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Autore: Clockwise    04/03/2014    2 recensioni
Teneva gli occhi chiusi quando cantava, ma se li avesse aperti, se avesse potuto vedere quel momento, allora l’avrebbe vista con i suoi occhi, oltre a sentirla, l’alchimia che li legava. Era proprio lì, in loro, nei piedi che battevano lo stesso tempo, nelle vibrazioni sugli strumenti, nel riverbero che echeggiava dentro ciascuno di loro alla stessa frequenza, nelle note che ciascuno di loro creava e che si intrecciavano in armonie meravigliose e così, insieme, solo insieme, erano qualcosa.
Genere: Commedia, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Direi di mettere le note qui, così non vi rompo le scatole dopo. 
E così, dopo tante avventure impervie (?) siamo arrivati, qui, alla fine. Sì, signore e signori, per vostra somma disperazione gioia, siamo alla fine. Io sono riuscita a finire. E non so voi, ma per me questa storia è stata una bella cosa. Non perché sia una bella storia, ma perché è stata un'opportunità per me per sfidarmi, migliorare il mio modo di scrivere e ho conosciuto un sacco di nuove canzoni e artisti nella continua ricerca di title tracks. A proposito, per questo capitolo, la meravigliosa Sonnet dei Verve. 
Grazie a chi legge, di cuore, e un abbraccio forte forte ad H (spero tu sia contenta adesso...). Senza di lei avrei cancellato tutto molto tempo fa (e saremmo stati tutti più felici probabilmente...)
Lunga vita ai Coldplay.
E.




