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Autore: LazySoul    03/03/2014    5 recensioni
Non vi siete mai chiesti perché Malfoy non si vendichi del pugno che Hermione gli tira alla fine del terzo anno? Beh, io sì e questo è la mia interpretazione dei fatti ;)
Dal testo:
Aprii il rubinetto dell’acqua per pulirmi il viso dal sangue secco, cercando in tutti i modi di toccare il meno possibile il mio povero naso che doleva in modo sorprendente.
Solo una cosa riusciva a superare tale sofferenza: la ferita che mi squarciava l’orgoglio.
Avrei voluto afferrare la bacchetta, andare a cercare la Mezzosangue e lanciarle un paio di incantesimi ben assestati in modo da farla pentire di ciò che aveva fatto.
Volevo vederla piangere, volevo essere io a farla piangere, volevo che mi implorasse di smettere di farle male...
Potevo quasi immaginarla, immobilizzata a terra dai miei incantesimi, gli occhi marroni colmi di lacrime ed il volto contratto in un’espressione ferita e sottomessa...
Allo stesso modo in cui quell'immagine era comparsa nella mia mente scomparve, sostituita dalla certezza che mai e poi mai la Mezzosangue si sarebbe mostrata in quel modo ai miei occhi. Lei era troppo orgogliosa di sé, fiera e coraggiosa per cedere...
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Blaise Zabini, Draco Malfoy, Hermione Granger | Coppie: Draco/Hermione
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
- Questa storia fa parte della serie 'Mai Scommettere col Nemico'
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Failed_Revenge

Failed Revenge

 

Mi ero messo a correre come un pazzo, probabilmente se i miei genitori mi avessero visto in quel momento; col volto arrossato, sudore freddo sulla fronte e con gocce di sangue che macchiavano il mio viso, mi avrebbero diseredato senza batter ciglio.

In Infermeria non c’era nessuno, probabilmente Madama Chips era andata a giocare a scacchi magici con il Professor Vitius, lasciando incustodite le sue scorte di medicine e pozioni.

Mi avvicinai all’armadio, quello grosso e pieno di scomparti che mi aveva sempre affascinato, fin dal primo anno e aprii in un cassetto a caso. All’interno c’erano molte ampolline e boccette colorate, ognuna contraddistinta da un pezzetto di pergamena, sul quale si trovavano le caratteristiche del medicinale e il modo in cui lo si doveva somministrare.

Nessuno mi aveva mai tirato un pugno, quindi non avevo idea di quale pozione dovessi prendere. Forse quella boccetta blu con sopra scritto: “In caso di dolori facciali” o forse quella grigia da usare per far coagulare il sangue. Probabilmente avrei dovuto fare uso di entrambi, abbondando magari di quello per il dolore, anche se il mio più che “facciale”, aveva origine nel mio orgoglio ferito.

Nessuno mi aveva mai tirato un pugno, tanto meno una Mezzosangue.

Se mio padre fosse giunto a conoscenza di quanto era appena accaduto mi avrebbe punito.

Quel pensiero mi fece chiudere di scatto il cassetto dell’armadio e correre fuori dall’Infermeria. Dovevo trovare un altro modo per impedire al mio naso di continuare a sanguinare, magari senza che qualcun’altro venisse a sapere dell’accaduto.

Corsi in camera mia, coprendomi il viso con la mano destra e riuscendo miracolosamente a non incontrare nessuno, tranne alcuni mocciosi del primo anno di Tassorosso che chiacchieravano dei fatti loro e che quindi non mi degnarono di attenzione. In una situazione normale essere ignorato in quel modo mi avrebbe dato fastidio, ma in quel caso non accadde.

Corsi in camera mia, sospirando di sollievo alla vista dei letti vuoti di Zabini e Nott, pensando che meno testimoni avevo di quanto era successo meglio sarebbe stato per il mio orgoglio.

Entrai in bagno, chiudendo la porta con l’incantesimo “Colloportus” e, stringendo la bacchetta tra le dita, cercai di ricordare i numerosi incantesimi supplementari che mio padre e mia madre mi insegnavano durante le vacanze estive ed invernali.

