Salve a tutti :3 Generalmente
scrivo le note in fondo, ma oggi ho voluto scriverle prima della storia
per dare qualche informazione e chiarimento.
Dunque, in primo luogo
volevo dedicare questa One Shot a Slanif, che mi ha
fatto amare in modo indescrivibile questi due, riuscendo anche a farmi
accettare Rukawa ed a vederlo sotto una nuova luce. Grazie anche al
manga, che lei mi ha incoraggiato a leggere per poter finalmente
riuscire ad apprezzare questo personaggio. Ed aveva ragione!
Questa storia mi
è venuta in mente proprio grazie al finale del manga, che mi
ha totalmente emozionata e mi ha lasciata talmente incredula che ancora
non ci credo. Eppure, ho voluto dare la conclusione a modo mio :3
Per ovvie ragioni ho
cambiato alcune cosette, spero non me ne vogliate per questo! Inoltre,
mi scuso per gli eventuali errori. Ho scritto con foga, con la paura di
perdere l’ispirazione!
Finisco dicendo che
questa doveva essere una One Shot completamente rossa, ma ho voluto
fare le cose con calma, arrivando ad una storia completamente Lemon
quando avrò più esperienza. Ho scritto poche
volte di coppie Yaoi in modalità spudoratamente erotica e
mai in questo fandom, quindi ho paura di sbagliare. Ma spero che, con
il vostro sostegno, potrò migliorare e sbloccarmi :3
Ordunque, non avendo
null’altro da dire, vi auguro buona lettura!
Un bacione a tutti!
***
Infortunio e rivalsa.
Restare
sospeso da terra, nonostante il fastidioso mal di schiena provocato da
una precedente caduta, solo per recuperare la palla e passarla al primo
compagno libero, gli aveva procurato una scarica di adrenalina pura in
tutto il corpo. Aveva raggiunto il pallone prima che andasse fuori e
con un abile passaggio, prima di rovinare a terra, lo aveva passato
proprio al suo peggior nemico: Kaede Rukawa, che era rimasto sconvolto
da ciò che Hanamichi aveva appena fatto. Fu in quel momento
che apprese che, l’esito della partita, era tutto nelle sue
mani e nel suo miracoloso canestro.
Il Sannoh era ad un punto soltanto di vantaggio dallo Shohoku ed un
solo canestro, uno solo, avrebbe cambiato l’esito della
partita in quei pochi secondi di tempo rimasti da giocare. Doveva
giocarsi il tutto per tutto!
Il gioco riprese con la palla in possesso di Rukawa. Lui lo
osservò avanzare, marcato stretto dagli avversari. Non
riuscì neanche a capire perché lo guardasse in
attesa, come se pensasse che da un momento all’altro
l’orgoglioso Kaede potesse passargli la palla.
Così, con un pensiero detto fin troppo ad alta voce, si
giocò il tutto per tutto.
In elevazione, pronto al tiro, Rukawa aveva notato Sakuragi smarcato e
pronto ad essere determinante per l’intera squadra.
Kaede Rukawa aveva così dato fiducia a colui che
più credeva di detestare all’interno della
squadra. Lui, giocatore individualista, si era affidato ad un compagno
nel momento del bisogno. Aveva voluto dire molto con quel passaggio,
un’implorazione silenziosa nei suoi occhi color
dell’oceano rivolti al ragazzo dai capelli rossi, che prese
la palla saldamente nelle mani, rivolgendo uno sguardo interrogativo e
meravigliato verso colui che, anche lui, aveva sempre creduto di odiare.
Forse quel passaggio era servito a ben altro, oltre che a vincere la
partita.
Un’altra implorazione silenziosa uscì dal labiale
del numero unici mentre atterrava con un balzo a terra.
<< Segna! >> Fu l’unica cosa che
riuscì a pronunciare fra sé e sé, una
preghiera salda nella mente di tutti i compagni di squadra, che
osservarono speranzosi il tiro pulito e ben impostato di Hanamichi, che
fiondò dritto nel canestro, zittendo per un momento
l’intera tribuna, che scoppiò in un tripudio di
urla subito dopo.