 
Sonnet for my Brothers&Sisters

Il convoglio frenò e Chris si aggrappò ad un sostegno per non cadere. Guy, seduto su un sedile accanto a lui, fece una smorfia.
«Spies? Una canzone su delle spie? Seriamente, Chris? Non ci credo…» disse Guy, scuotendo la testa, leggendo il testo da sopra la spalla di Jonny.
«Con una buona base, una chitarra tipo Radiohead può funzionare…» protestò Chris, lanciando un’occhiata nervosa a Will. Aveva il testo dell’altra canzone in mano da quasi cinque minuti e non dava segni di vita. Oh, andiamo, non era così terribile… Ci si era impegnato, l’aveva scritta proprio con il cuore in mano, secondo lui era anche venuta abbastanza bene, perché diamine Will non diceva niente? Spostò il peso da un piede all’altro, quasi saltellando, in ansia, mentre la metropolitana ripartiva.
«Questa sembra meglio» disse Jonny, leggendo il testo di un’altra canzone, subito affiancato da Guy, che storse il naso.
«For You? Per favore, è melenso.»
«Che vuoi farci, è innamorato…»
«È dolce, idioti!»
«Bella» disse Will d’un tratto, le sopracciglia corrugate, la meraviglia ancora dipinta sul viso quando lo alzò verso Chris. Il foglio stropicciato che teneva fra le mani passò subito alle mani curiose di Jon e Guy.
«Davvero bella» ripeté, guardandolo dritto negli occhi.
Chris sorrise riconoscente, un peso che cadeva dal suo cuore. Se a Will piaceva, allora era veramente una buona canzone.
«In a telescope lens… When all you want is friends, I’ll see you soon… Ma che diavolo vuol dire? Non ha senso!» esclamò Guy, guardando in su verso Chris.
«Sono metafore…»
«C’è un senso. È davvero bella, non vedo l’ora di lavorarci su» sorrise Will, senza smettere di guardare Chris. Era incredibile come, con una sola occhiata, una sola vibrazione nella sua voce ferma, Will riuscisse ad infondergli tanta sicurezza. E Dio solo sapeva se anche Will non aveva i suoi problemi, eppure, Chris se ne rese conto in quel momento, era l’ancora del gruppo. Senza, sarebbero andati tutti alla deriva.
«Grazie.»
«E insomma» iniziò Guy, sfogliando le canzoni, deciso a non abbandonare il suo ruolo di piantagrane. «Hai composto strofe sparse per ben tre canzoni quasi accettabili in due giorni e un bel niente per tre mesi interi. Dobbiamo lavorarci su, Christopher, quest’irregolarità non mi piace…»
«Non scrivo a comando!» rise l’altro. Parlando concitati di accordi e tonalità, scesero due fermate dopo e si diressero verso un modesto albergo con una bella vista sui Jubilee Gardens.
«Dov’è che sono?» chiese Guy.
«Julia ha detto nella sala ristorante» rispose Chris, precedendoli lungo il vialetto davanti all’ingresso. Entrarono e voltarono verso la sala ristorante.
«Ben arrivati!»
La signora Martin li accolse sorridente e si alzò per salutare calorosamente il figlio, per poi passare ad un esame attento e silenzioso dei suoi amici.
«Mamma, loro sono Jonny, Will e Guy. Voi, mamma e papà» disse brevemente Chris, sedendosi al tavolo rotondo fra il padre e Julia. I tre ragazzi salutarono cortesemente i coniugi Martin e presero posto, vicini, accanto ad Al. Jonny capitò, per sua sfortuna, accanto alla signora Martin, che non perse tempo ad inquisire.
«Tu sei il ragazzo che abita con Chris, non è così?»
«Sì, signora.»
«Mh.»
Prese la ciotola dell’insalata e servì sé e, quasi senza badarci, per un gesto che compiva sempre, anche Jonny, che non osò contraddirla e si lasciò cadere una montagna di roba verde nel piatto.
«E spiega, Chris, perché se ti chiedo di invitare i tuoi amici, tu mi tiri fuori solo tre giovanotti? Non c’è nessuna ragazza nel vostro giro di amici?» chiese la donna, perforando il figlio con i suoi occhi chiari. Il signor Martin sospirò alzando gli occhi al cielo; Will guardò in giro facendo finta di niente, Guy si rabbuiò, Jonny arrossì e Chris chiuse gli occhi.
«Diciamo che le ragazze sono un argomento delicato, almeno per Chris» fece Julia, meno briosa del solito.
«Davvero non capisco cos’hai che non va, figlio mio… Insomma, tu e Al siete praticamente uguali e lui cambia ragazza ogni due settimane! Davvero…»
«No, sono rimasto con Samantha per tre mesi!» protestò il ragazzo. Chris lo guardò con tanto d’occhi.
«Samantha Bridge? Quella Samantha per cui io avevo una cotta alle superiori?»
Al si schiarì la voce, riempendosi poi la bocca di funghi.
«Traditore!» esclamò Chris, indignato. Il padre gli batté una pacca sulla spalla con fare comprensivo.
«Comunque…» tornò alla carica sua madre, impietosa. «Pensavo che venendo a Londra avresti finalmente conosciuto qualcuno…. Chris, sei sicuro di non…» guardò Jonny come se avesse appena capito qualcosa «Non è che voi… Guarda che non c’è niente di male, insomma, anche Freddie Mercury…»
«Mamma non sono gay» mormorò stancamente Chris, mentre Julia si mordeva le labbra per non ridere e Jonny avvampava. «E sono fatti miei, insomma…»
«Aspetta, aspetta, e quella ragazza con cui stavi parlando venerdì? Dopo l’incendio, con i capelli rossi…»
Ecco.
Chris chiuse gli occhi e strinse le labbra, mentre anche Will, Guy e Al iniziavano a fare smorfie per contenere le risate. Anche se non c’era assolutamente niente da ridere.
«Non c’è niente da dire, Delilah è un’amica, lasciamo perdere…»
«Ma io voglio sapere!» insisté la madre. Il signor Martin la fermò con uno sguardo degli occhi scuri.
«Non è il caso, Alison. Parliamo d’altro» disse pacato, poggiando per un istante la mano su quella del figlio. Mentre il padre attaccava a parlare con entusiasmo del campionato di calcio, Julia vide Chris sospirare di sollievo e tornare al suo colore abituale, seppure ancora turbato. Gli ci vollero alcuni istanti per riprendere la sua solita allegria e attaccare a parlare con Al di Samantha Bridge.
Julia scostò la sedia dal tavolo.
«Dove vai?» chiese Chris, allarmato.
«In bagno. Per davvero» mentì la ragazza, sorridendo piano. I presenti la seguirono con gli occhi, preoccupati, finché non la videro sparire oltre la porta. Non la videro, però, dirigersi verso i telefoni e tirare fuori dalla tasca un foglietto stropicciato.
 