Mi tornò alla mente un episodio di quando avevo solo dieci anni quando, cadendo dalla scopa, mi ero spaccato il labbro inferiore. Era vivido il ricordo dello sguardo preoccupato di mia madre mentre, con un veloce incantesimo mi guariva e, prendendomi per mano, mi riportava in casa, promettendomi una fetta di torta per far passare il male.

Peccato che non ricordassi quale incantesimo avesse usato.

Portandomi una mano al naso lo sfiorai, sentendo immediatamente un dolore lancinante. Temevo di essermelo rotto ma, sorprendentemente, una volta che guardai il mio riflesso nello specchio mi resi conto che sanguinava soltanto e che quindi non ci sarebbe stato bisogno di un incantesimo troppo difficile per guarire. Il resto del mio aspetto però era sorprendente: capelli spettinati, sangue seccato ovunque sul viso e una grossa chiazza rossastra che occupava la zona dove la Mezzosangue mi aveva colpito.

Non ero io quel ragazzo, questo era poco ma sicuro, allo stesso modo in cui era certo che avrei trovato un modo per vendicarmi di quella sporca Mezzosangue che aveva osato toccarmi.

Aprii il rubinetto dell’acqua per pulirmi il viso dal sangue secco, cercando in tutti i modi di toccare il meno possibile il mio povero naso che doleva in modo sorprendente.

Solo una cosa riusciva a superare tale sofferenza: la ferita che mi squarciava l’orgoglio.

Avrei voluto afferrare la bacchetta, andare a cercare la Mezzosangue e lanciarle un paio di incantesimi ben assestati in modo da farla pentire di ciò che aveva fatto.

Volevo vederla piangere, volevo essere io a farla piangere, volevo che mi implorasse di smettere di farle male...

Potevo quasi immaginarla, immobilizzata a terra dai miei incantesimi, gli occhi marroni colmi di lacrime ed il volto contratto in un’espressione ferita e sottomessa...

Allo stesso modo in cui quell’immagine era comparsa nella mia mente scomparve, sostituita dalla certezza che mai e poi mai la Mezzosangue si sarebbe mostrata in quel modo ai miei occhi. Lei non avrebbe mai implorato, nemmeno se l’avessi torturata per giorni. Mai avrebbe pianto, piuttosto avrebbe trovato un modo per resistere e ricacciare quelle stille salate indietro. Lei era troppo orgogliosa di sé, fiera e coraggiosa.

Se non fosse stata una Mezzosangue...

Smisi di pensare, inorridito dalla piega che stavano prendendo i miei ragionamenti.

Stavo per affermare, anche se solo nella mia testa, qualcosa di cui mi sarei poi pentito a vita.

Era meglio pensare a qualcos’altro, ad esempio a cercare nel libro d’Incantesimi che avevo preso da casa un qualche incanto che facesse scomparire il rossore, causato dal pugno, sul mio viso.

Uscii dal bagno, irrigidendomi un istante, prima di decidere di ignorare Blaise Zabini e la sua lotta continua con il nodo della cravatta, per dirigermi verso il mio baule.

Non ci misi molto a cercare il libro d’Incantesimi, dato che si trovava proprio sotto il manuale di manutenzione per la Nimbus 2001 e il libro di Pozioni.

Trovato l’incantesimo che stavo cercando, lo usai per interrompere il flusso di sangue che continuava a scendermi dal naso e tornai in bagno per osservare il mio aspetto.

La mia pelle era tornata ad un colorito normale, tranne che per un soffuso rossore all’altezza dello zigomo destro, che dovevo trovare il modo di far sparire.

Dopo aver provato un paio di incantesimi riuscii ad ottenere il risultato desiderato e un veloce ghigno nacque sulle mie labbra.

Ora potevo dedicarmi a trovare un modo per vendicarmi.

Sicuramente non potevo andare a tirarle un pugno, anche se “occhio per occhio e dente per dente” era sempre stato il mio modo di dire preferito, per il semplice fatto che era una ragazza e la mia educazione mi imponeva di non alzare le mani sul gentil sesso.

Probabilmente se la Mezzosangue fosse stata un maschio avrei finito per azzuffarmi con lei tutti i giorni, forse perché era l’unica all’interno del “Trio dei Miracoli” che avrebbe potuto farmi perdere la pazienza e il decoro che dovevo mantenere costantemente.

