Videogiochi > Assassin's Creed
Segui la storia  |       
Autore: Illiana    01/03/2014    2 recensioni
SPIN-OFF DELLA FANFICTION "Gli Artigli della Farfalla".
"Non sono orgogliosa di quello che ho fatto nella mia vita precedente. D'altronde, non a tutti viene concesso il lusso di poter scegliere il proprio destino. Ma qualche volta capita che le persone che incrociamo sulla nostra strada abbiano il potere di cambiarci. O noi di cambiare loro."
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Claudia Auditore, Ezio Auditore, Maria Auditore, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
- Questa storia fa parte della serie 'Il Credo che ci accomuna'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Buongiorno a tutti! Vorrei solo dare un avviso a voi, miei preziosissimi lettori! Questa storia è uno spin-off de “Gli artigli della Farfalla”, e non una storia autonoma, quindi qualche passaggio potrebbe non essere chiaro, dato che  “Bocca di Rosa” racconterà solo alcune scene che non ho potuto inserire nella storia principale.
Beatrice è una delle mie assassine di Roma, ma forse saprete già che prima di entrare nell’Ordine era una prostituta. Bocca di Rosa era il suo nome d’arte, ma è anche un omaggio a Fabrizio de Andrè (genovese come me) e alla sua meravigliosa canzone! <3
Solo un’ultima comunicazione: tra pochi giorni aggiornerò con un nuovo capitolo “Gli artigli della Farfalla”, mentre la storia di Beatrice continuerà più avanti, quando saremo giunti a certi punti della storia di Laura, giusto per evitare degli spoiler!
Un bacio
Illiana



Disclaimer: ogni riferimento a fatti o persone realmente esistenti, ma soprattutto ad avvenimenti o personaggi appartenenti ad altre fanfiction è da ritenersi puramente casuale ed involontario. :-)




- Non avrai davvero intenzione di andare a letto così? – Sbottai.

Lei mi rivolse uno sguardo vuoto, senza una traccia di comprensione che lo illuminasse. O forse, aveva trovato la tattica del silenzio come nuovo modo per provocarmi. Scoprii che la avevo sopravvalutata, quando alla fine mi rispose usando il suo solito sarcasmo: - Vorresti forse che andassi a riposare sul tetto? -

Mi trastullai qualche secondo con la tentazione di farcela davvero dormire, all’addiaccio. Ogni volta che ci rivolgevamo la parola era una continua sfida di nervi tra di noi. Era sempre stato così, sin dal primo momento in cui ci eravamo incontrate. Chissà, forse questo sgarbo sarebbe stato la goccia utile a far colmare la misura, forse avrebbe finalmente reagito in maniera soddisfacente alle mie provocazioni per farla venire allo scoperto. Sarebbe stata una liberazione, poter sfogare tutta la rabbia che mi provocava il suo modo di fare, oltre che dimostrare agli altri miei compagni chi veramente avevano accolto nell’Ordine: un’approfittatrice, nel migliore dei casi, una spia templare, nel peggiore.  Ma decisi altrimenti.

Uno scontro tra me e lei sarebbe arrivato presto o tardi, solo che io non avevo nessuna intenzione di esserne la causa. Almeno, non finché non ce ne fosse stata una ragione fondata. Così, respirai a fondo, attingendo a quel pozzo di infinita pazienza che ho sempre saputo dove trovare quando ne avevo bisogno. Usai un tono che voleva essere conciliante: - Non è quello che intendevo dirti. È importante che la divisa sia sempre in ottime condizioni, ma se dormirai con gli abiti addosso, li sgualcirai velocemente. -

-  Non ne ho altri. – Sembrava un gatto con il pelo ritto, pronto a difendere il suo territorio dagli intrusi.

Sbuffai sonoramente. Perché quello doveva essere un mio problema? Ciononostante, ero stata io a sollevarlo, perché pensare che qualcuno potesse essere così poco curato era una cosa che mi irritava parecchio, e non ero riuscita a tacere. Accidenti alla mia boccaccia.

Passai mentalmente in rassegna i miei averi: possedevo diverse camicie da notte, ma ce n’era una di seta rossa, donatami da un nobile romano che aveva l’età per essere mio padre, che non usavo spesso, dato che il colore non si adattava bene al mio incarnato; avrebbe sicuramente donato molto di più al suo. La pescai dalla mia cassapanca.