Il principiante dai capelli rossi aveva portato lo Shohoku alla
vittoria…
Se glielo avessero detto solo qualche giorno prima, probabilmente
Rukawa avrebbe fatto una delle sue facce allucinate ed avrebbe detto:
“Seh vabbè, buonanotte!”
Invece, in quel momento, ansimante per lo sforzo fatto per stare al
passo di Sawakita, rimase al centro del campo per cercare di riprendere
fiato, mentre osservava con gli occhi inquisitori Hanamichi che andava,
barcollante, verso di lui.
Seguitarono istanti di puro silenzio, mentre i suoi occhi blu si
specchiavano in quelli nocciola del numero dieci. Entrambi privi di
forze, sudati fradici e con il cuore che batteva forte in petto per
quella vittoria sudata e meritata, si scambiarono comunque un gesto che
fece meravigliare tutta la panchina dello Shohoku ed i giocatori ancora
in campo che, dentro di loro, continuavano a ripetere: “ora
si mettono a litigare!”. Invece, quel gesto uscito dal cuore,
mostrato agli altri con un sorriso vittorioso, era stato meglio di
qualunque parola.
Però, dopo il primo sorriso che si erano scambiati da quando
si conoscevano ed avevano avuto il primo tocco l’uno con
l’altro, anche se solo con una mano, Hanamichi ebbe un
mancamento e sarebbe caduto a terra se prontamente Rukawa non
l’avesse preso di peso ed aiutato a rimetterlo in piedi.
<< Hey, tutto bene? >> Chiese con il suo
solito tono freddo e distaccato, che fece alzare gli angoli della bocca
al rossino anche in quella situazione. Rimase in silenzio
però, perché adesso il braccio di Kaede lo teneva
saldo per la vita, mentre si era portato il suo dietro il collo e lo
aiutava a raggiungere la panchina per la foto dei giornalisti.
Hanamichi, prima di raggiungere gli altri, sibilò un
divertito:
<< Certo, Kitsune! >>
Constatò, lasciando sorridere Kaede silenziosamente. In
fondo, pensò, quella testa matta di Sakuragi non era poi
così stupido come aveva fino a quel momento pensato.
Negli
spogliatoi, dopo quella miracolosa partita, una volta rimasti soli,
Kaede ed Hanamichi continuavano ad ignorarsi come avevano sempre fatto,
ma quel silenzio non pesava a nessuno dei due. Continuavano comunque a
lanciarsi delle occhiate difficili da comprendere per entrambi.
Sotto la doccia, ben lontani l’uno dall’altro,
guardavano entrambi a terra, persi nei loro più intimi
pensieri a riguardo della partita.
Il rossino era fiero di sé stesso; aveva aiutato la squadra
con i suoi ricuperi e nei rimbalzi. Era stato fondamentale per
l’esito finale e quel canestro proprio allo scadere del tempo
lo aveva motivato e lo aveva estasiato fino all’inverosimile.
Era migliorato molto, glielo avevano fatto notare tutti, pure il
capitano, ma c’è qualcosa nel suo cuore che lo
distraeva dal gioire e lo faceva rimanere muto quando, tutto il resto
della squadra, si sarebbe aspettata vaneggi senza senso ed adulazioni
fuori luogo.
Invece solo silenzio e sospiri, perché Hanamichi iniziava
seriamente a pensare che, probabilmente, sarebbe dovuto rimanere fuori
dai campi di gioco per un lungo periodo e questo proprio non gli andava
giù.
Calde lacrime scendevano dai suoi occhi non del tutto soddisfatti ed il
sorriso che aveva sempre animato quel viso rilassato, era scomparso del
tutto dalle sue labbra. L’infortunio alla schiena gli
impediva di essere pienamente sé stesso e nessuno, se non
proprio Kaede, se n’era accorto.