Sì, avrebbe finito col farmi impazzire, lei e le sue risposte sagaci e forse, se non fosse stata una Mezzosangue...

No, dovevo smettere di pensare a lei come ragazza e concentrarmi sulla sua inferiorità effettiva, se no avrei finito col pensare a qualcosa di davvero deleterio per la mia salute.

Uscii dal bagno, incontrando gli occhi blu scuro di Zabini.

Abbassai lo sguardo, notando come alla fine fosse riuscito a farsi il nodo alla cravatta, e gli feci un veloce gesto col capo in segno di saluto.

Era stato strano ritrovarsi Nott e Zabini in stanza, soprattutto dopo aver dormito nella stessa camera con Goyle e Tiger per due anni consecutivi.

Il cambiamento non mi aveva destabilizzato particolarmente, in fondo quando avevo cinque anni Zabini era stato il mio migliore amico, anche se poi i miei genitori avevano deciso che la sua compagnia non era adatta a me e avevano finito per impedirci di passare del tempo assieme.

Ed ora eravamo dei completi sconosciuti che si ritrovavano a condividere la stanza.

«Quando hai quella faccia è perché hai qualcosa in mente».

Mi corressi mentalmente, dato che lui sembrava conoscermi, mentre io di lui sapevo il minimo indispensabile.

Come per esempio la sua caratteristica predominante: non farsi mai gli affari suoi.

Lo ignorai e tirai fuori dal mio baule una pergamena e una piuma per stilare una lista su come avrei potuto vendicarmi della Mezzosangue.

«Oggi sei molto loquace».

Lanciai uno sguardo scocciato al mio compagno di stanza, prima di tornare alla pergamena ancora intonsa.

«Fai la lista della spesa per quando andremo ad Hogsmade?»

Presi la boccettina d’inchiostro e la strinsi tre le dita, provando l’irrefrenabile desiderio di lanciargliela in testa, ma mi trattenni all’ultimo e cercai di concentrarmi.

Come avrei potuto ferire la Mezzosangue? Sembrava così impenetrabile di solito, con quell’aria da saccentina...

«Se stai pensando di andare in quel nuovo negozietto di sartoria posso venire con te?»

La boccetta d’inchiostro avrebbe sporcato tutta la stanza e non gli avrebbe fatto abbastanza male, forse se gli avessi tirato contro il volume di Trasfigurazione lo avrei anche potuto tramortire...

«Perché avrei bisogno di un nuovo paio di pantaloni e qualche camicia, quindi pensavo che se venissi anche tu potresti consigliarmi cosa comprare».

No, anche il volume di Trasfigurazione era troppo poco, magari un incantesimo sarebbe stato meglio...

«Sei di cattivo umore, l’ho capito».

E il premio per la perspicacia va a Blaise Zabini!

«Ti serve qualcosa o il tuo scopo è solo quello di irritarmi?»

Mi aspettavo come risposta alle mie parole un silenzio di tomba, una veloce uscita di scena o qualche parola di scusa, quindi quando udii chiaramente la sua risata, ne rimasi stupito.

Mi voltai, sconvolto di trovarlo piegato a metà dal ridere: «Che cosa c’è di tanto buffo?»

Ci mise qualche istante a calmarsi e, quando ci riuscì, mi sorrise calorosamente: «Sei diverso rispetto a quando avevamo cinque anni, Malfoy. In questi otto anni cosa ti è successo? Ti hanno cresciuto in cattività?»

Mi colpirono profondamente le sue parole, come se mi avesse tirato un pugno in faccia e, anche se non era paragonabile a ciò che avevo provato quando la Granger mi aveva colpito, percepivo chiaramente una sensazione di inadeguatezza e timore.

Forse la parola utilizzata da lui, “cattività”, non era propriamente adatta a ciò che avevo vissuto per otto anni, dato che i miei mi avevano viziato e dato tutto ciò di cui avevo bisogno, tranne la possibilità di scegliere davvero qualcosa della mia vita.

