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Autore: DirceMichelaRivetti    18/02/2014    1 recensioni
"Modello di salda giustizia
Difensore del popolo di Dio e della Chiesa Cattolica
Valoroso oppositore delle forze del male "
Questo è Isaia.
Questo non è solo Isaia.
Padre Isaia si ritrova diviso tra la congregazione, il misterioso ordine di cui fa parte padre Vargas, l'amicizia per Gabriel e a questo si aggiunge Serventi che gli confonde le idee con frasi ambigue.
La comparsa di una giovane che pare conoscerlo bene.
Parte Prima: In mezzo a tante voci, in mezzo a tante opinioni, Isaia dovrà capire dove sta la Verità, dovrà distinguere il vero Dio dai tanti idoli e combattere per lui.
Parte Seconda: Serventi ha trascinato Gabriel nel baratro dell'esasperazione. L'Eletto sta compiendo il proprio destino. Per cercare di arginarlo si forma una coalizione di gesuiti, religiosi, buddisti, laici, maghi e templari: c'è chi si occupa di dare sostegno caritatevole al popolo e chi invece combatte.
La violenza, però, non può essere estinta da altra violenza.
La soluzione è diversa.
"Se solo qualcuno mi desse ascolto!" si lamenta la testa di San Giovanni.
Riflessione e azione ... almeno spero.
Per le amanti delle romanticherie: pian, pianino (Isaia non ha colpi di fulmine) arriva anche l'amore.
Genere: Azione, Introspettivo, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Padre Isaia, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dopo aver visto la penultima puntata, questi prossimi capitoli saranno una raccolta di momenti mancanti di isaia o di suoi pensieri.

[fanfic approvata dal “comitato in difesa delle motivazioni di isaiaxd]

 

Gabriel era appena uscito dalla porta. Aveva appena comunicato all’amico la sua volontà di abbandonare la chiesa e gli aveva dato la spilla simbolo della congregazione della verità.

Questa è la tua più grande vittoria.

Ecco tutto ciò che era riuscito a dirgli. Isaia era scontento di sé. Non era mai stato una persona emotiva e l’educazione gesuitica gli aveva ben insegnato a nascondere le sue emozioni, inoltre quello non era certo stato un addio, tuttavia Isaia sapeva di essere stato troppo freddo. Sapeva anche che Gabriel non gliene avrebbe certo fatto una colpa, lo aveva abbracciato, gli aveva detto: sei un amico, lo sei sempre stato. Lui, invece, non era riuscito a dire nulla.

Eppure di cose ne avrebbe volute dire parecchie.

Qui tutto cambierà, non sarà lo stesso senza di te, questa era la frase che aveva tenuta serrata tra le proprie labbra, nonostante essa premesse per uscire.

La verità era che non voleva far capire a Gabriel, quanto quella decisione lo addolorasse, in ambito personale. Gabriel non era il solo a fra un sacrificio con quell’atto, anzi, pareva quasi che per lui fosse una liberazione, che fosse ciò che volesse davvero. Anche Isaia sentiva di stare sacrificando qualcosa d’importante.

Guardava la spilla che gli aveva consegnato l’amico, la guardava, ma non la vedeva, la sua mente era da tutt’altra parte, persa in ricordi lunghi più di vent’anni. Si erano conosciuti alle scuole medie, nel collegio dei gesuiti e lì avevano avuto un’ottima formazione; dopo alcuni anni avevano deciso di prendere i voti: castità, povertà e obbedienza. Isaia ricordava ancora perfettamente quella serata: erano all’osservatorio astronomico per una ricerca scolastica, divertiti e intimoriti allo stesso tempo dal busto in marmo di don Angelo Secchi che li sorvegliava.

“Gabriel” aveva esordito Isaia, dopo un lungo tempo passato in silenzio ad annotare coordinate “Uno dei prossimi giorni, potrei parlare con tuo zio, monsignor Demetrio?”

“Certamente, perché?” si era stupito Gabriel.