♪♬
 
«E così siete andati in radio, eh? E perché non mi hai detto niente, razza di ingrato?» esclamò la signora Martin, dando un buffetto sulla mano di Jonny, pensando fosse quella del figlio, abituata com’era ad averlo vicino.
«Mi sarò dimenticato…»
«Oh, Chris… Non ti rendi conto che se ne sarebbe potuta vantare con tutte le sue amiche all’ora del tè?» fece suo padre, fingendosi accorato. I ragazzi risero, soprattutto quando la signora Martin lanciò un divertito sguardo di rimprovero al marito.
«Non parli mai e l’unica volta in cui apri bocca mi prendi in giro, proprio non capisco…»
Il signor Martin rise apertamente, guardandola con affetto. Anche lei sorrise scuotendo la testa.
Will abbassò la testa, una strana morsa allo stomaco. Forse non avrebbe dovuto accettare l’invito a pranzo dai coniugi Martin, sebbene capisse il loro desiderio di conoscere gli amici del figlio. Perché ogni volta che vedeva i due sorridere o scherzare, attorniati dai loro figli, felici, nonostante la brutta avventura di due giorni prima, non poteva fare a meno di pensare a come, a casa sua, fossero così rare le volte in cui qualcuno rideva, ormai…
«Che ore sono?»
«Jules, è la quinta volta che lo chiedi, si può sapere cos’hai?»
«Voglio soltanto sapere l’ora, che problema hai? Non mi sembra di aver chiesto chissà cosa…»
«Non bisticciate voi due; Al, dì l’ora a tua sorella.»
Al sbuffò guardando l’orologio. Chris abbassò lo sguardo sul suo piatto, ma poi lo tirò su di scatto. Gli sembrava di aver visto… No, doveva aver visto male…
«Chris, che ti prende?» disse sua madre, corrugando le sopracciglia. Jonny guardò la faccia dell’amico e poi si voltò. Sulla porta, alle spalle della signora Martin, sostava una ragazza.
«Chris, dove stai andando? Dove credi di stare, signorino? Non puoi lasciare la tavola così, tu…» iniziò sua madre, ma il signor Martin le mise una mano sulla sua per fermarla. Lei lo guardò inviperita.
«Non esiste che si comporti così da maleducato, non gli ho insegnato niente?» sibilò inviperita. I ragazzi, al tavolo, si scambiarono occhiate perplesse. Che ci faceva lei lì? Poi notarono che Julia teneva gli occhi bassi e giocherellava col cibo.
 
