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Autore: blackfury    19/02/2014    2 recensioni
Kyungsoo è un aspirante pasticciere, vive nella frenetica Seoul ma decide di allontanarsene per qualche tempo, per trovare pace e per rilassarsi.
Così fa visita ai suoi nonni, in un noioso paese 'di vecchi, per vecchi,' ma dovrà ricredersi dopo aver conosciuto Jongin.
[KAISOO]
Genere: Malinconico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi, Slash | Personaggi: D.O., D.O., Kai, Kai
Note: AU, Lemon, Lime | Avvertimenti: nessuno
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Caldo. Afa. Sudore.

La strada è deserta, anzi, tutte le strade lo sono, desolate. 
Non c'è anima viva, nonostante siano le 15:00 in punto.
Kyungsoo non è affatto abituato a quel silenzio, lui, che proviene dalla caotica ed affollata Seul, non ha ancora capito esattamente se quello sia il posto giusto o meno, sa solo che in quel momento sta vagando su di un marciapiede ormai eroso come una collina esposta al vento.
Farebbe meglio a camminare sull'asfalto per non far rumore con la valigia che si trascina dietro, le rotelle inciampano e trovano ostacoli, tra ciottoli e qualche vecchio rifiuto lasciato ai lati della via, quel rumore sembra rimbombare per l'intero paese e la eco arriva alle orecchie piccole e delicate, così come lo sono i lineamenti del viso, di Kyungsoo.
Ventun'anni suonati ma nessuno ci crederebbe neanche se vedesse la sua carta d'identità.
Occhi grandi, riempiti da iridi scure come la notte, degli occhi profondi e bellissimi che spiccano sulla sua pelle nivea e levigata. Il tutto è coronato dalle sue labbra a bocciolo di rosa, piene e rosee, un nasino perfettamente liscio e dritto, fronte non troppo ampia, sulla quale ricade pigramente un ciuffo di capelli lisci e corvini. 
Un bambino, uno splendido bambino. Non supera il metro e settantacinque, forse solo grazie alle suole delle scarpe da ginnastica. 
Corporatura alquanto esile ma ben definita; unica pecca sono le spalle.
Tutti lo prendevano in giro per via di quel suo piccolo difetto, che però poteva anche essere un vezzo. Dopotutto su Kyungsoo quelle spallucce stavano bene.

In mano ha un foglietto con l'indirizzo scritto frettolosamente a penna e, ogni tanto, si concede di dare un'occhiata all'orologio che ha al polso.
I minuti scorrono inesorabili, così come le gocce di sudore rotolano lungo la sua fronte, fino alla guancia, per poi finire sul collo e sparire infine nel colletto della sua maglia.
Fa davvero troppo caldo, è quasi insopportabile ma ricorda bene che da piccolo soffriva spesso il caldo quando andava a trovare i suoi nonni, in quel paese sperduto chissà dove. 

Probabilmente non compariva neppure sulla cartina geografica.
Nonostante questo, nei ricordi sbiaditi di Kyungsoo campeggiava il mare, odore di salsedine che si infiltrava lentamente nelle sue narici, odore di iodio e memorie di serate passate davanti al fuoco, in spiaggia, con dei nonni un po' più giovani ed amichetti e parenti che ormai non vedeva da una vita.

