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Autore: Karan Haynes    20/02/2014    1 recensioni
Le mie gambe si irrigidiscono e mi odio.
Si alza la nebbia, i ricordi svaniscono.

Questa nebbia mi porta via tutto. Emozioni, parole che dovrebbero essere dette – ma che non hanno voglia di uscire –, i ricordi che ci legano. Tutto, porta via tutto, lontano da noi.
Genere: Introspettivo, Song-fic, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Minho, Onew
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Non-con, Tematiche delicate
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Trust me, the best will come





Le mie gambe si irrigidiscono e mi odio.
Si alza la nebbia, i ricordi svaniscono.


Ti dico che tutto andrà meglio, che peggio di così non possiamo stare e che lamentarsi non servirà a nulla, che dobbiamo lottare. Dal tuo viso traspare tutto quello che provi e che senti, mi odio, avrei dovuto stare zitto e abbracciarti, senza dire parole come queste. Parole oramai nulle.
Ora vorrei davvero abbracciarti, ma le gambe sono rigide come il cemento e non si muovono da lì, ti guardo e non mi muovo. Mi sto odiando ancora di più.
La nebbia cala e l’unica cosa che faccio è guardarla mentre s’intensifica. Questa nebbia mi porta via tutto. Emozioni, parole che dovrebbero essere dette – ma che non hanno voglia di uscire –, i ricordi che ci legano. Tutto, porta via tutto, lontano da noi.

****

I momenti che passavamo sulla strada del sole per la tua casa estiva, me li ricordo come se fosse ieri.
L’orizzonte di quell’azzurro con le nuvole candide, quasi irreali sembravano dipinte da un’artista e i fili d’erba verdi, di quel verde vivo, avevano un bell’odore.
Ci rotolavamo sempre nell’erba per poi ammirare quel cielo bellissimo, mano nella mano, soli. Che giorni felici, quelli, spensierati come ogni bambino dovrebbe viverli!
Le corse che facevamo per decidere chi doveva pulire o per chi toccasse per primo mangiare la torta alle mele, sembrava sempre di volare. Andavo sempre più forte di te, ma non solo per vincere, ma anche perché il mio cuore di bambino sperava di poter magicamente staccarsi da terra e volare, oh, ancora adesso ci spero.
E la casa al mare, che usavamo per noi, tu la ricordi? Quella casa semplice dove i muri sapevano e mantenevano il nostro segreto. Il mare trasparente, limpido, ricordi anche quello o ricordi solo quello che venne dopo?
Tutto ciò, prima come lo vedevamo… come il posto dei sogni?

Il tempo cambia il modo di guardare, ma le cose belle restano.

Anche se i ricordi che sono venuti dopo non sono i più lieti, dobbiamo ricordare quelli belli, quelli spensierati, quelli che restano nel cuore. Resta tutto qui!

****

«Frocio di merda!»
«Esseri schifosi, non attaccateci la vostra malattia»
«Dovete curarli! Non voglio che i miei figli diventino come loro!»


Quante volte abbiamo sentito questo veleno sulla nostra pelle?
O quante volte abbiamo subito atti imperdonabili, atti marchiati sulla pelle?


«Ehi, frocetti!»
Uno, due, tre e più colpi ci assestavano. In tutto il corpo eravamo ricoperti di lividi, di tagli di non so quale aggeggio e la cosa peggiore che hanno fatto avvenne in quel pomeriggio. Un pomeriggio cupo, nero come la pece, uno di quei pomeriggi che non si dimenticano.

«Il grande Siwon ha ideato una punizione per voi. Una punizione che gli ha detto Dio in persona, che dovrete subire, perché i comandi dell’onnipotente non si discutono», e con quel sorriso sghembo, ci presero entrambi. Ci portarono in un’aula all’ultimo piano, non la usava nessuno ed era lontana dall’aula in cui stavano i docenti o i bidelli.
Ci martoriarono come al solito, forse lo fecero con più cattiveria o forse la cosa che inquietava era il loro sorriso. Il sorriso di pazzi schizzati.
Ma il brutto venne quando il loro grande Siwon si avvicino a Jinki con solo il bastone di una presunta scopa. Al suo accenno, quelle marionette gli tolsero i pantaloni.
«No, dai… state esagerando», mi uscì una voce più stridula di quella che sarebbe la mia e alla fine mi immobilizzarono tappandomi la bocca, facendomi vedere quello spettacolo ripugnante.
Jinki non aveva mai avuto molta forza, ma arrivato a quel punto era stanco di dimenarsi, stufo di tutto e, bloccato da tre persone non poteva fare niente.
Siwon chiuse quella stanza a chiave e come un fanatico del Cattolicesimo pensava che le persone come noi dovevano essere punite. Con nessuna delicatezza gli mise il bastone della scopa su per la cavità anale. Non poté urlare – visto che gli avevano tappato la bocca con uno straccio – né piangere, non perché non volesse, ma perché sapeva che sarebbe stato peggio. Quell’istante durò minuti interi se non ore – il tempo aveva perso il suo scopo –, il senso di impotenza mi devastava le carni.
«Ti piace schifosa? Oops, ti ho dato della femmina, ma tu non le sei, me ne dimentico sempre!»
Con Jinki fu così violento che gli uscì copiosamente del sangue e dopo ciò ci picchiarono finché nemmeno un muscolo del nostro corpo potesse muoversi. Dalle mie labbra uscì solamente un sussurro, lieve.