Non che mi dispiacesse particolarmente; non m’importava di scegliere cosa indossare o con chi parlare, mi ero abituato ormai a non pensare troppo, a vivere come un robot programmato per svolgere il suo compito e nient’altro.

Ma allora perché le sue parole mia avevano fatto così male? Perché invidiavo Potter e la sua possibilità di scegliere i propri amici? Perché invidiavo addirittura la Granger e la sua libertà?

«Non so di cosa tu stia parlando», dissi, indossando la mia maschera di ghiaccio e chiudendomi in me stesso.

«Io invece credo tu lo sappia fin troppo bene, ma che tu abbia troppa paura per ammetterlo»

Avrei voluto rispondergli qualcosa di acuto per rimetterlo al suo posto, ma non ne ebbi il tempo, dato che in pochi secondi Zabini era uscito dalla stanza.

Pensavo che tornare alla mia lista non ancora iniziata sarebbe stato facile, ma quando mi sedetti alla scrivania mi sentii soffocare.

Le parole di Blaise mi avevano fatto aprire bruscamente gli occhi, permettendomi di vedere ciò che avevo avuto sotto il naso per anni, ma che avevo volontariamente ignorato.

Sentivo l’impellente bisogno di camminare, schiarirmi le idee e pensare a qualsiasi cosa, tranne la mia vita.

 

***

 

Erano passati due giorni da quello stramaledetto pugno e ancora non riuscivo a guardare in faccia la Mezzosangue. Mi sentivo ridicolo per il modo in cui mi comportavo; come se lei fosse superiore a me e non osassi per questo alzare lo sguardo, eppure non ci potevo fare niente.

Inoltre erano due giorni che Zabini continuava a parlarmi come se niente fosse, come se fossimo stati amici da anni, ignorando le mie risposte sprezzanti ed annoiate, ma insistendo nel volermi stare vicino.

Ma non era finita lì, ad aggiungersi al tutto c’era l’improvvisa scomparsa di quello stupido pennuto a quattro zampe che aveva attentato alla mia vita e il fatto che quello stolto del guardiacaccia non fosse stato ancora dimesso.

Strinsi forte le mani a pungo, ignorando la voce strascicata e monotona del professor Piton che, ancora una volta, aveva sostituito il professor Lupin a lezione di Difesa contro le Arti Oscure.

La notizia che il nuovo strambo professore fosse un Lupo Mannaro aveva fatto il giro di tutta la scuola in meno di due ore, di tutta la comunità magica in meno di un giorno, fino ad arrivare alle orecchie giuste che lo privarono all’istante della carica.

Avevo sentito ragazzi che criticavano il Preside per aver permesso ad un “essere” simile di insegnare e mi ero trovato spesso d’accordo con loro anche se, in generale, avevo sempre percepito un lato oscuro nel professor Lupin che, invece di allontanarmi, mi aveva affascinato.

Vidi Goyle tirare una gomitata a Tiger, mentre indicava Ron Weasley.

Quella feccia era seduto dall’altra parte dell’aula e stava dormendo.

Guardai Potter, seduto vicino a Weasel che tentava di svegliarlo con piccoli colpetti sulla spalla.

Ghignai a quella vista, pensando che, come prima vendetta nei confronti della Granger avrei potuto mettere in difficoltà i suoi amici.

Alzai lo sguardo verso il professor Piton, che stava indicando alcune parole scritte in modo illeggibile alla lavagna e alzai la mano per attirare la sua attenzione.

«Sì, signor Malfoy?», chiese, dedicandomi uno dei suoi sguardi impassibili ed annoiati.

Lasciai che uno dei miei ghigni peggiori mi deformasse il volto, prima di voltare il viso verso il Pezzente: «Temo che Weasley abbia bisogno d’aiuto, sembra svenuto»

Lo sguardo tagliente di Piton si fissò su Potter per poi scivolare verso il suo vicino di banco.

Da impassibile ed annoiato diventò impassibile e sadico.

«Probabilmente il signor Weasley...», iniziò il professore, dirigendosi verso il banco occupato da Pel di Carota e Sfregiato.

«Mi scusi professore, ma temo che Ron non si senta davvero bene, come sa l’attacco di Sirius Black lo ha costretto in Infermeria fino a questa mattina, probabilmente non si è ancora del tutto ripreso»

Il mio sguardo si puntò, furioso in quello della Granger, che ricambiò la mia occhiata con una di puro odio.