“Vorrei diventare prete e ho bisogno di essere guidato e consigliato.”

“Prete? Tu? E perché?”

“E perché no?” aveva ribattuto Isaia “Sento che è la mia strada, sento che Dio mi chiama e non desidero far altro che obbedire a Dio, compiere la sua volontà e difendere le persone dalle insidie del male. Sento che è questo che voglio fare e se non lo facessi non sarei felice e mi odierei.”

Un lungo silenzio era rimasto tra i due, poi Gabriel disse: “Sono contento che tu abbia preso questa decisione. Sai, anch’io ho la vocazione, anch’io so che è questo che devo diventare per potermi realizzare e che non potrei star bene in nessun altro ruolo, però ero spaventato. Temevo di essere solo, ora, invece, che so che ci sarai anche tu, non ho più paura. Tu sei il mio migliore amico e saperti al mio fianco è un gran sollievo per me.”

Erano quindi entrati in seminario e contemporaneamente avevano iniziato il loro percorso all’interno della Compagnia di Gesù, erano ovviamente partiti dal basso: da Coadiutori Temporali si erano occupati delle mansioni più semplici come cucinare o pulire, poi Coadiutori Spirituali, per divenire Professi dei Tre Voti e, infine, Professi dei Quattro voti, aggiungendo ai tre classici quello di obbedienza al Papa circa le missioni. Tutto questo sempre insieme.

Una volta approdati nella Congregazione della Verità, avevano iniziato ad allontanarsi. Isaia aveva seguito il percorso dell’esorcista, Gabriel no; inoltre le verifiche li portavano spesso in posti diversi e per lungo tempo non si vedevano. Non aveva importanza, non per Isaia, almeno, che era contento della certezza di ritrovare sempre l’amico, prima o poi.

Tornò a vergognarsi moltissimo del tiro mancino delle foto che gli aveva giocato l’anno prima, ma ancora non era certo di aver agito davvero male. La sua coscienza era divisa tra la lealtà all’amico o alla Chiesa. Leggermente diverso, invece, era il conflitto che lo agitava in quel momento. Se fosse stato di carattere diverso, Isaia forse avrebbe davvero potuto esternare tutto il suo dispiacere a Gabriel, dirgli che da allora si sarebbe sentito solo e privato di un affetto importante, in fondo l’unico affetto che manteneva da anni. Non avrebbe saputo dire perché, ma gli tornarono in mente le letture fatte da ragazzino e pensò che Sandokan aveva dovuto sentirsi proprio come lui, quando Yanez aveva deciso di vivere nell’Assam con Surama.

Anche se fosse stato meno chiuso e introverso, Isaia non avrebbe comunque detto nulla, si sarebbe tenuto ugualmente tutto dentro, per un motivo ben preciso: temeva che il suo dispiacere avrebbe potuto far cambiare idea a Gabriel.

Gabriel doveva uscire dalla Chiesa, per poterla proteggere. Isaia doveva perdere il suo migliore amico per proteggerla. Questo era il sacrificio che stava compiendo Isaia.

Il prete rimase a lungo a osservare la spilletta e a ricordare una moltitudine di momenti trascorsi con Gabriel, le verifiche compiute assieme e altro ancora. Tornò presente alla realtà solo quando udì una campana suonare, allora sospirò, infilò la spilla in tasca e si rimise al lavoro.

 

Appena dopo l’ora di pranzo, durante la pausa concessa a tutti. Isaia era nel proprio appartamento, era composto da tre stanze, sarebbero dovute essere un salotto, una cucina e una camera da letto, effettivamente espletavano tali funzioni, ma parevano collocate in mezzo ad una biblioteca. Accostati alle pareti c’erano vari scaffali traboccanti di libri di vario genere, volumi antichi e moderni, la maggior parte era ovviamente in italiano o latino, ma c’era un cospicuo numero di testi anche in greco antico, ebraico, copto, egizio demiotico.