Non mi importa se annegherò qui e morirò in questo luogo sconosciuto.
Quindi vieni da me… ti prego…


****

«La giornata è limpida Minho… andiamo al mare?», mi domandasti con un’espressione tenera, con quelle guance rosee che avrei voluto mordere in ogni momento.
Prendemmo quello che serviva, passammo a fare la spesa e via, verso la casetta sul mare.
Anche se era un po’ fresco per fare il bagno, lo spettacolo era sicuramente bello; un cielo azzurro con qualche nuvola bianchissima sparsa qua e la; il mare trasparente, limpido più che mai portava con piccole onde delle conchiglie rosee e tu, come un bambino le prendevi ammirandole come se fosse la cosa più bella, quando in realtà la cosa più bella mai vista eri proprio tu.
«Andiamo in cerca delle conchiglie? Voglio darli a Bum per il suo progetto di arte!»
«Prima appoggiamo le cose, e poi andiamo dove vuoi tu».
Eravamo soli, e con la mano sinistra gli presi la sua mano libera. Intrecciammo le dita.
«Jinki per le cose hai sempre occhio, le individui anche se sono sotto la sabbia!»
«Lo pensi davvero? Forse hai ragione, ed è per questo che ti avrò individuato in mezzo a quella folla?», le nostre gote diventarono rosse e alla fine scoppiammo in una fragorosa risata.

Decidemmo di dormire lì e di non andare a scuola la mattina seguente.
Jinki preparò una cena a base di granchi altamente deliziosi, a lume di candela. Nella stanza la voglia di toccarci, di esplorare i nostri corpi era palpabile, l’aria afosa e po’ pesante prediceva quello che sarebbe successo dopo. Lo sapevamo entrambi cosa sarebbe successo.
Le mani vagavano;
Le lingue si intrecciavano, eseguendo una strana danza erotica;
I vestiti spariti e la tua pelle candida diventava rossa sotto a miei morsi
La tua lingua che passava lentamente per il mio membro, su e giù, sempre più veloce;
I nostro ansimi si univano all’unisono;
Le tue grida di piacere;
Il sudore che ti colava dal collo;
I nostri corpi stremati, uno sopra l’altro.

La puzza di fumo mi invade le narici, mi sveglio e vedo che il nostro rifugio ha preso fuoco, un fuoco che avvolge tutto e il fumo che riempie la stanza non vuole darci tregua.
Ti prendo in braccio e in qualche modo, che nemmeno io so come, ti porto fuori, e in lontananza dei ragazzi ridono, di gusto.
Tu non ricordi di quel giorno, del giorno in cui potevamo morire… non ho mai avuto il coraggio di dirtelo.

Il tuo respiro che inspira aria proprio sotto il mio mento.

Respiro che inspira.


****

«Secondo te, perché usano tutta questa violenza? Il nostro peccato è amarci?»
Mi guardi con gli occhi di un bimbo e come un adulto che guarda il proprio bimbo, non so come risponderti o almeno, non immediatamente. Il cuore si stringe, i minuti passano e su di noi è calato il silenzio.
«Perché non sanno parlare e no, noi non abbiamo nessun peccato. Non vedo come l’amore possa esserlo».

Andiamocene, dopo esserci scambiati questo lungo bacio verso il mondo dove domani non arriverà mai.

Vorrei sempre starti vicino, proteggerti da tutto e da tutti. Da questo mondo marcio, un mondo in cui la parola libertà non esiste più.
«Dopo esserci diplomati, andiamocene! Facciamo un viaggio lontano da qui, magari su un’isoletta con pochi turisti, che dici?»
«Solo io e te?»
«Sì, solo io, te e il mare»
«Dovrò dire a Bum d-»
Sbuffai sonoramente.
«Vuoi portare anche lui?» il tono era altamente seccato e nonostante ciò, Jinki non sembrava aversela presa, anzi, ridacchiò come un bambino.
«Quello che volevo dire è: dovrò dire a Bum di badare a Chacha, se non ci sono, chi gli darà la pappa?» mi guardò per un attimo e poi scoppiò di nuovo a ridere.
Alla fine, la sua risata allegra e contagiosa prese il sopravvento e mi unì a lui. Ci sdraiammo sul letto, facendo finta che al posto del soffitto ci fosse il cielo, commentando le più fantasiose nuvole che potremmo vedere.

Delicatamente, le gocce di pianto che scorrono sul tuo viso.
Trasforma le tue lacrime in dolce zucchero.