Continuava a guardarlo quasi con tenerezza, perché sapeva
come ci si può sentire dopo essersi fatti male. La
consapevolezza di non poter giocare, di non poter tastare con le
proprie scarpe il parquet lucido del palazzetto, non sentire il
rimbalzo della pesante palla al suolo era qualcosa di estremamente
agognante. Lui lo sapeva bene perché lui stesso, se non
avesse potuto giocare anche un solo giorno, forse sarebbe
morto…
Così, nonostante l’acqua che scendeva incessante
sul viso del vittorioso numero dieci, che lavava via ogni segno di
lacrima che si confondeva con le gocce calde, Kaede sospirò
a sua volta. Era incredibile come la vitalità di quel
ragazzo, sempre pronto a fare battute fuori luogo, a prenderlo in giro
e provocarlo, a trascinare la squadra con il suo spirito ed
impressionare gli avversari con la sua imprevedibilità, era
fermo ed immobile all’interno della doccia e lui,
probabilmente, si era anche accorto anche del perché.
<< Hey… >> Lo
richiamò dalla sua presunta trance una volta chiusa
l’acqua ed aver coperto il suo basso ventre con
l’asciugamano. Era proprio fuori dalla doccia dove Sakuragi
era ancora immerso, e se ne stava in piedi, completamente bagnato
fradicio, ad aspettarsi una qualsiasi risposta.
Hanamichi, sentendo quella voce inquisitoria e stranamente meno fredda
del solito, sgranò gli occhi e chiuse a sua volta
l’acqua che continuava a bagnarlo dalla testa ai piedi,
nonostante avesse già lavato via ogni traccia di
bagnoschiuma.
“Non
è il sapone quello che deve lavare via la doccia, non
è vero?”
Si voltò a bocca aperta, richiudendola con un gesto
repentino alla vista del bel numero undici, grondante delle gocce
d’acqua che gli cadevano dai capelli zuppi ed appiccicati al
viso, che tracciavano una linea imprecisa dal suo viso al torace
scolpito, dove ancora in corsa quelle stesse gocce finivano negli
incavi degli addominali, terminando a contatto con
l’asciugamano bianco legato in vita.
<< Che vuoi? >> Chiese subito dopo
imbronciato, voltandosi di nuovo dall’altra parte. Non
poté però negare a sé stesso che, la
vista del compagno di squadra in quelle condizioni, avevano
impeccabilmente mandato una scossa al suo di basso ventre e, per non
farsi notare, si era voltato ed aveva riaperto l’acqua,
questa volta in modalità del tutto gelata.
A Rukawa sfuggì un lieve sospiro e sul volto marmoreo,
questa volta, inceppò un piccolo sorriso di soddisfazione
prima di voltargli le spalle ed andare al suo armadietto per vestirsi.
Hanamichi, dopo aver appurato che il suo membro era di nuovo come
prima, uscì dalla doccia senza degnare di uno sguardo il
resto dello spogliatoio, intento a lasciarselo addietro una volta per
tutte. E poi era sicuro che Rukawa, una volta vestito, sarebbe uscito
lasciandolo finalmente solo.
Invece, quando fu vestito con la sua divisa scolastica,
sentì lo sbattere dell’anta di un armadietto
proprio dietro di lui e, voltandosi, incontrò due iridi blu
scuro che lo guardavano inquisitori. Kaede era bellamente appoggiato
alla porta d’entrata, decisamente non intento a lasciarlo
passare, con le braccia e gambe incrociate con noncuranza. In genere si
metteva in quella posizione per sonnecchiare, o quando era
terribilmente annoiato da qualcosa, ma quegli occhi maliziosi
lasciavano trasparire tutt’altro oltre che la noia ed una
sottile speranza che egli fosse rimasto per aspettare lui gli si fece
largo nel cervello. Tuttavia scosse la testa per allontanare il
pensiero.
Perché mai Kaede Rukawa avrebbe dovuto aspettarlo? Ma,
nonostante l’avanzare impertinente verso di lui da parte del
rosso, non si mosse minimamente dalla sua postazione. Si guardarono
negli occhi per un lungo istante che sembrò infinito. Varie
emozioni si susseguirono nei loro cuori, nonostante il silenzio che
ostentavano a tenere fra loro. Nessuna parola a riguardo della partita
né della vittoria. Nessun complimento, nessuna offesa come
si sarebbero aspettati tutti. Solo un lungo ed intenso sguardo di due
iridi contrastanti. Due specchi che contenevano un susseguirsi di
parole taciute; tuttavia, incredibilmente, il primo a dire qualcosa fu
proprio Kaede.