Sopra alle finestre c’erano immagini sacre, immagini di Santi; certamente non poteva mancare un ovale col ritratto di Sant’Ignazio di Loyola, il fondatore della Compagnia di Gesù, l’ordine a cui apparteneva Isaia; poi c’era anche Sant’Antonio Abate, che aveva passato gran parte della propria vita in meditazione e penitenza nel deserto, resistendo alle tentazioni e provocazioni del demonio; un altro quadretto raffigurava San Ciriaco, altrove c’era San Benedetto; l’ultima icona era quella di San Michele, il principe della milizia celeste, che col suo piede schiaccia Lucifero.

La giornata era stata faticosa, inoltre Isaia era ancora molto affranto per la decisione di Gabriel di lasciare la Chiesa. Era sinceramente dispiaciuto che il suo amico, il suo migliore amico, forse il suo unico amico, presto lo avrebbe abbandonato. Sarebbe rimasto solo. Per quanto nutrisse simpatia o stima per gli altri confratelli, con nessuno aveva il medesimo rapporto che aveva con Gabriel: erano cresciuti assieme! Avevano condiviso così tanto …!

Basta! Non era questo il momento di pensarci. Per quanto la questione lo addolorasse, doveva accantonarla, almeno per adesso. Aveva rimandato e dimenticato troppo a lungo il proprio raccoglimento davanti a Dio, ne aveva decisamente bisogno. Per troppi giorni si era lasciato dominare dalle proprie preoccupazioni, ora era davvero necessario che accantonasse tutto quanto, che si concedesse qualche ora di mentre sgombra da ogni pensiero che non fosse Dio, aveva bisogno di pregare e di meditare.

Meditare come gli aveva insegnato, più di dieci anni prima, il suo maestro: padre Samuele Costa.

Andò in camera da letto, si tolse gli occhiali e li appoggiò sul comodino, poi si sdraiò sul letto, senza disfarlo, incrociò le mani sotto all’ombelico e chiuse gli occhi. Innanzitutto, nella sua mente recitò un versetto della lettere ai Romani: Lo Spirito sovviene alle nostre debolezze, perché non sappiamo ciò che dobbiamo chiedere in preghiera, come si conviene, ma lo Spirito stesso intercede per noi con sospiri ineffabili.

Si lasciò poi andare a un dialogo con Dio, chiese perdono per i propri peccati, elencando tutte le mancanze che aveva avuto dall’ultima volta che si era confessato, poi ringraziò per ogni cosa buona che gli era capitata, compresi il fatto di aver potuto sfamarsi e dissetarsi. Di solito avrebbe invocato l’aiuto del Signore per sé e per chi si affidava alle sue preghiere, ma quel giorno si sentiva troppo distante da Dio per permettersi di chiedergli qualcosa.

Prima di dedicarsi alla meditazione di padre Samuele, decisamente non ortodossa per i canoni cattolici occidentali, Isaia preferì ripetere una delle meditazioni presenti negli Esercizi Spirituali di Sant’Ignazio, testo fondamentale per la direzione spirituale dei Gesuiti. Quella che gli sembrò più adatta per quel frangente fu quella dei due vessilli: iniziò a immaginare una vasta pianura con due città: una brutta, disordinata, sporca, chiassosa; l’altra bella, ordinata, pulita, silenziosa. La prima è Babilonia; la seconda, Gerusalemme. Fuori le mura di Babilonia c’è un mostro seduto su un trono fumante; il suo viso è terrificante, gli occhi fiammeggianti. È Satana che, sotto il suo stendardo infernale, chiama a raccolta i suoi. Presso le mura di Gerusalemme, invece, c’è Gesù, bello, ordinato, pulito, che sotto lo stendardo celestiale chiama anche Lui a raccolta i suoi. Costruì le immagini nella propria mente con precisione e attenzione, arricchendole con dovizia di dettagli. Infine sentì la voce di Sant’Ignazio porgli questa terribile domanda: “E tu, sotto quale stendardo decidi di combattere?”