Nel vedere la sua espressione sbigottita mi sarei messa a ridere, perché sembrava che avesse in mano una bomba pronta ad esplodere, invece che un prezioso indumento realizzato dai più abili artigiani di Firenze. Provò a ringraziarmi, nell’accettare il dono, anche se si vedeva che la cosa la metteva in difficoltà.

Non so perché, ma provai un moto di felicità, che osservai con stupore. Madonna Solari me lo diceva spesso, che il mio buon cuore era troppo imprevedibile, persino per me stessa, e sarebbe saltato fuori anche quando non avrei voluto. Quando faceva queste osservazioni, io mi stizzivo sempre: non volevo essere considerata una persona buona, perché delle persone buone si pensa sempre che sia facile approfittarsi.

Diedi la buonanotte alla mia compagna di stanza, e mi coricai, avvertendo la familiare durezza del coltello appena appoggiai la testa sul cuscino. Senza quella rassicurazione, difficilmente sarei riuscita a prendere sonno. Rabbrividendo dal disgusto, come sempre mi capitava, ripensai alla causa che mi aveva portato a quella abitudine tanto inquietante.

Avevo ormai superato l’età della fanciullezza, quella in cui si è già diventate donna sotto molti aspetti, quando cominciai a sentirmi sempre più frequentemente ed insistentemente gli occhi di mio padre addosso. I miei fratelli erano troppo piccoli, e mia madre troppo debole e succube di quell’uomo perché potessi sperare nel loro supporto, nella loro protezione.

Senza sapere precisamente il perché del mio timore, ma solo intuendo la minaccia che poteva derivare da quelle attenzioni niente affatto paterne, feci in modo di non farmi sorprendere mai da sola con lui, ma un mattino, mentre rassettavo la cucina, mi arrivò da dietro, e tentò di bloccarmi contro il muro per potersi approfittare di me. La paura stava per paralizzarmi, ma il ribrezzo che provai sentendomi le sue mani addosso vinse l’immobilità che mi avrebbe condannata; afferrai il coltello che usavamo per uccidere e tagliare gli animali, e con quello lo minacciai.

- Se non vi allontanate da me, giuro sulla testa dei miei fratelli che vi taglierò ogni protuberanza del vostro corpo schifoso! -

La voce uscì con una nota talmente alta che stava per spezzarmisi in gola, ma fui convincente a sufficienza per farlo indietreggiare di un passo. Ne approfittai subito per allontanarmi da lui e uscii di casa a precipizio. Mi resi conto solo in un secondo momento che continuavo a stringere in mano il coltello, dagli sguardi che mi lanciavano le persone che incrociavo per strada, così mi affrettai a nasconderlo nella tasca del grembiule. Mi diressi al pozzo comune poco fuori dall’abitato, dove sapevo avrei trovato mia madre, che era andata a prendere l’acqua, assieme ai miei fratelli.

Quando li raggiunsi, mia madre mi guardò, con il suo solito sguardo spento. Io le assomigliavo, bionda e snella come lei era stata da giovane, ma ormai la sua bellezza era sfiorita già da molto tempo, e sembrava invecchiata precocemente, nonostante avesse poco più di trent’anni.

- Madre… - Le parole mi morirono in bocca: come avrei fatto a raccontarle della violenza a cui ero appena sfuggita, a dar voce ad un simile orrore contro natura?

Il suo sguardo si ancorò alla mia anima, e le sue parole lasciarono segni di fuoco sul mio cuore. – Beatrice, figlia mia, di cosa ti stupisci? Quella è la natura dell’uomo, ed il compito di noi donne è solo di assecondarla. -

Rimasi allibita. Lei non solo aveva capito cosa era successo, ma sapeva. Sapeva già che io stavo correndo quel rischio. E non aveva fatto nulla per impedirlo. Vacillai, ed il primo pensiero che ebbi fu: “ Non posso più restare qui, non voglio diventare come lei”.

Non avevo mai amato particolarmente mio padre, troppo distante ed iroso per riuscire a far trasparire anche un minimo sentimento di tenerezza per la sua famiglia, ed ora vedevo mia madre per la  persona che veramente era: una donna spezzata e sconfitta, troppo debole per difendere sé stessa, figuriamoci sua figlia.