<< Ti fa male la schiena, non è vero?
>> Chiese arrivando subito al punto. Non aveva bisogno di
rigiri di parole, e nemmeno Hanamichi, che nonostante immaginasse che
prima o poi qualcuno glielo avesse chiesto, sobbalzò
incredulo.
Da quando Rukawa si preoccupava per lui?!
Spostò lo sguardo a terra, voltandosi dall’altra
parte, mordendosi il labbro inferiore per non riuscire a sostenere
oltre quello sguardo inquisitore, blu come l’oceano
più limpido, che sembrava volergli scrutare
nell’anima.
<< Non sono affari tuoi, Kitsune! >> Si
limitò a dire, ma anche se avrebbe voluto mostrarsi duro e
categorico, le sue parole uscirono dalla sua bocca più roche
che mai, lasciando trasparire una chiara preoccupazione per il suo
infortunio. Kaede aveva centrato in pieno il problema! Non avrebbe mai
voluto che gli altri si preoccupassero per lui, gli bastava
sé stesso a mostrare preoccupazione per la sua sorte. Era
già difficile accettare tutto quello, il dover rinunciare
alle altre partite per farsi vedere da un medico e, chissà,
allontanarsi per un lungo periodo se quello glielo avesse prescritto.
A quei pensieri si morse ancora di più il labbro,
perché non avrebbe mai voluto mostrarsi debole a lui, colui
che voleva a tutti i costi battere sul campo, risultando
così il migliore. Ma aveva già perso. Rukawa
sarebbe migliorato, e lui sarebbe dovuto rimanere fermo, lasciando
correre. Non gli andava giù, era una cosa che gli bruciava
dentro e già sentiva la mancanza di una palla da Basket da
far palleggiare a terra. Erano passati solo pochi mesi, eppure sembrava
che giocava in quella squadra da anni. Solo all’inizio
dell’anno scolastico, al solo sentire la parola
“Basket” dava di matto, ma poi, piano piano,
inseguendo un amore non corrisposto, si era innamorato di quello stesso
sport. Aveva legato con i compagni, si era affezionato tantissimo al
Signor Anzai ed aveva sviluppato un’immensa fiducia in
sé stesso e nelle sue capacità che, seppur poche
rispetto ai giocatori più esperti come Akagi o Mitsui,
poteva andarne fiero. Si era visto passare di fronte avversari
agguerriti ed esperti come il Ryonan, lo Shoyo, il Kainan ed il Sannoh,
eppure era sempre andato avanti con la stessa energia che aveva in
corpo, non spaventandosi come gli altri. Forse, proprio
perché era un principiante e non abituato al gioco, era
troppo sicuro di sé stesso, ma alla fine era stato il suo
pugno vincente.
Ed adesso, che ne sarebbe stato di quello stesso giocatore? Quella
super matricola che, forse, era arrivata quasi ai livelli della
matricola che aveva di fronte?
Ma quel vortice di pensieri e quel maledetto astio verso sé
stesso scemarono nello stesso istante in cui la voce calda di Rukawa,
che mai prima di quel momento gli aveva sentito pronunciare in quel
modo, gli arrivò alle orecchie, costringendolo di nuovo a
puntare i suoi occhi interrogativi su di lui.
<< Se vuoi ti posso aiutare… >>
Disse tranquillamente Kaede, abbassando leggermente il volto e
guardandolo attraverso le ciglia folte che lo caratterizzavano,
nonostante i capelli corvini che gli ricadevano sugli occhi.