Era passato davvero troppo tempo dall'ultima visita di Kyungsoo ai nonni, una pausa ci voleva. Una pausa dalla quotidianità.
E' così strano quel luogo, sembra di trovarsi in uno di quei film sul far west, in cui il protagonista è un cow-boy che entra nella locanda più vicina mentre fuori ci sono le balle di fieno che rotolano a causa del vento.
Quella è l'impressione che Kyungsoo ha di quel paesino.
Attraversa le stradine, ormai sempre più fitte ed irradiate dalla luce giallastra del pomeriggio; poggia una mano sul muro dell'edificio all'angolo della via, al termine della quale c'è la casa dei nonni. Cammina lentamente, affaticato e stanco di portarsi dietro quella enorme valigia colma di tutti quei vestiti che - ne è sicuro - non userà mai. Infatti d'estate, quando andava al mare, portava con sé uno zainetto, nel quale impilava pochi indumenti e giusto un paio di magliette e pantaloncini comodi e un po' più eleganti, da usare in occasioni speciali, come ad esempio la festa del paese.
Riecheggiano per la viottola rumori lontani, come di automobili che passano ma non si fermano in quel luogo dimenticato da Dio, come televisioni sintonizzate su programmi che Kyungsoo definirebbe 'per vecchi', in cui si propinavano alla gente oggetti scadenti a prezzi da urlo.

Ed eccola, riesce a vedere quella casa e adesso gli sembra tutto più familiare. Non è cambiato molto dopotutto, c'è solo una veranda in meno ed un piano in più, con l'accesso dove prima c'era il cancello.
Prima di bussare al grande portone, però, si volta e cerca di ricordare se la dimora di fronte a quella dei nonni fosse sempre stata così: un muro alto che celava un Paese delle Meraviglie, sin da bambino si era chiesto che cosa si nascondesse dietro, ma quel poco che poteva vedere dal giallo cancello ormai arrugginito, anche se sempre in buono stato, era un giardino ed un orticello pieno di verdura ed il terriccio soffice sul quale ogni tanto vedeva passare un gatto.
Solleva quei suoi occhi scuri, come buchi neri, capaci di risucchiarti anche l'anima se sostieni quello sguardo per più tempo del dovuto, perché gli occhi di Kyungsoo sono due pozzi, affascinanti ma, allo stesso tempo, trasmettono incertezza, come se scavassero nel profondo dell'anima di una persona.
Potrebbero riuscire a leggere ciò che dice ogni cuore ma non si potrebbe fare il contrario, questo rende Kyungsoo assolutamente interessante.

Si decide a bussare sul portone vetrato ma, non ricevendo risposta, decide di posare la mano sulla maniglia nera ed abbassarla, così da entrare direttamente, irrompendo con un delicato 'C'è nessuno?'. Ed avanza, oltre il garage, oltre la cucina e la sala e, proprio lì, trova aperta la porta del giardino su cui si affaccia, affondando il capo nella tenda svolazzante usata anche come zanzariera, perché le zanzare erano davvero insopportabili. E troppe. Non finivano mai.

'Kyungsoo!'

'Nonna! Nonno!'

'Sei davvero tu? Omo, come sei cresciuto, fatti guardare meglio!'

'Sono davvero io, sì. In carne ed ossa.'

'Ti trovo bene, da quanto tempo che non ti vediamo, piccolo mio.'

'Sì, avete perfettamente ragione, nonnini. E' passato decisamente troppo tempo'.

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Il tempo vola letteralmente, non si ferma un attimo ma, anzi, sembra accelerare il suo scorrere inesorabile.
Kyungsoo non ricorda come sia finito a parlare dei vecchi ricordi e si sia messo a ridere ripensando a quella volta in cui, da piccolo, aveva buttato il gatto dal terrazzo 'Per vedere se fosse caduto sulle quattro zampe', questa era la spiegazione che diede quando la nonna lo colse in flagrante.
Aveva spiegato il perché si trovasse nuovamente in quel posto, dopo tanti anni.

'Ho deciso di tornare qui per riposare un po'. Non riesco a stare tranquillo a Seoul, mi sento oppresso in questo periodo, è come se fossi soffocato dagli impegni.
In questo momento sto lavorando come apprendista in una delle migliori pasticcerie della città e il capo dice che sono anche alquanto bravo in cucina.
L'altro giorno mi ha anche lasciato fare una composizione di cupcakes che ha esposto in vetrina.'

