascondesse lì sotto.
«u-oh. Niente
maschera?»
«lasciami in
pace!» sbottò lui continuando a tenere
l’asciugamano
sul volto.
«eddai, fammi
vedere».
Lui si sentì gelare.
Farsi…vedere…
No. Mai.
Si alzò, e tenendo una
mano sull’asciugamano contro il volto
ed un’altra a coprirsi i genitali cercò con poco
successo di andarsene, finendo
piuttosto a sbattere sul mobilio. «ti ho detto di lasciarmi
in pace, perché tu
e il tuo stramaledetto esibizionismo non ve ne tornate in
spiaggia?!»
«esibizionismo tua sorella,
la spiaggia è mia, non c’è nessuno
nel raggio di un chilometro e più, faccio quel che mi
pare» ribatté lei
«andiamo, non puoi essere più brutto di quanto
già abbia visto…»
“non puoi essere
più brutto di quanto già abbia visto”
diceva…stolta, sciocca, stupida puttanella…non
aveva idea di quel che stava
dicendo, non ne aveva proprio idea, non lei con la sua pelle senza
segni, non
lei che aveva avuto una vita facile, comoda, che non aveva mai dovuto
patire
quanto lui, che aveva avuto sempre tutto quel che aveva desiderato e
anche di
più, che non era mai stata definita una bestia
com’era successo a lui, e perché
poi? Solo perché era un mezzo robot, solo perché
non era…bello.
«scommettiamo che ti
sbagli?!» ringhiò lui lasciando cadere
l’asciugamano e mostrandole il vero volto
dell’orrore. Ogni traccia di scherno,
o anche solo di ironia, sparì dal volto della ragazza che
rimase ad osservare
il volto del russo con aria mortalmente seria.
«ecco. Adesso mi hai visto.
Sei soddisfatta, Emerald?» si
avvicinò a lei, il volto a pochi centimetri dal suo
«ti senti superiore
adesso, immagino. Starai pensando che
il tuo caro papà aveva ragione a definirmi il mostro di
Frankenstein dei
sovietici. Ti divertirai a pensare “io sono bella e lui,
cos’è lui se non un
mostro”?» la prese perfino per le spalle, in un
atto tra rabbia, disperazione e
non sapeva cos’altro «ammettilo! Dillo! Hai paura
adesso, o quantomeno sarai
disgustata, tu che nel bello ci sei cresciuta, illusione o meno! Dillo
che ti
disgusto!»
La ragazza non disse niente,
rimanendo lì ad osservarlo
sempre con la stessa espressione. Non c’era paura sul suo
viso, e a dire il
vero nemmeno disgusto. E nemmeno curiosità, come avrebbero
potuto avere gli
amanti dell’orrido.
Il russo non riuscì a
trovare alcun senso per quel che
successe in seguito, quando Emerald con una curiosa delicatezza gli
prese il
viso tra le mani e lo baciò dove avrebbero dovuto trovarsi
le labbra, prima su
quello superiore, poi su quello inferiore…
E senza chiudere gli occhi. No.
Mentre posava le labbra su
quel volto orribile non li chiuse mai, per tutto il tempo, premendosi
contro di
lui col resto del corpo, invitandolo ad approfondire quel bacio, e non
soltanto.
Quel bacio che per lui era il primo
“viso a viso”. Prima era
troppo giovane per darne. Ed in seguito, pensava che non avrebbe mai
trovato
nessuna col coraggio di farlo.
Sentì il calore della sua
pelle contro il metallo del
proprio volto, sentì le loro lingue intrecciarsi, le mani
liberarle il corpo
dall’asciugamano che indossava…si, anche lei aveva
solo quello…
E non gli importava se era sbagliato.
Non pensava neanche che lo fosse,
sinceramente.
Non pensava a niente,
se non al fatto che tra loro non c’erano più
barriere. Non pensava nemmeno ai perché,
ai percome. Solo a lei sotto di lui, e lui dentro di lei, e a quel
bacio che
non sembrava volersi interrompere, continuo, dolce perfino, in
contrasto col
resto di quell’amplesso quasi selvaggio del quale -da sobri,
poi- erano
protagonisti.
E non fece in tempo a chiederle
nulla, quando tutto finì, perché
lei si alzò dal letto, raccattò
l’asciugamano e se ne andò senza guardarlo
neppure.
Pensò di chiamarla, di
farla tornare indietro, di
chiederle…”perché”?
Ma cambiò idea.
Certe domande era meglio non farle,
certe cose era meglio non
chiedersele, certe volte era un errore pensare troppo o pensarci e
basta.
Era…successo. Ecco tutto.
Nessuno l’avrebbe saputo.
Lui stesso avrebbe cercato di
classificarlo come…un sogno? Un incubo meraviglioso?
Si.
Si, un incubo meraviglioso.