♪♬
 
«Ciao, cosa… Cosa ci fai qui?»
«Io… Tim mi ha chiamata, mi ha detto che Julia l’aveva chiamato e mi aspettava qui, in albergo dai suoi, non pensavo che ci saresti stato anche tu…»
«Sono a pranzo, ci sono anche Will, Jonny e Guy.»
«Oh.»
Abbassarono lo sguardo, Chris fissando i lacci delle sue scarpe rovinate e Delilah chiedendosi dove avrebbe potuto trovare un nuovo paio di scarpe come quelle nere che ora erano cenere e cuoio bruciacchiato.
«Vuoi, non so… andare fuori, parlare un po’? Mia madre potrebbe sbucare all’improvviso…»
«S-sì, sì, certo, va bene.»
«Bene.»
La precedette fuori, nel piccolo cortile. Erano gli ultimi di febbraio a Londra, eppure c’era un sole vivace. E Chris aveva altro a cui pensare che al freddo.
«Come va l'appartamento? I danni...» chiese, a disagio, schiarendosi la voce.
«Poteva andare peggio, soltanto la mia camera è danneggiata, il resto si è salvato, sono arrivati in tempo.»
«E adesso dove stai?»
«Da una mia compagna di corso, a Southwark. È una bella strada fino al college, ma è temporaneo.»
«Capisco.»
Stettero in silenzio un altro po’, desiderosi entrambi di parlare della stessa cosa, ma troppo spaventati anche solo per accettarne il pensiero.
«Sai, quella sera, se non fosse successo tutto quello… Julia te ne ha parlato?»
«Dell’incendio?»
«No, di quello che le ho raccontato…»
«Sì, me l’ha detto.»
Quando li incontrò, gli occhi di Delilah tremavano.
 
♪♬
 
«Dici che ce la fanno?»
«Nah... Per me lei gli molla uno schiaffo.»
«Dai, siete cattivi... Guardate che Delilah è buona...»
Guy e Will rivolsero un'occhiata scettica a Jonny.
«Come sei ingenuo, Jon…»
«Io non ho ancora capito chi sia questa ragazza…»
«è la tipa a cui Chris va dietro, mamma» spiegò Al, spazientito, allungando il collo per seguire il fratello e la ragazza che passeggiavano davanti alle finestre della sala, ignari di avere un pubblico.
«Sembra carina, che dici Anthony?» fece la signora Martin, rivolgendosi al marito. Questi alzò le spalle, riempendosi un bicchiere di vino.
«Un giro di birra che non combinano niente» propose Will.
«Lei si mette con un altro» disse Guy.
«Un giro di birra che si baciano!» rilanciò Jonny, baldanzoso.
«Perché vuoi perdere?» domandò Guy, impietosito.
«Andata!» accettò Will.
«Per me una Coca, grazie» fece Julia, sollevando il collo per vedere oltre i ragazzi. Avrebbe scroccato da bere in ogni caso, ma tifava segretamente per Jonny…
 
♪♬
 
«Non mi importa.»
«Ma Chris…»
«Non me ne importa niente!»
Si fermò d’impeto e la prese per i polsi, piantando gli occhi nei suoi.
«Adesso capisco, e va bene, ma non cambia niente. Tutti quanti abbiamo fatto cose di cui ci vergogniamo, pensi che io cambierei idea su di te se conoscessi chi eri e cos’hai fatto?»
Lei abbassò gli occhi, ma lui li inseguì e li costrinse a guardarlo. Non ricordava di averli mai visti così verdi, scuri, luminosi e tremanti, fiammelle di una candela che minacciava di spegnersi da un momento all’altro. Avvicinò il viso al suo.
«Non hai niente di cui aver paura, perché niente mi farebbe cambiare idea su di te. E non mi importa di chi eri, mi importa di chi sei, di me e te ora, qui. Insieme
Erano particolari gli occhi di Lila, di un verde scuro che virava al marrone. Aveva una macchia più chiara nell'occhio sinistro, Chris non l'aveva mai notato. Gridavano perdono.
«Se lo vuoi.»
E adesso poteva leggerlo nei suoi occhi, senza scendere alle labbra, il sorriso che la stava illuminando, e sorrise anche lui e gli occhi della ragazza si fecero lucidi.
«Mi sento un idiota a dirtelo un'altra volta, insomma, avrò scritto già venti canzoni così, e Jonny mi aveva anche detto di farti una serenata, ma mi sembrava esagerato e allora...»
Lei scosse la testa, mordendosi il labbro. Sarà stato quel sole inaspettato, quella tempesta di sensazioni che la investiva, la vicinanza dei loro corpi, le loro mani unite, l'erba sotto i suoi piedi, ma, per un lungo istante, le sembrò che al mondo non esistesse altro che lui, i suoi occhi vivaci, le sue sopracciglia piegate in un'espressione buffa, le sue labbra curvate in quel suo sorriso un po' sghembo e un po' matto.
«Perdonami.»
Si alzò in punta di piedi e catturò quel sorriso.
♪♬
 
