Capitolo
Secondo
La
mattina era fresca e tranquilla anche se si era in pieno
luglio. Le piogge che c’erano state quella settimana avevano
reso quel mese più
fresco e meno afoso del solito. Dopo tutta quell’acqua, ora
il sole brillava
quasi a dare la sua benedizione su quel sabato mattina veronese, che
era sorto
con tanto brio quasi a volersi scusare per la sua assenza forzata.
Il giovane dai lunghi
capelli dorati se ne stava seduto e pensieroso sulle scale della
chiesa; il suo
sguardo era triste e la sua bocca si
muoveva in mormorii silenziosi senza accorgersi ne del tempo che
passava, ne
della giornata che così splendida sembrava invitare i
giovani di Verona ad
arrivare al corso d'acqua più vicino per fare un tuffo. Lui
si trovava lì solo
senza nessuno dei suoi amici, ai quali era sfuggito uscendo quella
mattina
presto di casa, a riflettere sull’ amore.
Già,
l'amore.
Ma che cos'era
l'amore, se non uno splendido maleficio scagliato dal dio Cupido?
Già,
il Dio dell’Amore.
Colui
che si divertiva ad andare in giro a colpire con le
sue frecce i giovani quando meno se lo aspettavano, e lo stesso era
successo al
suo amico Romeo alla festa in maschera dei Capuleti: Cupido lo aveva
colpito a
tradimento facendo infiammare il suo cuore per una sua nemica, mettendo
a
rischio la pace precaria che suo zio Escalus principe di Verona, aveva
raggiunto con tanto sacrificio.
Proprio
non riusciva a capire il suo amico, come si poteva
perdere la testa per degli occhi ed un viso? Per un corpo che non era
mai stato
suo? Fece riaffiorare il viso di Giulietta nei suoi pensieri e dalle
poche
parole che si erano detti e che gli erano rimasti nell’anima.
Scosse la testa e
riprese il corso dei suoi pensieri ritornando alla sera della festa;
eppure il suo
giovane amico gli aveva detto che andare a quella festa non sarebbe
stata una
buona idea perché aveva un brutto presentimento.
Ma lui solitamente cocciuto, non aveva voluto
ascoltarlo e ora
Romeo pendeva dalle labbra di una Capuleti e solo il buon Dio aveva
impedito a
quelle due sciocche creature di maritarsi anche perché Romeo
non meritava
Giulietta… Scosse la testa e riformulò il
pensiero: perché Giulietta non
meritava Romeo, o forse si?
Si
alzò come un lampo da terra quasi fosse stato colpito da
una scarica elettrica, senza
nemmeno
vedere il fido Benvolio, che gli era venuto incontro per salutarlo come
si
conveniva ad un amico.
“Buon
Mercuzio dove te ne vai cosi con la testa tra le
nuvole? Son io messaggero di buone novelle quest'oggi quindi fermati e
ascolta le
mie parole!”, il ragazzo si girò verso l'amico
riacquistando in un attimo tutto
il suo buonumore dimenticandosi di quegli occhi castani che per un
intera
settimana in compagnia di Mab avevano torturato i suoi sogni.
“Oh dunque,
messaggero, quali sono queste novelle cosi buone da farti urlare come
una donna
presa dall'isteria?”.
Il
giovane Benvolio rise passando una mano intorno alle
spalle del suo amico, “Qui vicino si son riunite in aperta
campagna quattro o
cinque delle bellezze di Verona che si divertono a chiacchierare sotto
gli
alberi, senz’altra compagnia di una vecchia balia, che quando
sono passato io
ronfava che era un piacere!”.
Mercuzio gli sorrise
in modo lascivo “Quindi
buon amico mio,
pensi che sia nostro dovere allietare la giornata a queste splendide
donzelle?
Magari parlando loro di Cupido e delle sue appuntite
frecce?”. Benvolio rise
trascinando con se l'amico “Sei un abile tiratore Mercuzio e
hai colpito nel
segno. Allora ti va di farmi compagnia?”.
Mercuzio
scoppiò a ridere “Mah si dai! Che cosi almeno
dimentico un po’ dei pensieri che mi opprimono il
cervello” e così dicendo, si
mise in marcia con il suo più caro amico elogiando le grazie
che troppo spesso
le fanciulle tenevano nascoste sotto pesanti coltri e mimando con gesti
eloquenti,
come si dovevano spogliar quelle donne di ogni virtù. Ad
ogni battuta suscitava
le risate di gusto Benvolio.
