Il peso delle colpe.
Si
piangeva ancora addosso
Hanamichi, mentre ripensava alla conclusa partita contro il Kainan.
Quel passaggio sbagliato a
Tagasago ancora gli scorreva davanti come la scena di un film,
ininterrottamente.
Si era andato a rifugiare
nell'unico posto dove poteva essere sé stesso, nel posto
che, negli
ultimi tempi, era stata la sua seconda casa. Si era rifugiato nello
spogliatoio del suo Club, a luce spenta e seduto sul freddo
pavimento, rigirando fra le mani un pallone da Basket, bagnato
fradicio dalla pioggia che scrosciante continuava a cadere sulla
prefettura di Kanagawa. Incurante di tutto ciò, era comunque
riuscito ad arrivare in palestra senza neanche riuscire a capire dove
andasse. I suoi piedi camminavano da soli, macchinatamente, mentre i
singhiozzi scandivano pian piano i suoi passi.
Non era mai stato così
male prima d'ora. Quello sport pieno di soddisfazioni gli aveva
procurato una ferita che, probabilmente, gli sarebbe rimasta impressa
per sempre nel cuore. Ma doveva andare avanti, lo doveva al capitano.
“Ricordati che non
finisce qua!” gli aveva detto il gorilla,
portandosi il suo viso
pieno di lacrime al petto, proprio vicino al cuore che, in quel
momento, batteva all'impazzata. Era stato bravo Akagi, come tutti gli
altri. Avevano esaurito le loro forze esattamente come le aveva
esaurite lui, che fino alla fine aveva sperato nella sconfitta della
squadra favorita. La vittoria poteva essere già di fronte a
loro, ad
un passo, ma in quel momento la vedeva ancora più sfocata
che mai.
Le lacrime gli avevano inondato gli occhi color nocciola,
scivolandogli sulle gote arrossate dal pianto, deturpando quel viso
sempre sorridente.
Non riusciva a reagire. Non
da solo. Se ci fosse stato qualcuno ad aiutarlo, forse avrebbe
superato quel suo continuo piangersi addosso.
Ed eccolo lì il suo
soccorso, appoggiato allo stipite della porta con le gambe
incrociate, guardandolo attraverso la flebile luce della strada che
inondava la stanza, prima di accendere la luce. Si beava dei suoi
singhiozzi, contraendo la mascella. Non avrebbe mai voluto vederlo
così, ma probabilmente se il suo carattere glielo avesse
permesso,
in quel momento a piangere seduto nello spogliatoio ci sarebbe stato
anche lui.
Accese la luce dopo aver
visto abbastanza, rivelando ad Hanamichi la sua apparente fredda
presenza.
Il rosso alzò gli occhi
colmi di lacrime su di lui, strusciando le palpebre con il dorso
della mano per asciugarli, riprendendo un'espressione quasi offesa.
Rukawa lo aveva visto nel
momento forse peggiore della sua vita, ma egli non disse nulla. Non
proferì parola oltre un semplice. << Ma guarda
chi si vede.
Che ci fai qua? >> Con un tono piatto che Hanamichi non
riconobbe.
<< Kitsune! >>
Gli rispose confuso, sia dal modo di comportarsi di Kaede, sia per la
meraviglia di trovarlo in palestra a quell'ora.
Ma Rukawa non rispose. Si
limitò ad avvicinarsi al suo armadietto per prendere un
asciugamano,
che attorcigliò attorno al collo ed uscire silenzioso dalla
stanza,
lasciando di nuovo Hanamichi da solo, che non riuscendo a pieno a
capire le intenzioni del “volpino” insistette.
<< Hey, aspetta! >>
Lo richiamò facendolo fermare sui suoi passi al di fuori
della
porta, dove Sakuragi corse per volerlo guardare negli occhi.
<< Non hai nulla da
dirmi? >> Chiese quasi titubante, ma l'altro non si
girò
minimamente per rispondergli. Con passo calmo e studiato raggiunse di
nuovo la palestra, lasciando Hanamichi ad osservare le sue spalle
sparire lentamente nell'oscurità del corridoio.