  «No! L'ha presa per mano!» esclamò Guy, preoccupato. Poteva già vedere le sue banconote svolazzare sul bancone di un pub.
«Che stanno facendo? Sorridono?» domandò Will.
«Sono troppo vicini…» mormorò Guy, addolorato. Cominciava a chiedersi a quante persone avrebbe dovuto offrire da bere, e soprattutto dove…
«Oh, Anthony! Guarda, guarda…» esclamò la signora Martin, afferrando il braccio del marito. D’un tratto, la donna lasciò andare un’esclamazione, Julia si alzò in piedi portandosi le mani alla bocca e Jonny alzò il pugno in aria.
«Ah-Ah!»
Guy e Will mugugnarono abbattuti, mentre Al e suo padre guardavano dagli uni alle altre, sorridenti.
«Ma, dai...»
Johnny sorrise trionfante.
«Allora, dove vogliamo festeggiare stasera? Devo ricordarvi chi offre?»
 
♪♬
 
«E così, tu sei la ragazza di Chris. Oh, come sono contenta di conoscerti, cara, è un vero piacere!»
«Grazie, signora Martin, è molto gentile» sorrise la ragazza, leggermente a disagio, lanciando un’occhiata a Chris che sorrideva, su un altro pianeta, incurante delle pacche e delle battute che gli rivolgevano i suoi amici e i suoi fratelli. Il signor Martin sorrise placido mentre prendeva una sedia per la ragazza.
«Dovresti assaggiare la torta al limone, è deliziosa, volevo dirlo anche a Chris… Oh, che gioia…» continuò la donna, osservando la ragazza senza smettere di sorridere.
«E sei anche molto carina… Come hai detto che ti chiami?»
«Delilah, ma potete chiamarmi Lila, solo Lila.»
Chris la guardò sorpreso. Era stato lui a coniare quel nomignolo, finora solo lui l’aveva chiamata così. Lei gli rivolse uno sguardo quasi di scusa, ma lui capì cos’altro – o meglio, chi altro – si celava dietro quel nome e abbassò le palpebre, acconsentendo.
«Lila, che bel nome. Oh, mi sono appena ricordata delle foto! Devo avercele qui nella borsa…»
«Foto, che foto?» inquisì Chris.
«Ho ritrovato delle vecchie foto, l’altro giorno, volevo fartele vedere. Guarda qui, Lila…» disse la donna, frugando nella borsa e tirandone fuori una busta.
«Mamma, cos’è quella roba… Oh, no…»
«Guarda, qui aveva tre anni, prima che nascesse Al, non è carinissimo? E qui sei, il suo primo giorno di scuola!»
I ragazzi si alzarono e circondarono la signora Martin, guardando le fotografie che teneva in mano. Lila, al contrario di tutti loro, tentava di trattenere le risate il più possibile.
«E qui è in primo superiore…»
«Che diavolo avevi ai capelli?»
«Sono terribili…»
«E guarda che faccia! Sembri un idiota!»
«è sempre stato un bel ragazzo, non trovi cara? Tutto suo padre, sì… tranne gli occhi, quelli sono i miei…»
Lila si morse le labbra, guardando Chris.
«Ti ricordi quello che dicevamo prima? Niente del nostro passato cambierà mai nulla…» disse lui, supplichevole.
«Oh, no, non cambierà nulla» sorrise lei, serafica. «Ho solo un’arma per ricattarti adesso.»
Chris abbandonò sconfortato la testa fra le mani. La calda risata di suo padre pervase la sala.
 