Ben
presto in mezzo alle risa e agli schiamazzi giunsero ai
margini del boschetto dove le fanciulle si facevano compagnia
chiacchierando, e
dove la balia se la dormiva sotto le fronde di un grosso albero. I due
giovani
si diedero di gomito scegliendo un posto per sedersi, cosi il giovane
Mercuzio
si insinuò ironicamente
in una conversazione
sedendosi tra due fanciulle “…sono pienamente in
accordo con voi signore, nulla
di ciò che avete detto mi sembra più
veritiero…” cosi la fanciulla che si trovava
alla sua sinistra lo fissò sbigottita.
“Non
mi sembra Mercuzio, che mercoledì scorso voi foste cosi
compiacente all’idea del matrimonio”, la voce della
fanciulla era stizzita e la
sua espressione dura, ma si addolcì non appena gli occhi
verdi del giovane si
posarono nei suoi ed un leggero rossore si impadronì delle
sue gote.
“Oh…
ma qui abbiamo il fiore più bello della famiglia
Capuleti!”
disse girandosi verso Giulietta e dando le spalle alla sua
interlocutrice che
si chiamava Arianna ed era una lontana parente del principe, e di
conseguenza
sua.
Ma
il giovane non aveva occhi che per i begli occhi di Giulietta
e per le sue gote in fiamme, “Avete ragione
madamigella… ma l’occasione di
mercoledì mi sembrava poco propizia per un matrimonio cosi
avventato”. La
fanciulla cambiò espressione e diede delle
occhiate furtive in giro, facendo intendere che la discussione non era
per le
orecchie della gente.
“Ditemi
Madamigella, vi andrebbe di fare una breve
passeggiata in mia compagnia, e di illustrarmi quelli che per voi
virginale
creatura siano le gioie del matrimonio?” e si alzò
con un gesto cosi fulmineo,
che i biondi capelli svolazzarono formando quasi un aureola intorno al
volto
del ragazzo e le porse la mano.
La
fanciulla un po' frastornata e sempre più rossa in viso
la prese e si alzò dalla coperta dove era seduta
incamminandosi con lui, senza
pensar alle chiacchiere ne alle amiche, e nemmeno al fatto che se la
nutrice si
fosse svegliata senza trovarla sarebbero stati guai. Si
incamminò con lui
catturata dalla bellezza di quegli occhi verde scuro.
“Di
cosa volete parlare Mercuzio? Volete forse anche voi
convincermi che il mio amore è sbagliato? Che io e Romeo non
siamo destinati a
stare insieme perché appartenenti a due casati che si
odiano?”, il discorso
della fanciulla era molto appassionato e i suoi occhi erano lucidi.
Il
volto del giovane perse la sua naturale maschera di buon
umore “Dunque siete cosi innamorata di Romeo… da
non avere occhi per nessun
altro?”, nonostante aver sentito quelle parole l'avesse
deluso non aveva perso
la sua sfrontatezza, le sue mani scattarono veloci a stringere quella
della
fanciulla che appariva muta nella sua confusione .
“Siete
cosi bella Giulietta e sono giorni che spero di rivedervi
per parlare con voi”, si fermò davanti a lei e la
guardò negli occhi perso in
quel mare scuro che giungeva dalla sua anima.
Lei si fermò a pensare confusa “Sono
giorni che sperava di rivedere me?
Come può essere possibile? Non so se
credergli…”. “Voglio esservi amico
Giulietta. Voglio che tra di noi le cose si aggiustino se non altro
perché
abbiamo un amore in comune no? Voi amate mio fratello e io voglio
amarvi come
una sorella”; il discorso del giovane era appassionato al
pari di quello della
fanciulla poco prima, ma in qualche modo sembrava anche più artificioso.
La
fanciulla batté le
palpebre disorientata; il calore della stretta del giovane intorno alle
sue
mani sembrava reale ma le sue parole un po' meno, “E
sia buon Mercuzio, vivremo in pace per la
felicità di Romeo” la sua voce era tremante e le
sue mani nella presa salda del
giovane erano diventate il suo pensiero principale. Non sapeva
perché un
gesto cosi innocente per lei diventava cosi
importante, quasi impuro e artificioso…
Il
giovane dopo aver ricevuto il suo assenso si portò le
mani della fanciulla alle labbra e prese a baciarne ogni dito con
estrema
lentezza “Sono cosi felice Giulietta che voi abbiate
accettato di diventare mia…”
fece una breve pausa prima di continuare per guardare ancora una volta
gli
occhi della giovane che aveva sussultato all’udire la parola
mia “Amica…”
sorrise “Che
potrei cantare e danzare
per ore”. Lo sguardo della fanciulla era incatenato al suo e
le sue gote
avevano assunto il colore del sole al tramonto.