Baciai sulla fronte i miei amati fratellini, Giacomo, di dieci anni, e Francesco, di otto. Promisi loro che sarei tornata presto a trovarli con dei doni e dei dolciumi, anche se non sapevo in che modo avrei mai potuto mantenere la promessa che stavo facendo a mezza voce, con il naso sprofondato nei loro riccioli biondi. Francesco si attaccò alle mie gonne, piangendo, pregandomi di non lasciarlo. Giacomo, invece, rimase zitto e immobile, con gli occhi lucidi; si sentiva in dovere di dimostrare  di essere già grande.

Mi allontanai da quel piccolo agglomerato di case dove vivevamo, talmente misero da non avere neanche un nome che lo individuasse, e mi diressi verso la grande città di cui avevo spesso sentito parlare e che desideravo visitare da sempre: Roma, la città eterna. La raggiunsi facilmente in meno di mezza giornata di cammino.

I primi tempi, sopravvivere non fu facile: mi nascondevo negli anfratti delle case patendo il freddo, e cercavo tra i rifiuti qualcosa che fosse commestibile per placare la fame, troppo impaurita dalle guardie per osare anche solo pensare a rubare del cibo. Tutto questo fino a che non mi resi conto del modo in cui mi guardavano gli uomini che incrociavo per strada. Il primo a cui mi concessi, in un vicolo buio e sudicio, mi lasciò un tozzo di pane in cambio del suo piacere. Mangiai famelica quel cibo, che aveva il sapore della sconfitta e della vittoria, contemporaneamente. Sconfitta di fronte ad un mondo dominato dagli uomini che mi avrebbero utilizzata come un oggetto per il solo motivo che ero donna, vittoria perché avevo intravisto una possibilità di indipendenza e di controllo su di loro, attraverso il mio corpo.

Per qualche giorno mi confrontai con l’idea di questo compromesso,  trovando facilmente clienti che mi pagavano con i loro avanzi della tavola. Non sospettavo che mi stavo accontentando delle briciole, troppo ignorante e troppo ingenua come ero, fino a che non scoprii l’esistenza delle case di piacere, e capii che quelle ragazze profumate e con abiti ben più ricchi dei miei stracci, per quanto molto succinti, facevano il mio stesso mestiere, per così dire.

Mi avventurai ad entrare nel primo bordello che individuai: seppure avessi subito notato la sciatteria dell’ambiente e lo  squallore di certe situazioni, in cui molti clienti erano evidentemente ubriachi, così come le ragazze, il luogo mi fece una buona impressione. Almeno lì, se mi avessero accettato, avrei dormito in un letto morbido e mangiato regolarmente.

La padrona, Madonna Solari, era una donna indolente e pigra, ma con un buon senso degli affari. Mi squadrò con occhio critico, e vidi un  guizzo di interesse mentre mi immaginava ripulita e agghindata: sarei stata un’ottima fonte di guadagno per la sua attività, è per questo motivo solamente che mi aiutò.

Cominciai la sera stessa. Tutte noi avevamo un nome d’arte, ed il mio era quello di Bocca di Rosa. Senza modestia, ero la ragazza più bella e avvenente tra tutte, e fu per questo che in poco tempo diventai la cortigiana più ricercata, quella con i clienti più assidui e generosi. Nonostante i numerosi regali che mi portavano però, io li disprezzavo tutti, dal primo all’ultimo. In loro vedevo il riflesso di mio padre, ed ogni volta che il pensiero si posava su di lui, lo maledicevo a mezza voce. Era solo per colpa sua se per sopravvivere mi ero dovuta degradare a soddisfare le voglie di porci come lui, ma era solo grazie a me se ero arrivata a trovare il modo di non subire totalmente la situazione. Facevo bene ciò che mi veniva chiesto di fare, e questo mi dava quasi motivo d’orgoglio.

Riuscivo, con molta fatica, a mettere da parte dei risparmi, anche se non mi era ancora chiaro cosa avrei fatto della mia vita. Non sapevo come avrei potuto tornare nella casa dove ero cresciuta, dove ancora abitavano i miei fratelli. Forse avrei preferito portarli via con me, ma mi tratteneva il pensiero che li avrei dovuti far vivere in un ambiente sordido, sicuramente non adatto a delle anime innocenti come erano loro.

I mesi passavano, ed i fatti si susseguirono inesorabili.
  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Assassin's Creed / Vai alla pagina dell'autore: Illiana