♪♬
 
Certo che ormai la ragazza se ne fosse andata, andò in soggiorno ghignando.
«Eydìs, eh? E bravo il mio Jonny…»
Jonny voltò la testa verso l’amico, appena arrivato, poi la abbassò di nuovo, sorridendo. Chris si sedette accanto a lui sul divano, allungando le gambe. Avevano ancora un po' di tempo, prima di dover andare al Bull and Gate per il concerto.  
«Sai, sono contento per te, Jon. Insomma, mia mamma stava insinuando che noi due stessimo insieme…»
Jonny rise, lanciandogli un’occhiata veloce.
«E invece…»
«Invece ti ho tradito con Lila, mi dispiace tanto.»
Il chitarrista rise apertamente, curiosamente sollevato.
Stettero per un po’ in silenzio, ciascuno perso nei propri pensieri – che, chissà, probabilmente erano gli stessi. Chris voltò la testa verso l’amico, guardandolo.
«Sai, Jon, sei cambiato tanto. Insomma, due mesi fa non avrei mai detto che saresti riuscito a parlare per un’intera serata con una ragazza sconosciuta, figurarsi poi uscirci insieme per un mese intero, e mi fermo perché non so bene che altro avete combinato, ma insomma…»
Jonny gli diede una spallata, ridendo.
«Sei… Sei cresciuto, Jonnyboy!» esclamò alla fine Chris, guardandolo con commozione teatrale. «Anzi, non dovrei nemmeno più chiamarti Jonnyboy, ormai, ma Jonny-Lover-Boy, o qualcosa del genere, voglio dire…»
«E piantala!» rise Jonny, spingendolo scherzosamente. Chris rise, pensando che sì, era proprio felice di vedere quella nuova luce negli occhi del suo amico, e che questa Eydìs sarebbe dovuta stare bene attenta a come trattava il suo Jonnyboy… Sì, forse in fin dei conti Chris era un tipo un tantino geloso. Un tantino.
 
♪♬
 
La risata di sua madre, dall’altro capo del filo, gli scaldò il cuore. Sorrise anche lui, guardando a terra.
«Oh, tesoro, devi proprio farmela conoscere. Ma è carina?»
«Sì, mamma.»
«Oh, be’, allora la prossima volta porti anche lei! Anzi, venite da soli, dei tuoi amici ne ho abbastanza! Hanno mangiato tutto il fine settimana!» rise la donna, suscitando anche la risata del figlio.
«Siamo ragazzi, mamma…»
«Certo, certo… Va bene, tesoro, vai pure, non fare tardi. Saluta quei pazzi.»
«Va bene, mamma. Saluta papà.»
«Certo. Buon concerto, allora. E grazie di aver chiamato, Will. Mi ha fatto tanto piacere.»
Non sapeva perché, ma sentì come qualcosa infrangersi nel suo petto e un’ondata di sentimenti – affetto, amore, dolore, paura, tristezza, malinconia, pena – abbattersi sulle rive del cuore e arrivare fin sugli occhi.
Deglutì. Dannazione, lui non poteva piangere. Non poteva permetterselo, aveva una band da tenere in piedi e una famiglia da tenere unita.
«Non dirlo nemmeno. Ciao mamma.»
Rimise il ricevitore al suo posto, il cuore stretto. Poteva quasi vederla, sua madre, stringersi nello scialle che teneva sempre sulle spalle e tirare su col naso, accanto al telefono in cucina, gli occhi lucidi, una mano sulla bocca. Strizzò gli occhi, sorreggendosi con una mano sul muro accanto al telefono a gettoni.
«Hey, Will.»
Chris. Si voltò, tenendo gli occhi bassi, pregando che l’amico non si accorgesse di nulla.
«Andiamo, dai» disse gentilmente, mettendogli un braccio intorno alle spalle.
«Cheer up, Will, coraggio, abbiamo un concerto da mettere su!» scherzò con affetto. E Will sorrise.
 