Negli
istanti seguenti il
numero 10 dello Shohoku raggiunse il compagno in palestra, iniziando
con lui una sorta di litigio. Hanamichi continuava a sostenere che la
colpa della sconfitta da parte del Kainan fosse unicamente sua,
facendo comunque valere le sue idee; ma Kaede non era da meno.
Continuava a tenere alto l'onore bruciato dicendo che, in ogni modo,
la colpa fosse da attribuire a lui.
Lo dicevano quasi con
rancore, ognuno addossandosi peccati inesistenti. La colpa era di
tutta la squadra; la pallacanestro era un gioco di squadra e la colpa
della sconfitta o il merito della vittoria andava attribuita a tutto
il quintetto. Ma sembrava che ai due non importasse.
Iniziarono a prendersi a
calci e pugni pur di prevalere l'uno sull'altro.
Kaede sferrava pugni sul
volto dell'altro, stringendo i denti, ripensando a quegli attimi di
fine partita seduto in panchina perché privo di forze.
Avrebbe
voluto reagire, ma non riusciva a reggersi in piedi. Portava dentro
di sé un grande rimpianto che sicuramente, per molto tempo,
non
sarebbe riuscito a mandar via.
Hanamichi invece incassava
cazzotti e sferrava calci mentre continuava a sentire nelle orecchie
il rumore di quella palla battuta con forza sul parquet, mentre il
suo richiamo mancato verso Akagi lo faceva sprofondare sempre
più
nella vergogna.
Erano due idioti. Due
bambini che ripetendo: << È colpa mia.
>>, << No,
mia! >> , cercavano di redimere a tutte le colpe che si
erano
auto dettati.
Quando le loro forze si
esaurirono, entrambi rovinarono a terra col fiato corto. Uno accanto
all'altro, così vicini che i loro volti quasi potevano
sfiorarsi.
Con le dita delle mani
intrecciate l'una con l'altra, si voltarono a guardarsi negli occhi,
mentre l'affannamento della lotta ancora usciva incoerente dalle loro
bocche. Le iridi blu di Rukawa si specchiavano in quelle nocciola di
Hanamichi, ed in quei bulbi oculari entrambi trovarono la pace.
<< Se solo fossi
rimasto in campo più a lungo... >>
Soffiò Kaede di punto in
bianco, portando lo sguardo sul soffitto della palestra, dove le luci
accese illuminavano i loro corpi sudati e pieni di lividi.
<< Se solo non avessi
passato la palla a Tagasago... >> Grugnì fra i
denti il numero
dieci, voltando lo sguardo dalla parte opposta del compagno, che
riportò subito l'attenzione su di lui.
<< Hai fatto una
grande partita, quella schiacciata mi ha emozionato. >>
Dichiarò sottovoce il numero undici, facendo voltare il
rossino con
un'espressione meravigliata.
<< Dici sul serio? >>
Rise, ma questa volta più composto e pacato, quasi onorato
per quel
commento. << Anche tu hai giocato bene. Hai tirato su il
morale
della squadra ed il punteggio, tutto da solo. >> Gli
sorrise
infine, mostrando un'espressione dolce che fece sorridere flebilmente
a sua volta la kitsune.
Non dissero null'altro,
perché sapevano entrambi quanto all'altro era costato
ammettere
quelle determinate cose. Entrambi troppo orgogliosi per fare i
complimenti al compagno, si limitarono a sorridersi a loro volta,
troppo stanchi per fare altro, anche per rialzarsi dal parquet oramai
logoro.
Si addormentarono così,
l'uno nelle braccia dell'altro, con solo il sorriso sulle labbra come
ricordo della serata trascorsa insieme.
Fine
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Colei che scrive:
Salve
a tutti :3 Questa sera vi propongo una breve one shot con la presenza
veramente lieve di Shonen-Ai ^^ Non ho mai scritto veramente quacosa di
Yaoi in questo fandom e, siccome c'è sempre una prima volta,
ho fatto un tentativo.
Ho cambiato questa parte di episodio (precisamente la numero 60),
rendendola più fluff :3 spero di essere riuscita
nell'intento e che vi sia piaciuta!
Spero mi facciate sapere!
Un bacione a tutti!