«Allora non le dispiacerà, signorina Granger, riaccompagnarlo in Infermeria e accertarsi che dorma su un letto e non sul banco durante le mie lezioni»

«Se vuole me ne posso occupare io, professore», propose Potter, mentre aveva già poggiato il braccio dell’amico intorno al suo collo e si stava preoccupando di sostenerlo.

«È lo stesso», disse il professor Piton, con una scrollata di spalle, prima di tornare a rivolgersi al resto della classe, continuando la lezione come se nulla fosse successo.

Lanciai un’altra occhiata alla Granger, furioso della sua intromissione, mentre lei seguiva con occhi preoccupati i suoi due amici uscire dall’aula.

Beh, il lato positivo della faccenda era che avevo scoperto qual era il suo lato debole: i suoi amici.

Gli occhi scuri della Mezzosangue incontrarono i miei e vidi sul suo viso comparire quell’espressione di superiorità che tanto odiavo, mentre alzava il mento e tornava a fissare la lavagna davanti a lei.

Strinsi forte la piuma tra le dita, fino a spezzarla.

«Draco, ora dovrò imprestartene una io... sei proprio sbadato!»

Chiusi gli occhi e presi due profondi respiri, cercando di calmarmi, prima di lanciare un’occhiata di fuoco al mio vicino di banco: «Zabini, taci»

Stranamente per una volta nella sua vita mise in pratica il mio ordine e, ridacchiando tra sé e sé tornò a prendere appunti sul suo quaderno, lasciandomi gestire in solitudine la rabbia che mi divorava dall’interno.

 

***

 

La biblioteca era silenziosa, probabilmente per il semplice fatto che era l’ultimo giorno di scuola e la maggior parte degli studenti era fuori nel giardino del castello e divertirsi, rincorrersi con le scope o chiacchierare.

Ignorai Madama Pince e le sue occhiate fulminanti per ogni respiro che osava fare rumore uscendo dal mio naso.

Quant’era insopportabile quella donna!

Le consegnai un libro che avevo preso in prestito una settimana prima e le vidi spuntare in viso uno di quegli sguardi adoranti che dedicava solo ai volumi e codici che stipavano la Biblioteca.

«Se hai bisogno di qualcosa chiedi», disse ma il messaggio sottinteso era: “Vedi di fare in fretta e di non mettere a soqquadro la mia biblioteca se no ti mangio vivo!”

Quella donna era dolce come uno zuccherino.

Ero riuscita chissà come a sfuggire a Zabini e al suo tentativo di trascinarmi fino al Lago Nero, dove aveva organizzato una piccola festicciola per soli Serpeverde. Non avevo voglia di festeggiare, soprattutto non in quel frangente.

Ancora non ero riuscito a vendicarmi della Mezzosangue e di quel pugno che mi feriva ancora l’orgoglio, quindi non ero in vena di festeggiamenti.

Raggiunsi uno degli scaffali più lontani dall’entrata, dove di solito trovavo sempre libri interessanti che mi avrebbero suggerito un qualche modo per farla pagare alla Granger.

Afferrai un paio di volumi che sembravano interessanti e mi diressi verso uno dei tavoli più vicini.

Mi bloccai di colpo, i libri che quasi mi caddero di mano per la sorpresa, mentre rimanevo a fissare l’occupante del tavolo.

La Granger era addormentata su un tomo impolverato ed ingiallito dal tempo, i capelli che creavano una criniera indomabile intorno al suo viso color panna.

Mi avvicinai, in modo da rimanere nascosto da uno scaffale di libri per chiunque fosse entrato in biblioteca in quel momento, mentre continuavo a fissarla.

Le labbra erano socchiuse e atteggiate a forma di cuore, le ciglia nere accarezzavano i suoi zigomi soffusi da un tenue rosa e un unico ricciolo scuro divideva il volto visibile a metà.

Aveva la testa appoggiata sulle braccia, incrociate sul volume, il corpo curvo e le gambe accavallate.

