26/02/2014
11 recensioniÈ la prima volta che scrivo nella sezione del cast di Doctor Who, ho invece pubblicato quattro storie in quella 'ufficiale'. Beh, nonostante questo spero che la storia vi piaccia, David, oltre ad essere il mio Dottore, è anche uno dei miei attori preferiti (anzi, forse è direttamente il mio preferito) e l'ho sempre ritenuto una persona davvero sensibile e dolce, mi sono quindi immaginata cosa possa aver provato una volta tornato a Cardiff per girare l'episodio del 50esimo.
Buona lettura :)
P.s. se vi va, vi consiglio di leggere la ff accompagnati da Iris dei Goo Goo Dolls (http://www.youtube.com/watch?v=NYjoI6Ue3zI) in sottofondo. Io mi sono ispirata a questa per scrivere.
Ma guardati un po’, vecchio scozzese che non sei altro.
Ti aggiri per questo luogo familiare ma al contempo assolutamente nuovo. D'altronde, sono passati cinque anni dall’ultima volta che hai calpestato il suolo degli studios di Cardiff.
Ti sei sempre chiesto se hai fatto bene ad andare via, i primi tempi, quando vedevi un altro al tuo posto, ti rodevi il fegato, perché potevi esserci tu lì, a vivere quelle avventure.
Ora però non ha più importanza, perché ti stai aggirando di nuovo tra i vari set, tra le varie cineprese che, quel lontano giorno del 2005, si accesero su un attore sulla trentina che stava iniziando a farsi strada nel mondo della tv e del teatro.
Ti senti a casa, nonostante ora come ora stia faticando a riconoscere qualche faccia. Possibile che te le sia dimenticate tutte?
O forse non c’è davvero più nessuno della vecchia crew.
Non riesci a vagare da solo per molto, perché una ragazza sulla ventina con in testa un paio di cuffiette collegate ad un microfono e una cartellina in mano ti picchietta sulla spalla: «David Tennant?»
Ha lo sguardo emozionato, e dal rossore che inizia a palesarsi sulle sue guance deduci che sappia perfettamente chi sei.
Sfoderi il tuo miglior sorriso e le rispondi gentilmente: «In persona!».
Lei ricambia timidamente cercando di sorridere senza diventare color fragola: «Mi segua, la condurrò nel suo camerino».
Avrai anche un camerino, wow.
Mentre Susy –ah, il tuo maledetto vizio di chiedere i nomi alle perosne- ti fa strada tra i cunicoli intricati del backstage, approfitti per dare un’altra occhiata in giro.
Ti era mancato davvero tanto questo posto, e non te ne eri accorto fino a quando non ci avevi rimesso piede.
Dopo neanche dieci minuti di camminata ti trovi davanti ad una porta con attaccato sopra un foglio la cui scritta recita il tuo nome: «Le riprese inizieranno tra circa un’ora, un addetto la verrà a chiamare quando sarà desiderato sul set, ora si prepari» si congeda così Susy, dopo averti guardato per l’ultima volta con un misto di stupore e felicità negli occhi.
Abbassi la maniglia della porta e ti ritrovi in una stanza non troppo grande, con due pareti completamente spoglie e bianche.
Per quanto riguarda le altre: una ospita un’enorme specchiera dal gusto un po’ retrò e l’altra un armadio con appeso alle ante un sacco nero.
Sai benissimo di che cosa si tratta, ma fai finta di niente e abbassi la zip.
Un tenue sorriso solca il tuo viso, sfiori con una mano il tessuto. Rimani ad osservarlo per qualche minuto e poi lo estrai dal suo involucro.
Eccolo: il tuo completo gessato marrone con le immancabili righette azzurre. Sotto la fedele camicia abbinata e la cravatta decorata con strani fiori.
Ai piedi del mobile di legno scuro ci sono un paio di All Star color panna.
Le tue All Star.
Ti aggiri per questo luogo familiare ma al contempo assolutamente nuovo. D'altronde, sono passati cinque anni dall’ultima volta che hai calpestato il suolo degli studios di Cardiff.
Ti sei sempre chiesto se hai fatto bene ad andare via, i primi tempi, quando vedevi un altro al tuo posto, ti rodevi il fegato, perché potevi esserci tu lì, a vivere quelle avventure.
Ora però non ha più importanza, perché ti stai aggirando di nuovo tra i vari set, tra le varie cineprese che, quel lontano giorno del 2005, si accesero su un attore sulla trentina che stava iniziando a farsi strada nel mondo della tv e del teatro.
Ti senti a casa, nonostante ora come ora stia faticando a riconoscere qualche faccia. Possibile che te le sia dimenticate tutte?
O forse non c’è davvero più nessuno della vecchia crew.
Non riesci a vagare da solo per molto, perché una ragazza sulla ventina con in testa un paio di cuffiette collegate ad un microfono e una cartellina in mano ti picchietta sulla spalla: «David Tennant?»
Ha lo sguardo emozionato, e dal rossore che inizia a palesarsi sulle sue guance deduci che sappia perfettamente chi sei.
Sfoderi il tuo miglior sorriso e le rispondi gentilmente: «In persona!».
Lei ricambia timidamente cercando di sorridere senza diventare color fragola: «Mi segua, la condurrò nel suo camerino».
Avrai anche un camerino, wow.
Mentre Susy –ah, il tuo maledetto vizio di chiedere i nomi alle perosne- ti fa strada tra i cunicoli intricati del backstage, approfitti per dare un’altra occhiata in giro.