 ♪♬
 
«Posso scroccarti una sigaretta?»
Il ragazzo si voltò sorpreso, le sopracciglia corrugate.
«Che ci fai qui?»
«Me l’ha detto Will.»
«Hai costretto Will a dirtelo, cioè.»
«Esatto.»
Guy sospirò, buttando fuori il fumo. Svogliato, tirò fuori un pacchetto di sigarette sgualcito dalla tasca e lo allungò alla ragazza.
«Grazie.»
Joanna accese una sigaretta, espirò e si poggiò al parapetto con gli avambracci, nella stessa posizione di Guy. Il ragazzo, stizzito, si tirò su e poggiò la schiena al parapetto, le braccia conserte.
«Gentile da parte tua non dirmi nulla del concerto, comunque.»
«Non pensavo saresti venuta.»
Gettò a terra il mozzicone di sigaretta e lo pestò col piede.
«Guy-»
«Cosa, Joanna? Vuoi ancora parlare? Non c’è niente da dire, per favore…» mormorò il ragazzo, stanco. Lei si tirò su e si volse verso di lui, decisa.
«Senti, io non sono una tipa romantica, lo sai bene. Ho sbagliato, ti ho ignorato, non so bene cosa ho fatto, ci siamo allontanati, forse è stata colpa mia, forse di nessuno. Però mi dispiace, sul serio, e sono stufa di venirti dietro, venire ignorata, non vederti, non parlarti. Non lo so, vedilo come un modo un po’ strano per dirti che a te ci tengo.»
«Ah, sì? Ci tieni sul serio? A me? Tu? Wow» fece lui, sarcastico. Joanna assottigliò gli occhi.
«Non sarei qui se non tenessi a te, Guy. Non farmelo ripetere, ti prego.»
Guy la guardò di sbieco per un lungo istante. Una chitarra in legno pregiato, in edizione limitata, con le corde ad alta tensione, i finimenti neri e un suono distorto, che andava preso per il verso giusto; bastava un po’ meno pressione per un suono sfrigolante. Una chitarra un po’ capricciosa, fiera, orgogliosa, da maneggiare con cura: questa era Joanna.
Sollevando un angolo della bocca, avvicinò il viso a quello della ragazza. Lei corrugò le sopracciglia, colta impreparata. Gli occhi scuri di Guy si facevano sempre più vicini, troppo vicini. Cosa diavolo…
«Grazie mille» sussurrò il ragazzo con voce roca e, con un gesto elegante, sfilò la sigaretta dalle dita della ragazza e se la portò alle labbra. Lei rimase interdetta per un attimo, prima di sorridere, vinta. Aveva una gran voglia di prendergli quella sigaretta e fare un altro uso delle sue labbra, adesso.
 
♪♬
 
«Delilah! Lila!»
La ragazza volse la testa, curiosa e un po’ seccata. I ragazzi suonavano Shiver, lei l’adorava. Phil arrivò correndo verso di lei, trafelato e con gli occhi spalancati.
«Non ci crederai mai» ansimò, afferrando una bottiglia d’acqua e riempendosi un bicchiere.
«Che succede?» chiese la ragazza. Phil bevve un lungo sorso prima di rispondere.
«Ci sono i direttori della casa discografica per cui abbiamo appena fatto il disco e loro hanno chiamato altre case discografiche e altri produttori e sono tutti qui, e li stanno guardando. E sono venuti a cercarmi prima, no?, e adesso…» si interruppe e prese un altro sorso d’acqua.
«Parlophone. La casa discografica dei Beatles. Un E.P.»
«Che cosa
La ragazza spalancò gli occhi, incredula.
«Non puoi dire sul serio…»
Phil annuì, gli occhi brillanti.
«Non vedo l’ora di dirglielo, appena finiscono vogliono parlarci…»
«Oh, Dio, Phil, ma è grandioso, ti rendi conto? Una casa discografica come quella! Diventeranno sul serio… Oh, mio Dio!» esclamò, saltando su e abbracciando il ragazzo, che rideva.
«Vado a cercare Joanna, lo dico anche a lei…» disse Phil, allontanandosi. Lila guardò verso il palco. Jonny suonava perso in un altro mondo, Guy pizzicava il suo basso concentrato, Will suonava preso e Chris cantava con passione. Lila si portò le mani alla bocca, nascondendo un sorriso, gli occhi lucidi, traboccanti di un’emozione indescrivibile che l’annegava.
 