Era il momento perfetto per mettere in atto una qualsiasi vendetta nei suoi confronti. Dentro di me sapevo che non ci sarebbe mai stata un’occasione più propizia di quella, ma non riuscivo a muovermi.

Avevo gli occhi fissi sulle sue labbra e mi stavo rendendo lentamente conto di quanto il viso della Mezzosangue fosse attraente.

Mi tremavano le mani mentre stringevo maggiormente al petto i volumi di incantesimi.

Ero davvero ridicolo, lì fermo come uno stoccafisso a fissare una bocca come un'altra e a pensare a che sapore avrebbero potuto avere quelle labbra...

Una smorfia di disgusto profondo comparve sul mio viso, mentre scuotevo la testa, quasi volessi scrollarmi di dosso quella sensazione di calore che sentivo fin troppo chiaramente all’altezza dello stomaco.

Era solo la Mezzosangue Granger, solo feccia.

E allora perché mi tremavano le gambe?

E allora perché stavo immaginando mille modi diversi di avvicinarmi a lei e di scostarle dal viso quell’unico ricciolo ribelle per poi baciarla?

Quell’espressione così innocua e beata che aveva in viso mentre dormiva aveva avuto la forza di far vacillare per secondi infiniti le mie ferme convinzioni.

Era solo una Mezzosangue, continuavo a ripetermi, solo una piccola insulsa...

Ragazza.

Lei era una ragazza.

Una bella ragazza...

Sbarrai gli occhi, prima di chiuderli con forza.

Dovevo rinsavire, dovevo andarmene e cancellare ogni pensiero appena concepito nella mia mente malata, andare nella mia stanza, finire di fare i bagagli e dimenticare tutto.

Tutto.

Aprii gli occhi e lei era ancora lì, gli occhi chiusi, il petto che si alzava ed abbassava ad ogni respiro...

Lasciai che il mio sguardo seguisse la curva appena accennata del suo seno.

Non era nulla in confronto a quello ben delineato di Pansy, ma dentro di me sapevo che era solo questione di tempo e che quella che per il momento era una piccola e acerba curva sarebbe presto diventata qualcosa di più, qualcosa per cui sarebbe valso la pena impazzire.

Erano settimane che mi tormentavo all’idea di volermi vendicare di lei e di quel pugno, due settimane passate a rimuginare su di lei, ad impedirmi di vederla come una ragazza, una persona in carne ed ossa...

Ed ora tutti i miei sforzi erano crollati e per farlo era bastato guardarla dormire.

Feci un paio di passi verso di lei, senza realmente accorgermene ed allungai la mano destra, fino ad afferrare tra le dita quel ricciolo ribelle.

Ne sentii la consistenza tra le dita e mi stupii di quanto fosse morbido.

Avevo sempre pensato che quei capelli al contatto fossero ruvidi e spiacevoli da sentire contro la pelle, ora invece non potevo fare a meno di chiedermi come sarebbe stato sentirli sul resto del mio corpo.

Adagiai quel ricciolo dietro all’orecchio e, senza pensarci, lasciai che le mie dita seguissero la forma dei suoi zigomi e delle guance, fino a giungere alle labbra.

Sfiorai quei due petali rosati, sentendo anch’essi morbidi e piacevoli da toccare.

Mi sporsi in avanti, abbassandomi fino a rimanere a pochi centimetri dalle sue labbra.

Le afferrai piano il mento e le feci spostare il viso maggiormente verso il mio.

Volevo baciarla e nulla e nessuno me l’avrebbe impedito.

Quella sarebbe stata la mia vendetta: le avrei rubato il suo primo bacio.

Un pensiero improvviso mi gelo il sangue nelle vene: e se quello non sarebbe stato il suo primo bacio?

Scossi la testa e decisi che era impossibile che qualcun altro avesse avuto la brillante idea di trovare bella quella... quella...

O al diavolo! Non riuscivo neanche più ad insultarla? Cosa cavolo mi stava succedendo?

«Qualsiasi incantesimo tu abbia usato Granger giuro che mi vendicherò anche di questo!»

Appoggiai le labbra contro le sue, impacciato nel mio primo bacio, ma desideroso di provare a me stesso che quelle labbra non avevano davvero attrattiva e che mi ero immaginato tutto.