Hanamichi rimase interdetto e sorpreso per quell’affermazione
detta in quel modo e, nonostante il suo orgoglio ferito gli gridasse di
mandarlo a quel paese, come in genere aveva sempre fatto,
l’altra parte di sé, quella più
razionale, che credeva di non avere, lo costrinse a sospirare. Forse
era il suo reale bisogno di aiuto a far sì che mettesse da
parte l’orgoglio e appoggiarsi finalmente a qualcuno, anche
se quello era il suo rivale per eccellenza. E poi aveva davvero bisogno
di un medico, qualcuno che lo aiutasse a guarire nel minor tempo
possibile, per tornare più in forma che mai e prepararsi per
il prossimo campionato.
Così, spinto dalla curiosità, prese a parlare.
<< In che modo? >> Chiese solamente,
abbassando il volto. Sottomettersi in quel modo non era da lui e quindi
gli fece un effetto strano. Si sarebbe quasi aspettato di sentire la
risata di quella volpe a squarciargli i timpani, prendendolo in giro
per quella reazione dalla coda fra le gambe, ma Kaede non era uno
stupido ed, anche se era un individualista silenzioso e strafottente,
era comunque umano e, come mai aveva fatto in vita sua, si era
preoccupato veramente per le condizioni di un
“amico”.
Sentiva che Hanamichi non era come tutti gli altri; sentiva che
c’era qualcosa in lui che lo spingeva a volerlo aiutare.
Forse perché si era, finalmente, messo nei panni di
qualcuno. Se fosse stato lui ad infortunarsi, avrebbe reagito
sicuramente come lui. Si sarebbe chiuso in sé stesso, si
sarebbe odiato per aver lasciato che una stupida caduta segnasse la sua
vita e, sicuramente, nessuno lo avrebbe aiutato. O meglio, quello era
quel che credeva lui, perché non sapeva ancora quanto i suoi
compagni tenessero a lui. Ed anche Hanamichi gli era grato per quello,
perché sapeva che, nonostante il suo tono, il suo orgoglio
ne stava risentendo proprio come il suo.
<< Conosco una clinica specializzata. Sono molto bravi.
>> Iniziò a spiegare Kaede, mentre il rosso
ascoltò con interesse le sue parole. <<
I…Io, ti ci posso accompagnare. >> Disse
infine, mettendo da parte il risentimento e tutto il resto. Sakuragi
era un suo compagno di squadra, un compagno che era stato insieme a
lui, volente e nolente, per tutto il tempo dei campionati. Avevano
pianto entrambi per le sconfitte e gioito per le vittore. Gli doveva
sempre qualcosa; ma era realmente sicuro che, a muoverlo, era solamente
quell0?
Sentì un lieve calore all’altezza delle gote
quando lo sguardo incredulo del numero dieci si posò su di
lui e lo costrinse a spostare lo sguardo oceanico da lui, che
continuava a guardarlo bramoso di informazioni, a terra.
<< Dici davvero? >> La meraviglia nel tono
di voce di Hanamichi lo meravigliò. Non era più
il ragazzo chiassoso che era stato fino a poco prima della partita
contro il Sannoh. Adesso sembrava totalmente cambiato, come se il mal
di schiena gli avesse permesso di assumere una nuova consapevolezza
verso sé stesso, rendendolo più fragile.
<< Po…Potresti accompagnarmici subito?
>>
Anche Sakuragi arrossì alle sue stesse parole,
perché stava inverosimilmente chiedendo un favore a Rukawa.
Restò in attesa, con i pugni serrati in un gesto carico di
aspettative, con il cuore che sembrava volesse squarciargli il petto ad
ogni pompata. Quasi si aspettava una risposta seccata e contrariata da
parte del numero undici, qualcosa tipo: “Non ci penso
neanche!” pronunciata con il suo tono arrogante ed
incredibilmente ironico. O qualcosa tipo: “Vacci da
solo!”, che sarebbe stato più
nell’indole del bel ragazzo dai capelli corvini.
Invece, dalle labbra carnose della super matricola, uscirono proprio le
parole che mai si sarebbe aspettato di sentire.
<< Sì… Seguimi. >>
Dopo quelle parole, alla quale ancora non credeva, la porta dello
spogliatoio si aprì di fronte a loro ed i passi di Kaede
risuonarono sul pavimento del corridoio, ma lui non riusciva neanche a
muoverne uno, troppo scombussolato dagli eventi appena conclusi.