E quando parla della sua passione, che vorrebbe diventasse anche il suo lavoro, gli si illuminano gli occhi, quei buchi neri si trasformano in stelle scintillanti e tutti se ne rendono conto.
I nonni per primi. Perché i nonni lo conoscono bene, sanno com'è fatto; probabilmente agli occhi di chiunque lo avesse visto da piccolo, Kyungsoo doveva sembrare un'altra persona, qualcuno di completamente diverso, anche nei modi di fare, non solo fisicamente. Ma no, non era così.

'Sei sempre il nostro bambino, non sei cambiato di una virgola, per fortuna.'

I nonni sapevano di cosa stessero parlando, non parlano mai a sproposito. Il loro Kyungsoo era rimasto lo stesso, puro, genuino, innocente, solo con più esperienza e maturità.
Ormai stava diventando un uomo.

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Si ritrova finalmente davanti alla porta di casa, in cima alle scale.
I suoi genitori avevano deciso, con l'assenso dei nonni, di costruire un secondo piano, con due appartamenti adiacenti 'per il futuro', dicevano, ma erano sempre così impegnati che l'appartamento era rimasto quasi vuoto, con un arredamento povero, anche se costoso.
Abbassa la maniglia e si ritrova in sala, illuminata fiocamente dai pochi raggi di sole, al tramonto, che trapassavano le serrande verdi, sporche ed impolverate.
Lascia cadere la valigia per terra e porta entrambe le mani sui fianchi, gonfiando appena le guance morbide.

'Aigoo--. C'è davvero tanto da fare qui.. Fighting, Kyungie!'

Passa le successive due ore a rassettare e pulire alla meglio la casa, in modo da renderla almeno vivibile al più presto.
Da quella sera in poi avrebbe dovuto, se non passarci la maggior parte del tempo, trascorrerci la notte e quel breve arco della mattinata impiegata per lavarsi e mettersi in ordine.

Le terrazze erano due, una gigantesca, in comune con l'altro appartamento, e l'altra più ristretta, che si affaccia  sul lato della stradina di ingresso.
Ed è proprio lì che Kyungsoo decide di andare per prendere una boccata d'aria.
La frangia nera è completamente attaccata alla fronte, per via del sudore e della fatica che opprimeva anche i polmoni, strizzati come spugne nella morsa dell'umidità. Ma cosa ci si poteva aspettare da un posto di mare come quello? 
Infatti il paesino si trovava a pochi chilometri dal mare, quella distesa salata ed immensa che si apriva sull'orizzonte. Si poteva anche vedere benissimo dall'altra terrazza, quella un tempo piena di fiori rigogliosi e di piante giganti, capaci di fare tanta ombra da sembrare delle vere e proprie palme, ma di cui ormai non rimaneva altro che la carcassa rinsecchita, rametti frastagliati, sparsi qua e là sul pavimento esterno.
'E' triste che mamma e papà abbiano investito così tanto denaro in questo progetto ma che non usufruiscano di tutto ciò' dice Kyungsoo, guardandosi intorno, prima di tornare a posare il mento su di un braccio, a sua volta appoggiato pigramente sulla ringhiera del terrazzino.

Chiude gli occhi, abbassando le palpebre come fossero delle tendine su di un palco; una leggera brezza investe il suo viso e gli scompiglia quei ciuffetti di capelli ribelli. 
E' davvero piacevole, forse uno dei momenti migliori di quella giornata estremamente stancante.
Ormai affaticato, sia per il viaggio, sia per le poche ore di sonno che aveva accumulato durante quelle ultime settimane, sia per quelle ultime energie impiegate a pulire, entra in uno stato di dormiveglia ed inizia a sentire una dolce melodia, accompagnare quel suo strano sogno.
Una melodia dolce, mai sentita prima d'ora. 'E allora perché la sto sognando? Non la conosco..'
Poi Kyungsoo apre gli occhi e capisce che non è un sogno.
La musica proviene dalla casa di fronte, una porta-finestra è aperta ma cela una figura che si intravede attraverso la tenda rigorosamente bianca ma, che alla luce della sera, diventa trasparente; aguzza la vista, assottigliando quei suoi occhioni, mentre le labbra si schiudono leggermente per far passare un respiro sognante. E' tutto teso a captare quella splendida melodia suonata al piano, mani esperte che si muovono lungo i tasti d'avorio di un pianoforte e Kyungsoo decide di chiudere gli occhi, lasciandosi andare, beandosi di quello splendido suono.