Decise che era il momento di passare alla meditazione insegnatagli da Samuele. Le meditazioni cristiane normalmente si basano sul riflettere circa alcuni passi biblici, quella dispensata da Samuele invitava a non pensare. Moltissimi cattolici occidentali avevano deprecato tale tecnica, considerandola una tradizione pagana a cui i loro confratelli orientali non avevano ancora saputo rinunciare. Effettivamente padre Samuele aveva elaborato quel tipo di raccoglimento proprio durante il suo periodo di missionariato in India. Questa forma di meditazione, però, non sconvolgeva i Gesuiti i quali già nei loro Esercizi Spirituali avevano qualcosa di simile: la terza parte della preghiera invitava a rivolgersi a Dio non più con i pensieri, bensì col cuore per riuscire a partecipare dell’Amore di Dio, che non è comprensibile per la mente umana.

Ecco, in questo la meditazione gesuitica e quella di Samuele si rassomigliavano: far tacere la mente.

L’obbiettivo ideale sarebbe stato quello di raccogliersi a tal punto di estraniarsi completamente da sé, pur rimanendo consapevole di quel che accadeva attorno, ma Isaia non ci era ancora mai riuscito.

Come prima cosa doveva regolare il respiro, teneva la bocca semi aperta, ma respirava col naso; inspirava a lungo, senza violenza e l’addome si sollevava, tratteneva il fiato per qualche secondo e poi lo rilasciava adagio. Lasciava che il respiro lo attraversasse completamente e, dopo pochi minuti, aveva preso il ritmo, senza più bisogno di stare attento a regolarlo. A quel punto cominciò la parte più difficile: smettere di pensare. Era un’operazione complessa, anche per il semplice fatto che a volte gli veniva da pensare: Sto non pensando?

Riuscì comunque ad acquietare la mente e nessun pensiero lo andò a turbare. Avvertì allora una piacevole sensazione di tranquillità, serenità, si sentiva vicino a Dio e avrebbe voluto poter non uscire più da quello stato. Era molto tempo che non provava quella sensazione decisamente rigenerante. Alla fine di quella meditazione, Isaia si sentì fortemente ritemprato e ricordò perché era così fondamentale dedicarcisi quotidianamente e non trascurarla. Si rese anche conto che quell’esercizio gli donava energia o, meglio, risvegliava in lui una forza non fisica. Non era la prima volta che lo notava, aveva percepito quella forza fin dalle prime pratiche e, chiedendo delucidazioni a padre Samuele, aveva imparato che quella era la forza che dona lo Spirito Santo.

Isaia rimise gli occhiali, si guardò rapidamente allo specchio ed uscì dall’appartamento piuttosto rapidamente: padre Vargas lo aveva convocato per le quattro e rischiava di arrivare in ritardo.

 

“Per me non c’è compito più grande che difendere la chiesa.” aveva ribadito ancora una volta Isaia e ci credeva davvero, nulla era più importante per lui che difendere il bene ed era orgoglioso di poter consacrare la sua vita a questa missione.

 Aveva poi rassicurato Vargas circa il fatto che Gabriel avrebbe abbandonato la Chiesa, lo aveva già deciso, quindi la profezia non si sarebbe più potuta avverare. Isaia era convinto che finalmente quella questione fosse stata risolta, che ora ci si poteva concentrare solo su Serventi, senza più la minaccia del prescelto. Per un attimo credette che anche quello sul volto sfregiato di Vargas fosse un sorriso di sollievo. In un certo senso lo era, ma molto diverso da quel che lui credeva.

Le parole che aveva udito dopo lo avevano fatto rabbrividire: Vargas non voleva Gabriel fuori dalla Chiesa per tutelarla dalla profezia, bensì per poter essere libero di ucciderlo, cosa che il suo Ordine gli impediva di fare, finché fosse stato un prete.

Le persone con facoltà paranormali, nonostante non avessero nulla di demoniaco, per Vargas e i Templari, dovevano essere eliminati tutti. Compreso Gabriel.