Ti scende qualche lacrima, non ti chiedo il motivo, so già qual è.
Le asciugo con le labbra, e lascio qualche bacio qua e la. I nostri sguardi s’incrociano, si legano, dicono tutto quello che la voce non fa.
Lo baciai con tutta la calma che questo mondo poteva darci; prima le labbra che diventarono rosse, poi il collo segnato da segni rossi, e alla fine il capezzolo diventato tumido.
Con la mano sinistra gli accarezzavo i capelli, il viso, le labbra; mentre la destra s’insinuava sempre più giù, nel suo antro più profondo.
I respiri sono sempre più pesanti, impazienti, ma nessuno dei due vuole fare le cose velocemente.
Brividi. Sono quelli che ci procuriamo a vicenda.
E poi decidi di prendere il comando, mi abbassi i pantaloni e mi baci sopra il tessuto degli slip. Non resisto.
Pian piano mi abbassi anche l’ultima barriera che separa le tue labbra dal mio membro. Lo accarezzi delicatamente con le labbra, poi con la lingua. Un supplizio a cui non vuoi dare tregua.
Scendi verso lo scroto, lasci baci lascivi, piccoli morsi leggeri. Mugolo debolmente il tuo nome.
La mente s’annebbia e avvicino il suo viso al mio membro eretto.
Lo prende tra le labbra.
Lo spingo affinché il suo movimento diventi più veloce; vengo, ingoia.

Permettimi di perdermi nei tuoi occhi gioiosi, mentre balliamo;
Fino a che mi sveglierò da questo sogno.


E mentre ti preparo, ti guardo negli occhi umidi, di piacere, di amore; mi prendi il viso e mi baci come non hai mai fatto.
Scivolo dentro di te, ci uniamo e i nostri corpi non aspettavano altro; le nostre anime si rigenerano, ora penso di poter superare qualsiasi cosa, accanto te.
Mi muovo, come se fosse una danza a cui non voglio dire “fine”, finché il sogno non è finito.
Gli ansimi si fanno più intensi, cerchi sollievo da solo. Questa danza si fa più frenetica, sta per finire e senza accorgersene è realmente finita.
«Ti amo», sussurri lievemente al mio orecchio.
«Ti amo anche io, Jinki».

****

Portami, portami lontano e poi sorprendimi con una pioggia di coriandoli.

Non aspettammo nemmeno un giorno che partimmo per quella isoletta, non ricordo nemmeno il nome.
«L’hai scelta per via del nome difficile, ammettilo!»
«Sì, così non potremmo dire a nessuno dove sia, questo posto che è solo nostro».

Mi sorprendi da dietro lanciandomi sulla testa una marea di coriandoli e saltellando qua e la, come un coniglietto paffuto.
«E questo è per…?»
«Per una settimana tranquilla; per una settimana d’amore; per ricordarci di questa splendida avventura, amore mio».
Lo presi in braccio e lo portai sul letto, e mi assicurai che al pomello ci fosse il cartello “non disturbare”.

Continuiamo a camminare all’interno di questo dolce sogno. Verso un mondo solo nostro.

Desidero che questo dolce sogno non finisca, voglio che sia eterno come un valzer sotto la luna, un valzer d’amore.
E in un angolo della pista lo stiamo ballando, e non siamo al coperto come le altre persone, ma in spiaggia, sotto alla luna piena, bianca. I tuoi occhi risplendono. Sì, vorrei che tutto questo fosse eterno.
«Ti amo e questo mondo insieme a te, è il futuro che voglio proteggere».


****

La brezza notturna continuerà a bruciare, finché i nostri cuori non si calmeranno.

Questa brezza fresca si è tramutata in aria calda e soffocante. La felicità appassisce per colpa di una serata arida; per colpa dei soliti piccoli stronzi.
Il nostro appartamento brucia, le foto, i ricordi spensierati rinchiusi in quelle mura, bruciano tutti e c’è chi poco più in la ride, l’artefice.

****

Anche se vieni ingannato da cose che sono in procinto di rompersi, va bene comunque, perché io sono qui per consolarti.

Il mondo è marcio e parte dal centro. Per quanto tutto sembrava rompersi, dentro di te, non hai mai rinunciato. Sarò sempre affianco a te, per sostenerti, per sempre.

Mano nella mano ci avviamo a casa, ma non siamo più soli perché ora il nostro cuore si è dovuto dividere per un’altra persona. Per un piccola bambina, paffuta.
«Yun oggi faccio il riso al curry, contenta?»
«Ne, appa!»

Fidati di me, il meglio arriverà.




*****



Note
Canzoni usate:
* Il meglio arriverà / Un giorno perfetto - Finley
* Orgel / Moon River Waltz / The world with you - SHINee



Angolo Autrice: 
Finalmente sono riuscita a ripostare questa MinEw, finalmente!
Ringrazio StoryGirl che, se non fosse stato per lei forse non l'avrei nemmeno scritta (o non avrei usato quei due personaggi).
Voglio precisare che il punto di vista è di Minho e quelli che cita sono ricordi, forse un po' troppo disordinati, ma ho preferito metterli così. Inoltre vorrei che le fan di Siwon non si arrabbino con me (mi serviva un nome e una faccia, quindi mi hanno consigliato lui)

L'ho ricontrollata, ma se ci dovessero essere degli errori/sviste o voleste contestare qualcosa, ditemelo. Ho sempre le orecchie (o occhi, in questo caso) aperte.
   
 
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