Non
riusciva a capire il perché Mercuzio le facesse
quell'effetto, in fondo era solo un villano, un mascalzone da forca
come aveva
detto la sua balia. Eppure i suoi occhi dicevano l’esatto
contrario…
All’improvviso lui lasciò le mani di Giulietta e
con un mezzo inchino si
allontanò da lei lasciandola confusa e con il cuore a mille.
Si
avvicinò invece al suo compare e amico Benvolio, che
chiacchierava allegramente con Arianna e in successione dopo aver
scambiato qualche
parola con i due, si spostò verso un’altra
fanciulla invitandola a passeggiare.
Giulietta osservò la scena mentre tornava a sedersi accanto
alle altre ragazze
con un sentimento che non conosceva e che le sembrò
sgradevole quasi come
prendere una medicina amara.
Provò
risentimento e vergogna nei confronti di quella
ragazza che era oggetto delle attenzioni e delle carezze di Mercuzio,
ma non riuscì
a capire perché il giovane le stesse cosi incollato e
invocò la pioggia per separarli.
Ma cosi non fu’ e allora, presa dallo sconforto,
andò a svegliare la sua balia
per farsi portare a casa e togliersi dalla testa l’immagine
che provocava in
lei tanta Gelosia.
La
sera giunta molto lentamente non aiutò Giulietta a
dimenticare tutti i suoi pensieri. Mentre se ne stava in giardino a
canticchiare con gli uccellini e a raccogliere fiori la nutrice corse
ad
annunciarle che la cena era pronta.
Raggiunse
la tavola insieme ai suoi genitori che erano
impegnati a discutere su un certo nobile ma cambiarono argomento non
appena la
videro. La giovane non aprì quasi mai bocca per tutta la
sera ma i suoi occhi
parlavano per lei, i servi che facevano avanti e indietro dalle cucine
le erano
indifferenti come i discorsi di suo padre e di sua madre.
Aveva
la mente piena di dubbi, di domande. Innanzitutto come
mai ancora non aveva smesso di pensare a lui? E soprattutto
perché pensava più
a lui che a Romeo?
Scacciò quei
pensieri per lo più ridicoli, si disse, e si
concentrò sulle portate. Ma il suo
stomaco non era molto entusiasta di riempirsi, nemmeno quando
arrivò il dolce.
“Giulietta questo
lo
devi assolutamente assaggiare!” gli intimò sua
madre sorridente “E’ una nuova
ricetta”. La ragazza l’ascoltò ed
effettivamente la donna aveva ragione. La
signora Capuleti la osservò per un attimo e poi disse
sottovoce al marito
“Vedete, questo le piace…potremo aggiungerlo alla
lista di dolci da preparare
per il matrimonio…”.
Lui
annuì convinto e guardò a sua volta la propria
figlia
“Questo ed altro per la felicità della nostra
bimba” alzò il calice pieno di
vino “Brindiamo!”.
Dopo
mangiato la giovane e la balia si ritirarono entrambe
nella stanza della ragazza. “Bambina mia,
c’è qualcosa che ti turba?” le chiese
la nutrice mentre le spazzolava delicatamente i
capelli. Giulietta scosse la testa senza
rispondere.
“Sei
sicura?” chiese ancora la donna preoccupata “Non
è che
ti sei pentita di non aver sposato il tuo amore?”. La ragazza
la guardò dal
riflesso dello specchio ridendo “Ma no balia, quello non era
il momento
adatto…” , non finì la frase
perché qualcosa sbatté contro la finestra.
La
nutrice si allarmò all’istante “Oh
Gesù! I ladri!
Chiamiamo subito le guardie!”, ma si calmò
perché vide Giulietta felice correre
al balcone. “Mio amore!” gridò Romeo da
sotto, lei gli intimò di fare silenzio
e gli fece cenno di salire.
“Balia, lasciaci
pure
soli” disse ancora Giulietta in tono sicuro. La nutrice
sospirò e inizio a fare
avanti e indietro per la stanza “Piccolina ma è un
pazzo il tuo Romeo! Se lo
vede tuo padre…”, la ragazza le ordinò
di calmarsi e la convinse ad uscire.
Romeo scavalcata la
ringhiera, entrò e si richiuse la finestra alle spalle,
Giulietta lo abbracciò
forte “Amore…mio amore! Meno male che sei
qui!”. Lui ricambiò e le chiese se
poteva passare la notte da lei visto che aveva litigato con sua madre.
La fanciulla lo
guardò con ammirazione “Ma certo che puoi restare
qui” gli sorrise “Io sarò al
tuo fianco”, si baciarono poi lei corse a spegnere le ultime
candele accese e
i due ragazzi si infilarono sotto le pesanti coperte.