Isaia capì di essersi di gran lunga sbagliato. Preso dal primo entusiasmo di un nuovo e più potente Ordine che proteggeva la Chiesa, si era lasciato coinvolgere e aveva ascoltato Vargas.

In quel momento, però, si sentiva tradito e ingannato. Gli avevano detto di volere Gabriel fuori dalla Chiesa, ma non immaginava certo fosse per poterlo uccidere e ora che lo aveva scoperto provava una gran rabbia. Avrebbe voluto ringhiare qualche parola contro Vargas, ma si guardò bene dal farlo; non poté nascondere il proprio stupore, ma finse di capire.

Di una cosa era certo: se si fosse tirato indietro, i Templari avrebbero trovato la maniera di fargliela pagare, pur non potendo ucciderlo direttamente. Stare al loro gioco gli conveniva e anche per un altro motivo: volevano uccidere Gabriel, lui era l’unico che lo sapeva e che poteva fare qualcosa per impedirlo. Non poteva denunciarli alla Congregazione, non sarebbe stato creduto. Doveva, quindi, fingersi fedele alla causa dei Templari, assecondarli, essere credibile in questo e, allo stesso tempo, trovare la maniera di proteggere Gabriel. Se lui si fosse allontanato da loro, quelli avrebbero potuto agire indisturbati, lui invece poteva cercare di mitigare le situazioni ed escogitare una soluzione. Inoltre non avrebbe potuto farne parola con alcuno: la situazione era troppo confusa, la gente troppo ambivalente, per potersi fidare di qualcuno.

Ora Isaia era solo, non poteva contare sull’appoggio di nessuno, ma ce l’avrebbe fatta.

 

Era passato qualche giorno, Isaia aveva scoperto che Padre Alonso e una certa Rebecca, una studentessa di Gabriel, stavano conducendo una ricerca su un Ordine che contrastava quello di Serventi, aveva cercato di troncare la questione, ma aveva a che fare con gente ostinata. Era quasi impossibile, ma temeva potessero risalire all’Ordine Templare e questo non lo poteva permettere: scoprire la sua esistenza, avrebbe messo tutti e due in pericolo e lui non poteva permettere che ciò accadesse. Cercò, dunque, di scoraggiare le loro ricerche, per convincerli a cessarle. Non poteva, però, esimersi dal riferire le loro attività a padre Vargas. Isaia era certo di essere sorvegliato: era impossibile che si fidassero ciecamente di lui, che ancora non era entrato nell’Ordine. Forse lo stesso monsignor Sartori, che lo aveva indirizzato su quella strada, lo stava osservando. Per mantenere la copertura e la credibilità, anzi per guadagnarne di maggiore, decise di riferire di quella ricerca a Vargas.

“Ho intenzione di sorvegliare e agire, se necessario.”

Questo aveva detto Isaia, diplomatico ma fedele alla causa: voleva avere la totale fiducia di Vargas.

Pensò di averla ottenuta, quando il Templare gli disse che, allora, era necessario che lui sapesse ciò per cui essi combattevano e quando tirò fuori un grosso scrigno, dicendo che al suo interno c’era ciò su cui si basava la Chiesa.

Quando vide il contenuto, Isaia rimase alquanto turbato e si convinse che Vargas gli aveva mostrato ciò non per fiducia, ma in un certo senso per obbligarlo ad aderire totalmente alla causa. Una simile verità, non poteva permettere che ci fossero profani vivi, con o senza tonaca. Isaia a quel punto era ancora più sicuro che sarebbe morto, se avesse osato tirarsi indietro.

“Bene, Isaia.” disse Vargas con un sorriso “Sei dunque certo di volere entrare nell’Ordine del Tempio? Di voler proteggere la Chiesa da ogni minaccia?”

“Sì.” rispose il prete, ma quel sì era nettamente meno vigoroso di quello che aveva pronunciato davanti a Serventi la settimana prima.

“Allora procediamo con la tua iniziazione.” annunciò con naturalezza l’altro.

“Ora?” si lasciò sfuggire un tono un po’ troppo sorpreso e forse con un cenno di insicurezza.