<< Allora, Do’aho, ti vuoi muovere o no?
>> Il tono canzonatorio di Rukawa provenne
dall’esterno e lo riportò alla
normalità, costringendolo a camminare dietro di lui. Ma
quello che non poteva notare, era il sorriso pronunciato sulle labbra
del moro.
Passarono i
giorni ed Hanamichi aveva trovato finalmente come risolvere il suo
problema. Serviva solo costanza e tempo, e dopo sarebbe potuto tornare
in gran forma. I suoi amici gli avevano portato un pallone da Basket
ancora prima che lui lo richiedesse, sentendone troppo la mancanza,
così che, anche se non poteva saltare o fare nessun tipo di
sforzo, poteva sempre tenerlo fra le mani e sentire
l’adrenalina ancora in circolo che lo infiammava ogni volta
che toccava la superficie di quella palla arancione.
Tutto quello, non riusciva a crederci, era potuto accadere grazie a
Rukawa. Non aveva mai trovato il coraggio e le parole esatte per
ringraziarlo. Ma, d’altra parte, non aveva avuto ancora
occasione di rivederlo. Non aveva acceso la tv e, quel giorno, nessuno
dei suoi compagni si era fatto vivo, così, nel momento di
pausa che gli avevano concesso le infermiere, si era voluto andare a
godere un po’ di relax sulla spiaggia. Si era portato dietro
il suo inseparabile pallone, come un bambino che non rinuncia al suo
orsacchiotto, ed era sceso sulla sabbia rovente, sedendosi su di essa
ed inspirando a pieni polmoni l’aria pulita che giungeva dal
mare. Lo rilassava, così come il suono delle onde ed il
verso dei gabbiani, che starnazzavano proprio sopra la sua testa.
In altri ambiti avrebbe sbraitato contro di loro, con la sua solita
faccia offesa, ma in quel momento si limitò solamente a
sorridere. Era completamente perso nella serenità che il
luogo riusciva donarli ed anche l’infortunio alla schiena gli
sembrava così apparentemente lontano. Fino a che, un rumore
repentino di passi ripetuti sulla sabbia lo fecero sussultare. La
persona in questione gli si era fermata di fronte ed indossava una tuta
celeste, che faceva risaltare il bel colore corvino, dai riflessi
acquamarina, dei suoi capelli. Gli occhi blu, invece, erano puntati su
di lui. Era completamente sudato, sicuramente per via della corsa che
aveva fatto per giungere fino a lì, ed aveva quasi
l’aria di uno che sapeva esattamente dove trovarlo. Ma gli
occhi di Hanamichi si fermarono sulle gocce di sudore che, con studiata
lentezza, scivolarono sui lineamenti del viso di Kaede, lasciandogli la
bocca completamente asciutta e costringendolo a mandare giù
la poca saliva che gli era rimasta.
Non era più in grado di negarlo a sé stesso. Non
era riuscito a levarselo dalla testa e, nonostante all’inizio
aveva creduto che il motivo poteva essere il mancato ringraziamento,
pian piano aveva appreso la consapevolezza che c’era dietro
qualcosa di più.
Quel ragazzo, dai modi apparentemente bruschi ma dall’animo
gentile, lo eccitavano fino all’inverosimile. Non aveva mai
provato niente del genere neanche per Haruko, che pensava di amare.
Invece, in quel momento, la sua mente era occupata solamente da lui e
da tutto quello che, in quel momento, gli stava facendo provare
solamente con uno sguardo.
Tanti erano i sentimenti contrastanti che manifestava il suo cuore ed
era sicuro di non averli mai provati, perché mai nessuno,
neanche una donna, riusciva a mandargli scariche così
possenti al suo membro stipato in quel boxer oramai decisamente troppo
stretti per contenerlo.