♪♬
 
Tim era in ritardo. Di nuovo.
Spinse trafelato la porta e si stupì della gente che c’era. Mai vista una folla così! Se non fossero stati amici suoi, sarebbe stato invidioso. Si fece largo fra la folla, allungando il collo per cercare il tavolo di Lila, senza risultato. Del resto, in quella marea di gente... Scrollò le spalle, si voltò verso il bancone e ordinò una birra. Si appoggiò con i gomiti al banco, rivolto verso il palco, e bevve un sorso, lasciando che la musica l’avvolgesse.

La chitarra di Jonny fu la prima cosa che gli giunse alle orecchie, una corsa frenetica di note azzurre. Chiuse gli occhi. Cristo, quello sì che era un assolo. 
E poi la voce di Chris, vibrante ed emozionata. Stillava malinconia, scopriva con dolore la sua intera anima ad ogni nota. Tim rabbrividì. Non aveva paura a scoprirsi così, a lasciare che tutti vedessero il suo cuore?
E il giro di basso di Guy, sottile, quasi impercettibile ad un orecchio non allenato. Note profonde, indispensabili, come i pilastri di un castello.
E Will non si risparmiava, sulla sua batteria, con energia inesauribile, dava tutto sé stesso su quello strumento.
La chitarra gridava soffocata, Chris cantava in punta di piedi, l’altra chitarra colorava il tutto, i piatti non la smettevano di suonare e la corsa ricominciava, i cuori battevano, le note gareggiavano, più in alto, più lontane, ancora, più su…
 
Chris teneva gli occhi chiusi quando cantava, ma se li avesse aperti, se avesse potuto vedere quel momento, allora l’avrebbe vista con i suoi occhi, oltre a sentirla, l’alchimia che li legava. Era proprio lì, in loro, nei piedi che battevano lo stesso tempo, nelle vibrazioni sugli strumenti, nel riverbero che echeggiava dentro ciascuno di loro alla stessa frequenza, nelle note che ciascuno di loro creava e che si intrecciavano in armonie meravigliose e così, insieme, solo insieme, erano qualcosa.
E Tim capì, quando riaprì gli occhi e l’ultimo accordo venne inghiottito dagli applausi, che non poteva invidiare loro nient’altro se non quel legame che li univa. E non sapeva cosa sarebbe successo, dove sarebbero stati di lì a un mese, se Lila e Chris si sarebbero sposati alla fine, se lui avrebbe mai rivisto Julia, se avrebbero passato gli esami, se sarebbero rimasti a Londra, se sarebbero rimasti amici, se il giorno dopo avrebbe piovuto e se quella sera avrebbe bevuto. Tim non lo sapeva, ma sapeva, con una malinconica morsa dal rimpianto, che quel legame fra quei quattro ragazzi laggiù sarebbe rimasto. E chissà, magari un giorno li avrebbe ritrovati, barbuti settantenni, una gloriosa carriera alle spalle, e avrebbero riso dei vecchi tempi fra chitarre, birre e i vicoli bagnati della loro Londra, immortali ragazzi. 






 
  
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