“Qualche ripensamento?”

“No, certo che no. Semplicemente mi stupivo che si facesse così, in forma privata e non dinnanzi agli altri confratelli.” si giustificò Isaia.

“Ci sarà anche la cerimonia ufficiale, ma mi servi operativo subito, per cui ti inizieremo ora.”

Vennero altri due preti nella stanza per cominciare il rituale. Uno di loro aveva portato dentro una scultura che rappresentava la testa di un uomo barbuto, la appoggiò sul tavolo.

“Isaia.” disse Vargas “Inginocchiati davanti al Signore.”

Isaia si accigliò e, piuttosto che commettere blasfemia, preferì mandare all’aria tutto ed esclamò scandalizzato: “Ma quello è Bafometto! Non lo adorerò mai!”

Vargas sorrise e disse: “Avresti pienamente ragione ad indignarti, se davvero ti avessimo chiesto di adorare un idolo o, peggio, il demonio, ma questa statua rappresenta Gesù. I Templari recuperarono la Sacra Sindone e per un secolo la hanno adorata, esponendola piegata in modo tale che si vedesse solo il capo. Questa testa che ti abbiamo messo davanti è quella di nostro Signore e non di un falso Dio.”

Isaia si convinse, non era certo della sincerità di quelle parole, ma effettivamente non ha importanza l’oggetto che si adora, bensì il significato che gli si attribuisce, e il prete decise di vedere in quel volto, il volto di Cristo, quindi si inginocchiò e chinò il capo.

“Padre Morganti, tu sei un peccatore!” lo accusò uno degli altri due.

“Sei un pessimo cristiano, ti sei macchiato mi molti peccati!” aggiunse l’altro.

“Hai ingannato, hai tradito!”

“Sei ambizioso e superbo!”

Mille accuse gli furono rivolte contro, ma lui non proferì verbo: aveva capito che quello era parte integrante del rituale.

Padre Vargas prese il crocefisso che c’era sul muro, si avvicinò all’iniziando, glielo mise davanti al viso e gli disse: “Tu sei un miserabile, un traditore di Gesù.” e poi ordinò: “Nel tuo cuore, tu sputi sulla croce, fallo apertamente: sputa! Sputa tre volte sulla croce!”

Isaia era sconvolto da quella richiesta: quella gente era anche peggio di come gli era sembrato.

Vedendo l’esitazione, Vargas intimò ancora: “Sputa tre volte, ho detto! San Pietro rinnegò il Cristo per ben tre volte, sei forse talmente superbo da crederti migliore del primo pontefice?”

Isaia capì il simbolismo e, pur controvoglia, eseguì quel terribile gesto sacrilego.

“Non temere, oh peccatore!” la voce di Vargas si fece dolce a quel punto “Noi siamo qui per aiutarti, per sollevarti dalla polvere in cui giaci. Noi ti mostreremo la strada della verità, ti aiuteremo a ripulire la tua anima dai tuoi peccati e assieme a noi combatterai per proteggere la Santa Romana Chiesa.”

Isaia venne poi fatto alzare in piedi e abbracciato prima da Vargas, poi dagli altri due Templari.

Quando uscì dall’edificio, Isaia era sconvolto: quel che aveva visto nello scrigno, quell’orrida cerimonia …

Salì in auto, vide una busta appoggiata sul cruscotto. Ricordò allora della verifica che si era assunto l’incarico di fare. Che stupido! Con tutto quello a cui aveva da pensare: Templari, Serventi, Gabriel, Alonso, ci mancava solo che andasse a perdere tempo ed energie anche in una verifica. Avrebbe potuto rifiutarla, naturalmente, o rimandarla ad un altro giorno, ma qualcosa dentro di lui gli aveva imposto di scegliere quella e ora lo stava spronando ad andare subito.

Ma sì –si disse- Forse mi servirà a staccare da tutto questo e mi rilasserà.

Guardò l’indirizzo, mise in moto l’automobile e partì.

 

   
 
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