Passano così i minuti, passano velocemente questa volta e, quando la musica termina, apre gli occhi e si raddrizza con la schiena, iniziando a battere le mani e ad annuire con il capo, come a dire 'Good job, chiunque tu sia.'
I battiti delle mani risuonano per tutta la stradina. Difficilmente il compositore di quella melodia non avrebbe potuto avvertire la presenza inaspettata del suo pubblico.
E Kyungsoo si immobilizza quando vede affacciarsi sul terrazzo, dopo aver scostato con delicatezza la tenda, un ragazzo, più o meno della sua stessa età, anno in più anno in meno.
Ha dei capelli neri, lucidi e liscissimi, una frangia che gli ricade dolcemente sulla fronte, un viso perfettamente ovale e degli occhi altrettanto scuri, che riescono ad esprimere tutto lo stupore del momento; le labbra simili a boccioli di rosa, piene e carnose, rosee, in contrasto con quello splendido incarnato ed un nasino leggermente 'a patatina', che rende quella visione ancora più piacevole. Sembra essere il viso di un bambino, se non fosse per quella corporatura tonica e muscolosa, scolpita da chissà quale artista. 
'Un David. Michelangelo, sei stato tu a scolpirlo? Un ragazzo abbronzato' - pensa Kyungsoo - 'Chi vuoi che non lo sia qui? Ma cosa sto pensando.. Oh god.'

'Perdonami, non volevo disturbarti. E' solo che ho sentito quella musica e.. Sei stato davvero bravissimo. Complimenti!'

'Ti ringrazio..'

Quel ragazzo sorride timidamente e se ne va, lasciando Kyungsoo ad osservare quella tenda muoversi al vento, così, come un ebete.
'Ah okay. Deve avergli dato fastidio. Bravo Kyungsoo, bravo. Davvero bravo.' Non fa in tempo a maledirsi mentalmente, che il moro fa nuovamente capolino da quella porta e Kyungsoo cerca di darsi un contegno, cercando di non sembrare stupido o strano o non sa nemmeno più che pensare.
I loro sguardi si incrociano, gli occhi spalancati di Kyungsoo e quelli assottigliati e stanchi dell'altro, prima che quest'ultimo possa aprir bocca.

'Mi chiamo Jongin.'

'..Ah, Jongin.'

'E tu sei..?'

'Kyungsoo, mi chiamo Kyungsoo, ma per gli amici Kyungie. Insomma.. Sì. A meno che non siano più piccoli allor--.'

'Sono nato nel 1994.'

'..Ah.. Allora sei un mio 'saeng.'

'Capisco. Allora alla prossima.. Hyung.'

'Alla prossima, Jongin-ah.'

E questa volta, mentre rientra in casa, sulle labbra di Jongin si forma un sorriso divertito, forse causato da quella buffa espressione che ha Kyungsoo in faccia.
'Sono un idiota.' Fa dietro-front il più grande, chiudendosi la persiana alle spalle ed avviandosi verso le scale, per andare a cenare dai nonni.
C'era giusto un profumino invitante.
E mentre scende le scale velocemente, un sorriso affiora sui suoi canotti.
'Allora in questo paese non ci sono solo vecchi...'

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Non ho nulla da dire per ora, ho solo tanto sonno. Ah, spero vi piaccia.
Love ya so much. (ノ◕ヮ◕)ノ♡

 
  
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