Lei non era bella, era solo una sporca...

Sentivo un caldo insopportabile ovunque, la morbidezza della sua bocca contro la mia non era spiacevole, anzi...

Senza pensarci tirai fuori la lingua, leccandole piano il labbro inferiore, sentendo il sapore di biscotti al limone, probabilmente li aveva mangiati a colazione.

Mi staccai di poco, prima di morderle piano prima un labbro poi l’altro.

Il nodo che sentivo nello stomaco aumentava di secondo in secondo e, anche quando mi allontanai dal suo volto addormentato, sentii chiaramente il mio cuore fare una capriola e perdere un battito, prima di aumentare in modo preoccupante ed imbarazzante.

Avevo caldo ovunque, un caldo insopportabile che sembrava essere giunto anche nei posti più impensabili ed era fastidioso.

Non potevo averlo fatto davvero.

L’avevo baciata.

Lei, la Mezzosangue!

Non avevo mai baciato una ragazza, mai avevo sentito il desiderio di farlo.

Avevo spesso pensato che il mio primo bacio sarebbe stato con Pansy, in fondo ero destinato a sposarla e a stare con lei per tutta la vita...

Pansy. Possibile che pensare a lei non mi avesse mai provocato il caldo impossibile che pensare alla Granger mi provocava?

Ed ora era più semplice capire quel calore, capire che la Mezzosangue, per quanto mi fossi imposto di non pensarlo per mesi, anzi anni, mi piaceva.

Mi era sempre piaciuta.

Se non fosse stata una Mezzosangue avrei anche potuto amarla.

Mi allontanai di scatto da lei, rischiando di perdere l’equilibrio e di cadere rovinosamente a terra.

Non la degnai di un altro sguardo e mi allontanai di corsa.

Posi di nuovo al loro posto i due volumi di incantesimi e con passo di marcia uscii dalla biblioteca, ignorando l’occhiata indagatrice di Madama Pince e i suoi occhi che seguivano ogni mio movimento.

Solo quando giunsi finalmente in camera mia e mi lasciai cadere seduto sul letto capii in che guaio mi ero cacciato con le mie stesse mani.

Con che coraggio avrei di nuovo guardato in faccia i miei genitori, i miei amici...?

Con che coraggio avrei di nuovo guardato in faccia me stesso?

Andai in bagno e mi lavai la faccia, passandomi più volte la mano sulle labbra.

Ma per quanto mi sforzassi, per quanto facessi continuavo a sentire la consistenza morbida delle labbra della Granger contro le mie e il desiderio irrefrenabile di ripetere l’esperienza, magari con la Mezzosangue cosciente e...

Basta!

Avrei passato l’intera estate lontano da scuola e l’avrei dimenticata.

Sarebbe stato facile e indolore.

Mi sarei liberato del ricordo di quel bacio senza troppi sforzi e sarei tornato a torturarla con i miei insulti e dispetti come sempre.

Quando uscii dal bagno vidi Zabini che, seduto sul suo letto stava leggendo un libro.

Possibile che quel ragazzo avesse la capacità di comparire nei momenti meno opportuni?!

«Non ti ho mai visto così rosso in faccia», disse, studiandomi con fin troppo interesse.

Io aggrottai la fronte e gli lanciai uno sguardo assassino: «Ho caldo»

Che scusa patetica, anche se aveva un fondo di verità, dato che continuavo a sentire brividi bollenti lungo il corpo.

Vidi lo sguardo di Zabini studiarmi dalla testa ai piedi, prima che un sorrisetto malizioso gli comparisse sulle labbra: «Dì la verità: hai avuto un appuntamento che non è giunto a nessuna conclusione vantaggiosa»

Non capii le sue parole fino a quando non abbassai lo sguardo.

A quel punto arrossi ancora di più.

E quell’erezione da dove cavolo era spuntata?!

Sbarrai gli occhi, rendendomi conto che in effetti il caldo e il fastidio provato precedentemente sembravano concentrarsi entrambi all’altezza dell’inguine.

Non era la prima volta che mi capitava, a volte mi svegliavo e ce l’avevo duro senza un apparente motivo. Sapevo che erano gli ormoni e che non ci potevo fare nulla, ma quella volta vedermi eccitato mi fece tremendamente paura.