Da una parte avrebbe voluto alzarsi di scatto e baciarlo, incurante di
quello che avrebbe potuto dire, o fare, Kaede, ma dall’altra
un moto di stizza, invidia e gelosia, impastati con la voglia di
cancellare quel sorriso furbo che gli era apparso sul viso, li
montarono dentro nel momento esatto in cui Rukawa si aprì la
felpa e mostrò ad Hanamichi la maglia della nazionale
giovanile.
<< Maledetta Kitsune! >> Sibilò
fra i denti, restando comunque seduto per non fare movimenti azzardati,
ma la risata cristallina del numero undici lo lasciò
totalmente impressionato. In senso buono, ovviamente, perché
era forse la prima volta che lo vedeva ridere senza ironia. Era una
risata calda e cristallina, proprio dettata dal cuore. Era forse
perché sul suo viso imbronciato si poteva leggere una
prorompente sconfitta?
Tuttavia, prima che potesse essere interrotto, Kaede andò a
sedersi proprio accanto a lui, chiudendo gli occhi ed assaporando a
pieni polmoni la stessa brezza che aveva rasserenato l’animo
di Sakuragi.
Di nuovo fra loro calò il silenzio. Hanamichi non riusciva
neanche più a trattarlo come un tempo, anche se non erano
passati che pochi giorni. Non riusciva più a guardarlo con
il volto assassino, facendo paura persino ai pedoni che gli passavano
accanto. Non riusciva più ad avere quel tono canzonatorio
che aveva sempre usato nei loro scambi di battute, generalmente offese.
Forse perché, dentro di sé, sentiva aumentare
quel sentimento rilevante che, oltre ad emozionarlo, lo spaventava
alquanto.
<< Non dici nulla? >> Iniziò il
rossino, rompendo la quiete iniziale che si era creata intorno a loro.
<< Come mai non aduli te stesso perché indossi
la gloriosa maglia della nazionale? >>
Continuò pungente, ma Kaede si limitò ad aprire
gli occhi ed a guardare l’orizzonte sospirando, prima di
posare i suoi occhi in quelli del compagno di squadra.
<< Sarebbe fiato sprecato… >> Lo
guardò senza emozioni, ma Hanamichi capì che non
era quello il suo intento. Probabilmente non era giunto da quelle parti
per prenderlo in giro o fargli pesare la sua posizione. Rukawa sapeva,
forse, quanto egli ci teneva ad affermarsi nel mondo del Basket. Gli
era bastato fargli intravedere la maglietta chiara attraverso la felpa
per scaturire nel cuore di Sakuragi la voglia di rimettersi il prima
possibile e poter dimostrare a tutti di essere veramente un ottimo
giocatore. Quello era l’intento di Kaede che, con i suoi modi
molto “delicati”, voleva continuare a tenere alta
la forza di volontà del glorioso numero dieci per poter
guarire in fretta e tornare allo sport che era sicuro, amava forse
quanto lo amava lui. << Come va la riabilitazione?
>> Chiese poi, così interessato che quello
strano interesse per la sua guarigione meravigliò non poco
l’infortunato.
<< Be…bene… >>
Balbettò ancora incredulo dalle parole che erano state
appena pronunciate dall’altro, che aveva preso fra le mani il
suo pallone e lo rigirava con fare alquanto agitato perché,
ancora, non sapeva come comportarsi di fronte a colui che lo mandava
totalmente in confusione.
<< Mi fa piacere… >>
Lasciò in sospeso la frase Kaede, pronto forse ad aggiungere
altro, ma la voce di Hanamichi lo costrinse a fermarsi ed a voltare lo
sguardo di nuovo su di lui.
<< Senti…Kaede. >>
Iniziò, e quella era forse la prima volta che lo chiamava
per nome. Sentirsi chiamare da lui con quella voce calma e leggermente
titubante per la paura di una qualsiasi reazione da parte sua, gli fece
arrivare il cuore in gola, finalmente capendo quanto quel ragazzo gli
era entrato nell’animo. Ed, ora che ci pensava bene, Sakuragi
non lo aveva quasi mai chiamato neanche con il suo cognome, continuando
ad affibbiarli nomignoli idioti ed offese alquanto studiate,
impressionando la metà della squadra.