Ti era mancato davvero tanto questo posto, e non te ne eri accorto fino a quando non ci avevi rimesso piede.
Dopo neanche dieci minuti di camminata ti trovi davanti ad una porta con attaccato sopra un foglio la cui scritta recita il tuo nome: «Le riprese inizieranno tra circa un’ora, un addetto la verrà a chiamare quando sarà desiderato sul set, ora si prepari» si congeda così Susy, dopo averti guardato per l’ultima volta con un misto di stupore e felicità negli occhi.
Abbassi la maniglia della porta e ti ritrovi in una stanza non troppo grande, con due pareti completamente spoglie e bianche.
Per quanto riguarda le altre: una ospita un’enorme specchiera dal gusto un po’ retrò e l’altra un armadio con appeso alle ante un sacco nero.
Sai benissimo di che cosa si tratta, ma fai finta di niente e abbassi la zip.
Un tenue sorriso solca il tuo viso, sfiori con una mano il tessuto. Rimani ad osservarlo per qualche minuto e poi lo estrai dal suo involucro.
Eccolo: il tuo completo gessato marrone con le immancabili righette azzurre. Sotto la fedele camicia abbinata e la cravatta decorata con strani fiori.
Ai piedi del mobile di legno scuro ci sono un paio di All Star color panna.
Le tue All Star.
“And all I can taste is this moment
And all I can breathe is your life
'Cause sooner or later it's over”
And all I can breathe is your life
'Cause sooner or later it's over”
Indossi velocemente quegli indumenti, non vedi l’ora di rivederti nel panni di uno dei ruoli che hanno segnato maggiormente la tua carriera e la tua vita.
Una volta allacciato l’ultimo bottone della giacca ti guardi allo specchio. Il sorriso che ti era spuntato subito dopo aver visto la tua divisa non se n’era andato da allora.
Osservando l’insieme capisci che c’è qualcosa che non va, manca qualcosa. Qualcosa di importante.
Rimugini per qualche secondo e poi capisci: certo, manca la cosa per cui avevi insistito tanto.
Manca la prima cosa che avevi chiesto appena ti avevano dato la parte.
Apri una delle ante dell’armadio e lo trovi lì, il tuo trench lungo fino ai piedi.
Lo sfili dall’appendiabiti e con un gesto veloce fai scorrere le tue braccia nelle maniche.
Ti volti nuovamente verso la superficie riflettente ed ora non è solo la tua bocca a sorridere, sorridi tutto, dalla punta dei capelli alle dita dei piedi.
Senza pensarci infili le mani nelle tasche dei pantaloni.
Come hai fatto a vivere senza questo? Senza la frenesia delle riprese, senza i video diary, senza le risate, senza la console della tua TARDIS piena di strani bottoni di dubbia credibilità, senza il Dottore?
Sì, perché il Dottore non è solo una parte, non è solo un personaggio.
È molto di più. È una cosa che ti entra dentro, ti stravolge, ti cambia e ti migliora.
Il Dottore è parte di te.
Hai conosciuto tante persone formidabili durante quella corsa, due delle quali sono diventate le tue migliori amiche e una tua moglie.
Hai ricevuto tanto affetto e tante soddisfazioni, questo ruolo ti ha spalancato molte porte, e non gli sarai mai abbastanza grato.
Ad un certo punto bussano alla porta: «Tra cinque minuti al padiglione 3».
Abbassi lo sguardo per poi riportarlo al tuo riflesso, dopo l’ultimo istante di contemplazione, sussurri a te stesso: «Allons-y, David, allons-y.»
Una volta allacciato l’ultimo bottone della giacca ti guardi allo specchio. Il sorriso che ti era spuntato subito dopo aver visto la tua divisa non se n’era andato da allora.
Osservando l’insieme capisci che c’è qualcosa che non va, manca qualcosa. Qualcosa di importante.
Rimugini per qualche secondo e poi capisci: certo, manca la cosa per cui avevi insistito tanto.
Manca la prima cosa che avevi chiesto appena ti avevano dato la parte.
Apri una delle ante dell’armadio e lo trovi lì, il tuo trench lungo fino ai piedi.
Lo sfili dall’appendiabiti e con un gesto veloce fai scorrere le tue braccia nelle maniche.
Ti volti nuovamente verso la superficie riflettente ed ora non è solo la tua bocca a sorridere, sorridi tutto, dalla punta dei capelli alle dita dei piedi.
Senza pensarci infili le mani nelle tasche dei pantaloni.
Come hai fatto a vivere senza questo? Senza la frenesia delle riprese, senza i video diary, senza le risate, senza la console della tua TARDIS piena di strani bottoni di dubbia credibilità, senza il Dottore?
Sì, perché il Dottore non è solo una parte, non è solo un personaggio.
È molto di più. È una cosa che ti entra dentro, ti stravolge, ti cambia e ti migliora.
Il Dottore è parte di te.
Hai conosciuto tante persone formidabili durante quella corsa, due delle quali sono diventate le tue migliori amiche e una tua moglie.
Hai ricevuto tanto affetto e tante soddisfazioni, questo ruolo ti ha spalancato molte porte, e non gli sarai mai abbastanza grato.
Ad un certo punto bussano alla porta: «Tra cinque minuti al padiglione 3».
Abbassi lo sguardo per poi riportarlo al tuo riflesso, dopo l’ultimo istante di contemplazione, sussurri a te stesso: «Allons-y, David, allons-y.»
Perché una volta che si è Dottore, lo si è per sempre.