Avevo pensato molte volte di baciare una ragazza, spesso pensavo a Pansy, o a qualcuna delle studentesse più grandi di Serpeverde e, anche se non ne avevo mai propriamente baciata una, non mi era mai successa una cosa simile!

«Chi è la fortunata? A me puoi dirlo, sai?»

La presenza di Zabini non faceva altro che peggiorare la situazione già di per sé precaria ed imbarazzante.

Mi ero eccitato con un semplice bacio.

Ma poi si poteva considerare un bacio? Lei non era neanche cosciente e di conseguenza non aveva partecipato...

E se l’avesse fatto? Sarei venuto?

Oddio!

«Fai scena muta?»

Tremavo dalla testa ai piedi, non riuscivo a spiccicare parola e continuavo a pensare alle labbra morbide della Granger e al suo profumo che non ero riuscito a cogliere, desideroso di tornare indietro solo per sentire se aveva un buon odore o no...

“Sei patetico! Ridicolo! Stupido!”

«Draco?»

Alzai di scatto la testa, incontrando gli occhi blu scuro di Zabini che continuavano a scrutarmi con attenzione: «Stai bene?»

Lo fulminai con lo sguardo: «Ti sembra che io stia bene?!»

Non gli permisi di rispondere perché l’istante dopo ero di nuovo chiuso in bagno, dove con esitazione e in parte disgusto verso me stesso mi toccavo all’altezza del cavallo dei pantaloni per capire quanto grave fosse la situazione là sotto.

Sussultai, capendo che l’eccitazione era ad uno stadio fin troppo avanzato e che non sarebbe passata facilmente, a meno che...

Mi disgustavo da solo, ma non avevo altro modo, così cominciai a toccarmi sul serio, stringendo tra le dita la mia erezione e cominciano a muovere la mano.

Essendo entrato nella squadra di Quidditch da un anno avevo avuto modo di conoscere ragazzi molto più grandi di me che spesso primo o dopo le partite parlavano delle loro conquiste, di preliminari e quant’altro, non censurando nulla. Beh, grazie a loro mi ero fatto una cultura per quanto riguardava il sesso e in quel momento, se mi fossi trovato la Granger davanti sapevo perfettamente cosa mi sarebbe piaciuto che mi facesse con quelle sue labbra.

Bastò pensare a quello per farmi venire.

La sensazione di benessere e soddisfazione dell’orgasmo durò per solo pochi istanti, prima che cominciassi a sentirmi a disagio.

Pulii il disastro che avevo fatto sul pavimento del bagno.

La vergogna per ciò che avevo fatto, ma più che altro per chi avevo pensato in quel frangente, sembrava volermi soffocare.

Promisi a me stesso che non avrei più considerato la Granger come una ragazza e che in futuro mi sarei impegnato ad insultarla ad ogni occasione per esorcizzare quello che era appena successo.

Beh, almeno da quella terribile situazione avevo imparato che per vendicarsi di una persona non la si doveva baciare.

Soprattutto se era una ragazza.

Soprattutto se era Hermione Granger.

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Non guardatemi con quelle facce sconvolte che mi fate sentire ancora più a disagio di quanto non sia! 

Allora, partiamo dall'inizio:

Ciao! :)

Come va? Come potete notare sono ancora viva e invece di continuare la long mi sono messa a scrive una one-shot da collocare precedentemente a "Mai Scommettere col Nemico", in un ipotetico terzo anno. Ovviamente la storia la si può leggere senza aver bisogno di leggere le altre.

Mi sono sempre chiesta come mai Malfoy non si vendichi subito del pugno di Hermione, beh questa è la mia interpretazione dei fatti :)

Ho deciso di mettere il rating arancione perchè non mi sembra di aver scritto qualcosa non adatto a dei minori, ma se pensate che non sia così vi prego di farmelo sapere.

Che altro...? Ah sì, ovviamente spero che vi sia piaciuta e che vogliate dedicarmi qualche minuti per farmi sapere con un commentino veloce veloce cosa ne pensate :)

Un grosso bacio a tutti,

LazySoul

  
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