<< Sì? >> Lo incitò
ad andare avanti, mentre il cuore, nell’attesa delle sue
parole, gli martellava incessantemente nel petto come se, invece che un
discorso, stesse aspettando le sue labbra a contatto con le proprie.
<< Volevo ringraziarti per quello che hai fatto per me.
Non ce n’era mai stata l’occasione e…
>> Si fermò per riprendere fiato prima di
continuare, ma il tono di voce calmo e pacato di Rukawa lo fece
sussultare.
<< L’ho fatto con piacere. >>
E quell’affermazione gli risuonò nelle orecchie
come un clascon in piena notte.
“Lo ha fatto
con piacere” continuava
a ripetere fra sé e sé, ancora incredulo.
<< Quando uscirò dalla clinica, ti giuro che
ti batterò Rukawa! >> Gli disse con un sorriso
che fece alzare gli angoli della bocca anche a quello che aveva creduto
essere il suo più acerrimo nemico.
<< Ti aspetto per un “one on one”
allora! >> Kaede continuava a sorridere e quello che
Hanamichi continuava a guardare, non ascoltando minimamente le sue
parole, erano quelle labbra rosee che si aprivano e chiudevano al ritmo
di quella frase.
“One on
one”. “Uno contro uno.” “Io e
lui.” “Soli, io e lui!”
Il vortice di quei pensieri fece risvegliare il suo membro
apparentemente sopito nei boxer, facendolo arrossire violentemente per
quell’intraprendente reazione.
Cosa gli era saltato in mente? Era un uomo, accidenti! Si stava
eccitando di fronte ad uno del suo stesso sesso. Il ragazzo che credeva
di avere sempre odiato, che gli montava dentro il desiderio di
superarlo agonisticamente. Il ragazzo incredibilmente sexy, dai capelli
corvini che gli ricadevano come fili d’erba sugli occhi color
dell’oceano; quello stesso oceano in cui si sarebbe
intraprendentemente tuffato.
E così accadde, senza che neanche ci pensò sopra,
perché gli istinti animano gli animi più focosi.
Non pensò a quale sarebbe potuta essere la reazione di Kaede
a tutto ciò, e forse neanche gli importava. Voleva solamente
saziare la sua voglia di lui. Solo quello, il dopo…beh,
sarebbe arrivato dopo. E se Kaede gli avesse rotto il naso con un
cazzotto, forse avrebbe avuto tutte le ragioni, ma intanto lui avrebbe
calmato la sua prorompente voglia di averlo.
Così, dopo aver portato la sua mano fra i capelli corvini
del compagno, così incredibilmente lisci e privi di nodi,
lasciando che sgranasse i limpidi occhi blu e senza dargli neanche il
tempo per sottrarsi all’inevitabile, portò la sua
bocca su quella della Kitsune, beandosi di quel tocco morbido ed umido
che sapevano dargli le labbra di Rukawa.
Il tempo che seguì quell’istante non seppe
scandirlo. Secondi? Minuti? Ore?
Nessuno dei due lo seppero, perché dopo quel bacio ne
sopraggiunsero altri e sempre meno casti. Entrambi, ogni volta che uno
dei due si allontanava, riportavano l’altro nel vortice
dell’eccitazione, toccandosi vogliosi in ogni parte del
corpo, lasciando eccitare il loro membro voglioso di nuove scoperte.
Così, su quella sabbia rovente come i loro corpi finalmente
privi di indumenti, di fronte al mare limpido e calmo come gli occhi di
Kaede, fecero finalmente l’amore.
Forse la voglia di Hanamichi di battere la sua Kitsune in uno
“one on one” e magari farlo anche sul campo, di
fronte a tanti spettatori che sarebbero diventati testimoni della sua
rivalsa, continuava ad alimentarlo. Ma, oltre che il suo rivale nel
Basket, adesso Kaede era diventato anche il suo amante.
Entrambi sentivano di provare l’uno per l’altro dei
sentimenti che mai, prima di allora, avevano mai provato per
nessun’altro.
Entrambi, con i loro caratteri totalmente diversi, riuscivano a
completarsi.
Fine